I quaderni della salute numero 1 anno 2010

Giornata Nazionale per l’Epilessia: 6 maggio 2012

La XI Giornata Nazionale per l’Epilessia si terrà domenica 6 maggio 2012 e il tema che caratterizzerà la giornata di quest’anno è “Facciamo luce sull’Epilessia”; sabato 5 ed anche domenica 6 sarà possibile sostenere la ricerca acqusitando lampadine a basso consumo nelle principali piazze italiane. In Europa le persone colpite da epilessia sono circa sei milioni, oltre 500.000 in Italia e 30.000 nuovi casi l’anno ed è una delle malattie neurologiche più diffuse; purtroppo però troppo spesso chi ne soffre viene emerginato.

Anche quest’anno ritorna la MaratoLice di Roma che diventa competitiva; inoltre, è stato raggiunto un accordo tra la Lega Italiana contro l’epilessia (Lice) e l’Associazione Italiana Contro Epilessia (AICE) per diffondere una corretta informazione sulla patologia. Da oggi 30 aprile e fino al 6 maggio è possibile donare 2 euro inviando un sms o telefonando da fisso al numero 45502 per finanziare un bando di ricerca per le epilessie farmacoresistenti, interamente gestito dalla Società Scientifica Lice.

Roberto Michelucci, Presidente Lice e Direttore dell’Unità di Neurologia dell’Ospedale Bellaria di Bologna dice

Il 2011 è stato un anno di importanti conquiste per chi soffre di epilessia in particolare per la Dichiarazione del Parlamento Europeo del 15 settembre, con l’invito a tutti gli Stati Membri a garantire pari qualità di vita e opportunità di cura delle persone con epilessia e il riconoscimento del ”concetto di guarigione” contenuto nelle nuove norme sull’idoneità alla guida

Per maggiori informazioni potete consultare il sito web lice.it e il sito webfondazioneepilessialice.it

Photo Credits| fondazioneepilessialice.it

San Biagio e il panettone «ritardatario»

 
Può sembrare un tentativo di liberarsi degli avanzi del dolce natalizio, ma in realtà si tratta di un’usanza che ha una lunga storia
Una fase della lavorazione del panettone (foto Gian Luca Margheriti)

All’inizio di febbraio, passeggiando per Milano, non è strano, nelle vetrine di pasticcerie, panetterie e gastronomie, trovare panettoni in vendita con forti sconti (per la verità, la tradizione imporrebbe di vendere due panettoni al prezzo di uno, ma non tutti la rispettano). Banale tentativo di liberarsi degli avanzi del dolce natalizio per eccellenza, diranno i più. Niente di più errato, infatti si tratta di un’usanza ben radicata nel territorio milanese: quella di mangiare il panettone il 3 febbraio, giorno di San Biagio. Ma perché si usa così? Biagio nacque a Sebaste, in Armenia, sul finire del III secolo dopo Cristo. Studiò medicina e intraprese la professione di medico, e medico sarebbe morto, se la popolazione della sua città non lo avesse voluto come vescovo, nonostante non fosse né consacrato né ordinato. Un po’ come Ambrogio, anche Biagio non volle accettare subito la carica a cui il popolo lo spingeva. Dopo un periodo però si fece convincere e assunse il ministero, non dimenticando però la sua vera natura. Cominciò così a compiere i suoi doveri vescovili, accompagnandoli con gli altrettanto importanti doveri di medico. Il neo vescovo curava le anime del suo gregge ma spesso, in maniera più terrena, ne curava anche i corpi.

Una fase della lavorazione del panettone (foto Gian Luca Margheriti)

Un giorno una madre disperata corse al suo cospetto. Suo figlio aveva mangiato del pesce, una lisca gli si era conficcata in gola e ora stava soffocando. Biagio non perse tempo e corse al capezzale del giovane. L’istinto di medico ebbe presto il sopravvento e Biagio, invece di perdersi in inutili benedizioni e unzioni, prese un pezzo di pane e lo fece inghiottire al ragazzo. La mollica portò con sé la lisca e il figlio della disperata signora riprese a respirare normalmente. Con un metodo che aveva ben poco di miracoloso, Biagio aveva salvato una vita, come probabilmente aveva fatto spesso in passato e come, altrettanto probabilmente, avrebbe continuato a fare in futuro. Ma, vuoi perché come vescovo Biagio era già in odore di santità, vuoi perché, per sottintendere ai doveri dell’abito che indossava, prima di far ingoiare la mollica al ragazzo l’aveva benedetta facendogli il segno della croce, la fortunata madre cominciò a gridare al miracolo. Biagio ovviamente minimizzò e tornò ai suoi doveri. Ma notizie eccezionali come un miracolo fanno presto a passare di bocca in bocca e a diffondersi a macchia d’olio fra tutto il popolo. E presto giunsero alle orecchie sbagliate, quelle di Agricola, prefetto di Diocleziano per l’Armenia. Agricola non apprezzava che la fama di un qualunque vescovo si accrescesse così a dismisura e decise, con una scusa, di convocare il vescovo Biagio. Trovandoselo davanti, non si sa perché, Agricola decise che era meglio eliminarlo per evitare che il popolo ne facesse un santo. Detto, fatto, lo fece scorticare con pettini da cardatori e poi decapitare.

Il confezionamento del panettone (foto Gian Luca Margheriti)

Come altri prima di lui, anche Agricola fece male i suoi conti. Biagio a breve divenne un martire e poi un santo, il Santo protettore dei cardatori e dei materassai (onore dovuto allo strumento che era stato usato per martirizzarlo). In più, in ricordo dell’episodio del bambino e della lisca di pesce, il 3 febbraio, giorno della festa di San Biagio, si usa mangiare del pane benedetto e farsi benedire la gola toccandola con due candele incrociate. Questo però non spiega come la storia di Biagio si leghi a Milano e al suo più rappresentativo dolce. Biagio non era mai passato dalla nostra città, eppure proprio a Milano la sua festa ha una così strana connotazione. Facciamo allora un salto avanti nel tempo rispetto all’epoca in cui visse Biagio. Il panettone è già stato inventato e a Milano tutti usano prepararlo per le feste natalizie. Prima di Natale una donna si reca da Frate Desiderio per far benedire un panettone che ha preparato per la famiglia. Desiderio, che è sempre molto occupato, dice alla donna di lasciargli il dolce per qualche giorno e poi di passare a ritirarlo, lui si occuperà di benedirlo non appena troverà il tempo. I giorni trascorrono lenti e la donna si dimentica di ripassare dal frate per il suo panettone. Desiderio invece non si dimentica affatto del panettone e, ogni volta che passa davanti al cantuccio della canonica dove lo ha appoggiato, ne stacca un pezzettino e lo mangia.

Sbocconcella oggi, sbocconcella domani tutto ciò che resta del panettone è l’involucro vuoto. Quando Desiderio si accorge di aver mangiato tutto il panettone della povera donna si dispera. I sensi di colpa lo assalgono e Desiderio spera che la donna si sia dimenticata per sempre del suo panettone e non torni più a reclamarlo. Altri giorni passano e sembra che il desiderio del frate si sia avverato, quando, il 3 febbraio, la donna si ripresenta per avere indietro il suo panettone benedetto. Desiderio va allora nell’angolo dove giaceva ancora l’involucro del panettone inesorabilmente vuoto e, stupore, la carta è gonfia e piena di un panettone grosso il doppio di quello che la donna aveva lasciato al frate. Miracolo! Era sicuramente merito di San Biagio.
Il Natale dell’anno successivo molti milanesi portarono a Desiderio i loro panettoni da benedire, sperando di vederli moltiplicati. Ma i miracoli non operano così, quindi Desiderio si limitò a benedire tutti i panettoni assieme e poi consigliò caldamente ai milanesi di avanzarne una parte da consumare il 3 febbraio, in sostituzione del pane benedetto. Negli anni l’usanza si radicò nel sostrato cittadino e anche se oggi non si usa più farli benedire, in ogni casa di Milano, la mattina del 3 febbraio, a colazione, per proteggere la gola dai malanni stagionali, si scarta un bel panettone, magari comprato con lo sconto in uno dei tanti negozi della città.

Ausilio per la riabilitazione-2-0 Accorgimenti comportamentali dopo l’intervento

 

 

Ci accingiamo,in questo capitolo,a fornire diversi consigli per riprendere il dialogo con il proprio corpo r con gli altri. Per accelerare il processo di riabilitazione e di reintegrazione,per evitare l’incomprensione e la collera con se stessi e con gli altri,vi suggeriamo di non sottovalutare questi semplici accorgimenti.

Si può conquistare la propria indipendenza al più presto,conoscendo correttamente i propri mezzi vitali. TORNA ALL’INDICE

Lettera aperta ai Vertici PD della Liguria sulla centrale Tirreno Power: Interventi seri o dimissioni

Questa la lettera aperta scritta da ANPANA ONLUS al Governatore Burlando ed al Segretario PD Di Tullio riguardo l’ampliamento della centrale di Vado e i danni alla salute ed all’ambiente. Ass. ANPANA chiede loro un intervento serio per porre rimedio al disastro sanitario ed ecologico, o le dimissioni

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“Signori, la nocività delle centrali a carbone è nota da tempo.

Emettono Cromo, Nickel, Arsenico, Berillio, Idrocarburi, Nitriti, Nitrati, Cadmio, Mercurio, Piombo, polveri fini ed ultra fini. Ma anche particelle radioattive, tanto che l’ENEA ha dichiarato che una centrale a carbone puo’ essere peggio di una atomica.

Causano una miriade di malattie che colpiscono quasi ogni parte del corpo umano: leucemie, tumori a polmoni, naso, laringe, pelle, seno, apparato digerente, esofago, vescica, fegato, reni, cervello.

Danneggiano anche il feto nelle donne incinte, rubando il dritto alla salute di una vita che sta ancora nascendo.

Enormi i danni all’ecosistema: piogge acide, effetto serra, moria delle foreste, ecc.

La centrale di Vado non fa eccezione rispetto ad impianti analoghi. Si calcola che ogni anno emetta qualcosa come 5 milioni di tonnellate di CO2 (gas serra), piu’di 5000 tonnellate di ossido di zolfo e 4000 di ossidi di azoto (entrambi responsabili delle piogge acide), 6500 tonnellate di polveri sottili (cancerogene). A peggiorare le cose, una storia gestionale inquietante.

Possiamo citare vari tentativi (alcuni riusciti) di smaltire le ceneri della centrale, tossiche e radioattive, in Piemonte.

– A Cavallermaggiore furono spedite per realizzare una strada e fondamenta di capannoni. Quando i locali compresero con cosa avevano a che fare, tombarono tutto con uno strato di cemento.

– Altri tentativi di “smistare” le ceneri furono fatti ad Alessandria, Niella Tanaro, in Val Bormida, ed in vari torrenti. Pare che la centrale abbia bruciato, oltre al carbone, un po’ di tutto: dagli pneumatici usurati Pirelli, all’immondizia di Milano. In pratica, come un maxi inceneritore, con probabile emissione anche di diossine.

Gli effetti sono gravissimi, sia sull’ambiente che sulle persone. Da Bergeggi ad Albissola sono scomparsi tutti i licheni (vegetali bioindicatori), per l’ eccessivo inquinamento.

Nel fondo marino davanti al torrente Quiliano vi sono metalli pesanti, arsenico, idrocarburi, in concentrazioni anche 150 volte superiori al limite di legge. E’ vero che altre aziende operano sul territorio, e potrebbero avere parte di responsabilità, ma i veleni si trovano proprio nel punto in cui scarica la centrale di Vado … soltanto una coincidenza?

I medici denunciano che in zona moltissimi bambini soffrono di asma, allergie, problemi respiratori, malattie della pelle, danni all’apparato muscolare ,ma anche riduzione delle facoltà intellettive ed autismo.

Numerose le morti premature di bambini, ragazzi, adolescenti e giovani per malattie riconducibili all’inquinamento. La mortalità per tumore risulta abnorme risetto alla media nazionale. Ogni anno in Italia il cancro polmonare colpisce 54 persone ogni 100 mila. A Vado Ligure ne uccide 112, oltre il doppio!

L’inquinamento raggiunge anche gli altri comuni della Riviera: se in Italia si ammalano di tumore 7 donne ogni 100 mila, a Noli ne muoiono ben 36: sei volte di più!

Si ritiene che la centrale di Vado sia responsabile della morte prematura di quasi 4000 persone: lavoratori, padri di famiglia, giovani donne, mamme con figli piccoli, ragazzi, bambini: tutti innocenti che, in un ambiente normale, avrebbero continuato a vivere!

Siamo di fronte ad una catastrofe ambientale e sociale, paragonabile al dramma dell’amianto di Casale Monferrato. Chiediamo se chi ha il Potere intende intervenire, oppure tra qualche anno assisteremo ad un maxiprocesso simile a quello di Casale, con imputati di omicidio e strage?

Esiste un rimedio ? Certo: anziché bruciare carbone, usare metano, molto più ecologico. Ma convertire gli impianti costa, e poi il metano è più caro, quindi all’azienda non conviene. Che fa allora l’azienda? Come mostra un filmato di “Savonanews”, installa sistemi che rendono invisibili i fumi delle ciminiere, così che la gente non si spaventi troppo. In pratica, anziché affrontare il problema, lo nasconde!

Non basta: ora Tirreno Power vuole ampliarsi… sempre a carbone. Dice che costruirà nuovi impianti e cambierà quelli vecchi, riducendo l’inquinamento. Invece, secondo serie valutazioni, l’ampliamento aumenterà ancora l’inquinamento. Oggi gli effetti negativi si avvertono in un raggio di circa 48 km, dopo l’ampliamento potranno estendersi, sconfinando probabilmente anche in regioni vicine (Piemonte).

Significherebbe altre centinaia di morti, ma anche compromettere per sempre l’agricoltura e il turismo.

E’ proprio in questa fase che può e devono, ripetiamo DEVONO, intervenire le Pubbliche Amministrazioni. Regione, Provincia, Stato ne hanno la possibilità, la legge è dalla loro parte. Gli impianti della centrale sono vecchi e non adeguati alle norme Europee antinquinamento, ci si può appellare a questo per ordinarne il fermo.

Del resto, la Liguria produce molta più energia di quanta ne consumi, non rischierebbe certo il blackout! Quanto alla difesa dei posti di lavoro, non si chiede di chiudere la centrale, ma solo di cambiare combustibile. Cittadini, associazioni , Ordine dei medici, lo chiedono da tempo, ma inutilmente.

La Provincia, guidata dal PDL, è favorevole a questo progetto devastante!
Il Partito Democratico sembrava distinguersi: in occasione delle elezioni regionali fece una grande campagna contro il carbone.

Peccato che vinte le elezioni… anziché fermare il carbone, gli Amministratori si siano accontentati di imporre qualche limitazione! (che giudichiamo assolutamente insufficienti).

Il Segretario provinciale del PD savonese, Livio Di Tullio, addirittura giudica positiva l’intesa con Tirreno Power , che rinnoverà gli impianti, altrimenti ci saremmo dovuti tenere quelli vecchi, più inquinanti. Detta cosi’,sembrerebbe che sia Tirreno Power a comandare e dettare le regole!

A questo punto esigiamo delle spiegazioni.

Vogliamo sapere dai vertici del PD perché non hanno preteso da Tirreno Power la conversione a metano. Vogliamo sapere come giustificano una campagna elettorale di opposizione al carbone, seguita dall’approvazione del carbone ad elezioni vinte.

Sono stati traditi gli elettori che hanno votato un programma, mai rispettato. Soprattutto, avrebbero dovuto prevalere la difesa della vita dei cittadini, (bambini e nuove generazioni incluse) .

A qualunque costo.

Temiamo che l’ampliamento dei gruppi a carbone possa avere ricadute negative anche su territori vicini, quali il Piemonte: l’inquinamento non si ferma certo davanti ai confini regionali!


I Piemontesi non hanno dimenticato la tragedia dell’ACNA di Cengio, sita in Liguria ma che ha massacrato il basso Piemonte. Per questo, noi informeremo Associazioni, cittadini e Autorità Piemontesi di quanto sta accadendo, perché possano far sentire la loro voce.

Chiediamo agli Amministratori ed ai vertici locali del PD di tornare sulle loro posizioni pre- elettorali ed imporre lo stop all’uso del carbone e la riconversione a metano. La gravità di quanto accaduto è tale che, in mancanza di risposte positive, dovremo consigliare a loro di dimettersi.

 

ANPANA Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente Sezione Provinciale di Savona, unitamente alla Sezione Provinciale di Alessandria.

La lettera originale è consultabile QUI

 

A.N.P.A.N.A – Associazione Nazionale Protezione Animali Natura Ambiente
Ente O.N.L.U.S.
PROTEZIONE CIVILE E AMBIENTALE – GUARDIE ECOZOOFILE
SEZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE DI SAVONA
Casella Postale 8, 17052 Borghetto Santo Spirito (SV) Tel. 331/1209011
-mail: anpana.savona(at)libero.it

-sito: www.anpana.it