Era l’unico statunitense, anzi sudista (nato in Arkansas il 26 maggio del 1940) in unacongrega di “nordisti” canadesi. Il primo a darsi alla folle vita del musicista itinerante, seguendo il rocker conterraneo Ronnie Hawkins sulla via di Toronto e vestendo i panni del bandleader degli Hawks, il bozzolo da cui nacque la Band. Il working man del gruppo (disilluso dalla iniziale mancanza di successo, andò a lavorare sulle piattaforme petrolifere nel Golfo del Messico mentre gli altri accompagnavano Bob Dylan nel leggendario tour elettrico che riscrisse la storia del folk e del rock). L’alter ego spiccio e concreto di Robertson, l’intellettuale con aspirazioni artistiche. La voce più calda e più profonda, più country e più rock & roll nello straordinario ordito canoro che impreziosiva le armonie della Band, tra il falsetto pungente di Richard Manuel e l’appassionato timbro tenorile di Rick Danko (“The weight” resta l’esempio più mirabile della loro vocalità condivisa). Morti prima di lui, tutti e due: Manuel suicida nel marzo del 1986, Danko per un infarto causato dall’abuso di droghe nel dicembre del 1999. Sopraffatti, entrambi, dai demoni interiori e dalla crudele macchina del rock’n’roll (quando il rock’n’roll non era davvero roba per cuori teneri). Levon, molto più tough , amava la vita on the road e amava viaggiare. Aveva resistito, continuando a sventolare la bandiera della Band anche dopo il “tradimento” di Robertson. Ed era uno che non le mandava a dire: “La gente mi chiede sempre di The Last Waltz”, aveva scritto nella prefazione della sua biografia uscita nel 2000, “This wheel’s on fire: Levon Helm and the story of the Band”. “Quel che penso di Last Waltz è Rick Danko che muore a cinquantasei anni. E’ stato il più grande, fottuto imbroglio mai capitato alla Band. Senza alcun dubbio” (Helm sosteneva che lui, Danko, Manuel e Garth Hudson – tutti loro, meno Robertson – non avevano mai visto un solo dollaro, di tutti quei soldi generati dal film e dagli album, dagli home video e dai dvd).
Come i suoi compagni di ventura, era un multistrumentista abile alla chitarra, al mandolino e – soprattutto – alla batteria (uno dei pochissimi, poi, a saper cantare e percuotere le percussioni nello stesso tempo): con quel backbeat , quel ritmo strascicato e quella particolare accordatura “molle” che faceva suonare i suoi tamburi come uno strumento melodico, consentendogli nei brani più lenti di “tenere il tempo sospeso come se restasse a mezz’aria” (nelle parole del critico Rob Bowman). Un tocco inconfondibile nell’economia di un combo musicale che nel ’68, complice Dylan e gli esperimenti dei “Basement tapes”, aveva inventato l’ “Americana” con vent’anni di anticipo, reimmaginando l’epopea e la mitologia della frontiera, dei medicine show e della guerra di secessione attraverso un mix fantastico e avventuroso di gospel, country, soul, blues e ragtime.
Aveva anche la “faccia” giusta, Levon, e per questo venne corteggiato anche dal cinema: resta memorabile, e struggente, la sua apparizione nei panni di un vecchio cieco disperato ne “Le tre sepolture” di Tommy Lee Jones (2005). E non voleva saperne di mollare: anche dopo la malattia, e malgrado una voce ridotta quasi a un soffio, aveva continuato a suonare e cantare, vincendo un Grammy nel 2007 con l’album “Dirt farmer” e continuando a organizzare un festival, il Midnight Ramble, presso la sua Farm a Woodstock, vicino a quella “Big Pink” dove la storia della Band era cominciata. E che ora si è conclusa con una riconciliazione. La settimana prima che morisse, Robbie Robertson, il vecchio amico/nemico con cui non comunicava da decenni se non tramite avvocati, è andato a trovarlo in ospedale: “Me ne sono stato con lui per un po’, a pensare ai momenti bellissimi e incredibili che abbiamo vissuto insieme. Levon è una delle persone più straordinariamente di talento che abbia mai conosciuto e qualcosa di molto simile a un fratello maggiore per me”, ha raccontato poi. “Sono grato di averlo potuto vedere un’ultima volta, mi mancherà e gli vorrò bene per sempre”. Il cerchio, alla fine, si è chiuso. (am)
Levon Helm, un ricordo
Levon Helm, un ricordoultima modifica: 2012-04-20T14:42:52+02:00da
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