‘Tom tom’ chirurgico per non perdersi nella testa, così si aprono le vie del bisturi contro il tumore

</p>
<p>

(Adnkronos Salute) – “Non sempre il mondo in cui un chirurgo deve addentrarsi con il suo bisturi è una stanza aperta e piena di luce. A volte la strada da percorrere è stretta, buia, angusta e delicata. Come il naso”. Per non perdere la bussola, in aiuto dei camici verdi interviene il ‘tom tom’ chirurgico, una sorta di navigatore satellitare che allarga le frontiere dell’endoscopia, permette agli esperti di sapere in ogni momento dove sono localizzati i loro strumenti e di arrivare con precisione millimetrica alla meta: il tumore da asportare. Anche quando si trova in un ‘luogo’ anatomico difficile da raggiungere, come nel caso dei tumori endonasali, del basi-cranio, spinali ed endoventricolari. Così si aprono le vie del bisturi, spiega oggi durante un incontro a Milano Ernesto Pasquini, direttore dell’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria dell’Ausl di Bologna.

Non fantascienza, ma realtà in sale operatorie sempre più hi-tech. Per approcci che cambiano la storia delle cure per tumori e patologie fino a oggi difficili da trattare. “Se in passato per fare pulizia in una stanza si dovevano abbattere i muri, oggi si entra da una porta e si raggiunge lo stesso risultato in maniera mininvasiva”, sottolinea Paolo Castelnuovo, direttore della Clinica otorinolaringoiatrica all’università dell’Insubria di Varese. E’ la rivoluzione dell’endoscopia che negli ultimi anni si è perfezionata sempre di più con l’avvento di tecnologie ultrasofisticate, protagoniste anche di un Congresso mondiale che si è svolto di recente a Milano (EndoMilano 2014).

Il tom tom è una di queste: “Prima di avviare la navigazione – spiega Pasquini – la Tac ci dà la ‘cartina stradale’ da seguire durante l’intervento. Si fa fare al paziente uno studio radiologico adeguato e si inseriscono i dati in un computer (il ‘cervellone’ del tom tom) che li rielabora. Si crea poi un campo elettromagnetico intorno alla testa del paziente. Quando lo strumento entra in questa ‘atmosfera’ viene riconosciuto”, diventa la ‘macchinina’ del navigatore e, sulla base della mappa e dell’immagine in vivo, viene localizzato. Sullo schermo che il chirurgo ha davanti compaiono così 3 immagini della testa del paziente (viste da 3 diverse prospettive, sagittale, assiale e coronale) e un puntino che si muove: è lo strumento che va verso la meta.

La tecnica endoscopica hi-tech non si sostituisce a quella tradizionale, ha un altro target”, precisa Castelnuovo. I vantaggi? “Ricovero più rapido, si scende da 3 a una settimana. Evitando l’interruzione delle ossa craniche il post-operatorio è meno doloroso e più breve”, elenca lo specialista. Diminuiscono gli ‘effetti collaterali’ dell’operazione. Nell’armamentario dei camici verdi, con il tom tom e gli endoscopi (occhio bionico del chirurgo), anche schermi ad alta definizione con aumentata profondità di campo e in 3D. E ancora trapani orientabili, aspiratori a ultrasuoni, fibre laser e doppler che supportano la precisione dell’asportazione del tumore, preservando le strutture sane. E un corredo di nuovi materiali per una maggiore sicurezza durante l’intervento e una più rapida guarigione della sede chirurgica.

Risultato: performance ottimizzate e possibilità di raggiungere attraverso cavità naturali, come fosse nasali e i seni paranasali, lesioni in punti critici (nervi cranici e ottici, carotide interna, bulbi olfattori) ritagliando l’intervento su misura della patologia con un miglioramento della sopravvivenza e della qualità della vita. E ancora, “Tac e risonanza magnetica all’interno della sala operatoria permettono di seguire passo passo l’asportazione tumorale e di ‘ricalibrare’ durante l’operazione il navigatore”, aggiunge Davide Locatelli, direttore del Dipartimento di neuroscienze, Uoc neurochirurgia dell’ospedale di Legnano. Mentre “la creazione di ottiche 3D permette una migliore percezione del senso di profondità aumentando il dettaglio dell’immagine”, sottolinea Castelnuovo.

L’Italia sta facendo scuola mostrando come “l’approccio multidisciplinare è fondamentale per valorizzare le tecnologie”, sottolinea Giorgio Frank che con Castelnuovo, Pasquini e Locatelli ha presieduto il congresso milanese. “Oggi – conclude – siamo riusciti a portare il chirurgo dentro il corpo umano, come aveva preconizzato un vecchio film di fantascienza, in cui un gruppo di medici ‘rimpiccioliti’ a bordo di una navicella entrano nel corpo del malato, lo operano dall’interno e, dopo aver perso l’orientamento, escono con una lacrima”.

fonte