Come essere d’aiuto?

Suggerimenti pratici 
Una delle sensazioni più comuni di amici e parenti, che desiderano sostenere un malato di cancro, è non sapere da che parte cominciare, nonostante le migliori intenzioni. In questo capitolo seguiremo un percorso logico che potete imitare e che vi aiuterà a stabilire dove il vostro aiuto è più prezioso e da dove cominciare.
Questi suggerimenti valgono in particolare per gli amici al di fuori della cerchia familiare e parentale che sono quelli maggiormente chiamati a svolgere funzioni di supporto.

1. Fare la propria offerta
Innanzitutto dovete scoprire se il vostro aiuto è richiesto oppure no. Nel primo caso, fate la vostra offerta. L’Esplicitate nello specifico come volete e potete  essere d’aiuto attraverso azioni concrete, evitate frasi del tipo “Fammi sapere se c’è qualcosa che posso fare per te”. Inoltre rendetevi disponibili a ripassare per vedere se potete rendervi utili. Ovviamente, se siete il padre/la madre di un bambino malato o il partner di un paziente oncologico, non dovete chiedere nulla. Ma se siete fuori dalla cerchia familiare è importante sapere se siete nella posizione giusta per ‘dare una mano’. A volte un conoscente o un collega è più gradito di un parente stretto, per cui non esprimete un giudizio affrettato sulla vostra utilità. Non rimanete male se il malato non sembra gradire il vostro appoggio. Non fatene un fatto personale. Se proprio volete rendervi utili, chiedete a coloro che sono più vicini al malato se hanno bisogno d’aiuto. Dopo aver fatto l’offerta iniziale non aspettate di essere chiamati, ma fatevi risentire.

2. Informarsi
Se volete essere utili, dovete necessariamente essere informati sulla situazione medica, ma solo quel tanto che basta per fare progetti razionali. Non dovete assolutamente diventare esperti sull’argomento. Molti di coloro che vogliono aiutare i malati sono spinti ad acquisire sempre più dettagli che non sono necessariamente pertinenti alla situazione del loro amico/parente. A volte sono spinti dalla curiosità, a volte dal desiderio di essere padroni della situazione.

3. Valutare le esigenze del malato e dei suoi familiari
Naturalmente qualunque valutazione non sarà mai definitiva e sarà carica di incertezze perché il futuro è spesso imprevedibile. Ma devono essere prioritarie le esigenze del malato. Queste, è chiaro, variano a seconda di quanto sia invalidante la malattia in quel momento (ammesso che lo sia). Se le condizioni del malato sono seriamente compromesse, forse vi porrete delle domande. Chi si prenderà cura di lui durante il giorno? Può alzarsi dal letto e andare in bagno? Può prepararsi da mangiare? Ha bisogno di cure che non può fare da solo? E poi potreste chiedere ai suoi familiari. Ci sono bambini da accompagnare a scuola e andare a riprendere? Il partner è in buone condizioni di salute o ci sono cose di cui ha bisogno? La casa si presta ad assistere qualcuno nelle sue condizioni oppure ha bisogno di essere adattata? Per quante domande ci vengano in mente, non sono mai esaustive per la singola situazione. Fatevi un elenco personalizzato ricostruendo una giornata ‘tipo’ della vita del vostro amico e pensando a ciò di cui può avere bisogno in ogni fase.

4. Stabilire che cosa si può e si vuole fare
Che cosa sapete fare? Potreste cucinare per il nostro amico? Portare dei pasti surgelati precotti è sempre ben accetto. Potreste preparare da mangiare per gli altri membri della sua famiglia? Siete abili nei piccoli lavori domestici? Sapreste installare dei servoscala o rampe per sedie a rotelle, se necessario? Sapreste badare alla casa? Potreste portare i bambini allo zoo per un giorno in modo da lasciare la coppia tranquilla per un po’ di tempo? Se non siete in grado di fare niente di tutto ciò, ve la sentireste, per esempio, di pagare una colf per mezza giornata la settimana in modo che dia una mano al vostro posto? Potreste procurare delle letture adatte al vostro amico? Siete in grado di trovare delle videocassette di suo gradimento? Se avesse bisogno di adattare il suo appartamento, sareste in grado di aiutarlo? Se è una donna, vi ricorderete di farle trovare dei fiori a casa al ritorno dall’ospedale?

5. Cominciare con piccole cose pratiche
Scorrete l’elenco delle cose che siete disposti a fare e cominciate offrendovi di farne alcune. Non vi dichiarate disponibili a fare tutto, altrimenti il vostro amico avrà la sensazione di essere ‘soffocato’. Privilegiate alcuni piccoli compiti pratici che il malato potrebbe non essere in grado di eseguire con una certa facilità. Fate programmi di minima: raggiungere un obiettivo modesto è molto meglio che puntare ad un ideale difficilmente raggiungibile. Ci vogliono un po’ di attenzione e tatto. 

Un nostro conoscente, Mario, era solito farsi tagliare i capelli tutte le settimane. Niente di particolare, ma faceva parte della sua routine. Quando fu ricoverato, un suo amico prese accordi con il barbiere dell’ospedale perché andasse a tagliargli i capelli una volta alla settimana. Fu un gesto molto carino e premuroso. Esistono molti esempi di questo genere, come offrirsi per badare alle piante di casa, oppure per portare fuori il cane.

6. Evitare gli eccessi
Non fate doni enormi che sono fuori luogo e imbarazzano. In certe situazione i regali nascono da un senso di colpa e di difficoltà del donatore e inducono disagio anche nel destinatario. Analogamente le vostre offerte di aiuto dovrebbero essere modeste e adatte al malato e ai suoi familiari. Siate sensibili.

7. Ascoltare
Il tempo è un dono prezioso che, invece, potete fare in qualunque momento. Se non lo avete già fatto, leggete il capitolo che parla di come diventare un ‘buon ascoltatore’ e cercate di passare regolarmente del tempo con il vostro amico. È meglio essere una presenza costante dedicandogli dieci, quindici minuti ogni giorno o a giorni alterni piuttosto che due ore una volta al mese. Siate affidabili e sempre disponibili.

8. Coinvolgere altre persone
Siate sinceri con voi stessi e riconoscete i vostri limiti. Tutti coloro che forniscono il proprio aiuto e sostegno desiderano fare del loro meglio. Potreste essere tentati da gesti eroici per un senso di ira e rabbia contro quanto è capitato al vostro amico e contro l’ingiustizia della situazione. Ma se vi ponete ideali troppo alti e poi fallite, sarete voi stessi a disagio anziché essere d’aiuto. Per voi stessi, per il vostro amico, dovete essere capaci di intraprendere sforzi ragionevoli che potete portare a compimento. Ciò vuol dire che dovrete essere sempre realistici su ciò che siete in grado di fare ed essere disponibili a farvi aiutare quando non ce la fate.

Ripassare questa lista mentalmente è utile in quanto consente un vero approccio pratico a qualcosa che probabilmente non vi è familiare, e serve anche a placare il dolore che provate quando non sapete da che parte cominciare. Quali che siano i vostri piani, cambieranno senz’altro con il tempo, in quanto le condizioni muteranno. Siate disposti ad essere flessibili e ad imparare cammin facendo.

http://www.aimac.it/informazioni-tumore/parlare-malato-cancro/essere-di-aiuto_k6ab_k6Wa_k6Wa_3p.html

Come capire che cosa prova il malato

Può essere di grande aiuto per voi tentare di comprendere ciò che il vostro parente o amico sta provando e rendervi conto delle paure che sta vivendo. Naturalmente sono molti, moltissimi, i diversi aspetti di una malattia che possono indurre paura. E quando la diagnosi è quella di tumore, le paure possono aumentare ed essere ingigantite. Sono tante le paure che possono arrovellare la mente di un paziente oncologico, e quelle che vi segnaliamo di seguito vogliono essere solo degli esempi. Sappiate, però, che sono assolutamente comuni e naturali. Ciò che amplifica il disagio e la sofferenza è non aver nessuno con cui poterne parlare. Ecco perché potete essere una risorsa preziosa per il vostro amico o parente.La minaccia per la salute 
Quando stiamo bene, la possibilità di una malattia seria sembra remota e pochissimi ci pensano prima che accada. Quando poi ci viene diagnosticata, siamo scioccati e confusi, spesso arrabbiati o addirittura avvelenati.

Incertezza
Lo stato di incertezza può essere più difficile da sopportare di una cattiva o persino di una buona notizia. Non sapere dove siete e che cosa vi aspetta è uno stato molto doloroso. Potete aiutare il vostro amico o parente semplicemente condividendo insieme la spiacevolezza dell’attesa e dell’incertezza. 

Mancanza di familiarità
Gli esami e il trattamento della malattia possono richiedere la partecipazione di diverse figure professionali, ognuna esperta del proprio campo. Molto spesso il malato si sente impreparato e smarrito in mezzo a personale qualificato e indaffarato. Potete aiutarlo sottolineando il fatto che non è possibile conoscere in anticipo tutti i dettagli; anche procurarsi le risposte ad alcune delle domande che arrovellano la sua mente può essere utile.

Sintomi fisici
Questo libretto si sofferma soprattutto sulle questioni psicologiche, ma naturalmente anche i sintomi fisici (come dolore, nausea, fatigue…) sono molto importanti, considerando anche il fatto che possono cambiare considerevolmente nelle varie fasi del trattamento. Non esitate a parlare di tale argomento con la persona malata, aiutandola anche a discuterne con il personale curante.

Segni visibili del trattamento o della malattia
Altrettanto vale per i segni ‘esteriori’ della malattia o del trattamento, per esempio la perdita di capelli conseguente alla chemioterapia o alla radioterapia alla testa. Potete aiutare il malato a sentirsi meno in imbarazzo; se si tratta di una donna forse potete aiutarla a scegliere la parrucca o il foulard.

Isolamento sociale
La maggior parte delle malattie serie, e il cancro in particolare, sembrano innalzare una barriera invisibile tra il malato e il resto della società. Andarlo a trovare invitando gli amici comuni a fare altrettanto è una buona soluzione per ridurre l’impatto di quella barriera e i disagi che la malattia e le terapie comportano.

La minaccia della morte
Molti malati di cancro guariscono, ma la minaccia della morte è sempre presente, e a volte continua a ossessionare anche chi è guarito. Naturalmente non potete eliminare questa paura, ma potete consentire al malato di parlarne e, ascoltandolo, potete ridurre l’impatto e il dolore derivati da questa minaccia. Come sempre non dovete avere tutte le risposte. Semplicemente ascoltare le domande farà molto bene.

 

http://www.aimac.it/

L’importanza di ascoltare e parlare

Volete aiutare il vostro amico o parente, ma non sapete quale sia la cosa migliore da fare? Bene, forse il punto più logico da cui cominciare è quello di parlare e ascoltarlo. Esistono, infatti, tre ottime fondamentali ragioni per parlare e, naturalmente, per ascoltare.

1. Parlare è il miglior modo di comunicare che abbiamo
Naturalmente, oltre al linguaggio verbale, esistono molti altri modi di comunicare: baciarsi, toccarsi, ridere, disapprovare, e anche ‘non parlare’. Tuttavia parlare è di gran lunga il miglior modo per rendere chiara ed esplicita la comunicazione tra gli esseri umani. Gli altri modi di comunicare sono molto importanti, ma perché siano d’aiuto, prima dobbiamo parlare.

2. Il solo parlare della sofferenza aiuta a lenirla
Nella quotidianità abbiamo molte ragioni per parlare. Alcune sono ovvie (dire ai bambini di non toccare la stufa calda, raccontare una barzelletta, chiedere i risultati delle partite di calcio, informarsi degli ultimi acquisti, ecc.), altre, invece, lo sono molto meno, come il semplice desiderio di essere ascoltati. In molte circostanze, in particolare quando le cose vanno male,  parlare aiuta a togliersi un peso dallo stomaco e serve per essere ascoltati. Un esempio abbastanza comune è il comportamento dei bambini. Se rimproverate vostro figlio, spesso dopo lo sentirete bofonchiare con il suo orsacchiotto o redarguire il suo pupazzo preferito ‘rifacendovi il verso’. Non si tratta esattamente di un dialogo o di una conversazione, ma ha una sua utilità, perché allenta la pressione. Questo è molto importante perché noi siamo in grado di sopportare il carico di tensione solo fino ad un certo punto. Non oltre. Parlare può essere un sollievo. Il che vuol dire che voipotete dare sollievo a un malato ascoltandolo e facendolo parlare. Ovvero: potete aiutare il vostro amico anche se non avete le risposte a tutte le sue domande.

Il solo fatto di porsi come ‘buoni ascoltatori’ aiuta di per sé. Negli Stati Uniti è stato condotto uno studio interessante su un gruppo formato da persone che avevano appreso le semplici regole del ‘saper ascoltare’ e da malati volontari invitati a parlare dei loro problemi. Gli ascoltatori potevano solo annuire con il capo e commentare con espressioni del tipo “Capisco” oppure “Vai avanti”, ma non potevano rivolgere domande ai malati né interloquire sui problemi che essi andavano esponendo. Alla fine della prima seduta quasi tutti i malati hanno ritenuto di aver fatto un’ottima terapia e alcuni di loro hanno telefonato ai loro ascoltatori per ringraziarli e per chiedere quando si sarebbero rivisti. 

3. I sentimenti inespressi prima o poi fanno male
Una delle ragioni che amici e familiari avanzano per giustificare il fatto dinon parlare esplicitamente al malato è che parlare della paura, dei timori, dell’incertezza potrebbe essere fonte d’ansia, soprattutto se questa non era percepita prima della conversazione. In altre parole: un amico, o un parente, potrebbe pensare: “Se gli chiedo se è preoccupato per la radioterapia e non lo è, potrei essere io a far nascere in lui la paura e a farlo preoccupare”. Non è così. Studi condotti da psicologi sui pazienti nella fase avanzata della malattia hanno dimostrato chiaramente che le conversazioni tra i malati e i familiari/amici non creano nuove paure e ansie. Anzi, è vero il contrario: non parlare di una paura la ingigantisce. Chi non può condividere con altri le proprie angosce assai spesso diventa ansioso e depresso. È stato, inoltre, dimostrato che uno dei maggiori problemi di chi è gravemente malato consiste nel senso di isolamento. In parole semplici, se un’ansia seria assorbe tutti i propri  pensieri e le attenzioni, è difficile  dedicarsi ad altro e provare a stare meglio. 

Un altro motivo per cui la gente reprime i propri sentimenti è la vergogna. Molti si vergognano soprattutto se provano sensazioni di paura o ansia per qualcosa e sentono che non dovrebbero averne. Uno dei più grandi servigi che potete rendere al vostro amico o parente malato è ascoltare le sue paure e stargli vicino dopo averle ascoltate, facendogli in questo modo capire che le accettate e le comprendente, contribuendo anche a ridurre la paura e il senso di vergogna.

Tuttavia, iniziare una conversazione sincera e aperta di fronte ad un malato di cancro è spesso molto difficile e imbarazzante, soprattutto perché spesso vi sono ostacoli che si frappongono alla libera comunicazione.

COUNSELLING E SOSTEGNO PSICOLOGICO

Dimostrazioni per terapie di recupero poli-funzionale in acqua

< p>Il Personale volontario della Associazione Modenese La Nostra Voce ha ottenuto dalla Clinica per la Riabilitazione delle Patologie Oncologiche di Aulendorf, in collaborazione con la ditta Servox SMT, il brevetto nazionale per lo svolgimento di attività di riabilitazione e ginnastica funzionale in acqua. Grazie all’ausilio funzionale di uno specifico apparecchio che consente la respirazione in acqua, i pazienti laringectomizzati potranno usufruire delle specifiche terapie in acqua con fini riabilitativi per la ripresa funzionale post-intervento degli arti superiori e laddove esista la necessità di una specifica riabilitazione post-trumatica, oltre a riconquistare la possibilità, preclusa dall’operazine, di poter scendere nuovamente in acqua.

 

E’ questo un’ulteriore tassello del mosaico che disegna il ritorno ad una vita il più possibile normale per il laringectomizzato (oltre ad offrire un’opportunità terapeutica forzatamente scartata).

Ai fini riabilitativi mirati alla ripresa funzionale degli arti superiori e del collo nel post-intervento e allorquando esista un’ulteriore, necessità di riabilitazione post traumatica, le terapie acquatiche presentano precise caratteristiche che producono (tramite il galleggiamento, la viscosità e la pressione idrostatica) un ambiente sicuro facilitando la diminuzione del dolore e della contrattura muscolare e, tramite la pressione idrica conseguente ad immersione, accelerano il processo di riduzione dell’edema, aumentano l’apporto ematico ai muscoli con conseguente ossigenazione delle fibre e migliore eliminazione dei prodotti metabolici finali.

Da non sottovalutare i benefici che possono trarsi dalla terapia in acqua anche in ambito sociale.

L’acqua è l’elemento che facilita non solo il movimento, ma anche la relazione. Nell’ontogenesi l’ambiente acquatico aiuta l’acquisizione della consapevolezza di sè attraverso l’abbinamento della percezione sensoriale e motoria.

L’acqua è l’elemento che accoglie, sostiene, unisce, divide, rilassa e il non poterne più usufruire rappresenta una decurtazione delle possibilità dell’individuo laringectomizzato.

Grazie alla sensibilità dei titolari della Palestra Sporting di Modena, che hanno concesso l’uso della piscina della struttura per incontri dimostrativi, Modena è stato il primo centro in Italia e il secondo in Europa a potersi fregiare di questo servizio ai pazienti laringectomizzati.

I primi incontri dimostrativi si sono tenuti a metà ottobre e sono stati presidiati da un istruttore qualificato, dai direttori sanitari dell’Associazione, Dr. Ghidini del Policlinico di Modena e Dr. Zanni dell’Ospedale di Carpi e da personale infermieristico dell’associazione e della cliniche.

Un’ulteriore conquista che riapre un’altro spazio di normalità per chi ha sofferto di una patologia tumorale.

 

tratto da http://www.legatumori.mo.it

Domande prima e dopo operazione

Domande
Probabilmente, quando ti è stato comunicato che saresti stato sottoposto ad un intervento di laringectomia, hai vissuto momenti di difficoltà.
Ti sei fatto tante domande…
Che cosa si prova dopo l’intervento?
È questo il momento più critico.
Non ti abbattere o abbandonare alla depressione a all’aggressività: accogli con fiducia l’aiuto che ti verrà proposto dalle persone che ti saranno vicine: il personale
sanitario e le persone che hanno già subito il tuo intervento.
Saranno queste ultime a dimostrarti che potrai riconquistare una vita piena e ricca facendo tutto ciò che facevi prima.
Perchè l’evento chirurgico è così traumatico?
Perchè potresti avere l’impressione che una ferita alla base del collo è come un marchio che ti segnerà per tutta la vita,condizionando il tuo futuro.
Potresti sentirti improvvisamente fragile, impotente nei confronti di quel forellino.
Potresti pensare che siano compromesse cose elementari come nuotare o fare la doccia, l’olfatto e il gusto.
Anche ridere o piangere ti sembrano prive della consueta sonorità.
Le persone che ti saranno accanto sono lì per dimostrarti che non è così.
Con impegno e grazie all’aiuto di professionisti e volontari sarà possibile, anche in breve tempo, raggiungere nuovamente uno stato di equilibrio pieno e soddisfacente in
ogni aspetto della vita sociale e affettiva.
Con i famigliari cambia qualcosa?
La reazione emotiva che segue l’intervento potrebbe causarti l’impressione incon scia di essere stato in qualche maniera maltrattato o abbandonato col rischio di
scaricare la tua tensione sulle persone che ti sono accanto.
Non cedere a questi pensieri.
Dal momento dell’operazione cerca di cominciare a coltivare la consapevolezza della tua condizione: è fondamentale per
mantenere l’equilibrio dei rapporti con i tuoi famigliari. Ricorda che i sentimenti profondi non possono essere in alcun modo toccati dall’operazione chirurgica.
Il rapporto con il personale sanitario
Ricorda sempre che tutto il personale sanitario che ti segue all’interno della struttura sanitaria cerca di prendersi cura di te nel miglior modo possibile cercando di creare il clima più adatto alla ripresa fisiologica migliore.
Accanto ai sanitari troverai sempre i volontari dell’Associazione,persone che da anni vivono senza laringe e che collaborano con i professionisti per confortarti e accompagnarti nel cammino del pieno recupero.
Potrò parlare ancora?
Tieni sempre ben presente che la perdita della voce a seguito dell’operazione chirurgica è solo temporanea: è infatti possibile recuperare l’uso della parola.
La voce esofagea ti permetterà di nuovo di parlare come prima.
Per questo è importante maturare la volontà di frequentare gli incontri con il personale logopedista e
le scuole di rieducazione alla fonesi dell’Associazione,
dove troverai persone operate come te che ti insegneranno l’uso delle tecniche per riprendere a parlare.

PROBLEMATICHE PSICOLOGICHE DEL LARINGECTOMIZZATO

 

DOTT-MAURIZIO MAGNANI-DIRETTORE U.O. DI OTORINOLARINGOIATRIA-AZIENDA  OSPEDALIERA DI CREMONA)

RIASSUNTO:- L’autore riporta i risultati di uno studio psicologico comparativo su varie categorie di laringectomizzati mediante l’impiego del questionario a scale cliniche M.H.Q.

In tema dì problemi psicologici del laringectomizzato la letteratura scientifica e’ piuttosto povera mentre è abbondante quella concernente la tecnica chirurgica e le terapie complementari chemioradioterapiche.L’intervento di laringectomia totale espone d’altra parte il paziente ad uno stress psicofisico non comune sia per il contatto con il tabù cancro e con i suoi fantasmi sia per le nuove”improvvise” difficoltà di comunicazione intese in senso lato come scambio di messaggi tra individui nell’ambito di un gruppo sociale.La mutilazione dell’organo vocale penalizza  soprattutto il canale verbale-fonatorio ma anche quelli mimico-gestuale e grafico-plastico in persone con forte compromissione psicologica con tendenza all’isolamento emotivo-relazionale.

Se il tumore laringeo possiede in oncologia un’alta percentuale di guarigione è altrettanto vero che turba l’equilibrio psicologico del paziente per tutta la vita condizionandone le abitudini e ricordando costantemente l’esperienza cancro.E’ realisticamente doveroso prendere atto che la vita del paziente cambia,  ma che esistono dei supporti terapeutici e riabilitativi che gli permetteranno di compensare ed assorbire il proprio handicap.Nell’ambito della problematica psicologica del laringectomizzato ci siamo preoccupati di effettuare un’indagine in pazienti operati con varie tecniche di laringectomia, per la maggior parte presso la nostra Divisione, al fine di studiare le reazioni che l’abolizione parziale o totale della funzione fonatoria provoca in essi, confrontandole con quelle rilevabili dopo la rieducazione foniatrica

Il momento temporale utilizzato per tale ricerca si colloca nell’ambito delle visite periodiche cui sono sottoposti presso la nostra Divisione tutti i pazienti con storia oncologica nei distretti ORL e laringectomizzati in particolare con frequenze settimanali e con l’ausilio di schedari oncologici  personali.

Durante queste convocazioni  abbiamo sottoposto ai pazienti l’M.H.Q., trovando in questo questionario di personalità uno strumento diagnostico capace di permettere la rapida quantificazíone di comuni sintomi e tratti appartenenti alle più significative categorie della sintomatologia psiconevrotica, per ricerche longitudinali e comparate.

Il questionario M.H.Q. venne sperimentato da  CROWN e CRISP nel 1960: consta di 48 items (domande) per 6 scale cliniche: 1) Ansia fluttuante (la paura senza motivi apparenti). 2) Ansia fobica (reazione ansiosa che si scatena in precisi momenti). 3) Ossessi vità (nevrosi che si manifesta con riti di scongiuro, lotta contro pensieri indesiderati). 4) Depressione (tristezza di umore). 5) Componenti somatiche dell’ansia (vertigini, sensazioni di formicolio, indebita stanchezza ecc.). 6) Personalità isterica (tendenza a drammatizzare in eccesso le situazioni).

Il questionario risulta di semplice somministrazione dietro la consegna di leggere attentamente le brevi istruzioni e di completare lo spazio dei dati anagrafici.

Poichè sono state poste al soggetto 8 domande per ognuna delle 6 funzioni studiate ed ogni domanda è misurabile da 0 a 2 ne consegue che il massirno della psicopatologicítà è di 16 ed il minimo 0 per cui il valore 8 è considerato il punto di passaggio tra normalità e patologia.

Si sommano quindi separatamente i punteggi degli 8 items di ogni scala  che vanno scritti nelle rispettive caselle poste alla fine del questionario nell’ordine: A- F- 0 -S – D- E- (E sostituisce la lettera H di isteria a sottolineare gli aspetti di emozionalità).

Ai fini del nostro studio riteniamo utile non considerare i  parametri della somatizzazione dell’isteria che sono più specifici nell’ambito della medicina psicosomatica, d’altra parte i dati raccolti a proposito di questi due parametri cadono nella normalità.

MATERIALE  E METODO

Lo studio è stato rivolto a 4 gruppi di pazienti con diversa “storia oncologica” ORL ed ad un gruppo controllo di pazienti operati non per neoplasia in altri distretti ORL: ogni gruppo è costituito da 10 individui con patologia omogenea: A) laringectomizzati totali non rieducati, B) laringectomizzati con fistola fonatoria, C) laringectomizzati parziali (cordectomia, laringectomia sovraglottica), D)Iaringectomizzati rieducati con buona voce esofagea, E) soggetti controllo operati in altri distretti ORL.

RISULTATI E CONCLUSIONI

Procedendo ad analisi comparativa dei risultati ottenuti è possibile rilevare  come tre siano gli elementi superiori all’8 e quindi psicopatologici:

– tasso di fobia > 8 nei laringectomizzati parziali. Tale dato può essere interpretato come una comprensibile paura o fobia del paziente che, dopo aver perduto una corda vocale o dopo essere stato sottoposto a laringectomia orizzontale, teme di perdere in un prossimo futuro la voce per una nuova localizzazione tumorale laringea.

– tasso di ossessività > 8 nei laringectomizzati totali  non rieducati; il non poter comunicare infatti, o il comunicare male con laringofoni dalle prestazioni spesso scadenti condiziona fortemente la personalità non consentendo una “fuga” del processo ideativo su altre tematiche.

– tasso di ossessività > 8 nei laringectomizzati con fistola fonatoria; tale ossessività patologica l’abbiamo interpretata come una diretta conseguenza della gestualità del paziente che ad ogni parola, dovendo chiudere con il dito, la cannula tracheale, comunica sì in maniera soddisfacente sul canale verbale fonatorio, ma nell’ambito del canale mimico gestuale sottolinea agli altri e ricorda a sé stesso la propria mutilazione.

Interessante invece notare come nel gruppo dei laringectomizzati sottoposti a rieducazione foniatrica con ottimo recupero fonatorio sia presente un bassissimo indice di ansia e depressione addirittura inferiore a quello dei soggetti di controllo.

Va da sé che questo significa pur con le dovute ca utele (il laringectomizzato rieducatosi alla voce esofagea possedeva già prima dell’intervento un maggior equilibrio psi-co-fisico) che il laringectomizzato che ha riacquistato la voce con metodo foniatrico presenti un maggior controllo emotivo, una notevole serenità d’animo, ed un tono di umore elevato perlomeno contrario alla depressione.