Il 1° gennaio 2012 è stata una data di svolta per lepensioni italiane. Da questa data infatti entra definitivamente in vigore per tutti i lavoratori il sistema di calcolo contributivo cioè basato suicontributi effettivamente versati durante l’intera vita lavorativa. Un metodo di calcolo che si distingue da quello retributivo, fondato sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di lavoro, che avvantaggiava il lavoratore ma che non era più sostenibile economicamente per il paese.
Chiariamo subito che la riforma non tocca chi al 1° gennaio di quest’anno era già in pensione e continuerà a prendere lo stesso assegno.
Per chi ancora lavora, invece, la prospettiva pensionistica può cambiare di molto a seconda dell’età anagrafica e dell’anzianità di servizio. Vediamo nel dettaglio cosa cambia.
Finora erano due i criteri di funzionamento del meccanismo delle pensioni:
• pensione di anzianità: al raggiungimento di un determinato numero di anni di lavoro (o meglio, di contribuzione) prima dell’età anagrafica massima;
• pensione di vecchiaia: al raggiungimento di una determinata età anagrafica.
ANZIANITA’
Ma dal 1° gennaio la pensione di anzianità non esiste più e viene sostituita dalla pensione anticipata. La soglia precedente dei 40 anni di servizio viene così modificata:
Anzianità | Uomini |
Donne |
– nel 2012 | 42 anni + 1 mese | 41 anni + 1 mese |
– nel 2013 | 42 anni + 2 mesi | 41 anni + 2 mesi |
– dal 2014 | 42 anni + 3 mesi | 41 anni + 3 mesi |
Ma la pensione anticipata viene disincentivata (con alcune eccezioni) tramite:
• la riduzione dell’1% sulle anzianità contributive maturate prima del 2012, se viene richiesta prima dei 62 anni d’età;
• la riduzione del 2%, se viene richiesta prima dei 60 anni d’età.
Con la riforma Fornero viene abolito il precedente meccanismo delle “quote” che sommava l’età anagrafica e contributiva e anche quello della “finestra mobile” cioè l’attesa di altri 12 mesi al raggiungimento dei requisiti della pensione.
Eccezioni
Per evitare la doccia gelata a chi era già sulla soglia della pensione, la manovra Fornero prevede che può andare in pensione a 64 anni:
• un dipendente privato con 35 anni di contributi che con il vecchio sistema delle “quote” avrebbe raggiunto i requisiti il 31 dicembre 2012 (quota 96 sommando gli anni di anzianità e l’età anagrafica);
• una lavoratrice del settore privato che, sempre entro il 31 dicembre 2012, ha 20 anni di contributi e60 anni d’età.
VECCHIAIA
Il limite per la pensione di vecchiaia, invece, subisce un innalzamento di un anno, da subito, per gli uomini e di sei anni, progressivamente, per le donne, per arrivare a una completa equiparazione nel 2018:
Vecchiaia | Uomini |
Donne |
– nel 2012 | 66 anni | Dipendenti: 62 anni Autonome: 63 anni + 6 mesi |
– nel 2014 | 66 anni | Dipendenti e autonome: 64 anni |
– dal 2016 | 66 anni | Dipendenti e autonome: 65 anni |
– dal 2018 | 66 anni | Dipendenti e autonome: 66 anni |
Discorso diverso per le dipendenti donne del settore pubblico iscritte a Fondi esclusivi per le quali la soglia della pensione a 66 anni è scattata già dal 1° gennaio 2012.
In tutti i casi è necessario avere avere un’anzianità contributiva di almeno 20 anni.
Resta sempre valido il requisito dell’adeguamento dell’età pensionabile all’allungamento delle aspettative di vita, già introdotto dalla precedente riforma Berlusconi del 2010. Cioè, dal momento che si vive di più, occorre andare in pensione più tardi. Dal 2013 (prima l’avvio era previsto nel 2015) la soglia verrà adeguata all’aumento della vita media in base ai date forniti dall’Istat con cadenza triennale in base ai dati forniti dall’Istat. Nel 2022 il limite arriverà in ogni caso a 67 anni. (A.D.M.)