15 Gennaio 1993 – Viene catturato e arrestato Salvatore Riina.

Salvatore Riina

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Salvatore Riina
, meglio conosciuto come Totò Riina, (Corleone16 novembre 1930), è un criminale italiano, componente dei vertici di Cosa Nostra, detenuto dal 1993. Veniva chiamato anche Totò u Cùrtu, per via della sua bassa statura (158 cm).

Gli inizi dell’attività criminale Biografia

Nel 1943 Riina perse il padre Giovanni ed il fratello Francesco di 7 anni mentre insieme a lui ed al fratello Gaetano stavano cercando di togliere la polvere da sparo da una bomba americana inesplosa rinvenuta tra le terre che curavano per rivenderla insieme al metallo. Gaetano rimase ferito e Totò rimase illeso.[1] Dopo la morte del padre per l’esplosione, essendo il maggiore dei figli maschi, a 13 anni divenne il capo famiglia. In questi anni conobbe il criminale Luciano Liggio che lo iniziò al furto dei covoni di grano e alla pratica del pizzo ai contadini.

Già diciannovenne fu condannato ad una pena di 12 anni, scontata parzialmente all’Ucciardone per aver ucciso in una rissa un suo coetaneo.

Venne scarcerato il 13 settembre 1956 a causa delle poche accuse contro di lui e ritornò nel suo vecchio paese Corleone per assumere un ruolo di rilievo al servizio di Luciano Liggio. In questo periodo conobbe e cominciò a frequentare Antonietta Bagarella, sorella di Calogero eLeoluca Bagarella, che molto presto diverrà sua fidanzata. Insieme a Liggio cominciò ad occuparsi della macellazione clandestina. Con loro c’era Bernardo Provenzano, detto “Binnu u’ tratturi”. Liggio e i suoi fedelissimi inizialmente furono al servizio del dottor Michele Navarra, capomafia di Corleone. Successivamente assetati di potere decisero di eliminare Navarra per ottenere il predominio nel paese.

Tra gli uomini di Liggio figurava anche lo zio di Salvatore, Giacomo Riina, arrestato nel 1942 insieme allo stesso Liggio per contrabbando disigarette.

Michele Navarra fu assassinato dai sicari di Liggio (2 agosto 1958) che assunse la guida del clan corleonese. Riina, insieme agli amici d’infanzia Bernardo Provenzano e Calogero Bagarella, iniziò ad assassinare coloro che erano stati fedeli a Navarra (i cosiddetti “navarriani”).

Intorno alla prima metà degli anni ’60, lui, Luciano Liggio e Bernardo Provenzano diedero inizio alla scalata criminale al potere di Palermo, dove contavano sull’appoggio dell’allora assessore Vito Ciancimino, pure lui di Corleone. Grazie a lui fecero un patto con Salvatore La Barbera per il controllo del mercato della carne e il traffico di sigarette. Liggio lasciò Riina e Provenzano a gestire gli affari a Palermo e si nascose a Corleone. Ma La Barbera venne rapito ed ucciso della famiglia mafiosa dei Greco di Ciaculli e da lì scoppiò la “prima guerra di mafia“. I componenti del clan La Barbera fuggirono dal capoluogo siciliano e così fece Riina. Ma fu arrestato nel 1963: una notte, mentre si trovava in una stazione di servizio a Palermo, una pattuglia di Polizia gli chiese di favorire la patente ed il libretto. Riina, che aveva una carta d’identità falsa (dalla quale risultava essere “Giovanni Grande” da Caltanissetta) ed una pistola non regolarmente dichiarata, tentò di scappare ma venne braccato facilmente dalle forze dell’ordine.

Tuttavia, dopo aver scontato alcuni anni di prigione al carcere dell’Ucciardone (dove conobbe Gaspare Mutolo), fu assolto nei due processi a suo carico, svoltisi a Catanzaro e a Bari (10 giugno 1969). Arrestato nuovamente il 17 giugno 1969 in un albergo di Bitonto mentre era in compagnia di Liggio, il 7 luglio 1969 la prima sezione del tribunale di Palermo lo condannò a quattro anni di confino a San Giovanni in Persiceto (provincia di Bologna). Ma Riina, con la scusa di ritornare per due giorni a Corleone per salutare i suoi parenti, si diede alla latitanza e non partì più per ilconfino.

L’ascesa ai vertici di Cosa nostra

Salvatore Riina fu tra gli esecutori della Strage di Viale Lazio, dove morirono Calogero Bagarella e il boss Michele Cavataio, obiettivo da eliminare (1969). A Palermo si fece nemici il boss Giuseppe Di CristinaGiuseppe CalderoneStefano BontateSalvatore Inzerillo che volevano impedire l’ascesa dei Corleonesi. Fu invece appoggiato dai capi mafiosi Michele GrecoPippo Calò. In questo periodo Riina prese il posto di Liggio, arrestato nel 1974, come “boss dei boss” e sotto il suo comando i Corleonesi accrebbero notevolmente il proprio potere finanziario, grazie al traffico di droga e alle gare d’appalto a Palermo.

Il 16 aprile dell’anno 1974 sposa Antonietta Bagarella (sorella del suo amico d’infanzia Calogero). Dopo il matrimonio hanno avuto quattro figli: Maria Concetta, Giovanni Francesco, Giuseppe Salvatore e Lucia.

Al suo servizio troviamo tre dei più feroci killer: Pino Greco detto “Scarpuzzedda”, esecutore di vari ed efferati delitti, Mario PrestifilippoLeoluca Bagarella cognato dello stesso Riina. Siccome Di CristinaCalderone lo stavano ostacolando, li fece assassinare barbaramente. Il bossBontate invitò Riina nella sua villa per ucciderlo. Ma quest’ultimo venne avvisato da Michele Greco e alla villa mandò due suoi uomini: il piano omicida di Bontate era fallito.

Riina allora fece uccidere Stefano BontadeSalvatore Inzerillo: queste due uccisioni scatenarono una sanguinosa seconda guerra di mafia nei primi anni ’80. Durante questa “guerra” fece uccidere i parenti del boss Tommaso Buscetta (che si salvò fuggendo in Brasile). In seguito Buscetta verrà estradato in Italia e comincerà a collaborare con il giudice Giovanni Falcone. Sconfitte le famiglie dei Bontate, degli Inzerillo, dei Di Cristina, dei Buscetta, dei Badalamenti e dei Calderone, Riina estese il suo potere su tutta Cosa Nostra e realizzò in questo periodo un’aggressiva campagna contro lo Stato, ordinando gli omicidi di tutti coloro che lo ostacolavano.

Le persone che Riina fece uccidere furono:

Il potente politico della DC Salvo Lima e l’esattore della famiglia di Salemi Ignazio Salvo avrebbero promesso a Riina che la sentenza delMaxiprocesso (che lo condannava all’ergastolo in contumacia) sarebbe stata modificata grazie alle loro conoscenze negli ambienti della politica e della magistratura romana. Ciò, tuttavia, non avvenne e il 30 gennaio 1992 la Cassazione confermò gli ergastoli e sancì la validità delle dichiarazioni del pentito Buscetta. Riina reagì facendo uccidere prima Lima e pochi mesi dopo Ignazio Salvo.

L’arresto

Il 15 gennaio del 1993 fu catturato dal Crimor (squadra speciale dei ROS guidata dal Capitano Ultimo) sulle indicazioni del suo ex autista Baldassare Di Maggio. Riina, latitante dal 1969, venne arrestato al primo incrocio davanti alla sua villa in via Bernini n. 54, insieme al suo autista Salvatore Biondino, a Palermo, nella quale trascorse alcuni anni della sua latitanza insieme alla moglie Antonietta Bagarella e ai suoi figli.

Il carcere

Fino al luglio del 1997 Riina è stato rinchiuso nel supercarcere dell’Asinara, in Sardegna. In seguito è stato trasferito al carcere di Marino del Tronto ad Ascoli Piceno dove, per circa tre anni, è stato sottoposto al carcere duro previsto per chi commette reati di mafia, il 41 bis, ma il 12 marzo del 2001 gli venne revocato l’isolamento, consentendogli di fatto la possibilità di vedere altre persone nell’ora di libertà. Nel 2003 gli è stata annullata tale revoca ed è stato assoggettato nuovamente al carcere duro.

Dal carcere di Opera, il 19 luglio 2009, esprime per la prima volta la sua convinzione secondo cui la strage di via d’Amelio sarebbe da imputare allo Stato italiano e ai servizi segreti, ovvero si sarebbe trattato di una strage di Stato.[2]

Personalità

La personalità di Riina, anche grazie al suo carattere schivo e cupo, è rimasta enigmatica.

Il collaboratore di giustizia Antonino Calderone lo descrisse[3] come una persona molto ignorante, ma dotata di grande intuito e intelligenza in qualsivoglia momento difficili da prevedere.

Calderone disse che la sua filosofia di vita è “Se qualcuno si ferisce un dito, a volte la miglior cosa è tagliare tutto il braccio”.

Figli

Riina ha quattro figli: Maria Concetta (nata il 7 dicembre 1974), Giovanni Francesco (nato il 21 febbraio 1976), Giuseppe Salvatore (nato il 3 maggio 1977) e Lucia (nata il 11 aprile 1980).

Il primogenito maschio Giovanni Francesco Riina è stato condannato all’ergastolo per quattro omicidi avvenuti nel 1995.

Giuseppe Salvatore Riina, terzogenito, è stato condannato per associazione mafiosa e recentemente scarcerato [4]

Filmografia

 

Predecessore:
Luciano Liggio
Capo dei Corleonesi
Salvatore Riina
1974 – 1993
Successore:
Bernardo Provenzano
Predecessore:
Gaetano Badalamenti
Commissione di Cosa Nostra
Michele GrecoSalvatore RiinaStefano Bontade
1978 – 1981
Successore:
Seconda guerra di mafia
Predecessore:
Seconda guerra di mafia
Capo dei capi di Cosa Nostra
Salvatore Riina
1982 – 1993
Successore:
Leoluca BagarellaBernardo Provenzano

Note

  1. ^ Enrico Deaglio, Raccolto rosso: la mafia, l’Italia e poi venne giù tutto, Feltrinelli, 1993, pag. 158.
  2. ^ Riina sul delitto Borsellino: “L’hanno ammazzato loro”
  3. ^ Stille, Excellent Cadavers, pp. 230-31.
  4. ^ http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/mafia-2/libero-figlio-riina/libero-figlio-riina.html Scarcerazione di Giuseppe Salvatore Riina
  5. ^ http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/2007/05_Maggio/03/il_capo_dei_capi.shtml

Voci correlate

Collegamenti esterni