Alessandro Magno e la sorgente della vita

Meglio l’immortalità o la solitudine totale?

redazione

Un’antica leggenda racconta come il grande Alessandro cercasse per ogni dove la Fontana della Vita. 
Gli avevano detto che l’avrebbe trovata in Asia Minore ma, dopo esserle corso inutilmente dietro, il conquistatore si rassegnò a cercarla in un luogo più lontano. Gli assicurarono che l’avrebbe trovata alle porte dell’India, nella terra che noi chiamiamo Afghanistan. Così il grande Alessandro si mise in cammino con alcuni fidati compagni. 
Giunti sul luogo, il conquistatore e i suoi uomini, furono condotti su una montagna, all’ingresso di una grotta profonda, che cominciarono a esplorare all’incerto chiarore delle torce. 
Tra le rocce delle pareti scintillavano dei ciottoli di strano bagliore che sembravano pietre preziose e alcuni dei compagni di Alessandro attardatisi a raccoglierle, si smarrirono. Ma non era che bisolfuro di ferro, detto appunto l’oro degli sciocchi e così, ad uno ad uno tutti i compagni del sovrano si persero.

 

Rimasto solo, il conquistatore del mondo procedette risoluto e trovò infine un’uscita che dava su un prato al centro del quale una fontana scorreva dolcemente versando acque purissime in un bacino sottostante. Vicino c’era un recipiente: Alessandro lo prese, attinse l’acqua e già stava apprestandosi a berla, quando un vegliardo sorto misteriosamente presso di lui, gli fermò il braccio scongiurandolo di non bere. Allo stupore di Alessandro il vecchio gli confermò che quella era proprio la fontana dell’immortalità. Ma aggiunse che egli ne aveva bevuto e in effetti era diventato immortale: aveva visto scomparire, l’una dopo l’altra, tutte le persone e le cose che più aveva amato. Sulle sue spalle gravava il peso di tutte le primavere del mondo ed egli, disperatamente solo, invano desiderava la morte.

 

Il grande Alessandro comprese e versò lentamente al suolo il contenuto del recipiente che avrebbe fatto di lui, vincitore di tutti i re della terra, anche il vincitore della morte. 
Nel punto esatto nel quale l’acqua aveva toccato il terreno spuntò un’umile pianta di gramigna, che né il sole, né la pioggia, né l’uomo riescono mai ad uccidere.

 

Da: Exaltatio Essentiae. Essentia Esaltata Pacini Editore