Desio 3 Febbraio 2008 V parte

Verso mezzogiorno lo obbligai ad andare a casa per mangiare con mia madre e gli dissi di non preoccuparsi se rimanevo un paio d’ore solo fino all’arrivo di mia madre e mia zia.

Sarebbe venuto un altra domenica il 10 e poi sarebbe tornato quasi tutto come prima quando il 13 mattina mi dimetterono ed entrando in casa trovai tutti ad aspettarmi,come dicevo prima come si aspetta l’arrivo di un neonato o meglio ancora di un soldato dato per disperso o morto in combattimento.

Alla fine anche io avevo combattuto contro il male e grazie al reparto di otorino di Desio avevo vinto,lo so avevo vinto solo la prima battaglia e la guerra era ancora lunga ma mi sentivo forte grazie anche ai miei parenti,sopratutto i miei genitori.

Coricandomi quella sera del 3 febbraio mi feci il proposito che avrei imparato a parlare con la voce esofagea e capii che la vita è una cosa meravigliosa dove niente ti è dovuto ma va conquistato con caparbietà ed onestà.

Ora stacco questo foglio e lo conserverò fra i miei ricordi di un quarantenne che trovandolo per caso è tornato indietro di più di 5 anni fa quando sembrava tutto finito ed invece era l’inizio di una nuova vita.

GiElle

 

 

Desio 3 Febbraio 2008 I parte
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Desio 3 Febbraio 2008 III parte
Desio 3 Febbraio 2008 IV parte
Desio 3 Febbraio 2008 V parte

Desio 3 Febbraio 2008 IV parte

Tornando a quella domenica,il 3 febbraio 2008 mio padre era venuto a trovarmi e l’avevo aspettato guardando dalla finestra vetrata della mia stanza d’ospedale aspettando che entrava nei parcheggi con la mia macchina e seguirlo con gli occhi fin dove potevo,quasi fino all’entrata dell’ospedale e mentalmente facevo il tragitto fino all’ascensore,compreso la fermata al bar per il caffè,fino all’ascensore gli 8 piani e l’entrata prima in reparto e poi vedevo affacciarsi un ciuffo bianco di mio padre.

La mia operazione sembrava avesse portato più danni a lui che a me e per la prima volta vedevo che portava in faccia segnata dalle rughe la sua età,72 anni.

Mi guardava come un padre guarda un figlio appena nato o un figlio tornato dalla guerra dopo che era stato dato per disperso o peggio ancora morto.

Prese quel quadernone e mi scrisse quelle 4 righe perché facevo fatica a parlare e non ero tanto comprensibile e nella sua testa il mio essere quasi muto l’associava con la sordità,tipo il fido scudiero di Zorro che era sordo muto .

Mi passo il quadernone e iniziai a leggere e man mano che leggevo iniziai a ridere,una risata di cuore e non ridevo così da una vita esattamente dal giorno che ero in un’ambulatoria del reparto otorino con davanti il primario di Desio che mi diagnostico il male alla gola,con quasi svenimento di mia madre e mia zia e io che mi affidavo al dottore che mi ispirava fiducia e professionalità,erano passati neanche 2 settimane da quel 22 gennaio.

Vidi mio padre ringiovanire di colpo vedendomi ridere e capimmo che il peggio era passato e che tutto sarebbe tornato come prima o quasi.

 

Da quel giorno cambio tutto e notai che era vero che “chi la dura la vince” e che non era la prima volta che avevo passato dei momenti duri,anche se quello che stavo passando era la cima più alta delle montagne delle disgrazie subite e che guardarla dalla base non mi sarebbe servito a niente,era giunta l’ora di inforcare la bicicletta e iniziare a scalare questa maledetta montagna perché finita la salita sarebbe iniziata la discesa che non so quanto sarebbe durata ma che il peggio sarebbe svanito alle mie spalle.

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Desio 3 Febbraio 2008 III parte

Dopo 3 giorni già pulivo la cannula da solo e dopo 10 giorni anche la contro cannula,perché avevo capito che quei due tubicini di argento avrebbero fatto parte della mia vita alla stessa stregua di un apparato dentale e che dalla loro pulizia avrebbe dipeso una buona respirazione ed evitato infezioni esterne ed interne.

Sopratutto non mi avrebbero dimesso e quindi tornare a casa per riprendere la mia vita normale o quasi fin quando non avrei preso confidenza con cannule,contro cannule,aspiratori ed inalatori.

Di Certo non mi mancava e non mi manca lo spirito di sopravvivenza e la voglia di continuare a vivere e tutti si meravigliavano di come fossi io a tirare su di morale i miei genitori e mia zia e gli altri degenti che dovevano fare operazioni semplici e non invasivi come la mia.

Altre visite non ne volevo,non volevo che mi vedevano stile albero di natale con la flebo e il tubo del sondino e i due tubi del drenaggio come stelle filanti e i due contenitori rotondi del drenaggio come palline.

Non mi vergognavo della mia nuova voce che stava tornando o dello stoma che poi riparerò più per motivi di pulizia e protezione con dei bavaglini,cose che non turbarono i miei nipotini.

Giuseppe che aveva 9 anni chiedendomi prima il permesso,imitava questa mia nuova voce e il tutto finiva in fragorose risate,cosa che era accaduto due anni prima  che appena trovava incustodite le mie stampelle,frutto di una caviglia rotta scomposta,fatto accaduto sul posto di lavoro le prendeva e camminava con un piede penzolante…

 

Mia nipote Alice invece aveva 11 anni e quando tornai a casa dall’ospedale il 14 Febbraio mi saluto attaccandosi al collo e senza volerlo mi aveva tappato lo stoma,creandomi colpi di tosse e stavo diventando cianotico,ma non volevo allontanare mia nipote che fortunatamente si mise a sedere accanto facendomi tornare a respirare.

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Desio 3 Febbraio 2008 II parte

Era il 3 febbraio 2008,domenica mattina,ed ero ricoverato in ospedale dopo aver subito un’operazione di laringectomia totale il 29 gennaio.

Mia madre era a casa e sarebbe venuta a farmi visita il pomeriggio assieme a mia zia,ancora doveva riprendersi delle 5 notti che aveva passato al mio capezzale dal giorno dell’operazione, per letto una scomoda sedia sdraio da spiaggia formata da tubicini di plastica,che pur sedendosi vestiti lascia i segni sulle gambe e sulle spalle lasciando un effetto arrosto quando togli lo spago.

Sedia sdraio che era il mio incubo quando ero un bambino se quella di tela era occupata,e lo era sempre occupata da mia nonna o da mia madre e quindi preferivo sedermi sulla sabbia con un lenzuolino sotto a leggere libri o fumetti.

Durante le 5 notti in ospedale la fissavo perché avevo paura di addormentarmi e non risvegliarmi più,visto che respiravo e respiro da un “foro” stoma e pensando che dormendo non sarei stato padrone del mio respiro.

Paura che se ne andò solo una mattina fredda,il 10 febbraio,che tra il freddo perché avevano aperto il finestrone della camera per cambiare l’aria o forse la stanchezza di una decina di notti senza dormire crollai, e risvegliandomi in panico dopo neanche 10 minuti notai che respiravo anche quando dormivo,essendo impossibile trattenere il respiro per dieci minuti.

Nei tre giorni susseguenti,fino alla mia dimissione,dormii continuamente per svegliarmi solo per le medicine e per la visita pomeridiana di mia madre,visto che di mangiare non se ne parlava per far ricucire i punti interni alla gola venivo nutrito tramite sondino che faceva mi passava una strana poltiglia che mi assicuravano che mi avrebbe fornito le sostanze necessarie.

 

Durante le notti che passavo insonne prendevo uno specchietto e mi guardavo il collo e durante il giorno appena ero solo andavo allo specchio del lavandino della mia stanza e spiavo le varie operazioni di pulizia della cannula e contro cannula ad opera delle infermiere che lo svolgevano anche più volte quotidianamente

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