La crisi riscopre le riparazioni. Dagli abiti agli elettrodomestici è boom degli ‘aggiusta-tutto’

Un business “anticiclico” che cresce quando i consumi sono in crisi e sta trasformando i consumatori in riparatori. E qualcuno ne fa una teoria

riparazioni

Gli italiani consumano meno e riparano di più. La crisi sta cambiando le abitudini delle famiglie e rilanciando mestieri che sembravano scomparsi: gliaggiusta-tutto. E’ il classico business “anticiclico” che esplode quando la produzione e il commercio sono in contrazione. Si mette la toppa alla giacca, si ripara il vecchio frigorifero invece che comprarne uno nuovo. I consumatori diventano – più per necessità che per scelta – riutilizzatori.

Dagli abiti agli elettrodomestici, dai mobili aicellulari, i negozi e i laboratori che offronoriparazioni fanno affari d’oro. E anche per gli “aggiustatori” tradizionali – meccanici, carrozzieri ecc. – si registrano aumenti di attività.

Una virtù ritrovata

Un settore in cui il recupero è esploso, ad esempio, è quello delle sartorie. Giuliano Andreucci, responsabile di Zyp, una catena di negozi di riparazioni di abiti sparsi soprattutto a Roma e provincia, ha dichiarato a Repubblica: “Ultimamente il nostro fatturato è in aumento e naturalmente si adatta alle caratteristiche dei diversi quartieri”. Nelle zone della Roma povera, come il Quadraro, “si riparano i cappotti della nonna”, a Prati “si fa l’orlo ai capi pret-à-porter”. Insomma c’è un marketing anche per i rammendi.

Un cambio di mentalità che è evidente anche nel settore degli elettrodomestici. Lorenzo Bellachioma, fondatore dell’Associazione riparatori elettrodomestici (Are), spiega sempre a Repubblicache “i clienti sono disposti a spendere molto più di prima per aggiustare il vecchio frigorifero. Oggi si ripara di più anche accettando di spendere 250 euro per un elettrodomestico che ne vale 400“.

Si può crescere consumando meno?

Ma c’è anche chi di recupero parla da tempi non sospetti (ben prima della crisi) per motivi che hanno a che fare più con la sostenibilità ambientale che col risparmio. Sono i teorici delle “3 R“, ovvero:
 Riduci i consumi: compra solo quello che usi davvero, rinuncia al superfluo.
 Riusa (nel nostro caso, Ripara): allunga la vita del prodotto riparandolo e adattandolo.
 Ricicla: tutto ciò che compri prima o poi diventerà rifiuto, utilizza la raccolta differenziata.

Anche se in periodo di crisi la parola d’ordine più diffusa è “aumentare i consumi”, non tutti la pensano così. I sostenitori della decrescita felice, per esempio. Partono da un presupposto fondamentale: in un mondo finito non è possibile una crescita infinita. La crisi che stiamo attraversando lo dimostra: è impossibile spingere i consumi oltre un certo livello. E teorizzano una cambiamento che ha delrivoluzionario: spostarsi progressivamente dal campo degli scambi mercantili a quello degli scambi non mercantili. Che vuol dire usare come moneta di scambio non solo il denaro ma anche il tempo, la competenza personale, l’autoproduzione. A qualcuno può sembrare un sogno da vecchi hippy ma ha il sostegno di economisti e intellettuali che cercano l’alternativa a un modello di sviluppo ormai “alla frutta”. (A.D.M.)

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