Quantità sconcertanti di arsenico trovate nel latte in polvere per bambini

di Dioni.altervista.org

 

Pensate che il preparato per bambini con sciroppo di riso integrale sia la scelta più salutare? Pensateci ancora un po’: il latte artificiale a base di sciroppo di riso integrale può contenere arsenico 30 volte in più di altri preparati , secondo un nuovo studio presso il Dartmouth College.

 

Il chimico ambientale Brian P. Jackson ha guidato il team di ricercatori nel loro studio dei livelli di arsenico in 17 lattanti. I risultati sono sorprendenti: i preparati a base di sciroppo di riso integrale, contenevano una quantità sconcertante di arsenico, da 20 a 30 volte più alta di altre formule. Un latte artificiale biologico dolcificato con sciroppo di riso conteneva sei volte la quantità di arsenico che l’Environmental Protection Agency (EPA) ritiene sicura per l’acqua potabile.

 

Il team di ricerca ha anche esaminato i livelli di arsenico in 29 barrette di cereali. Lo sciroppo di riso integrale e altri prodotti derivanti dal riso erano elencati tra i primi cinque ingredienti di 22 di queste barrette – e queste erano le barrette di cereali che contenevano i più alti livelli di arsenico.

 

Mentre la presenza di arsenico è controllata e regolata per quanto riguarda l’acqua potabile, non ci sono invece attualmente limiti federali per l’arsenico negli alimenti. A causa di questo, i livelli elevati di arsenico possono essere presenti negli alimenti che molti genitori ritengono sicuri per i bambini, come alimenti organici per lattanti e barrette di cereali. I ricercatori dicono: “C’è un urgente bisogno di limiti normativi per l’arsenico negli alimenti.”

 

Jackson aggiunge: “In assenza di regolamenti per i livelli di arsenico negli alimenti, certamente consiglierei ai genitori che sono preoccupati per l’esposizione dei bambini all’arsenico di non dar loro da mangiare preparati dove lo sciroppo di riso è l’ingrediente principale.”

Qual’è il problema con lo sciroppo di riso? I pesticidi vietati hanno lasciato livelli alti di arsenico nel suolo. Molti considerano lo sciroppo di riso integrale una sana alternativa allo zucchero di canna, ma presenta questo grave svantaggio: contiene livelli molto alti di arsenico.

 

Il problema è che il riso utilizzato per fare lo sciroppo di riso è tipicamente coltivato nelle regioni in cui i pesticidi di arsenico sono stati ampiamente utilizzati prima del divieto EPA nel 2009. E mentre questi pesticidi non vengono più utilizzati, il loro residuo tossico è ancora in agguato nel terreno in cui viene coltivato il nostro cibo.

 

Il riso crescendo sembra assorbire quantità insolitamente elevate di arsenico dal terreno. Gran parte di questo arsenico finisce nel baccello (oppure involucro), così il riso e lo sciroppo di riso contengono quantità particolarmente elevate di arsenico rispetto ai prodotti come il riso bianco e amido di riso.

 

Purtroppo l’acquisto biologico non risolve il problema. Nello sciroppo di riso biologico è stata rilevata la presenza di livelli molto elevati di arsenico, perché anche il riso organico assorbe arsenico già presente nel terreno.

 

Circa l’autore:

Elisabetta Walling è uno scrittrice freelance specializzata in salute e nutrizione per la famiglia. E’ una forte sostenitrice di uno stile di vita naturale come modo per migliorare la salute e prevenire le malattie moderne. Le piace pensare in modo creativo, sfidando luoghi comuni sulla salute e sul benessere. Potete visitare il suo blog per saperne di più: www.livingthenourishedlife.com/2009/10/welcome.html

 

 

Traduzione di Deva Veronica per Dioni

 

Fonte: dioni.altervista.org tratto da free-italy.info

L’acqua inquinata: un rischio per la salute, la potabilizzazione dell’acqua.

L’inquinamento delle falde acquifere ha trasformato un bene tanto prezioso e indispensabile alla vita in una fonte di rischio per la salute. Quanti di noi conoscono il bromodiclorometano, il bis2clorometiletere oppure il tetracloroetilene? Probabilmente pochi. Però, quasi tutti li abbiamo bevuti o li beviamo tuttora. In che modo? Semplicissimo, con l’acqua che esce dal rubinetto. E non è tutto, vi sono anche i cosiddetti metalli pesanti quali il piombo, il mercurio e il cadmio che pur non avendo alcuna funzione biologica tendono ad accumularsi nell’organismo con un’azione tossica anche a bassissime concentrazione.

Sta di fatto che il numero di composti chimici dispersi nell’ambiente, derivanti da attività umane, è elevatissimo. Anche se soltanto 90 mila sostanze chimiche sono utilizzate a scopo commerciale, tuttavia, gran parte dei prodotti intermedi o residui di reazioni chimiche raggiungono ugualmente il consumatore in modo indiretto. D’altro canto, per la maggior parte di essi, la persistenza nell’ambiente è relativamente breve, in quanto processi fisici e biochimici naturali provvedono alla loro degradazione a sostanze meno complesse e meno tossiche. Esistono comunque alcune categorie di composti di sintesi poco o nulla biodegradabili, poiché hanno una struttura chimica senza alcun riscontro in natura. Ne sono un esempio i composti organo clorurati, quali la trielina, il tetracloruro di carbonio e il cloroformio, che costituiscono senza dubbio una tra le più importanti famiglie di sostanze organiche a scarsa o nulla biodegradabilità, riscontrabili ormai nell’acqua potabile di ogni acquedotto, specie in quelli che attingono da pozzi scavati in aree industrializzate.

Passando ad altre sostanze che influenzano la potabilità dell’acqua, hanno una certa importanza i metalli pesanti, poiché sono altamente tossici ed esercitano un’azione lesiva nei confronti del cervello e di altri organi di vitale importanza. Inoltre è stato dimostrato attraverso studi sperimentali che mercurio, cadmio, rame, piombo e zinco provocano effetti tossici sul sistema immunitario facilitando così l’insorgenza di infezioni microbiche e virali, come pure lo sviluppo di cellule tumorali. Un altro gruppo di sostanze chimiche facilmente riscontrabili nell’acqua potabile è quello dei pesticidi, il cui nome è ormai entrato nel linguaggio comune, come l’atrazina, il bentazone e il molinate. Si conoscono ben 1500 principi attivi i quali sono prodotti più di 50.000 pesticidi.

La potabilizzazione dell’acqua
E che dire del processo di potabilizzazione dell’acqua mediante il cloro? È senz’altro il metodo più valido per la disinfezione delle acque, ma determina la formazione di nuovi composti organici clorurati, denominati trialometani (THM). Esistono molte prove a sostegno della validità del processo di clorazione delle acque per uso umano: se negli USA sono stati segnalati 59 casi di epidemie, con un totale di 16.000 soggetti colpiti per mancato trattamento di disinfezione delle acque, nei paesi del Terzo Mondo si sono verifìcati in questi ultimi anni ben 580 mila casi di colera e 1 miliardo e 600 milioni di casi di malattie diarroiche, con 3 milioni e 200 mila morti dovuti principalmente al consumo di acque sia sotterranee che superficiali non trattate. Tuttavia questa pratica così largamente usata è divenuta oggetto di maggiore attenzione agli inizi degli anni ’70, quando, da ricerche eseguite negli USA da parte dell’EPA (Environmental ProtectionAgency) con tecniche analitiche molto sensibili, si è osservata la presenza di sostanze tossiche nell’acqua potabile a seguito del processo di clorazione.

In particolar modo sono stati riscontrati oltre 80 derivati cloro organici, anche a concentrazioni elevate, nelle acque sottoposte a clorazione. Il cloro e l’ipoclorito reagiscono con gli acidi umici e fùlvici e con altri precursori, quali ad esempio l’acido piruvico e l’acido idrossibenzoico, presenti nelle acque da trattare per produrre principalmente i cosiddetti trialometani (THM), soprattutto cloroformio, dibromoclorometano e diclorobromometano sostanze chimiche indiziate come possibili mutageni e cancerogeni per l’uomo.

Sembrerebbe che la formazione dei THM sia direttamente proporzionale alla concentrazione di cloro e dipenda principalmente dalla qualità delle acque trattate. Non si pensi, comunque, che solo acque di qualità scadente conducano alla formazione di composti alogenati, anche le migliori acque, ad esempio quelle sorgive, contengono sostanze organiche disciolte che non derivano necessariamente da fenomeni di inquinamento. Nel nostro paese, indagini condotte dall’Istituto Superiore di Sanità e da diverse Amministrazioni Regionali su acquedotti trattati prevalentemente con cloro sotto forma di ipoclorito, hanno evidenziato elevate concentrazioni di derivati clororganici, soprattutto cloroformio, dibromoclorometano e diclorobromometano, sostanze considerate potenzialmente cancerogene da parte dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS). Come rendere potabile l’acqua senza generare nuove sostanze tossiche? Un’alternativa consisterebbe nel sostituire il cloro con altri prodotti che non promuovono la formazione di THM.

Uno di essi è il biossido di cloro, che ha dimostrato di possedere ottime proprietà disinfettanti. Inoltre tale prodotto risulta particolarmente efficace nella rimozione di ferro e manganese dalle acque e nell’eliminazione del cattivo sapore dovuto ai clorofenoli. Gli svantaggi dell’impiego del biossido di cloro sono da attribuirsi al fatto che esso ostacola il trasporto dell’ossigeno ai tessuti corporei. Un altro processo di potabilizzazione consiste nell’impiegare l’ozono (OJ, gas dall’altissimo potere ossidante, efficace nella disinfezione, avendo un’elevata azione battericida. La principale limitazione concernente l’uso di ozono è dovuta al fatto che questo agente ossidante induce la sintesi di nuovi composti organici di natura spesso ignota che possono essere anche tossici. E, inoltre, molto costoso e non garantisce il perdurare della sterilità dell’acqua, poiché si degrada rapidamente.

L’eliminazione di inquinanti microbiologici viene pure ottenuta mediante l’impiego di acqua ossigenata durante il trattamento di clorazione che consente una significativa riduzione nella formazione di composti organoalogenati. È stato anche proposto, come valida alternativa al cloro, l’utilizzo combinato di ozono acqua ossigenata, che esercita un’efficace azione sterilizzante senza produzione di THM ed altri sottoprodotti indesiderati Una tecnica più recente, ancora in fase sperimentale, si avvale invece di un semplice processo elettrolitico che scompone le sostanze chimiche presenti nell’acqua. Esistono poi i cosiddetti filtri ad uso domestico per il cui uso corretto è indispensabile conoscere le caratteristiche chimiche dell’acqua che si vuole trattare, e che necessitano comunque di controlli periodici.

Tuttavia, nonostante l’intensificarsi degli studi volti ad individuare un’alternativa al cloro, sembrerebbe che non esista sino ad ora un composto in grado di sostituirlo adeguatamente.

http://www.medicina33.com

Acque potabili all’arsenico: a rischio rubinetti 128 comuni No della Ue a deroghe su limiti: a rischio salute cittadini. Le tracce d’arsenico hanno spesso origine vulcanica

acqua rubinetto classificaCittà dove l’acqua è più buona e dove no: classifica
ACQUE ALL’ARSENICO

rubinetto110L’elenco dei 128 comuni con acqua a rischio

Dati Ue: situazione preoccupante soprattutto nel Lazio

Roma, 22 nov. (Apcom) – No dell’Unione europea a qualsiasi deroga all’innalzamento dei limiti chiesti dall`Italia sulla concentrazione di arsenico nelle acque a uso alimentare. Perchè in taluni casi possono provocare malattie, perfino l’insorgere del cancro. E’ quanto scrive il Corriere.it. Dopo il niet della Ue scatta ora una guerra contro il tempo per evitare che a casa di migliaia di famiglie i rubinetti possano restare chiusi a seguito di una possibile raffica di ordinanze. Sono ordinanze richieste daBruxelles, che potrebbero proibire l`uso potabile dell’acqua. L`intimazione indirizzata il 28 ottobre al ministero della Salute dall`Ufficio Ambiente della Ue – prosegue l’articolo – apre un pesantissimo problema sanitario in 128 comuni dello Stivale divisi tra 5 regioni.

Tra le Regioni in emergenza c`è il Lazio, con 91 città e borghi (sparsi tra le provincie di Roma, Latina e Viterbo) dove i sindaci, a meno di soluzioni miracolose dell`ultimo istante, potrebbero essere costretti a firmare un provvedimento per vietare di bere l`acqua.

Nell`elenco segue la Toscana, con 16 località; altre 10 sono in Trentino, 8 in Lombardia e 3 in Umbria. Tutte con lo stesso problema: negli acquedotti c`è una concentrazione elevata di arsenico, talvolta con valori massimi di 50 microgrammi per litro mentre la legge ne consente al massimo 10. Quantitativi che sarebbero fuori norma – ha spiegato l`Italia in un dossier spedito alla Ue – per cause naturali; in qualche modo originati da stratificazioni geologiche di origine lavica, come nel caso dei Castelli Romani e del Viterbese.