Inps nega accompagnamento, la 56enne è morta da cinque mesi

Michelina Bruschetta, ferma su una sedia a rotelle dopo un tumore aveva fatto domanda di pensione d’invalidità all’Inps. La risposta, negativa, è arrivata mercoledì, a 5 mesi dalla morte della donna

SStoria paradossale quella di Michelina Bruschetta, 56 anni, alla quale l’Inps ha negato la pensione di invalidità a cinque mesi dalla morte.

Qualche anno Michelina, ex parrucchiera di Silea conosciutissima a Treviso, era stata colpita da una particolare forma di tumore, causato dalle polveri di amianto contenute, un tempo, in alcuni prodotti di parrucchieria.

La serie di chemioterapie alla quale si era sottoposta avevano debilitato Michelina al punto da costringerla su una sedia a rotelle. Grazie all’assistenza del suo legale, la donna era riuscita a ottenere le agevolazioni previste dall’Inail per le malattie professionali e, in seguito, aveva deciso di chiedere anche la pensione di invalidità.

A marzo scorso Michelina si era sottoposta alla visita della commissione medica ed era rimasta in attesa. Cinque mesi fa, però, l’ex parrucchiera si è spenta, prima che arrivasse la risposta dall’Inps.

Esito arrivato solo mercoledì e, paradossalmente, negativo: per l’Inps Michelina non meritava l’accompagnatoria perché non era affetta da una patologia invalidante.

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Malato di Sla in tribunale contro i farmaci salva vita

Malato di Sla in Tribunale contro i farmaci salva-vita
L’uomo nel 2008 aveva già registrato in video le sue volontà. Ora il giudice avrà 60 giorni per pronunciarsi

Treviso, 5 ago. (TMNews) – Paolo Ravasin, da sette anni inchiodato a letto a causa della Sla, ha preso esempio dalla concittadina 48enne che ha chiesto un provvedimento del giudice per vedere rispettate le sue volontà: poter ottenere un decreto del giudice per rifiutare idratazione e alimentazione artificiale, in caso di peggioramento della sue condizioni cliniche.

Secondo Il Gazzettino, anche Ravasin, balzato alle cronache nel 2008 quando registrò le sue volontà attraverso un video, ha chiesto ai legali di poter ottenere un provvedimento che nomini il fratello amministratore di sostegno per far valere le sue ultime volontà. Il ricorso è stato portato nella segreteria del Tribunale di Treviso per iniziare l’iter legale.

Ora il giudice civile avrà sessanta giorni di tempo per aprire l’istruttoria mentre per la sentenza non c’è un limite preciso. Anche in questo caso, come in quello della donna di Treviso testimone di Geova, la lotta sarà contro il tempo. Se nel frattempo dovesse passare la legge sul testamento biologico, l’eventuale decreto perderebbe forza e significato subordinando le volontà di Ravasin al medico curante.

In ogni, caso la famiglia di Ravasin ha promesso che non mollerà e anzi, in caso di bisogno, si rivolgerà alla Corte Costituzionale.

Bnz/cer

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