Il tempo
Poesia di Giosué Carducci
Maggiolata
Maggio risveglia i nidi,
maggio risveglia i cuori;
porta le ortiche e i fiori
i serpi e l’usignolo
Schiamazzano i fanciulli
in terra, e in ciel gli augelli;
le donne han nei capelli
rose, negli occhi il sol.
Tra colli, prati e monti
di fior tutto è una trama;
canta, germoglia ed ama
l’acqua, la terra e il ciel.
Maggiolata significa « cantata di maggio» ed infatti questa poesia è un inno alla primavera, alla vita e all’amore. Maggio porta con sé cose buone e cattive, ma è ugualmente caro come una ventata di giovinezza. E’ la vita che sboccia e prorompe sullo sfondo di una natura inghirlandata di fiori, dove tra cielo, terra e mare è tutta una sinfonia di cento colori e di amore.
Il nuovo anno ė alle porte
che ci porti una buona sorte
e allontani da noi la morte
Il nuovo anno sta arrivando
e noi lo aspettiamo mangiando
e tutti insieme poi brindando
Il vecchio anno sta terminando
le valigie lui sta preparando
e poi andrá via trotterelando
Il vecchio al nuovo aprirà le porte
un saluto veloce è la loro sorte
nascerá il nuovo e per il vecchio,la morte
GiElle 13
Ecco: la verde Sirmio nel lucido lago sorride,
fiore de le penisole.
Il sol la guarda e vezzeggia: somiglia d’intorno il Benaco
una gran tazza argentea,
cui placido olivo per gli orli nitidi corre
misto a l’eterno lauro.
Questa raggiante coppa Italia madre protende,
alte le braccia, a i superi;
ed essi da i cieli cadere vi lasciano Sirmio,
gemma de le penisole.
Baldo, paterno monte, protegge la bella da l’alto
co’l sopracciglio torbido:
il Gu sembra un titano per lei caduto in battaglia,
supino e minaccevole.
Ma incontro le porge dal seno lunato a sinistra
Salò le braccia candide,
lieta come fanciulla che in danza entrando abbandona
le chiome e il velo a l’aure,
e ride e gitta fiori con le man piene, e di fiori
le esulta il capo giovine.
Garda là in fondo solleva la ròcca sua fosca
sovra lo specchio liquido,
cantando una saga d’antiche cittadi sepolte
e di regine barbare.
Ma qui, Lalage, donde per tanta pia gioia d’azzurro
tu mandi il guardo e l’anima,
qui Valerio Catullo, legato giú a’ nitidi sassi
il fasèlo britinico,
sedeasi i lunghi giorni, e gli occhi di Lesbia ne l’onda
fosforescente e tremula,
e ‘l perfido riso di Lesbia e i multivoli ardori
vedea ne l’onda vitrea,
mentr’ella stancava pe’ neri angiporti le reni
a i nepoti di Romolo.
A lui da gli umidi fondi la ninfa del lago cantava
Vieni, o Quinto Valerio.
Qui ne le nostre grotte discende anche il sole, ma bianco
e mite come Cintia.
Qui de la vostra vita gli assidui tumulti un lontano
d’api sussurro paiono,
e nel silenzio freddo le insanie e le trepide cure
in lento oblio si sciolgono.
Qui ‘l fresco, qui ‘l sonno, qui musiche leni ed i cori
de le cerule vergini,
mentr’Espero allunga la rosea face su l’acque
e i flutti al lido gemono.
Ahi triste Amore! egli odia le Muse, e lascivo i poeti
frange o li spegne tragico.
Ma chi da gli occhi tuoi, che lunghe intentano guerre,
chi ne assecura, o Lalage?
Cogli a le pure Muse tre rami di lauro e di mirto,
e al Sole eterno li agita.
Non da Peschiera vedi natanti le schiere de’ cigni
giú per il Mincio argenteo?
da’ verdi paschi dove Bianore dorme non odi
la voce di Virgilio?
Volgiti, Lalage, e adora. Un grande severo s’affaccia
a la torre scaligera.
Suso in Italia bella sorridendo ei mormora, e guarda
l’acqua la terra e l’aere.
Questa poesia proviene da: Sirmione di Giosuè Carducci http://www.poesie.reportonline.it/poesie-di-giosue-carducci/sirmione-di-giosue-carducci.html#ixzz2SWnIjjSj
“Mezzanotte suonò sopra il villaggio
nella placida piazza solitaria…
le ore sobbalzano nell’aria
per la tacita volta senza raggio;
recava da lontano, intanto il vento
come un tintinnio garrulo d’argento,
e pel villaggio solitario; errare
un trotto di cavali si sentì;
un cavallo vicino, ecco nitrì
il gabellier si sporse per guardare;
qualche finestra ancor s’illuminò
e mezzanotte, lenta, risonò.
La diligenza a dodici cavalli
arriva con dodici signori.
e tutti, presto presto, venner fuori
con valige, con scatole, con scialli;
e il primo, un vecchio tremulo e bonario:
« Lode a Dio – esclamò – siamo in orario! »
Era il trentun dicembre ed era l’ora
che l’anno vecchio, curvo, se ne va,
nel mare eterno dell’eternità
svanisce, si disperde, si scolora,
mentre vanno per ville e per tuguri
baci e abbracci, brindisi e auguri.”
(Odense, 2 aprile 1805 – Copenaghen, 4 agosto 1875) fu uno scrittore e poeta danese, celebre soprattutto per le sue fiabe.
Hans Christian Andersen
L’ultima volta fu
L’ultima volta che risi fino a piangere
fu prima che mi dissero hai un tumore
l’ultima volta che il mio pianto divento un isterico ridere
fu quando mi dissero hai un tumore
L’ultima volta che ho riso di cuore
fu prima che mi dissero hai un tumore
l’ultima volta che piansi per dolore
fu quando m i dissero hai un tumore
L’ultima volta che tornai a pregare
fu quando stavo entrando in sala operatoria
l’ultima volta che ho ricominciato a sperare
fu quando dall’ospedale me ne andai via
l’ultima volta che ho riscoperto la vita
fu ogni mattina di questi cinque anni
l’ultima volta che ho riscoperto la vera verità
fu ogni momento di questi cinque anni.
GiElle 12
Quando la giornata è finita
ti stendi sul tuo letto
con centinaia di questioni successive
che ti passano per la testa?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Hai mai detto a tuo figlio,
“lo faremo domani?”
senza notare nella fretta,
il suo dispiacere?
Mai perso il contatto,
con una buona amicizia
che poi finita perché
tu non avevi mai avuto tempo
di chiamare e dire “Ciao”?
Faresti meglio a rallentare.
Non danzare così veloce
Il tempo è breve.
La musica non durerà.
Quando corri cosi veloce
per giungere da qualche parte
ti perdi la metà del piacere di andarci.
Quando ti preoccupi e corri tutto
il giorno, come un regalo mai aperto . . .
gettato via.
La vita non è una corsa.
Prendila piano.
Ascolta la musica.
IL MONDO E’ NELLE MANI DI COLORO
CHE HANNO IL CORAGGIO DI SOGNARE
E DI CORRERE IL RISCHIO DI VIVERE
I PROPRI SOGNI
A QUESTO MONDO NON SI DIVENTA
RICCHI PER QUELLO CHE SI
GUADAGNA,
MA PER QUELLO A CUI SI RINUNCIA
A VOLTE CAPITANO FATTI CHE
ONO COME DOMANDE:
PASSANO GIORNI,ANNI E
LA VITA RISPONDE
PENSATE DA UOMINI SAGGI MA
PARLATE COME GENTE COMUNE
L’ARTE NON RIPRODUCE CIO’ CHE E’
VISIBILE
MA RENDE VISIBILE CIO’ CHE NON
SEMPRE LO E’
SE PERDERAI ANCHE TUTTI I TUOI
BENI,NON DISPERARE:
POTRANNO ESSERE RITROVATI.
SE PERDERAI ANCHE L’ONORE NON
DISPERARE:
FORSE POTRAI RICOSTRUIRTI UNA
NUOVA FAMA.
MA SE PERDERAI IL CORAGGIO,
OGNI VIA DI RIPRESA
TI SARA’ RECLUSA.
“L’assistenza è un’arte;
e, se deve essere realizzata come un’arte,
richiede una devozione totale ed
una dura preparazione,
come per qualunque opera
di pittore o scultore;
con la differenza che non si ha a che fare
con una tela o un gelido marmo,
ma con il corpo umano,
il tempio dello spirito di Dio.
E’ una della belle Arti
Anzi, la più bella delle Arti Belle”
Florence Nightingale