22 Ottobre 1441 – A Firenze si svolge il Certame coronario

Certame coronario

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Il Certame coronario fu una gara di poesia in lingua volgare ideata nel 1441 a Firenze da Leon Battista Alberti, con il patrocinio di Piero de’ Medici.

L’intenzione era quella di dimostrare come il volgare avesse piena dignità letteraria e potesse trattare anche gli argomenti più elevati, in un periodo che assisteva, col fiorire dell’Umanesimo, ad una forte ripresa dell’uso del latino. Alla gara, che aveva come premio una corona d’alloro in argento (da ciò il nome), parteciparono sia noti letterati dell’epoca sia rimatori popolari, che dovettero comporre testi sul tema “la vera amicizia“. Si svolse il 22 ottobre 1441 nella cattedrale di Santa Maria del Fiore e vi assistette un pubblico numeroso, nonché un gruppo di autorità civili e religiose della città.

Il premio non venne assegnato a nessuno dei poeti dicitori perché le opere non vennero ritenute degne, ma fu consegnato dai dieci segretari apostoloci di Eugenio IV, come si può desumere dal codice Palatino 215 della Biblioteca Nazionale di Firenze, alla chiesa dove si era svolta la gara.

Il fatto che la corona non venisse assegnata ad alcuno dei poeti in gara testimonia come la riabilitazione del volgare non fosse ancora del tutto matura; tuttavia il Certame coronario è indizio di una tendenza ormai in atto e irreversibile. Secondo Parronchi, che riprese una conferenza di Lanyi (1940), nell’occasione potrebbe essere stata donata al mecenate Medici la statua del David di Donatello come ringraziamento.

Nella seconda metà del secolo la ripresa letteraria del volgare avvenne in primo luogo a Firenze: e non c’è da meravigliarsi, poiché a Firenze la letteratura volgare aveva una tradizione illustre e prestigiosa, che poteva vantare veri e propri classici, come Dante, Petrarca e Boccaccio. Proprio a questa tradizione i poeti della cerchia medicea, Lorenzo il Magnifico in testa, si rifanno in cerca di modelli.

Un documento prezioso di questa attenzione alla tradizione volgare è la cosiddetta Raccolta Aragonese, un’antologia dei primi secoli della poesia toscana inviata nel 1476 da Lorenzo de’ Medici in dono a Federico d’Aragona. La lettera che funge da prefazione è firmata da Lorenzo, ma è quasi sicuramente di Angelo Poliziano. Oltre che a Firenze, però, il volgare riacquista dignità letteraria a Ferrara con Matteo Maria Boiardo e Pietro Bembo, a Napoli con Jacopo Sannazaro, Masuccio Salernitano e i poeti petrarchisti.

La ripresa del volgare è accompagnata anche dal ritorno a generi letterari consolidati come la lirica amorosa di ascendenza petrarchista, la narrativa cavalleresca di origine romanza, la novella boccacciana.

Fonti

  • A. Altamura, Il Certame Coronario, Società Editrice Napoletana, Napoli, 1974 (ed. dei testi del primo e del secondo Certame)
  • L. Bertolini, Michele di Nofri del Giogante e il “Certame Coronario”, in “Rivista di letteratura italiana”, V, 1978, 3, pp. 467-477
  • M. Messina, Le rime di Francesco Accolti d’Arezzo, umanista e giureconsulto del sec. XV, in “Giornale storico della Letteratura italiana”, LXXII 1995, pp. 173-233
  • L. Bertolini, Un idiografo del IV libro della “Familia”, in “Rivista di letteratura italiana”, VI 1988, 2, pp. 275-97
    • F. Flamini, La lirica toscana del Rinascimento anteriore ai tempi del Magnifico, Le lettere, Firenze, 1977
  • G. Gori, Storia del Certame Coronario, in “Rinascimento”, II, XII 1972, pp. 135-81
  • G. Ponte, in Miscellanea di studi albertinani, Tigher, Genova, 1975, pp. 133-36
  • G. Gorni, in “Lingia nostra”, XXXVII, 1976, 1-2, pp. 11-14
  • De vera amicitia. I testi del primo Certame Coronario, a cura di Lucia Bertolini, Modena-Ferrara, Panini, 1993.

 

SETTEMBRE

Chiaro cielo di settembre 
illuminato e paziente 
sugli alberi frondosi 
sulle tegole rosse

fresca erba 
su cui volano farfalle 
come i pensieri d’amore 
nei tuoi occhi

giorno che scorri 
senza nostalgie 
canoro giorno di settembre 
che ti specchi nel mio calmo cuore.

ATTILIO BERTOLUCCI, “Sirio”, 1929

Una poesia per Settembre

Settembre 
Triste il giardino: fresca 
scende ai fiori la pioggia. 
Silenziosa trema 
l’estate, declinando alla sua fine. 
Gocciano foglie d’oro 
giù dalla grande acacia. 
Ride attonita e smorta 
l’estate dentro il suo morente sogno. 
S’attarda fra le rose, 
pensando alla sua pace; 
lentamente socchiude 
i grandi occhi pesanti di stanchezza. 
Hermann Hesse 
( Poesie )

X AGOSTO

 


di Giovanni Pascoli

San Lorenzo, io lo so perché tanto 
di stelle per l’aria tranquilla 
arde e cade, perché si gran pianto 
nel concavo cielo sfavilla. 
Ritornava una rondine al tetto: 
l’uccisero: cadde tra i spini; 
ella aveva nel becco un insetto: 
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là, come in croce, che tende 
quel verme a quel cielo lontano; 
e il suo nido è nell’ombra, che attende, 
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido: 
l’uccisero: disse: Perdono; 
e restò negli aperti occhi un grido: 
portava due bambole in dono.

Ora là, nella casa romita, 
lo aspettano, aspettano in vano: 
egli immobile, attonito, addita 
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi 
sereni, infinito, immortale, 
oh! d’un pianto di stelle lo inondi 
quest’atomo opaco del Male!

Rocco

Mio coetaneo è Rocco
vecchio caro compagno di giochi
quando monelli irrequieti
scorazzavamo per strade e campagne…
quando il mio papà mi sgridava, mi picchiava
perché l’avevo sempre per compagno,
molto più discolo di me
per cinque anni in prima elementare!
Ha vissuto sempre in Anzano
con la parentesi militare in guerra…
come barbiere ed elettricista ha lavorato
cresciuta la numerosa famiglia…,
da tempo laringectomizzato
parla a segni e con voce tracheale
capisce e si fa capire…,
la cirrosi ora l’assedia
un ventre a bomba come un tamburo…
gli piaceva il vino un tempo…!
Sempre seduto davanti al caffè
insieme a tanti vecchi come lui
vede, osserva, dorme, parla e sparla
contro il governo
con tutti, animoso nei gesti
simpatico il suo sorriso di rassegnazione..
comico anche il colloquio con me
sordo come sono
lo lascio parlare, lo stimolo,
un vulcano egli sembra nei gesti..,
capisco e non capisco
ma godo a vederlo così..,
semplice come un tempo, buono…;
quando, mentre gesticola, m’assopisco anch’io
su quella sedia in mezzo a tant’altri vecchi…
lo sfido alla corsa
primo io… dopo lui
prima lui… dopo io….
quando quasi al traguardo
stavo per cantar vittoria…
mi tira egli per un braccio…
mi ritrovo così vecchio tra tutti quei vecchi
ansimando… ma tanto deluso…:
ho sognato così… per un attimo…
l’ultima corsa col mio caro Rocco!
Carmine Melino

E a vivere,ridere io ritonerò

Riaprire gli occhi e guardare fuori verso sera
Quando manca meno di un mese a  primavera
Una nuova vita ora devo iniziare
Ora non posso e non ho voglia di parlare
Torno indietro a quella mattina
Sulle macchine posteggiate la brina
E io dalla finestra guardo fuori
Riempiendo la mia testa di timori
Non sapendo neanche se sarei tornato
O se operarmi sarebbe bastato
Non ho il coraggio di guardare
Di come il mio collo possa cambiare
Con in mezzo un buco per respirare
Un buco in più per vivere continuare
Ma lo giuro mai io mi arrenderò
E a vivere,ridere io ritonerò

Desio,lì 28 gennaio 2008