 La consegna della prima pietra del Laudato sì’ (Provaglio d’Iseo, dicembre 2005) proveniente dalle cave di porfido dei F.lli Pedretti
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L’amore conosce tutte le audacie: perciò è giusto “osare” fin dove la nostra coscienza, mossa da grandi ideali, ci spinge. Nel Laudato sì’ tutti siamo chiamati a lasciarci coinvolgere per la realizzazione di una grande impresa: preparare una struttura, finalizzata a curare malattie oncologiche. Desideriamo che, in quell’ambiente sanitario, la valorizzazione dell’uomo, nelle sue varie componenti (fisica, spirituale, psicologica, relazionale, morale, trascendentale), sia l’ideale che sostanzia tutto l’operare. Pertanto i vari operatori sanitari si adopereranno, per rendere viva con scienza e coscienza la vicinanza alla persona malata di cancro, spesso abbandonata al suo dramma da una medicina efficientista, ma non sempre efficiente e a servizio dell’uomo.
La strada che conduce al Laudato sì’ è irta, perché si chiama strada della solidarietà. È la strada della sintesi, più elevata possibile, tra scienza e umanità. Vi è in gioco la vita umana, la sua dignità e, perciò, la responsabilità di quanti sono chiamati a vivere ruoli decisivi, nel doveroso cammino del progresso della tecnologia sanitaria.
Al Laudato sì’ l’umano, considerato dal punto di vista personale e sociale, ha da avere il primato sull’economico. Non sorgerà quindi una “clinica privata” dove, esplicitamente o in modo più implicito, il movente resta “il guadagno” e la conseguente competitività, ma un ospedale oncologico “popolare”, nel quale chi sta bene – vale a dire il popolo degli amici sani – offre il solidale aiuto a chi sta male.
17 luglio 2009
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