6 Marzo 1951 – Inizia il processo a Ethel e Julius Rosenberg

Caso Rosenberg

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Ethel e Julius Rosenberg

Il caso Rosenberg fu una vicenda che, negli anni della Guerra fredda e in pieno maccartismo, coinvolse i coniugi Julius ed Ethel Rosenberg e colpì profondamente l’opinione pubblica mondiale quando i due vennero processati, giudicati colpevoli e condannati a morte come spie dell’Unione Sovietica.

Specificamente, i coniugi Rosenberg furono accusati di cospirazione attraverso lo spionaggio e incriminati per aver passato ad agenti sovietici dei segreti sulle armi nucleari.

L’indagine che li portò alla sedia elettrica nel penitenziario di Sing Sing dello Stato di New York il 19 giugno 1953 aveva preso l’avvio poco più di due anni prima dalla scoperta di testi sospetti battuti amacchina da Ethel Greenglass, coniugata in Rosenberg, nell’ufficio della società di shipping dove lavorava come segretaria.

Seguirono dapprima la denuncia, il 6 marzo 1951, e quindi l’arresto, il 29 marzo sempre del 1951.

L’accuratezza delle imputazioni è rimasta sempre controversa sebbene decenni dopo la declassificazione delle decifrazioni delle comunicazioni sovietiche da parte del Progetto Venona abbia indicato che Julius Rosenberg era effettivamente coinvolto nello spionaggio.

In loro nome è stato istituito nel 1990 il “Rosenberg Fund for Child”, un fondo con attualmente oltre diecimila associati che si occupa dell’assistenza e del recupero dei figli dei perseguitati per attivismo politico.

Il medesimo anno in cui i due coniugi furono giustiziati, il pittore italiano Renato Guttuso immortalò i loro volti in un disegno a matita su carta che intitolò semplicemente Julius ed Ethel Rosenberg.

Il cantante Bob Dylan nel 1983 compose per loro una canzone, “Julius and Ethel”, che però non fu inclusa nell’album in uscita quell’anno né pubblicata ufficialmente.

Il caso Rosenberg è anche il tema della canzone dei Metallica “The Shortest Straw”, dall’album …And Justice for All.

8 Gennaio 1877 – Cavallo Pazzo e i suoi guerrieri combattono la loro ultima battaglia contro la Cavalleria degli Stati Uniti

Cavallo Pazzo

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« Non si vende la terra sulla quale la gente cammina »
(Cavallo Pazzo)

Crazy Horse e il suo gruppo di indiani in viaggio da Camp Sheridan per arrendersi al Generale Crook a Red Cloud Agency6 maggio1877, disegno

Cavallo Pazzo, in inglese Crazy Horse, in lingua lakota Tashunka Uitko oTashunka Witko a seconda delle traslitterazioni (data di nascita sconosciuta, probabilmente nei primi anni 1840[1] – Fort Robinson5 settembre 1877), era un nativo americano della tribù degli Oglala Lakota (Sioux).

Tecnicamente, in lingua lakota, Crazy Horse, è Tašunka Witko. Ormai è di abitudine, anche negli Stati Uniti, chiamare il condottiero Oglala Tašunka Witko, erroneamente però, giacché la versione corretta è Tašunka Witko, dove il ta- iniziale di Tašunka rappresenta il pronome possessivo “suo” e di conseguenza la traduzione del nome è: “Il suo cavallo è pazzo”.

Negli anni giovanili era conosciuto anche come riccettoricciuto a causa dei capelli particolarmente ricci e di colore castano chiaro (cosa rarissima tra i nativi americani).

Personaggio leggendario cui sono attribuite imprese memorabili e fantastiche, come quella che lo voleva invulnerabile ai proiettili o che narrava che il suo spirito aleggiasse ancora tra le tribù dei pellerossa.

Biografia

Memoriale per Cavallo Pazzo, giugno 2008

Nato nelle Black Hills (Paha Sapa in lingua lakota), presumibilmente intorno a metà anni ’40, si salvò dalla distruzione del proprio villaggio ad opera dei soldati federali. Probabilmente a causa di questotrauma, da adulto, giunto alla guida dei Sioux Oglala, fu molto attivo nella resistenza allo sterminio dei nativi d’America da parte dei soldati federali statunitensi.

Cavallo Pazzo guidò, assieme a Toro Seduto, i 1.200 guerrieri che nella battaglia di Little Bighorn, il 25 giugno 1876, massacrarono i 250 cavalleggeri dell’esercito USA, guidati dal Ten. Col. George A. Custer, riportando pochissime perdite.

Il successo indiano fu però di breve durata: i federali si ripresero subito dal colpo e nello stesso anno registrarono importanti successi. Il 6 maggio 1877 Cavallo Pazzo alla testa di 900 Oglala stremati dalla fame e dalla fuga, si consegnò al tenente Philo Clark comandante di Fort Robinson. Morì poco prima della mezzanotte del 5 settembre 1877, ferito a morte con una baionetta, alla presumibile età di trentasette anni.

L’intera vita di Cavallo Pazzo acquistò presto contorni mitici. Sulla sua morte ci sono diverse versioni: alcune fonti indicano che sarebbe stato ucciso dalla baionetta di un soldato dopo essersi arreso con la sua tribù, altre fonti ancora narrano che Cavallo Pazzo, nel mese di settembre del 1877, avrebbe lasciato la riserva senza autorizzazione per accompagnare sua moglie malata dai genitori e il Generale George Crook, temendo che tentasse un ritorno alla battaglia, ne avrebbe ordinato l’arresto.

Cavallo Pazzo inizialmente non avrebbe opposto resistenza ma, resosi conto che lo stavano conducendo ad una prigione, avrebbe cominciato a lottare con le guardie: mentre veniva trattenuto da un uomo della polizia indiana che lo scortava, Piccolo Grande Uomo (suo vecchio amico), un soldato semplice di nome William Gentiles lo avrebbe colpito alla schiena con una baionetta, ferendolo a morte.

A Cavallo Pazzo è dedicato il Crazy Horse memorial, in costruzione in South Dakota.

“Hoka Hey!”

La persona raffigurata in questa fotografia viene da molti identificata con Cavallo Pazzo

Il grido di guerra di Cavallo pazzo era Hoka Hey! È un buon giorno per morire!, che suona come Andiamo uomini. È un buon giorno per morire!. A causa di ciò il motto Hoka Hey viene utilizzato, impropriamente, come se fosse la traduzione della seconda parte della frase ad esempio dagli appartenenti all’esercito americano[2]. Il motto è stato in seguito utilizzato in Star Trek come proverbio Klingon, acquisendo notorietà, ed è in seguito comparso in diversi film tra cui Linea mortale con Kevin Bacon e in Piccolo grande uomo con Dustin Hoffman. Inoltre, viene usato come citazione in diversi videogiochi relativi al mondo di Star Trek e di Starcraft.

Il motto “Hoka Hey!” è utilizzato anche dal cantante comasco Davide Van De Sfroos come titolo di una sua canzone, che parla del massacro di Sioux nel famoso eccidio di Wounded Knee.

Curiosità

  • “Crazy Horse” è il nome dato a una band nata nel 1969 di musicisti scelti da Neil Young come supporto nella realizzazione di album in studio e nelle varie tournée; la collaborazione, molto stretta, continua tutt’ora. Il nome del gruppo testimonia la vicinanza che il cantautore canadese ha mostrato da sempre nei confronti della storia e della cultura delle popolazioni degli Indiani d’America.
  • Cavallo Pazzo è il titolo di un album del 2007 e di una canzone del cantautore padano Sergio Bassi dedicata al grande guerriero Oglala Lakota.
  • Cavallo Pazzo è il soprannome di uno dei soldati descritti da Oriana Fallaci nel suo libro Insciallah

Note

  1. ^ Si veda la nota numero 1 del primo capitolo del testo di Kingsley M. Bray, “Cavallo Pazzo. Il grande condottiero del Little Bighorn”, Mondadori 2008, pp.434
  2. ^ (ENhttp://www.native-languages.org/iaq21.htm

Bibliografia

  • Stephen E. Ambrose. Cavallo Pazzo e Custer. BUR, 2000.
  • Kingsley m. Bray. Cavallo Pazzo. Il grande condottiero del Little Bighorn. Mondadori, 2008
  • Dee Brown. Seppellite il mio cuore a Wounded Knee. Mondadori, 2003
  • William Matson e Mark Frethem. “The Authroized Biography of Crazy Horse and His Family Part One; Creation, Spirituality, and the Family Tree”. Crazy Horse family oral history. Reelcontact.com, 2006.
  • Mari Sandoz. Cavallo Pazzo, lo “Strano Uomo” degli Oglala. Rusconi, 1999.
  • Vittorio ZucconiGli Spiriti non dimenticano. Mondadori, 1998. ISBN 88-04-45824-0

Voci correlate

23 Dicembre 1997 – Jorn Barger,pubblica il primo blog.

Dieci anni fa nasceva il termine weblog fonte

23 Dicembre 1997 – Jorn Barger, un commerciante americano appassionato di caccia, decide di aprire una propria pagina personale per condividere i risultati delle sue ricerche sul web riguardo al suo hobby, pubblica il primo blog.

Jorn Barger coniò il termine da cui deriva «blog». Ma il concetto legato alla parola era già stato inventato

STATI UNITI – Jorn Barger, programmatore americano, era solito tenere traccia della propria navigazione in rete raccogliendo i link significativi in una sorta di diario personale. Un bel giorno Barger ha battezzato la sua raccolta con il termine «weblog»: era il 17 dicembre del 1997. Pochi mesi prima il signor Dave Winer, padre dei feed Rss e del podcasting, aveva inventato il software che permette la pubblicazione di questa tipologia di resoconti online. Bisognerà aspettare poi altri due anni per arrivare alla versione tronca della parola weblog, trasformata da Peter Marholz in «blog». Web come rete e log come registrazione, dunque, per questo neologismo che altro non fa che incorniciare un concetto già esistente. 

COME ERAVAMO – «Erano anni bellissimi», ha dichiarato Jorn Barger con evidente nostalgia, alludendo a tempi in cui i diari su internet erano veramente un fenomeno per pochi, ma al tempo stesso circoscrivevano un mondo di appassionati e forse un po’ più autentico e meno modaiolo. E con dolce malinconia, ricordando quel giorno di dieci anni fa, Barger pubblica su Wired una guida sulle cose da fare e da evitare se si vuole animare un blog. 

OAS_AD(‘Bottom1’);  DIECI CONSIGLI – Nel decalogo dei suggerimenti Barger specifica l’importanza di una buona dose di umiltà: se ci sono più post che link nel proprio weblog è il segno di un comportamento auto referente. È essenziale avvertire i lettori della presenza di gotchas, che nel linguaggio tech identificano documenti con formattazioni non standard, e aggiornare spesso i link segnalati, anche per i nuovi arrivati. Utile è poi scegliere i personaggi più rappresentativi e monitorarne l’operato online attraverso Google News Feed. Ora i weblog presenti online sono tra i 10 milioni e i 35 milioni solo negli Stati Uniti e forse, come direbbe Jorn Barger, stanno pagando il prezzo della notorietà: un tempo era inevitabilmente un mondo più puro.

8 ottobre 1954 – I governi di Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Jugoslavia firmano il Memorandum di Londra, Trieste verrà restituita all’Italia il 26 ottobre dello stesso anno

Memorandum di Londra (1954)

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Bandiera del TLT

Stemma

Carta del Territorio Libero di Trieste (1947-1954)

Il Memorandum di Londra fu un protocollo d’intesa sottoscritto il 5 ottobre 1954 fra i Governi d’Italia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e della Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia, concernente il Territorio Libero di Trieste nel quale si stabiliva che la Zona A passava all’amministrazione civile italiana (con alcune correzioni territoriali a favore della Jugoslavia nel comune di Muggia) e la Zona B a quella jugoslava; il passaggio dei poteri dall’amministrazione alleata a quella italiana avvenne il 26 ottobre 1954. Nel 1975 un nuovo trattato firmato a Osimo (AN), sanciva la spartizione definitiva dell’ex Territorio libero di Trieste.

Veniva inoltre disposta una piccolissima modifica territoriale a favore della Jugoslavia, di modo che il confine tra la zona A e la zona B si collocasse tra Punta Grossa e Punta Sottile (precedentemente entrambe facevano parte della zona A), così che la zona B venisse ampliata di circa 11,5 km² e 3.000 abitanti; in tal modo, piccoli nuclei abitati che avrebbero dovuto ricadere sotto l’amministrazione italiana (ad es. Crevatini) furono assegnati a quella jugoslava.

Tale modesta – ma all’epoca ritenuta “significativa” – modifica territoriale a favore della Jugoslavia fu adottata dietro numerose pressioni ed insistenze di Tito, le ragioni delle quali non furono mai chiarite.

Il punto centrale del Memorandum era il fatto che costituisse una sistemazione provvisoria, in quanto nello stesso non si parla di sovranità, ma di passaggio di amministrazione; ciò permise al governo italiano di non rinunciare – a quel momento – ad alcun diritto sulle terre istriane della zona B, anche se in realtà pochi si illusero che tali territori potessero essere riannessi alla madrepatria.

 

Le zone

Zona A

All’ Italia

Zona B

Alla Jugoslavia

 

2 ottobre 1959 – Il primo episodio di Ai confini della realtà viene mandato in onda negli USA

Ai confini della realtà

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bussola Disambiguazione – Se stai cercando i film dal titolo omonimo, vedi Ai confini della realtà (disambigua).
Ai confini della realtà
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La sigla del telefilm
Titolo originale: The Twilight Zone
Paese: Stati Uniti d’America
Anno: 19591964
Formato: Serie TV
Genere: fantascienza
Stagioni: 5
Puntate/episodi: 156
Durata: Serie classica: 25 min. stag. 1-3
60 min. stag.4-5
Lingua originale: inglese
Caratteristiche tecniche
Aspect ratio:
Colore: bianco e nero colore dal 1964
Audio: stereo
Crediti
Ideatore: Rod Serling
Produttore: Rod Serling
Prima visione
Prima TV Stati Uniti d’America
Dal: 2 ottobre 1959
Al: 19 giugno 1964
Rete televisiva: CBS
Prima TV Italia (gratuita)
dal:
al:
rete televisiva: RAI, Italia uno
Prima TV Italia (pay TV)
dal:
al:
rete televisiva: Canal Jimmy
Si invita a seguire le linee guida del Progetto:Fiction TV.
(Guida alla compilazione della tabella)
« C’è una quinta dimensione, oltre a quelle che l’uomo già conosce.

È senza limiti come l’infinito, e senza tempo come l’eternità:
è la regione intermedia tra la luce e l’oscurità, tra la scienza e la superstizione,
tra l’oscuro baratro dell’ignoto e le vette luminose del sapere.

È la regione dell’immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà. »

(Rod Serling)

Ai confini della realtà (The Twilight Zone) è una serie televisiva di genere fantascientifico trasmessa in tre diversi periodi dalla televisione americana. La serie classica, creata da Rod Serling e che vide tra gli sceneggiatori Richard Matheson e Ray Bradbury andò in onda dal 1959 al 1964, la seconda serie fu trasmessa dal 1985 al 1989, e l’ultima è andata in onda tra il 2002 e il 2003.

Seppure considerata fantascientifica, la serie in realtà esplorò raramente i temi classici della fantascienza, focalizzandosi invece su storie incentrate sulle vite di normali persone che venivano radicalmente cambiate dall’incontro con l'”ignoto”, con uno squarcio nella realtà che faceva diventare credibile anche l’impossibile.

Spesso, se non sempre con una morale finale, la serie portò la fantascienza al grande pubblico. Famosi i suoi switching endings, in cui la visuale dello spettatore veniva ribaltata con un colpo di scena finale che capovolgeva la prospettiva. Ogni episodio della serie originale era presentato da Serling, che introduceva lo spettatore nella vita di una persona che stava per cambiare per il suo ingresso nella zona “ai confini della realtà”.

Il titolo originale della serie, The twilight zone, “La zona del crepuscolo”, è un termine in cui in aviazione si indica il momento in cui, in fase di atterraggio di un aereo, la linea dell’orizzonte scompare sotto il velivolo, lasciando per un attimo il pilota senza riferimenti. Inoltre, tale titolo per molto tempo si attribuì alla caratteristica dell’ideatore Rod Serling che, soffrendo d’insonnia, sembrava fosse solito registrarsi (nella luce del crepuscolo, metaforicamente, quindi) le tracce di quelli che poi divenivano gli episodi della serie[1].

Le stagioni

La serie classica (1959-1964)

Stagione Episodi Prima TV originale Prima TV Italia
Prima stagione 36 19591960
Seconda stagione 29 19611962
Terza stagione 37 19621963
Quarta stagione 18 1963
Quinta stagione 36 19631964

 

Prima stagione

Il 2 ottobre 1959 la serie iniziò sulla CBS, con l’episodio Where’s everybody?. Accolta da ottime recensioni, la serie tuttavia non incontrò immediatamente il favore del pubblico, e rimase a rischio di chiusura anticipata, almeno fino a novembre, quando andò in onda uno degli episodi più amati di tutte le stagioni, Time enough at last, con Burgess Meredith nei panni dell’ultimo uomo rimasto sulla Terra dopo un disastro nucleare: amante dei libri, pensa che si consolerà con la lettura, ma purtroppo rompe i suoi occhiali, e non c’è proprio nessuno che glieli possa riparare.

Third from the Sun e People Are Alike All Over, due altri classici assoluti, giocati tutti sul ribaltamento di prospettiva finale, e The after hours, in cui la protagonista scopre di non essere ciò che pensava, furono gli altri episodi memorabili tra i 36 della prima stagione, che infine ottenne anche un grande successo di pubblico, oltre a numerosi premi della critica. Rod Serling, Richard Matheson e Charles Beaumont scrissero tutte le sceneggiature, tranne una, e si ripeterono negli anni seguenti, con 127 dei 156 episodi della serie classica.

Seconda stagione

L’arrivo di un nuovo sponsor, la Colgate-Palmolive, fu motivo di sollievo per i creatori della serie, soprattutto dopo che il nuovo direttore della CBS, James Aubrey, si era scagliato contro il programma, minacciandone la chiusura perché troppo costoso.

Nonostante il clima di avversità in cui visse la serie, anche la seconda stagione produsse i suoi classici, tra i quali uno dei più famosi finali a sorpresa della storia del telefilm, l’episodio The eye of the beholder. Un giovanissimo William Shatner fu preda dell’euforia di conoscere il futuro in Nick of time, mentre Richard Matheson giocò ancora col cambio di prospettiva finale in The Invaders.

The Rip Van Winkle Caper fu uno dei classici episodi con morale finale, mentre in Will the real Martian please stand Up si ipotizzò la presenza di nuovi nemici per la Terra. Lo show ottenne nuovamente un grandissimo successo di critica, e fu confermato per la terza stagione.

Terza stagione

Il super lavoro delle stagioni precedenti portò Rod Serling a diminuire il suo intervento diretto nelle sceneggiature della terza stagione, comunque ricordata per alcuni classici, quali It’s a good life, la storia di un bambino con tremendi poteri psichici che tiene in ostaggio dei suoi capricci un intero villaggio, e Kick the can, in cui un gioco da ragazzi, calciare la lattina, avrà poteri miracolosi su un gruppo di anziani: entrambi gli episodi sarebbero stati reinterpretati nel film omaggio alla serie del 1983, Ai confini della realtà.

Altri classici furono To serve man, in cui troppo tardi i protagonisti si accorgono che il significato letterale delle cose può essere pericoloso, The dummy, classica storia di un pupazzo che improvvisamente si anima, e Dead man’s shoes, in cui delle scarpe rischiano di portare la persona che le ha trovate su un sentiero di morte. L’episodio numero 100 della serie, I sing the body electric fu firmato da Ray Bradbury.

Problemi di sponsor spostarono la quarta stagione dello show da settembre a gennaio, mentre la presenza di Serling diventò meno appariscente quando l’autore fu chiamato ad insegnare dall’università presso la quale si era laureato.

Quarta stagione

Già danneggiato dallo spostamento a gennaio, lo show ebbe altri problemi nella sua stagione più travagliata. Innanzitutto la decisione della CBS di portare la durata degli episodi a un’ora, che Serling e i suoi autori non condivisero, in quanto pensavano che l’efficacia delle storie si sarebbe “diluita”, poi vari problemi di lavoro e personali che costrinsero alcuni autori ad allontanarsi dalla serie: Serling diviso tra il nuovo impiego di professore e il lavoro di produttore, Beaumont debilitato da una grave malattia, e il nuovo produttore Herbert Hirschman trasferito a un altro show.

Tra le note positive della stagione, la nuova sigla di apertura, girata proprio da Hirschman, che presentava una porta, un occhio, e una finestra i cui vetri si rompono, in un’ambientazione che richiamava le opere di René Magritte e sarebbe stata poi ripresa anche nel film dedicato alla serie; e almeno due dei diciotto episodi da ricordare, No time like the past, classico sul tema dei paradossi dei viaggi nel tempo, e I dream of Genie, in cui un uomo non sa decidersi su cosa chiedere a un genio della lampada.

Al termine della stagione, fu presa la decisione di riportare il telefilm in autunno, e gli episodi alla loro durata originaria.

Quinta stagione

Malgrado il ritorno alla sua formula originaria, lo show era destinato a vivere la sua ultima stagione: il nuovo produttore, William Froug, ebbe vari scontri con i creativi, tanto da rinunciare a una sceneggiatura di Matheson, che poi sarebbe diventato un classico, The doll. Serling diminuì ulteriormente la propria presenza, anche perché stanco del super lavoro, e infine il network decise di cancellare lo show.

Ci fu una proposta di acquisizione da parte della ABC, ma Serling rifiutò di dare al programma la connotazione molto più “gotica” richiesta dalla rete. Nel corso dell’ultimo anno William Shatner fu protagonista di un altro classico assoluto, Incubo a 20.000 piedi, nei panni di un passeggero di un aereo che fa un incontro ravvicinato con un gremlin, Number 12 looks just like you denunciò i rischi dell’omologazione a un sistema totalitario, e in Night call un’anziana riceve una telefonata da molto lontano.

In questa ultima stagione, per problemi di sforamento del budget previsto, fu trasmesso l’unico episodio non prodotto appositamente per la serie, Un avvenimento sul ponte di Owl Creek, tratto da un celebre racconto di Ambrose Bierce, adattamento del cortometraggio francese La Rivière du hibou del regista Robert Enrico già vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, e che successivamente si aggiudicò anche il Premio Oscar (1964).

Il 19 giugno 1964 andò in onda The Bewitchin’ Pool, episodio numero 156 della serie, ultimo di quella che sarebbe diventata “la serie classica” dello show.

La nuova “Ai confini della realtà” (1985-1989)

Stagione Episodi Prima TV USA Prima TV Italia
Prima stagione 59 19851986
Seconda stagione 21 19861987
Terza stagione 30 19881989

Nonostante il progetto di iniziare una nuova stagione fosse in cantiere da tempo, la CBS non si decideva a dare il via libera alle riprese, ma il successo che stava incontrando la fantascienza presso il pubblico del cinema, soprattutto grazie alle opere di Steven Spielberg, molte delle quali prendevano degli spunti proprio dai temi classici del telefilm, convinse infine i dirigenti del network.

Il ritorno in tv della serie fu anticipato dal film, che vedeva tra gli autori proprio Spielberg.

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Ai confini della realtà (film 1983).

Le tre nuove stagioni del telefilm videro alternarsi alla sceneggiatura una serie di brilanti scrittori, tutti cresciuti nel mito della serie originale, e registi di fama, tra i quali Wes Craven e William Friedkin.

Tra gli attori famosi che presero parte agli episodi, ci furono Martin Landau, Morgan Freeman, Edy Williams e Bruce Willis, protagonista del primo episodio della nuova serie Shatterday, la storia di un uomo che scopre di avere un alter-ego che lo sta per soppiantare nella propria vita.

Al posto di Rod Serling ad introdurre gli episodi della serie fu chiamato Charles Aidman, attore in due episodi della serie classica. La celebre sigla fu reintrepretata dai Grateful Dead.

Prima stagione (1985-1986)

La nuova Ai confini della realtà debuttò il 25 settembre 1985, con la formula dei due o tre episodi da 20-25 minuti in uno show da un’ora. Molti episodi furono tratti da opere di scrittori famosi, come Ray Bradbrury, Arthur C. Clarke e Stephen King: tra questi, The Star, in cui un gruppo di astronauti arriva su un pianeta desolato, che da complicati calcoli si rivela essere niente meno che la stella cometa che guidò i Re Magi, e Gramma, in cui un bambino rimasto a casa con la nonna malata scoprirà che le voci di stregoneria che corrono sul suo conto non sono infondate.

Ci furono alcuni remake della serie classica, Dead Man’s Shoes, Shadow Play e Night of the Meek, mentre altri episodi andarono ad arricchire la lista dei classici. Tra di essi, The shadow man, in cui un ragazzo timido diventa coraggioso dopo l’incontro con l’uomo ombra che vive sotto il suo letto, salvo poi trovarsi di fronte all’uomo ombra di un’altra persona, Dead run, in cui un uomo si trova un lavoro piuttosto particolare, quello di portare anime morte all’inferno, The library, la storia di una biblioteca che contiene i libri con la vita di tutte le persone, e una sala dove poterli modificare, e Wordplay, la storia di un uomo che improvvisamente non comprende più il significato delle parole, ed è costretto a ricominciare ad imparare tutto, usando l’abecedario del figlio piccolo.

Nonostante il successo di molti episodi, lo show non ottenne un grande successo di pubblico, ma fu comunque confermato per la stagione successiva.

Seconda stagione (1986-1987)

Solo 11 puntate, alcune di un’ora di durata, altre con due o tre episodi, per un totale di 21: la seconda stagione della nuova edizione dello show fu molto travagliata. Tra i classici, The once and future king, storia di un viaggio del tempo di un fan di Elvis Presley, che per un tragico disguido uccide il proprio idolo ed è poi costretto ad interpretarlo in pubblico, The after hours, remake di un episodio classico in cui un manichino si anima e poi si scorda di non essere una vera donna e Private channel, storia di un ragazzo il cui walkman a causa di un fulmine si trasforma in uno strumento in grado di leggere nel pensiero.

Terza stagione (1988-1989)

Dopo aver rinunciato alla messa in onda per la stagione 1987-88, la CBS cambiò tutta la produzione del telefilm, per produrre i 30 episodi della terza stagione, che avrebbe consentito di distribuire la serie al mercato internazionale. Robin Ward fu l’ospite che introduceva gli episodi dell’ultima stagione del revival dello show, tra cui Crazy as a soup sandwich, una variazione sul tema classico della vendita dell’anima al diavolo, in cui un novello Faust chiede aiuto a un boss mafioso per aver ragione del diavolo, solo per scoprire che il mafioso è satana in persona.

In The mind of Simon Foster, un uomo vende pezzi della propria memoria a un banco dei pegni, prima di accorgersi di quanto gli possa servire, e in Appointment on Route 17 un uomo al quale è stato trapiantato un cuore nuovo comincia a ripercorrere la strada compiuta dal morto al quale il cuore era stato espiantato. Father and son game fu l’ultimo episodio della terza stagione del revival della serie classica.

Il secondo “revival” (2002-2003)

Stagione Episodi Prima TV USA Prima TV Italia
Prima stagione 44 20022003

Dopo un tentativo fallito a causa dei bassi indici di ascolto di aggiornare il mito del telefilm fatto nel 1994 da Richard Matheson e dalla moglie di Serling, Carol, con due film per la tv tratti da una sceneggiatura di Serling e da una di Matheson che dovevano dare inizio alla serie Twilight Zone: Rod Serling’s lost classics, fu la UPN a proporre la terza serie dello show. L’attore Forest Whitaker introduceva gli episodi, 44 trasmessi in coppia nelle 22 puntate di quella che fu l’unica stagione del “revival” della serie, cancellata per i bassi indici di ascolto.

Tra gli episodi comunque degni di nota ci furono tre “aggiornamenti” di storie classiche: The eye of the beholder, The monsters are on Maple Street, e It’s still a good life, il seguito della storia del bambino con tremendi poteri psichici che terrorizzava il suo villaggio e che, diventato adulto, ebbe una figlia con poteri addirittura più tremendi dei suoi (interpretato dallo stesso attore che recitava la parte del bambino, Bill Mumy. La figlia era interpretata dalla sua vera figlia, Liliana).

Tra le storie inedite: quella della Morte che decide di andare in pensione, quella della donna i cui sogni di migliorare la propria famiglia andranno al di là delle proprie aspettative, e quella di un poliziotto tormentato da telefonate dall’oltretomba. Alla fine della stagione 2002-2003, l’episodio Burned (numero 310 considerando tutte le serie dello show) concluse anche il secondo tentativo di revival di una delle serie di maggiore impatto di sempre nella storia della televisione.

Gli omaggi

La cultura popolare ha reso più volte omaggio alla serie e ai suoi episodi classici, con tutti i propri Media, dalla musica, alla televisione, al cinema, ai cartoni animati.

La musica

  • Il gruppo vocale dei Manhattan Transfer ha inciso nel 1979 il singolo Twilight Time, proposto poi dal vivo con particolari costumi ed effetti speciali. Anche gli olandesi Golden earring, nel 1983, hanno inciso un singolo dallo stesso titolo.
  • Il gruppo The number twelve looks just like you ha preso il nome dall’omonimo episodio della serie.
  • Twilight zone è anche un singolo degli Iron Maiden.
  • The Twilight Zone è un brano dei Rush incluso nell’album 2112, ispirato da due episodi della serie, “Will the Real Martian Please Stand Up?” e “Stopover in a Quiet Town”. È stato il primo singolo tratto da 2112.

La televisione

  • I protagonisti del celebre show Saturday Night Live hanno più volte proposto parodie di episodi classici della serie.
  • In un episodio de L’albero delle mele, una delle ragazze protagoniste imita il modo di raccontare le storie di Rod Serling.
  • Un episodio di Sposati con figli termina con la sigla di chiusura della serie.
  • un episodio di “Una mamma per amica” cita “The long morrow”.
  • Lo show televisivo Avanzi prodotto dalla Rai aveva, nelle sue rubriche, uno spazio chiamato Ai confini della decenza in cui si parlava di strani eventi e ingiustizie nell’Italia degli anni ’90. Un uomo abbastanza simile a Rod Serling introduceva gli episodi e, alla fine, partiva la musica della sigla iniziale seguita dal commento: “Incredibile, eppure reale; assurdo eppure possibile. Come definireste un fatto del genere nel vostro mondo? Qui da noi vogliamo chiamare questa storia… Ai confini della decenza!”.

L’immagine di Serling è stata inserita in entrambe le sigle iniziali delle due serie di revival: in quella degli anni 80, appare come immagine fantasma prima del titolo, mentre in quella degli anni 2000 è tra altre immagini che scorrono sullo schermo.

Il cinema

Oltre che nel film omonimo, anche in Ace Ventura: missione Africa c’è un omaggio alla serie, quando Jim Carrey dice di aver visto un mostro sull’ala dell’aereo, come nell’episodio classico Nightmare at 20.000 feet.

Anche nel film Madagascar c’è una citazione: nella scena in cui gli animali nativi dell’isola si riuniscono in un vecchio aereo per parlare dell’arrivo degli strani esseri (in realtà gli animali dello zoo di New York), ad un certo punto si crea un clima di terrore generale. Tutti gli animali scappano terrorizzati in tutte le direzioni. Ad un certo punto un animaletto prende un libro dal titolo “Servire i Lemuri” ed esclama: “È un libro di cucina!”, proprio come la traduttrice del libro “Servire l’Uomo” dell’omonima puntata della serie degli anni ’60.

I cartoni animati

Il mondo dei cartoni animati è quello che ha reso il maggior numero di omaggi alla serie, soprattutto grazie a Matt Groening e alle sue due serie di straordinario successo, I Simpson e Futurama. Nel cartone ambientato nella New York dell’anno 3000, c’è uno show chiamato The scary door, che gioca con i classici ribaltamenti di prospettiva della serie, portandone le conseguenze all’estremo, con personaggi che subiscono continuamente i colpi della sorte.

I Simpsons hanno reso vari omaggi alla serie, soprattutto negli episodi speciali di Halloween, La paura fa novanta. Tra gli episodi parodiati:

  • To Serve Man (“Hungry are the damned”, La paura fa novanta I)
  • It’s a good life (“The Bart Zone”, La paura fa novanta II)
  • Living doll (“Clown without pity”, La paura fa novanta III)
  • Nightmare at 20.000 feet (“Terror at 5½ feet”, La paura fa novanta IV)
  • Little girl lost (“Homer3”, La paura fa novanta VI)
  • The little people (“The genesis tub”, La paura fa novanta VII)
  • A kind of a stopwatch (“Stop the World, I want to goof off”, La paura fa novanta XIV)
  • The purple testament (“The Ned Zone”, La paura fa novanta XV)

Anche nella serie I Griffin si ritrovano vari riferimenti allo show: in un episodio compare anche Serling, che viene interrotto mentre sta parlando sui titoli di coda da un colpo che riceve dal cane di famiglia, Brian. In un altro episodio, l’ultima cellula cerebrale rimasta al capofamiglia, Peter, interpreta il personaggio di Time enough at last, circondato di libri da leggere ma con gli occhiali che accidentalmente si rompono, lasciandolo senza quell’ultimo svago.

Anche Johnny Bravo si è trovato in tre episodi del suo cartone animato nella Zona dove cose normali non accadono molto spesso.

I libri

Nel suo saggio sull’orrore Danse Macabre, Stephen King dedica un’intera sezione a parlare dell’amata prima serie di “Ai confini della realtà”. Scrive King sulla famosa serie televisiva: “Di tutti i programmi di ispirazione drammatica mai trasmessi nelle Tv americane, è sicuramente quello che si presta con maggiore difficoltà a una classificazione. Non era un western o un poliziesco (anche se certi episodi erano girati nel West o trattavano di guardie e ladri); non era fantascienza (anche se la guida televisiva lo considerava tale); non era commedia (eppure certi episodi erano divertenti); non trattava dell’occulto (anche se c’erano spesso storie dell’occulto, girate nel singolare modo proprio del programma), non era una trasmissione sul soprannaturale”.[2]

I fumetti

Stati Uniti

  • Negli USA la Western Publishing pubblicò 4 fumetti dal titolo “Twilight Zone” tramite la casa editrice Dell Comics: il primo nel 1961, gli altri 3 nel 1962. I primi due albi facevano parte della serie antologica di lungo corso Four Color (erano numerati come 1173 e 1288[3]), gli altri due numerati ed editi in modo autonomo (maggio-luglio 1962 l’albo indicato come 01-860-207; agosto-ottobre, sempre del 1962, l’albo 12-860-210).
  • La Western ricominciò poi la serie con un nuovo numero 1 (novembre 1962), sotto la Gold Key[4]: questa serie durò 92 numeri, fino al 1982 (in verità il numero 91 uscì nel 1979, solo l’ultimo numero vide le stampe nel maggio del 1982). Le storie ebbero anche alcune ristampe (in Mystery Comics Digest): molti artisti celebri contribuirono alla serie, Dan Spiegle, Frank Thorne, Alex Toth, Joe Orlando, Jerry Robinson. Il numero 84 (giugno 1978) è il primo albo a fumetti pubblicato dallo sceneggiatore e disegnatore Frank Miller (Devil, Batman: Anno uno, Il ritorno del Cavaliere Oscuro, 300 e molte altre serie di successo).
  • Nel novembre 1990 una nuova serie venne pubblicata dalla NOW Comics, utilizzando come logo quella della nuova serie televisiva del 1985. Durò 9 numeri, fino all’ottobre 1991; il mese successivo uscì un nuovo numero 1 per un’altra serie, che durò 11 albi (fino a settembre 1992).

Italia [modifica]

  • All’inizio della prima storia del quarto albo gigante di Dylan Dog, Cronache di straordinaria follia, si vede un uomo che si suicida perché aveva perso il significato comune delle parole, proprio come il protagonista di Wordplay.
  • Nell’episodio 76 (luglio 1988) della serie Martin Mystère intitolato “Il Piccolo Popolo” viene rivissuta la scena del passeggero terrorizzato dal Gremlins e viene appositamente citata la serie televisiva.

In Italia [modifica]

Ai confini della realtà è andato parzialmente in onda nei canali RAI (a partire dal 14 aprile 1962), Italia Uno, Canal Jimmy e Fantasy.

Riguardo la “serie classica”, sono disponibili in italiano tutte e cinque le edizioni in DVD, nei cofanetti prodotti dalla Dall’Angelo Pictures e distribuiti dalla DNC, basati sulla “definitive edition” della versione americana: per la stessa casa di distribuzione è stato inoltre pubblicato il cofanetto “Ai confini della realtà – I tesori perduti”, contenente lo speciale del 1994 “Twilight zone – Rod Serling’s Lost Classics” e l’episodio della serie Westinghouse Desilu Playhouse intitolato “The Time Element”, mai uscito in home video, che può essere considerato il vero pilot di Twilight Zone (andò in onda per la prima volta negli USA il 6 ottobre 1958) ed è inedito in Italia.
Da metà 2006, la Hobby&Work propone, in edicola, DVD con tre episodi ciascuno, partendo dalla prima stagione.

Note

  1. ^ Speciale Destinazione Serie – puntata n° 64, st. 1 – 18 luglio 2000 (Canal Jimmy)
  2. ^ S. King – Danse macabre, Ediz. Frassinelli 1981 (rist. 2000) pag. 253 – ISBN 88-7684-594-1
  3. ^ Official Overstreet – CBPG, Gemstone Publishing 2007
  4. ^ The Twilight Zone (1962-1982) su GCD

Collegamenti esterni