26 Ottobre 1871 nasce Carlo Alberto Salustri in arte Trilussa

Trilussa

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Monogramma del Senato della Repubblica Italiana Parlamento Italiano
Senato della Repubblica
Sen. Carlo Alberto Salustri, Trilussa
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Luogo nascita Roma, bandiera Italia
Data nascita 26 ottobre 1871
Luogo morte Roma, bandiera Italia
Data morte 21 dicembre 1950
Titolo di studio
Professione Poeta
Partito
Legislatura
Gruppo
Coalizione
Circoscrizione
Regione
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Senatore a vita
Nomina Presidenziale
Data nomina 1 dicembre 1950
Incarichi parlamentari
Pagina istituzionale
« C’è un’ape che se posa su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. »
(Trilussa, Felicità)

Trilussa, pseudonimo di Carlo Alberto Salustri (Roma, 26 ottobre 1871Roma, 21 dicembre 1950), è stato un poeta italiano, noto per le sue composizioni in dialetto romanesco[1] che, ad un secolo di distanza dal Belli, contribuì a elevare a lingua letteraria.

Biografia

Dopo un’infanzia poverissima (a tre anni era rimasto orfano del padre[2]), compì studi irregolari ed esordì giovanissimo (1887), con poesiole romanesche, sul Rugantino di Luigi Zanazzo; più tardi scrisse anche per il Don Chisciotte, il Capitan Fracassa, Il Messaggero e Il Travaso delle idee.

Di carattere manierato, provinciale e madrigalesco è il primo volume di versi, Le Stelle de Roma (1889) che si attirò gli strali di Filippo Chiappini, vecchio amico di famiglia e poeta romanesco di un certo valore; poi la sua vena, prevalentemente satirica, andò via via affinandosi, trovando la misura più congeniale nel bozzetto di costume e nella favola moraleggiante di ascendenza esopiana: Quaranta sonetti (1895), Favole romanesche (1900), Caffè concerto (1901), Er serrajo (1903), Ommini e bestie (1908), Le storie (1915), Lupi e agnelli (1919), Le cose (1922), La gente (1927) e molte altre, tra le quali, da non dimenticare, la famosa La vispa Teresa del 1917.

Ben presto le sue opere lo resero un personaggio popolarissimo, ma durante la sua vita fu sempre assillato da problemi economici, mantenendosi con i proventi editoriali e le collaborazioni giornalistiche; era anche un efficace dicitore dei suoi versi, e come lettore di poesia fece lunghe tournée in Italia e all’estero.

Sulla scia del successo iniziò a frequentare i “salotti” nel ruolo di poeta-commentatore del fatto del giorno. Durante il Ventennio evitò di prendere la tessera del Partito fascista, ma preferì definirsi un non fascista piuttosto che un antifascista. Pur facendo satira politica, i suoi rapporti con il regime furono sempre sereni e improntati a reciproco rispetto.

Nel 1922 la Mondadori iniziò la pubblicazione di tutte le raccolte.

Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa senatore a vita il 1º dicembre 1950, venti giorni prima che morisse; già da tempo malato, e presago della fine imminente, ma con immutata ironia, il poeta commentò: “M’hanno nominato senatore a morte”.

Monumento a Trilussa, nell’omonima piazza di Roma, tra il quartiere Trastevere e Ponte Sisto.

Ecco un breve estratto dal sonetto:

ER COMPAGNO SCOMPAGNO
« Io che conosco bene l’idee tue
so’ certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me…Semo compagni

No, no – rispose er Gatto senza core –
io non divido gnente co’ nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so’ conservatore »

La raccolta di Tutte le poesie uscì postuma, nel 1951, a cura di Pietro Pancrazi, e con disegni dell’autore.

La satira politico-sociale

Con un linguaggio arguto, appena increspato dal dialetto borghese, Trilussa ha commentato circa cinquant’anni di cronaca romana e italiana, dall’età giolittiana agli anni del fascismo e a quelli del dopoguerra. La corruzione dei politici, il fanatismo dei gerarchi, gli intrallazzi dei potenti sono alcuni dei suoi bersagli preferiti. Ma la satira politica e sociale, condotta d’altronde con un certo scetticismo qualunquistico, non è l’unico motivo ispiratore della poesia trilussiana: frequenti sono i momenti di crepuscolare malinconia, la riflessione sconsolata, qua e là corretta dai guizzi dell’ironia, sugli amori che appassiscono, sulla solitudine che rende amara e vuota la vecchiaia (i modelli sono, in questo caso, Lorenzo Stecchetti e Guido Gozzano).

La chiave di accesso e di lettura della satira del Trilussa si trovò nelle favole. Come gli altri favolisti, anche lui insegnò o suggerì, ma la sua morale non fu mai generica e vaga, bensì legata ai commenti, quasi in tempo reale, dei fatti della vita. Non si accontentò della felice trovata finale, perseguì il gusto del divertimento per sè stesso già durante la stesura del testo e ovviamente anche del lettore a cui il prodotto veniva indirizzato.

Il poetare in romanesco

Trilussa fu il terzo grande poeta dialettale romano comparso sulla scena dall’Ottocento in poi: se Belli con il suo realismo espressivo prese a piene mani la lingua degli strati più popolari per farla confluire in brevi icastici sonetti, invece Pascarella propose la lingua del popolano dell’Italia Unita che aspira alla cultura e al ceto borghese inserita in un respiro narrativo più ampio. Infine Trilussa ideò un linguaggio ancora più prossimo all’italiano nel tentativo di portare il vernacolo del Belli verso l’alto. Trilussa alla Roma popolana sostituì quella borghese, alla satira storica l’umorismo della cronaca quotidiana.

Il pollo di Trilussa

Nella cultura popolare, specialmente a Roma e dintorni, le opere di Trilussa sono diventate fonti di massime e detti, ma nessuno di questi ha superato come diffusione e notorietà quello dei “polli di Trilussa”, diventati celebri a livello matematico, e non solo, come la più proverbiale osservazione a proposito delle medie statistiche.

Poesia di Trilussa

Tutto nasce dalla poesia La Statistica:

« Sai ched’è la statistica? È na’ cosa

che serve pe fà un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che spósa.

Ma pè me la statistica curiosa
è dove c’entra la percentuale,
pè via che, lì, la media è sempre eguale
puro co’ la persona bisognosa.

Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:

e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso

perch’è c’è un antro che ne magna due. »

(Trilussa, La Statistica)

Di fatto il componimento di Trilussa non fa altro che affermare che se qualcuno mangia due polli, e qualcun altro no, in media hanno mangiato un pollo a testa, anche se di fatto sappiamo che uno non l’ha mangiato. La scelta del pollo va inserita nel contesto storico, in quanto ai tempi di Trilussa mangiare pollo era considerata “una cosa da ricchi”, ma anche se oggi in Italia la situazione è diversa il significato del ragionamento umoristico non cambia. Quindi sebbene facendo la media sulla popolazione potesse risultare che ogni persona mangia un pollo (quindi abbia un certo benessere) nella realtà potrebbero essere in molti a non poterselo permettere e il dato sarebbe ingrossato dal consumo della fascia di popolazione più ricca.

Con questa poesia Trilussa anticipa un tema che è diventato assai attuale con la diffusione dell’informazione statistica per fini di promozione politica, economica e non solo. Come infatti sosteneva Darrell Huff nel suo Mentire con le statistiche (How to Lie with Statistics) spesso il numero statistico, magari privo di informazioni dettagliate, può essere interpretato in modi diversi a seconda dei dati correlati. Così la media è un dato spesso poco significativo o addirittura fuorviante se non si sa esattamente su quale base è calcolata e con quale criteri è definita: e questa imprecisione, a volte, può essere voluta, con lo scopo intenzionale di ingannare. Casi del genere hanno portato con il tempo a modifiche sull’uso di dati statistici, ad esempio per misurare il reddito medio di una certa nazione, che può risultare elevato grazie alla presenza di pochi individui multimiliardari a fronte di una massa di persone sotto la soglia di povertà.

Curiosità

  • Fu padrino di battesimo del giornalista e radiocronista sportivo Sandro Ciotti.[3]
  • Trilussa è il bisnonno dell’attore Nicolas Vaporidis.
  • È sepolto nello storico Cimitero del Verano in Roma, dietro il muro del Pincetto sulla rampa carrozzabile, alla seconda curva. Sulla sua tomba in marmo è scolpito un libro, sul quale è incisa la poesia “Felicità”.
  • È morto lo stesso giorno di Giuseppe Gioachino Belli, il 21 dicembre.

Note

  1. ^ Si tenga presente che fino allora a Roma (basti pensare alla lettera di Giuseppe Gioachino Belli al Conte Gabrielli), il romanesco non era considerato né un dialetto, né un vernacolo, ma un linguaggio confinato nell’uso della sola plebe e non dei cittadini romani
  2. ^ Salustri padre era originario di Albano Laziale, mentre la madre era bolognese
  3. ^ È morto Sandro Ciotti maestro di giornalismo e uomo di qualità. Federazione Nazionale Stampa Italiana, 18 luglio 2003. URL consultato il 06-1-2007.

Bibliografia

  • Callari, Luigi. Trilussa aneddotico. Roma, F. Mondini, 1945.
  • Corsi, Mario. Ecco Trilussa. Roma, Cosmopolita, 1945.
  • D’Arrigo, Giuseppe. Trilussa : il tempo, i luoghi, l’opera. Roma, M. Spada, 1977.
  • Dell’Arco, Mario. Lunga vita di Trilussa. Roma, Bardi, 1951.
  • Desiato, Luca. C’era una volta a Roma Trilussa. Milano : Mondadori, 2004. ISBN 88-04-53161-4.
  • Di Massa, Sebastiano. Trilussa lirico. Roma, Danesi, 1946.
  • Faitrop-Porta, Anne Christine. Trilussa : doppio volto di un uomo e di un’opera. Roma, Istituto di studi romani, 1979.
  • Frapiselli, Fiorella. Trilussa con noi. Roma, Bardi, 2001. ISBN 88-85699-88-X.
  • Mariani, Gaetano. Trilussa : Storia di un poeta. Roma, Bonacci, 1974.
  • Paratore, Ettore. Trilussa : nel centenario della nascita. Roma, Istituto di studi romani, 1972.
  • Pericoli Ridolfini, Cecilia. Disegni inediti di Trilussa. Roma, Galleria L’agostiniana, 1974.

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