Infermieri: protagonisti della sanità del futuro tra appeal e professionalità

Secondo un’indagine del Censis, è questo uno dei lavori con ottime chance occupazionali: 9 laureati su 10 le trovano entro un anno dal conseguimento del titolo. Entro il 2020 l’Italia avrà bisogno di 266mila infermieri in più

 

Serietà, professionalità, alta occupabilità e utileagli altri: quella dell’infermiere è una professione con un’attrazione sempre più crescente tra i giovani. Ma quale ruolo occupa oggi nel settore medico e quale potrebbe essere il suo contributo per una sanità migliore? Di cosa c’è bisogno per valorizzare l’apporto che già oggi, secondo la maggioranza degli italiani, gli infermieri garantiscono alla sanità? A queste domande ha cercato di dare una risposta una recente indagine del Censis presentata nei giorni scorsi durante il XVI° Congresso della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi (Infermieri professionali, Assistenti sanitari, Vigilatrici d’infanzia) che ha evidenziando due aspetti essenziali: primo, l’infermiere gioca un ruolo positivo nella sanità attuale e ha le capacità di diventare  uno dei principali protagonisti della buona sanità del futuro (90 per cento degli intervistati). Secondo, diventare infermiere è considerata una scelta da condividere e incoraggiare per via della good social reputation (76,6 per cento) di cui gode la professione e perché consente di trovare lavoro rapidamente (47 per cento). Tra i tanti dati emersi, la ricerca, ha evidenziato come l’84,2 per cento degli italiani incoraggerebbe un figlio, parente o amico che volesse iscriversi al corso di laurea in Scienze infermieristiche, perché la ritiene una buona scelta; il 76,6 per cento per l’alto valore sociale della professione, perché dà aiuto agli altri; il 47 per cento perché garantisce un titolo di studio che consente di trovare facilmente lavoro.

“DA GRANDE VOGLIO FARE L’INFERMIERE”. Vogliono fare l’infermiere sempre di più i liceali (tra le matricole di Scienze infermieristiche erano il 29 per cento del totale nel 2003-2004, sono diventati il 46 per cento nel 2009-2010), i maturati con un voto alto (nel 2003-2004 quelli con un voto alla maturità superiore a 90 erano l’11,8 per cento delle matricole, sono diventati quasi il 13 per cento nel 2009-2010), i giovani per i quali il corso di studi in Scienze infermieristiche rappresenta la prima scelta (erano il 46 per cento delle matricole nel 2003-2004, sono diventati il 59 per cento nel 2009-2010).

DOPO LA LAUREA 9 SU 10 TROVANO LAVORO. Diventare  infermiere è considerato, oggi, un percorso accelerato per  trovare collocazione nel mercato del lavoro: a un anno dalla Laurea, infatti, il 93 per cento degli infermieri ha trovato un’occupazione. Le ragioni primarie indicate invece da coloro che sconsiglierebbero parenti e amici di dedicarsi alla professione infermieristica sono la durezza del lavoro (63 per cento) e, soprattutto, l’inadeguatezza del reddito: il 66,4 per cento degli italiani ritiene che gli infermieri guadagnino poco. Tuttavia, il 71 per cento ritiene che la professione infermieristica sia destinata ad avere maggiore riconoscimento in termini di stipendi, status sociale e percorsi di carriera.

SCIENZE INFERMIERISTICHE, UN ERRORE IL NUMERO CHIUSO E IL TEST D’ACCESSO. Numero chiuso e test d’accesso, non è cosi che si prepara un buon infermiere. Il 61,3 per cento degli italiani considera un errore il numero chiuso per l’accesso alla facoltà di Scienze infermieristiche. Quasi il 32 per cento perché c’è bisogno di avere più infermieri nel futuro e in questo modo l’Italia rischia di non averli. Per il 29,7 per cento perché la selezione dovrebbe basarsi sulla capacità degli studenti di andare avanti nel percorso di studi. Meno del 40 per cento degli italiani, invece, si dichiara favorevole al numero chiuso. Di questi, il 29,3 per cento lo considera un buon modo per selezionare gli studenti e il 9,4 per cento lo valuta positivamente anche se ritiene che occorrerebbe ampliare il numero dei posti disponibili. Gli italiani si dividono sul ricorso alla prova con test a risposta multipla (i quiz) per selezionare l’accesso al corso di laurea in Scienze infermieristiche: il 37,8 per cento lo giudica un modo adeguato, il 37,5 per cento lo ritiene un sistema errato (percentuale che cresce tra i laureati fino al 45,1 per cento), mentre per il 24,7 per cento forse non è adeguato, però non ci sono alternative. Il numero chiuso rende inevitabile il ricorso a infermieri stranieri: c’è già stato un boom nel periodo 2007-2010, con un incremento del 25 per cento (+8mila unità).

LA PERCEZIONE DEI PAZIENTI E LA CAPACITÀ DI RELAZIONARSI. Professionale e capace di relazionarsi, l’infermiere piace agli italiani. Il 75,2 per cento degli italiani che hanno avuto rapporti diretti o indiretti, tramite i familiari, con gli infermieri valuta come ottima o buona l’attività da loro svolta. Molto apprezzate sono le capacità tecnico-professionali (dal 55,6 per cento), la capacità di relazionarsi con i pazienti e i familiari (51,2 per cento), la cortesia e la gentilezza (44,7 per cento). Del resto, le cose più importanti che si aspettano da un infermiere, quando entrano in relazione con lui nei diversi contesti sanitari, sono per oltre l’82 per cento degli intervistati le capacità psicologiche,  relazionali, di approccio alle persone, oltre che competenze tecniche, e che questa dimensione sarà sempre più significativa anche in futuro; la capacità di creare un buon clima relazionale e l’attenzione agli aspetti psicologici e umani (per il 66 per cento), un ottimo livello tecnico-professionale (62,3%), la capacità di dare spiegazioni sulla diagnosi e la terapia (25,5 per cento).

CRESCITA OCCUPAZIONALE NEL FUTURO. 
Nella sanità del futuro le opportunità occupazionali saranno ancora migliori. Si stimano in 266mila unità in più gli infermieri di cui l’Italia avrà bisogno nel 2020 rispetto agli attuali 391mila (ipotizzando un rapporto infermieri/popolazione pari al benchmark olandese di 1.051 ogni 100mila abitanti). Sulla necessità di aumentare il numero di infermieri c’è un ampio consenso sociale: il 68,5 per cento dei cittadini ritiene che attualmente nel nostro Paese ce ne siano pochi e che bisogna aumentarne il numero. Nella sanità del futuro, fatta più di prevenzione e di presidi sul territorio, secondo il 90 per cento degli italiani quella dell’infermiere sarà una professione importante, che giocherà un ruolo rilevante. Già oggi gli infermieri possono dare un contributo al miglioramento della sanità. Il 48,5 per cento degli italiani è d’accordo con la possibilità che i casi meno gravi che arrivano in Pronto soccorso, i cosiddetti “codici bianchi”, vengano trattati dagli infermieri, nel rispetto delle linee guida indicate dai medici, in modo da smaltire le file di attesa senza abbassare la qualità del servizio.


L’UPGRADING DELLA PROFESSIONE. 
Anche alla luce del giudizio positivo delle esperienze di Pronto Soccorso (dove in alcune realtà geografiche gli infermieri ora si occupano direttamente dei codici bianchi), nella sanità del prossimo futuro emergono alcuni aspetti significativi relativi all’upgrading della professione infermieristica: una crescente attenzione alla dimensione relazionale; il riconoscimento di spazi più ampi di responsabilità ed esercizio delle proprie competenze in stretta connessione con i medici; una relazione sempre più stretta con le nuove tecnologie. È qui che va ad incastonarsi il dato sulla percezione collettiva che vede gli infermieri “sono pochi rispetto alle esigenze” e la richiesta di questo tipo di professionalità che va aumentando in misura significativa.


PROFESSIONE INFERMIERE: I PROSSIMI OBIETTIVI IN AGENDA.
 Sulla base degli elementi emersi dalla ricerca del Censis, è stata stilata una possibile agenda degli obiettivi da raggiungere nel prossimo periodo: aumentare le opportunità di accesso ai corsi universitari in Infermieristica, modulandole maggiormente sull’evoluzione attesa della domanda di infermieri derivante dai mutamenti della domanda e dell’offerta sanitaria; mettere al centro della formazione non solo le competenze tecnico-professionali ma quelle relazionali, di attenzione al paziente e alla famiglia, e la capacità di interagire, di comunicare e di relazionarsi; ampliare nella sanità gli spazi di azione autonoma e diretta degli infermieri, laddove ciò migliora la qualità dei servizi, come, ad esempio, nei Pronto Soccorso.


MATERIALI
– La ricerca del Censis
– Report Ipasvi sugli infermieri stranieri