7 Gennaio 1978 Strage di Acca Larentia

 

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Strage di Acca Larentia
StrageAccalarenzia.jpg

folla radunata nel luogo dell’attentato, si può riconoscere Giorgio Almirante

 
Stato bandiera Italia
Luogo Roma
Obiettivo Giovani del Fronte della Gioventù (MSI)
Data 7 gennaio 1978
18:20
Tipo Agguato con armi da fuoco
Morti 3
Feriti 1
Responsabili Militanti terroristi di estrema sinistra; un carabiniere
Motivazione Omicidio a scopo politico; operazione di ordine pubblico

Strage di Acca Larentia è la denominazione giornalistica[1] del pluriomicidio a sfondo politico avvenuto a Roma alle 18.20 del 7 gennaio 1978, in cui furono uccisi tre giovani attivisti del Fronte della Gioventù. Due di loro erano appena usciti dalla sede del Movimento Sociale Italiano (MSI) di via Acca Larenzia, nel popolare quartiere Tuscolano, impegnati a pubblicizzare tramite volantinaggio un concerto del gruppo di musica alternativa di destra Amici del Vento. Il terzo venne ucciso qualche ora dopo, durante gli scontri scoppiati con le forze dell’ordine in seguito ad una spontanea manifestazione di protesta, organizzata davanti alla stessa sede dai militanti missini.

 

Agguato[

Appena usciti dalla sede, cinque giovani militanti di destra furono investiti dai colpi di diverse armi automatiche sparati da un gruppo di fuoco di 5 o 6 persone: uno di loro, Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno di medicina e chirurgia, fu ucciso sul colpo; Vincenzo Segneri, seppur ferito ad un braccio, riuscì a rientrare nella sede del partito, dotata di porta blindata, assieme ad altri due: Maurizio Lupini e Giuseppe D’Audino, rimasti illesi.

L’ultimo del gruppo, Francesco Ciavatta, studente diciottenne, pur essendo ferito, tentò di fuggire attraversando la scalinata situata al lato dell’ingresso della sezione ma, seguito dagli aggressori, fu colpito nuovamente alla schiena morendo in ambulanza durante il trasporto in ospedale.

Nelle ore seguenti, col diffondersi della notizia dell’agguato, una sgomenta folla, composta soprattutto da attivisti missini romani, si radunò sul luogo. Anche l’allora segretario nazionale del Fronte della Gioventù (FdG) Gianfranco Fini fu lievemente ferito da un lacrimogeno sparato dalla polizia[2] in seguito agli scontri che seguirono la protesta dei missini, giovani e non, accorsi da tutta Roma per protestare contro il duplice omicidio.

In seguito, per motivi ed in circostanze non chiare, scaturirono dei tafferugli che provocarono l’intervento delle forze dell’ordine con cariche e lancio di lacrimogeni. Le apparecchiature video di giornalisti RAI furono danneggiate. Si dice che tutto fosse cominciato poiché un giornalista, distrattamente (alcuni sostengono l’intenzionalità dell’atto), avrebbe gettato un mozzicone di sigaretta nel sangue rappreso sul terreno di una delle vittime della sparatoria.[3]

Per far fronte al tafferuglio creatosi, il capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori sparò ad altezza d’uomo, centrando in piena fronte il diciannovenne Stefano Recchioni, militante della sezione di Colle Oppio e chitarrista del gruppo di musica alternativa Janus, a cui il cantautore Fabrizio Marzi dedicò nel 1979 la canzone “Giovinezza“. Il giovane morì dopo due giorni di agonia.

Alcuni mesi dopo l’accaduto, il padre di Ciavatta, portiere di uno stabile in Via Deruta 19, si suicidò per la disperazione bevendo una bottiglia di acido muriatico [4] [5].

Rivendicazione[

Il raid fu rivendicato alcuni giorni dopo tramite una cassetta audio, fatta ritrovare accanto ad una pompa di benzina, in cui la voce contraffatta di un giovane, a nome dei Nuclei Armati di Contropotere territoriale, dichiarò:

  « Un nucleo armato, dopo un’accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larenzia, ha colpito i topi neri nell’esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l’ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga. »
 
(Rivendicazione della strage di Acca Larenzia a nome dei “Nuclei Armati di Contropotere territoriale”)

Le indagini[

Vittime della strage di Acca Larentia

Per circa 10 anni le indagini non portarono a conclusioni: solo nel 1988 si scoprì che la mitraglietta Skorpion usata nell’azione fu la stessa usata in altri tre omicidi firmati dalle Brigate rosse, ossia quelli dell’economista Ezio Tarantelli, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti e del senatore Roberto Ruffilli.

Furono accusati degli ex militanti di Lotta Continua: Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari, Francesco de Martiis e Daniela Dolce.

Quest’ultima riuscì a non farsi catturare, rimanendo latitante, mentre Scrocca fu arrestato e si tolse la vita in cella il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici.

Gli altri tre imputati, pur essendo arrestati, furono assolti in primo grado per insufficienza di prove.

L’arma impiegata nel 1978 scomparve negli anni in cui più forte fu l’attività dei brigatisti, ricomparendo a metà degli anni ottanta, nel periodo delle BR di Senzani[6], e più precisamente sette anni dopo[7], per venire poi usata anche per uccidere Lando Conti (10 febbraio 1986) e Ruffilli (16 aprile 1988).

L’agguato di Acca Larentia ha generato un’ulteriore recrudescenza nelle tensioni tra gli opposti estremismi e ha contribuito al mantenimento di quello stato di tensione che per molti anni ha accompagnato la storia della prima repubblica. Secondo Giorgio Galli è legittimo il dubbio che l’agguato sia stato “commissionato” ad elementi esterni al terrorismo politico, proprio con questa finalità.[6]

Il primo anniversario[

La vicenda ebbe un ulteriore strascico in occasione delle manifestazioni del primo anniversario. Il 10 gennaio 1979, infatti, scoppiarono di nuovo dei tumulti nel quartiere di Centocelle durante i quali l’agente di polizia in borghese Alessio Speranza sparò al diciassettenne Alberto Giaquinto, uccidendolo: successivamente l’agente fu prosciolto dall’accusa di omicidio.

Il trentesimo anniversario[

Il 7 gennaio 2008, come da tradizione, si è tenuta la fiaccolata in onore delle vittime della strage che da piazza San Giovanni attraversa la via Tuscolana fino al luogo della sparatoria, dove si ricordano i nomi dei tre ragazzi uccisi e si onora la memoria dei militanti di destra uccisi negli anni di piombo.

Dopo “30 anni di ingiustizia” (è l’espressione usata sui manifesti affissi nella capitale per pubblicizzare l’evento), il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha deciso di intitolare una strada romana alle tre vittime della strage,[8] così come in passato la giunta di Walter Veltroni aveva deciso di intitolare una strada a Paolo di Nella.[9]

Note[

  1. ^ L’accaduto non è stato qualificato come reato di strage: art. 422 Codice di Procedura Penale della Repubblica Italiana.
  2. ^ Andrea Colombo, “Storia Nera”, Cairo Editore, 2007
  3. ^ Il Tempo – Politica – Acca Larentia, strage senza colpevoli
  4. ^ 07 Gennaio 1978 – In ricordo di Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni atuttadestra.it
  5. ^ Morire di politica – Violenze e opposti estremismi nell’Italia degli anni ’70 Lastoriasiamonoi.it
  6. ^ a b Giorgio Galli, Piombo rosso. La storia completa della lotta armata dal 1970 a oggi, Baldini Castoldi Dalai, 2007.
  7. ^ omicidio Tarantelli, 27 marzo 1985
  8. ^ http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=86783&sez=HOME_ROMA
  9. ^ http://archiviostorico.corriere.it/2005/ottobre/13/Veltroni_una_via_ragazzo_destra_co_9_051013106.shtml

Bibliografia[

Voci correlate[