OROFARINGE

OROFARINGE

Cenni di Anatomia

L’orofaringe si estende dalla linea di confine fra palato duro e molle a quella passante nella vallecula glossoepiglottica. È costituito da:

  • due pareti laterali, dove si trovano i pilastri tonsillari anteriore e posteriore che racchiudono una zona triangolare dove è alloggiata la tonsilla ed è delimitata in basso dal solco amigdalo- glosso;
  • una parete superiore, che comprende la faccia inferiore del palato molle e il velo pendulo;
  • una parete anteriore, composta dal terzo posteriore della lingua, o base della lingua, e dalle vallecule;
  • una parete posteriore costituita dal piano mucoso e dai muscoli prevertebrali.

Il palato molle con il velo pendulo partecipa all’atto della deglutizione e dell’articolazione dei suoni con modificazioni nella sua estensione e forma. Le pareti laterali che alloggiano le tonsille palatine, organi linfatici, e la base della lingua contribuiscono al passaggio del bolo alimentare che dall’istmo delle fauci viene sospinto indietro e verso il basso nell’esofago, attraverso un passaggio che stabilisce una continuità fra palato molle e parete posteriore. L’epiglottide con il sollevamento della laringe e la prominenza all’indietro della base della lingua chiude l’orifizio laringeo otturandolo e impedendo che frammenti del bolo prendano la via dell’albero respiratorio.

Anatomia Patologica

Come la cavità orale, l’orofaringe è interamente rivestito da mucosa ad epitelio pavimentoso, da cui deriva il 90% dei tumori maligni della regione. La presenza di numerose formazioni ghiandolari salivari minori nel palato molle e di conglomerati linfatici nel tessuto tonsillare giustifica una distribuzione differenziata del restante 10%. Così il 15% dei tumori maligni del palato molle è rappresentato da carcinomi salivari mucoepidermoidi o adenoidocistici e il 10% dei tumori maligni tonsillari da linfomi. Nei carcinomi squamocellulari, a differenza del cavo orale, prevalgono le varianti meno differenziate, inclusi alcuni carcinomi indifferenziati definiti di “tipo rinofaringeo”.

L’evoluzione locale varia a seconda della patologia, con crescita infiltrativa e ulcerativa prevalente nei carcinomi squamosi della regione tonsillare e delle base linguale, crescita espansiva a lungo asintomatica dei tumori ghiandolari del palato o della lingua e dei linfomi tonsillari.

La diffusione per via linfatica è rara nei tumori ghiandolari, estremamente frequente nei carcinomi squamosi (55-65% dei casi), in cui l’adenopatia rappresenta talora l’unico sintomo di malattia. La tonsilla rappresenta inoltre la sede d’origine più frequente delle metastasi linfonodali cervicali cosiddette criptiche, assai spesso scambiate erroneamente con cisti branchiali cancerizzate anche all’esame istologico.

Sintomi ed evoluzione

In fase precoce il sintomo più frequente riferito dai pazienti è costituito da un vago mal di gola. E’ inoltre possibile che il paziente descriva un senso di corpo estraneo in gola che determina difficoltà alla deglutizione. Il dolore può essere anche riferito all’orecchio, quasi sempre unilateralmente. Il trisma è in genere un sintomo tardivo dovuto alla infiltrazione dei muscoli pterigoidei. Anche il tono nasale della voce, l’alito fetido (per ulcerazione e necrosi) e la fissità della lingua sono sintomi tardivi. Un ingrossamento dei linfonodi giugulodigastrici, più frequentemente unilaterale, è molto frequente nei carcinomi della regione tonsillare e della base lingua e può spesso costituire il sintomo di esordio della malattia. Sintomi legati a disseminazione metastatica a distanza della malattia sono, invece, molto rari alla presentazione.

Inquadramento diagnostico

  • Visita specialistica ORL (con ispezione e palpazione)
  • Panendoscopia
  • Biopsia
  • RM con mezzo di contrasto (esame di prima istanza)
  • TC con mezzo di contrasto
  • Rx torace
  • Ecografia epatica
  • Esami del sangue completi

Classificazione in categorie di T (UICC, 1997)

  • Tx primitivo non definibile
  • T0 primitivo non evidenziabile
  • Tis carcinoma in situ
  • T1 dimensioni massime <=2 cm
  • T2 dimensioni massime comprese fra 2 e 4 cm
  • T3 dimensioni massime >4 cm
  • T4 sono invase strutture adiacenti, ad es. muscoli pterigoidei, mandibola, palato duro, muscoli profondi della lingua, laringe La classificazione delle adenopatie è la stessa usata per le altre localizzazioni.

Modalità terapeutiche

Chirurgia

In lesioni limitate (T1) sono possibili interventi conservativi, in genere di elettroexeresi per via transorale (velopendulo, tonsilla) o, in sedi più profonde (base linguale) per via faringotomica laterale. Nel caso di neoplasie più estese gli interventi sono più demolitivi, con conseguenze funzionali più o meno pesanti; di tipo diverso a seconda della sede del tumore e della sua estensione. Nelle neoplasie della regione tonsillare (o amigdalo- glosso- palatina) a sede laterale la chirurgia comporta spesso accessi transmandibolari e ricostruzioni complesse, con impegno sostanziale della funzione deglutitiva e masticatoria e alterazioni estetico- morfologiche.

Gli interventi più radicali comportano la resezione della regione tonsillare e delle parti adiacenti del palato molle e della lingua per via transmandibolare (per lo più demolitiva dell’osso), la resezione di gran parte della base della lingua.

In quelle più posteriori, in genere mediane (base della lingua, regione glossoepiglottica) sono più spesso coinvolte strutture laringee (epiglottide, spazio tireoepiglottico) e interventi che implicano laringectomie parziali o totali) e quindi disturbi della funzione fonatoria: la laringectomia sopraglottica allargata alla base linguale, la subglosso- laringectomia totale, fino alla glosso- laringectomia totale.

In tutti i casi si rendono necessari svuotamenti delle logge linfatiche cervicali con tecnica variabile a seconda delle caratteristiche delle adenopatie, da eseguirsi mono- o bilateralmente secondo la sede del tumore primitivo, quasi sempre in concomitanza e in continuità con quest’ultimo.

Si tratta comunque di approcci chirurgici complessi, con vari gradi di difficoltà, non realizzabili in tutti i reparti di chirurgia ORL o maxillo-facciale. I risultati in termini di guarigione sul piano oncologico sono soddisfacenti anche in forme molto estese. Il prezzo pagato in termini di qualità di vita può apparire elevato, anche se si è alquanto ridotto negli ultimi anni con il miglioramento delle procedure ricostruttive. Esso giustifica la continuazione degli sforzi per ricercare trattamenti alternativi più conservativi ma non la pervicacia nel perseguire questo obiettivo.

Radioterapia

Il trattamento standard viene eseguito in genere per via transcutanea, utilizzando campi contrapposti e dosi comprese fra i 60 e i 70 Gy con frazionamento convenzionale (v. tabella pag. 42).

Sensibili progressi sono stati ottenuti nei carcinomi della base linguale di limitata o media estensione (T1-T2) con l’impiego della brachiterapia interstiziale supplementare ad una irradiazione esterna condotta a dosi appropriate. Per il resto sono stati saggiati in campo radioterapico trattamenti condotti con diverse modalità di frazionamento delle dosi o/ e di combinazioni con farmaci radiosensibilizzanti o/ e antiblastici.

Molte delle nuove strategie si prefiggono anche di cercare di ottenere uguali o migliori risultati di quelli ottenibili con terapie convenzionali con il massimo risparmio dell’organo, in questo caso l’orofaringe, e delle strutture adiacenti, al fine di assicurare il migliore risultato sotto il profilo oncologico con la migliore qualità di vita possibile.

Accenniamo di seguito ad alcune terapie che più sono state oggetto di studio e che spesso trovano una applicazione presso i centri specialistici di oncologia radioterapica e medica.

Tutte le sedi eccetto la base della lingua. Per gli stadi T2- 3 N0/N1 (>3 cm)

La radioterapia iperfrazionata alla dose per frazione di 1.2 Gy x 2 frazioni al di, con intervallo di 6 ore per una dose totale di 80.5 Gy (EORTC 22791) ha comportato un controllo locale del 56% a 5 anni con differenza significativa rispetto a casi analoghi trattati con frazionamento convenzionale della dose (38%). I dati di sopravvivenza a 5 anni del 40% della serie iperfrazionata rispetto a quella trattata con frazionamento convenzionale (30%) non sono risultati significativamente diversi, ma presentano una evidente tendenza ad un migliore risultato.

Tutte le sedi, stadi III e IV

Sono stati condotti molti studi di radioterapia con frazionamenti alterati che ancora non hanno messo in evidenza sicuri risultati almeno nel controllo locale della malattia.

Il tipo di frazionamento alterato che ha dato i migliori risultati nei tumori maligni in stadio avanzato dell’orofaringe è stato un frazionamento bigiornaliero con 1.6 Gy per frazione e dose totale di 70 Gy. L’intervallo fra le frazioni deve essere di almeno 6 ore. I migliori risultati in termini di controllo locale e di sopravvivenza a 5 anni sono stati riportati da Wang in uno studio non randomizzato e tale frazionamento è oggi oggetto di studi randomizzati per avere la conferma della sua validità. Una ulteriore opzione terapeutica è l’associazione di radioterapia e chemioterapia. E’ possibile che le due armi terapeutiche combinate migliorino i risultati, specie se usate in modo concomitante anche se costituiscono una terapia piuttosto pesante per gli effetti collaterali. L’associazione più usata prevede per la chemioterapia schemi di trattamento con derivati del platino (cisplatino o carboplatino) e 5-fluorouracile.

Gli studi attualmente in corso, che non sono ancora stati pubblicati e che potrebbero evidenziare opzioni terapeutiche per migliori risultati sono i seguenti:

  1. Studio italiano multicentrico randomizzato (ORO- 93) nel quale vengono confrontate la radioterapia convenzionale da sola (seguita da chirurgia di salvataggio se necessaria) radioterapia bifrazionata con iperfrazionamento accelerato secondo Wang (1.6 Gy x 2 volte al giorno, dose totale di 70 Gy e intervallo programmato) e la radioterapia convenzionale concomitante a chemioterapia (tre cicli alla prima, quinta e nona settimana con carboplatino e 5Fluorouracile). Tale studio, per gli ultimi due anni, è stato condotto sotto l’egida del Progetto Finalizzato CNR.
  2. Studio condotto dall’RTOG (Radiation Therapy Oncology Group): è uno studio di fase III, RTOG 90-03, che include neoplasie epiteliali della cavità orale, dell’orofaringe compresa la base della lingua, dell’ipofaringe e laringe sovraglottica e confronta il frazionamento convenzionale della dose verso due tipi di iperfrazionamento accelerato.

Strategia terapeutica

Le terapie di scelta sono rappresentate da: chirurgia e radioterapia, da sole o combinate, e dalla chemioterapia, utilizzata sempre in combinazione con le precedenti in varie sequenze. Le varie opzioni terapeutiche possono essere considerate diversamente a seconda che siano consolidate dalla pratica clinica o siano ancora da testare con studi clinici controllati. Utilizzando quanto già noto e collaudato, è possibile riportare sinteticamente in una tabella l’elenco delle indicazioni consigliabili come terapia standard tenendo presente che i risultati di vari studi attualmente in corso potrebbero modificare significativamente l’orientamento.

Terapia Standard

* Nelle lesioni più estese rimangono in opzione trattamenti multidisciplinari programmati (RT + CT concomitanti; ERT preoperatoria)

 

Controlli periodici dopo la terapia

Fino a due mesi dalla fine del trattamento sono consigliabili visite periodiche in tempi diversi da paziente a paziente, ma comunque a breve distanza, per la verifica della guarigione della ferita chirurgica o delle reazioni acute da radioterapia.

Dopo questa prima fase si consigliano:

  • a due mesi dalla fine della terapia, la visita clinica ed esami di diagnostica per immagini (RM o TC) per valutare la risposta clinica al trattamento;
  • visite periodiche ogni 3 mesi durante il primo e secondo anno, con esami di diagnostica per immagini (RM o TC) due volte l’anno;
  • visite periodiche ogni 4 mesi durante il terzo anno, con esami di diagnostica per immagini (RM o TC) due volte l’anno;
  • visite periodiche ogni 6 mesi durante il quarto e quinto anno, con esami di diagnostica (RM o TC) una volta l’anno;
  • visite periodiche con frequenza annuale o biennale per tutta la vita del paziente.

Risultati: controllo loco- regionale e sopravvivenza a 5 anni

In linea generale è possibile affermare che negli stadi iniziali di malattia (T1- 2/ N0) le possibilità di guarigione con radioterapia o chirurgia non demolitiva, da sole, oscillano fra l’80% e il 70%, per tutte le localizzazioni orofaringee.

Negli stadi più avanzati per estensione locale (T3- T4) o regionale (N1- 2-3) le possibilità di sopravvivenza a 5 anni si riducono nettamente e progressivamente con l’avanzare dello stadio andando dal 50% al 20% a seconda del trattamento eseguito. La riduzione è nettissima per i casi trattati con la sola radioterapia transcutanea (20-22%), mentre il controllo locoregionale varia dal 55% al 60% per i casi trattati con chirurgia demolitiva (raramente da sola, quasi sempre associata a RT postoperatoria).

Tra i fattori prognostici più importanti, oltre alla estensione locale, figurano l’estensione delle metastasi linfonodali (sia per numero e dimensioni, che per livello), e l’adeguatezza del trattamento (grado di radicalità chirurgica, dosi e campi di RT). Altro fattore importante è la caratteristica infiltrante della neoplasia primitiva, soprattutto nello sconfinamento nella base linguale e nei tessuti parafaringei.

Fattori prognostici

I principali fattori prognostici dei carcinomi dell’orofaringe sono rappresentati dall’estensione del tumore primitivo (da T1 a quella T4) e dall’entità del coinvolgimento dei linfonodi regionali (da N0 a N1- 3); il grado di interessamento linfonodale è, forse, il più significativo tra i fattori correlati al mancato successo del trattamento. La sede di presentazione della neoplasia può rivestire anch’essa un valore prognostico: le neoplasie a sede tonsillare sono generalmente considerate a migliore prognosi rispetto a quelle della base lingua o della parete posteriore; l’estensione al solco glosso- epiglottico implicherebbe una prognosi più severa. Le scadenti condizioni generali, un basso performance status, il sesso maschile costituirebbero ulteriori fattori prognostici sfavorevoli anche se di minore rilievo.

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