«Infiammazioni di mucose nasali e respiratorie E non sono solo i soggetti deboli a rischiare»

PARLA NADIA MARCOBRUNI, RESPONSABILE DELL’AMBULATORIO PNEUMOLOGICO DELL’OSPEDALE CIVILE

Consigli? «Non uscire nelle ore più calde e inserire nella dieta cibi antiossidanti»

Dalla sua presenza è meglio difendersi. Così pure dalla sua assenza. Insomma, se non c’è fa male. E se c’è potrebbe anche fare peggio. Non è uno scherzo di cattivo gusto, e nemmeno un controsenso paradossale. Basta distinguerne le diverse, e opposte nature. Sì, perché di ozono ne esistono due tipi: uno buono e uno cattivo, giusto per semplificare. E per ricordare che il fantomatico «buco» resta un problema. 
Con ordine. L’ozono così detto «amico», quello buono, «si trova in alto, in quella che tecnicamente si chiama stratosfera, e va dai dieci ai trenta chilometri d’altitudine», spiega Nadia Marcobruni, responsabile dell’ambulatorio della divisione di pneumologia al Civile. Ed è lì, nella stratosfera, che i propellenti come il freon, (che derivano cioè «dai veicolanti spray, dal classico deodorante a quelli utilizzati un tempo anche in medicina, per l’asma») e l’ossido di azoto («prodotto dai motori degli aerei») vanno a insidiare e quindi «assottigliare lo strato di ozono buono, quello cioè in grado di schermarci dai raggi ultravioletti del sole». Insomma, una barriera naturale che, se danneggiata (o meglio «bucata») genera, come dimostrano gli studi medici, «un aumento delle malattie dermatologiche, per esempio i melanomi, dal momento in cui la popolazione non è più sufficientemente protetta».

Cosa fare in questo caso? «Proteggerci da questi raggi, prima di tutto con creme solari ad alta protezione». 
Ma l’altro ozono, quello malefico, dove si insedia? E quali conseguenze può generare sulla salute? «Si trova nella troposfera, vale a dire nella parte più bassa della nostra atmosfera». Fino a dieci chilometri di quota. E se vi state chiedendo se, magari, arrampicandosi, non riesca a percorrere chilometri in verticale e trasformarsi quindi in ozono buono… la risposta è no, «perché a queste altezze viene trasportato dal vento solo in senso orizzontale». 
Detto questo, sì, è nocivo. E a formarlo sono tre componenti che agiscono necessariamente insieme: «Biossido di azoto – prodotto dal traffico veicolare e dalle emissioni industriali – ossigeno e luce solare», quella generata dall’intensità dei raggi. Non a caso, dunque, l’inquinamento da azoto fu battezzato, a Los Angeles, come «summer smog». Perché ad alimentarlo sono le alte temperature. E quindi la stagione estiva. L’alter ego delle polveri sottili, verrebbe da dire. Che peraltro provoca problemi simili in termini di salute.

«Questo tipo di ozono è altamente irritante, ossidante, per la precisione: infiamma le mucose degli occhi, che lacrimano, e dell’albero respiratorio, della laringe e della trachea», osserva Marcobruni. Il rischio? «Che aumentino i casi di asma e di bronchite, sia in soggetti sani sia aggravando, invece, le condizioni di chi proprio sano non è e di queste patologie già soffre». Ma la letteratura dice anche di più. E cioè che l’inquinamento da ozono «rende le persone pure più suscettibili alle infezioni batteriche. E questo perché va ad attaccare le difese immunitarie delle vie aeree» indebolendo, di fatto, il sistema biologico preposto a proteggerci. Importante sottolineare (e non è mai abbastanza) che le categorie a rischio sono sempre le stesse: bambini e anziani. Oltre a «pazienti già affetti da patologie respiratorie o cardiovascolari».

In questi casi soprattutto è doveroso quindi prestare attenzioni specifiche a tutela della propria salute, imparando (o forse basta solo farne tesoro nella memoria) semplicissime sane consuetudini da inserire nel rituale quotidiano della giornata. Per esempio, guai a uscire da mezzogiorno alle cinque del pomeriggio. Non bastasse la cappa d’afa quasi insopportabile a frenare istinti esplorativi, desistete per la buona sorte delle vostre vie respiratorie. «In quella fascia oraria è bene restare in casa o, se proprio, evitare di svolgere attività fisica pesante all’aperto»: meglio camminare che correre, insomma, visto che sotto sforzo non aumentano solo fatica e affanno, ma pure il numero delle inalazioni. E quindi le dosi di ozono cattivo introdotto nell’organismo. «Lo sforzo causa iperventilazione, dunque maggiore inalazione di sostanze inquinanti», conferma Marcobruni.

Prendiamo un’attività tipica estiva per i più piccoli, il Grest: «Sarebbe meglio che il primo pomeriggio fosse dedicato a una serie di attività sedentarie all’ombra, o al chiuso. Le passeggiate? Di prima mattina, quando i raggi del sole non hanno ancora raggiunto il picco massimo». Stessi consigli per i più attempati, «che riposino nelle ore centrali del giorno ed escano sul tardi». Come da copione, occhio alla dieta: nella lista della spesa è d’obbligo annotare (alla voce «ozonicida») «cibi che contengono sostanze antiossidanti, in primis frutta e verdura fresche di stagione». Ultima cosa, «arieggiare casa al mattino e alla sera» e «andare piano in auto»: non solo perché lo prevede il Codice della Strada, ma perché pure le macchine, più consumano più emissioni producono». Alimentando l’ozono cattivo. Che, a differenza delle Pm10, esiste pure in montagna, a basse quote, aiutato dalla fotosintesi clorofilliana. 

Mara Rodella