Giuseppe Angione

Giuseppe Angione e i compagni del Circolo giovanile di Di Vittorio
Come scrisse Campanella / nella sua città del Sol / la pensava ricca, bella / prodigiosa che consol. //

La umanità intera / che costruisce una via / senz’intoppi, di un’era / nuova, piena d’armonia //
Pien di gioia, pien d’amor / gonfia di felicità, / né più servi, né signor, / né più ricchi e povertà
Giuseppe Angione, bracciante, da Il terr’acqueo nostro mondo.

Dopo alcuni primi incontri occasionali, chiedendo ai sindacalisti della Camera del lavoro di Cerignola di farci conoscere i coetanei di Di Vittorio ancora viventi e che lo avevano potuto conoscere da vicino, arrivammo nella casa di periferia di Giuseppe Angione. Peppino, laringectomizzato, ci ha letteralmente dischiuso un mondo sepolto. La ricchezza del suo patrimonio di memoria e narrazione epica del passato [3], reso quasi favolistico attraverso decine di poemi in rima scritti su qualsiasi supporto cartaceo, le storie e i racconti dei primi anni del Circolo Giovanile Socialista (poi Anarchico Rivoluzionario) di Di Vittorio (insieme a Michele Balducci e Alfredo Casucci) ci stupirono e ci convinsero che la ricerca aveva già dimostrato la sua prima utilità. Se per Di Vittorio, dirigente sindacale e leader politico di importanza internazionale, gli storici avevano apparentemente raccolto tutto quanto utile alla sua biografia personale e politica, nulla era stato fatto per ricostruire la biografia collettiva delle migliaia di uomini e donne salariati agricoli che non solo ne avevano condiviso gli obiettivi di riscatto ed emancipazione ma, come nelle parole raccolte al microfono, lo avevano letteralmente aiutato a ‘costruirsi’ come leader e guida.

Il mito, ricostruito nello splendido poema su Di Vittorio scritto da Angione [4], era nato nella rappresentazione orale codificata e omogenea dei tanti racconti che dopo Angione abbiamo raccolto dalle centinaia di braccianti incontrati. Siamo partiti quindi dal gruppo ‘storico’ di compagni di Di Vittorio per estendere poi il lavoro e gli incontri sino ai più giovani braccianti. Gli incontri non erano basati su questionari o scalette predefinite: in questa prima fase della ricerca avevamo la necessità di conoscere profondamente queste persone e con loro passare più tempo possibile. Spesso raccontavamo anche noi, dei nostri studi e delle nostre esperienze; con gli strumenti musicali li accompagnavamo in interminabili suonate collettive. In quel momento per noi la storia orale era imparare a disporci consapevolmente all’ascolto, capire cosa avevano di più importante da raccontare, non selezionare a priori quello che secondo noi era più importante, tornare sui temi trattati solo successivamente alle trascrizioni effettuate per poter ampliare e precisare. Le trascrizioni erano sempre effettuate subito dopo gli incontri proprio per non perdere la memoria sensoriale di come le parole erano state espresse ed anche per poter disporre di un immediato canovaccio su cui lavorare per gli incontri successivi. Una delle prime riflessioni prodotta da questi primi incontri fu il ribaltamento della concezione assembleare del protagonismo politico. Negli incontri sindacali e politici a cui spesso partecipavamo a Cerignola, difficilmente la capacità personale di esprimersi dei braccianti permetteva una loro disponibilità all’intervento in pubblico, mentre nel momento dell’incontro nelle proprie abitazioni o in disparte nelle sezioni di partito il problema spariva e la voglia di parlare e di raccontare prendeva il sopravvento superando anche il timore iniziale per il microfono. Dopo molti incontri e sedute di registrazione, quando in un incontro pubblico o in una visita improvvisata in qualche casa di compagni ci presentavamo senza registratore ci chiedevano ormai il perché di questa dimenticanza. Se all’inizio eravamo noi a cercare le persone giuste da interrogare dopo i primi due anni di ricerca ci venivano letteralmente a prendere per raccogliere la testimonianza di chi sentiva la necessità di fissarla su nastro magnetico. Allo stesso modo ci chiamavano per documentare con filmati o fotografie qualsiasi manifestazione (sindacale, politica e spesso anche un incontro familiare) si dovesse svolgere.

Quello che cominciava a scaturire sin dalle prime interviste era l’idea di un’autobiografia collettiva che andasse in parallelo con i segmenti biografici dell’avventura umana e sindacale di Di Vittorio e di ripercorrere questo itinerario storico partendo dallo sfruttamento dell’infanzia agli inizi del secolo fino ai primi passi di presa di coscienza della non ineluttabilità dello sfruttamento con la verifica concreta della possibilità di ribaltamento delle condizioni di vita e di lavoro e ai primi atti organizzativi e di ribellione.

Giuseppe Angioneultima modifica: 2009-01-31T08:55:00+01:00da weefvvgbggf
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