Come ogni giorno veniamo drogati col cibo

Buono da morire: il cibo spazzatura, pieno di grassi, zuccheri e sale crea dipendenza chimica. Grassi per colpa delle aziende alimentari.

  

Il gusto è uno specchio del nostro inconscio. È il frutto dell’interazione di fattori diversi: educazione, influenza dei media, risposta allo stress, formazione culturale. Tuttavia, la colpa di un corpo obeso non è sempre del consumatore.

Ci sono componenti naturali chimici, come zuccheri, grassi e sale, che vengono utilizzati in dosi massicce dalle industrie alimentari, per generare la sensazione di piacere nel consumatore e incrementare la dipendenza da cibo. Così noi mangiamo spazzatura solo per soddisfare gli incassi della grande industria.

 

È la tesi pubblicata dal reporter del New York Times, Michael Moss (premio Pulitzer nel 2009), in un libro inchiesta, uscito lo scorso mese, dal titolo: “Salt, Sugar, Fat: How the Food Giants Hooked” (“Sale, zucchero, grassi: come i Giganti del cibo ci hanno catturato”).

 

Gli americani lo chiamano Junk Food (cibo spazzatura), ma le aziende alimentari preferiscono soprannominarlo Fun Food (cibo divertimento).

Negli Stati Uniti tutto è divertimento, anche il cibo. I cereali a forma di orsacchiotti, i panini giganti, i cartoni di patatine a barchetta, i maxi recipienti di popcorn colorato, i salatini dalle multiformi figure, i bicchieroni di cartone per le bevande gassate: espedienti, questi, che aiutano le mamme a far mangiare i bambini e, dall’altro lato, rendono l’alimentazione una fuga dallo stress quotidiano.

 

Le patatine sono uno degli esempi più calzanti. “Se qualcosa si scioglie velocemente, il cervello pensa che quel cibo non contiene calorie” scrive Moss “Quindi puoi continuare a mangiarlo in eterno”.

 

I produttori di cibo spazzatura hanno perfezionato un processo noto come “sazietà specifica sovvertita sensorialmente“. L’industria alimentare crea, con una strategia specifica, “una tendenza per grandi sapori distinti che sopraffanno il cervello, il quale risponde scoraggiando il vostro desiderio ad averne altri”.

 

Secondo Moss, i successi planetari di Coca-Cola Doritos sono dovuti alle formule complesse che irritano le papille gustative. Essi tuttavia non hanno un sapore distinto e prevalente, tale da dire al cervello di smettere di mangiare.

 

Crimine contro l’umanità

Come le grandi aziende del tabacco – che hanno aumentato, a partire dagli anni ’60, la dose di catrame e ammoniaca nelle sigarette per aumentare la dipendenza – anche le industrie alimentari sono consapevoli di danneggiare la salute dei consumatori e, tuttavia, perseverano nella politica degli “additivi” che arricchiscono solo le loro casse.

 

La beffa nella beffa sono poi i cibi dietetici: prodotti a basso contenuto di sale, di grassi o zuccheri, venduti dalle industrie alimentari per formulare soluzioni ai problemi alimentari da esse stesse creati. Un modo astuto per incrementare ancor di più i forzieri.

 

Moss sostiene che il nostro cervello, sorprendentemente, reagisce in modo molto simile sia allo zucchero che alla cocaina.

 

Quindi, quando dite: “Questo [nome della crema alla nocciola che preferite…] è come la droga!” è un concetto molto più vicino alla realtà di quanto non pensiate.

 http://www.laleggepertutti.it/27425_come-ogni-giorno-veniamo-drogati-col-cibo

Le catene di Sant’Antonio su internet sono un reato

Le catene di Sant’Antonio su internet sono un reato

Non molti sanno che dietro gran parte delle email “spam” si nascondono dei tentativi di proliferazione delle cosiddette Catene di Sant’Antonio e che queste ultime sono un reato sanzionato dalla legge [1]: sono infatti vietati tutti quei i sistemi di reclutamento, mediante sito web, di persone che si iscrivono a pagamento al sito medesimo nell’intento di trovare altre adesioni e percepire un compenso (a percentuale) per ogni adesione procacciata, senza però vendere alcun bene o servizio.

 

Facciamo un esempio:

Il sito “X” offre a chiunque la possibilità di iscriversi, dietro pagamento di una quota associativa pari a euro 30,00.

Dopodiché, lo stesso sito offre ai propri iscritti la possibilità di guadagnare il 20% sulle successive quote associative di quanti si saranno iscritti grazie alla loro segnalazione (cioè 6 euro per ogni ulteriore associato procurato).

Così, dopo aver procacciato sei iscritti, il primo associato ha percepito un lucro di 6 euro sull’iniziale versamento di 30 euro (6 x 6 = 36).

Il tutto si ripete a macchia d’olio e, per ogni iscritto, il sito percepisce un utile di 24 euro (30 euro di iscrizione cui vanno sottratti 6 euro di percentuale al procacciatore), ma senza aver fornito mai alcun bene o servizio a chiunque.

 

Ebbene, questo meccanismo, quando non è rivolto alla vendita di alcun bene o servizio, o quando è rivolto a reclutare nuovi soggetti piuttosto che sulla loro capacità di vendere beni o servizi, è illecito e punito dalla legge penale. Si tratta, in buona sostanza, di un passaparola telematico, che non produce alcunché, se non arricchire l’originario ideatore. Stop dunque a quelle pagine ingannevoli o le email di spam con lo scopo di attirare nuovi utenti.

 

È la Cassazione a ricordarlo, con una sentenza di pochi giorni fa [2]. I giudici hanno ribadito il divieto di:

a) realizzazione di attività vendita ove l’incentivo economico dei componenti è costituito dal semplice reclutamento di nuovi soggetti piuttosto che dalle loro capacità di vendere o promuovere la vendita di beni o servizi determinati

b) realizzazione di attività, come giochi, piani di sviluppo o “catene di sant’Antonio”, che configurano la possibilità di guadagno attraverso il puro e semplice reclutamento di altre persone in cui il diritto a reclutare si trasferisce all’infinito, previo pagamento di un corrispettivo.

 

 

 

[1] Art. 5 e 7 L. 17.08.2005 n. 173.

[2] Cass. sent. n. 37049 del 26.09.2012.

 http://www.laleggepertutti.it/15736_le-catene-di-sant%E2%80%99antonio-su-internet-sono-un-reato