Giornata mondiale contro il lavoro minorile, patrocinata dalla FAO

Restituire ai bambini la loro infanzia rubata
Nel settore agricolo il 70 per cento del lavoro minorile
Roma, 12 giugno 2007 – Mettere fine al lavoro minorile in agricoltura deve diventare una priorità dell’agenda politica internazionale, ha detto oggi la FAO in occasione della Giornata Mondiale contro il lavoro minorile.

“È inaccettabile che ogni giorno al mondo vi siano oltre 132 milioni di bambine e bambini tra i 5 ed i 14 anni d’età costretti a lavorare sui campi, in condizioni spesso molto dure e rischiose per la loro salute”, ha detto Jose Maria Sumpsi Vinas, vice direttore generale della FAO, del Dipartimento agricoltura e difesa del consumatore.

“La vera strategia vincente contro il lavoro minorile è lavorare alla riduzione della povertà delle zone rurali dei paesi in via di sviluppo, offrendo opportunità alternative di reddito, affrontando le questioni relative alla salute ed alla sicurezza sul lavoro in agricoltura, migliorando la gestione dei pesticidi ed assicurando uno sviluppo sostenibile”, ha aggiunto Sumpsi.

Un terzo della forza lavoro agricola è minorile

È difficile quantificare con esattezza il numero dei minori che lavorano nel settore agricolo, perché il lavoro minorile essendo spesso clandestino e non dichiarato elude le statistiche ufficiali sull’occupazione. Nonostante, dunque, si tratti di stime per difetto, i dati dell’ILO dicono che il a livello mondiale il fenomeno coinvolga circa 218 milioni di minori – il 70 per cento dei quali occupati in agricoltura, dove rappresentano un terzo della forza lavoro complessiva del settore. 

La maggior parte degli studi concordano sul fatto che, pur nella diversità delle situazioni, la povertà ne è la causa di fondo, i bambini sono costretti a lavorare per la propria sopravvivenza e per quella delle proprie famiglie. La povertà comporta una serie di altri fattori strettamente connessi: mancanza di accesso all’istruzione, ai servizi sanitari, ad opportunità occupazionali alternative. 

Tuttavia, ci sono paesi poveri che sono riusciti a ridurre drasticamente, e quasi eliminare, il lavoro minorile. L’esempio dello stato del Kerala, in India, è significativo. Pure in America latina e Caraibi vi è stato un notevole calo del numero complessivo dei bambini lavoratori, dal 16 al 5 per cento nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2004, e quello che è più importante è che il calo più marcato si sia registrato nella riduzione, pari al 26 per cento, del numero dei bambini coinvolti in lavori pericolosi.

Forza lavoro a basso costo, facile da sfruttare 

La giustificazione più comune da parte di datori di lavoro ed intermediari senza scrupolo per l’impiego di manodopera minorile è la presunta insostituibilità delle “piccole mani agili” per taluni lavori, come la tessitura dei tappeti, la raccolta delle foglioline di te o dei fiori. “Ma studi dell’ILO condotti in industrie pericolose come la produzione di vetro o la pulitura dei diamanti, hanno dimostrato quanto ciò non corrisponda al vero”, fa notare Sumpsi. “In agricoltura, come negli altri settori, non c’è lavoro che un adulto non possa fare egualmente bene, se non meglio”.

“La semplice verità è che i bambini richiedono meno garanzie, sono più facilmente sfruttabili e soprattutto sono molto più economici, fanno lo steso lavoro degli adulti ma sono pagati molto meno”, ha aggiunto Sumpsi. 

Condizioni di lavoro dure e rischiose

L’agricoltura è insieme all’industria estrattiva ed al settore edile uno dei settori più pericolosi in termini di causa di decessi e di incidenti sul lavoro, soprattutto per i minori.

Deprivati dell’istruzione, della salute, del gioco, costretti a lavorare con attrezzi fatti per un fisico adulto, i bambini sono vittime di forme talvolta particolarmente gravi di sfruttamento come l’esposizione a pesticidi tossici, il trasporto di carichi troppo pesanti, lunghe ore di lavoro, esalazioni nocive con conseguenze che su organismi giovani possono comprometterne per sempre la salute e la crescita future.

Cosa si intende con “lavoro minorile”

Tuttavia, non tutti i lavori svolti dai bambini possono definirsi “lavoro minorile” precisa la FAO. Lavori leggeri, che non interferiscono con la scolarizzazione, sono consentiti dopo i 12-13 anni, così come il lavoro svolto da ragazzi con più di 15 anni che non sia classificato come pericoloso. Le convenzioni ILO definiscono con “lavoro minorile” solo quello che danneggia la salute di un minore e ne ostacola l’istruzione e lo sviluppo futuro.

“Partecipare in qualche modo ad un’agricoltura di sussistenza, nell’ambito del nucleo familiare, soprattutto se questo non comporta oneri pesanti e non interferisce con la scolarizzazione, è perfettamente legittimo, e può anzi essere importante per sviluppare conoscenze ed abilità importanti per svolgere un lavoro nel futuro”, dice Eve Crowley, esperta senior della Divisione FAO Pari opportunità, equità ed impiego rurale. 

“Al contrario, il lavoro che arreca danno, che è fonte di sfruttamento, che nuoce alla salute, e depriva del diritto di andare a scuola non è mai ed in alcun modo giustificabile”, continua Eve Crowley. “ “Se tutti i bambini che lavorano in agricoltura popolassero un paese, sarebbe l’ottavo paese più grande del mondo”.

“Riuscire ad eliminare il lavoro minorile nelle sue forme più gravi, più rischiose e di maggiore sfruttamento è alla nostra portata”, continua l’esperta FAO. “Occorre uscire dal muro di silenzio e d’indifferenza che circonda questo fenomeno e lavorare affinché le convenzioni dell’ILO vengano adottate ed applicate, e che da oggi in poi si rafforzi il movimento mondiale per lottare contro le peggiori forme di sfruttamento dei minori in agricoltura“. 

Proprio per affrontare il problema del lavoro minorile in agricoltura è stata firmata oggi a Ginevra una nuova partnership tra l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, (ILO), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), l’Unione internazionale delle Associazioni di lavoratori nei settori alimentazione, agricoltura, alberghi, ristoranti, catering, tabacco ed affini(UITA), la Federazione Internazionale produttori agricoli, (IFAP) e l’Istituto Internazionale di ricerca sulle politiche alimentari (l’IFPRI).