29 dicembre 1998 I capi dei Khmer Rossi chiedono scusa

per il genocidio in Cambogia che negli anni ’70 fece oltre 1 milione di vittime

 


I capi dei Khmer Rossi chiedono scusa per il genocidio in Cambogia che negli anni ’70 fece oltre 1 milione di vittime.
Khmer Rossi (“Khmaey Krahom” in lingua khmer) è il nome di una organizzazione politica comunista rimasta al potere in Cambogia dal 17 aprile 1975 al 9 gennaio 1979.
Il termine Khmer Rossi – dall’originale in lingua francese Khmer Rouge – fu coniato dal sovrano Norodom Sihanouk. Il loro nome ufficiale fu Partito Comunista della Cambogia, più tardi Partito della Kampuchea Democratica.
Si ritiene che il regime dei Khmer Rossi abbia causato la morte di 1,7 milioni di persone attraverso carestia, lavoro forzato e esecuzioni. Fu uno dei regimi più violenti del XX secolo, spesso paragonato a quello di Stalin e di Adolf Hitler. In rapporto alla popolazione, causò più morti di tutti gli altri. Finora solo tre dei leader Khmer Rossi sono stati processati e condannati al carcere. Molti – e soprattutto i più implicati nelle esecuzioni sommarie verificatesi durante la loro breve dittatura – hanno beneficiato di un’amnistia ad hoc per motivi meramente politici e di ordine pubblico. In cambio, è probabile che essi causarono la morte del loro leader, Pol Pot, per non farlo cadere vivo nelle mani del Tribunale Penale Internazionale, l’organismo sovranazionale deputato a giudicare i rei di crimini contro l’umanità e di genocidio.

Caduta dei Khmer Rossi
Il 22 dicembre 1978, dopo alcuni anni di scontri di frontiera e incursioni militari nel Vietnam (nel Settembre 1977 si rischiò la guerra aperta), le truppe vietnamite invasero la Cambogia, occuparono Phnom Penh il 7 gennaio 1979 e deposero il regime dei Khmer Rossi. A dispetto della tradizionale paura cambogiana della dominazione vietnamita (i vietnamiti ed i thailandesi abbatterono nel 1400 il regno Khmer di Angkor Vat), gli invasori furono assistiti dalle defezioni degli attivisti Khmer Rossi, che formavano la base del governo. Nel regime di Pol Pot, infatti, da sempre convivevano a fatica due fazioni, una maggioritaria filocinese (quella facente capo a Pol Pot, per l’appunto), ed una (con a capo Heng Samri) provietnamita e prosovietica: furono appunto questi ultimi, per timore di esser epurati e giustiziati ad invocare l’aiuto “fraterno” del Vietnam. I Khmer Rossi si ritirarono a ovest e continuarono a controllare l’area vicino alla Thailandia per i successivi dieci anni, ufficiosamente protetti da elementi dell’esercito tailandese e finanziati da contrabbandieri di diamanti e legname.
Gli USA e le altre nazioni occidentali, insieme alla Cina, continuarono nelle votazioni ONU a chiamare “Kampuchea Democratica” il legittimo governo cambogiano nella loro disapprovazione dell’occupazione vietnamita e dell’instaurazione della Repubblica Popolare di Kampuchea, che era sostenuta dall’Unione Sovietica. La Cina lanciò una punitiva invasione del nord Vietnam. Durante gli anni ottanta gli Stati Uniti dettero supporti militari e umanitari al repubblicano FLNPK e al realista ANS, tutti e due gruppi insurrezionali. I Khmer Rossi, guidati da Pol Pot e da molti militari dei tre gruppi ribelli, ricevettero molti aiuti dalla Cina e dall’esercito tailandese. Anche se l’est e il centro della Cambogia furono fermamente sotto il controllo vietnamita nel 1980, la parte ovest del paese continuò a essere un campo di battaglia per tutti gli anni ottanta, con milioni di mine sparse sul territorio.
Pol Pot lasciò la guida dei Khmer Rossi a Khieu Samphan nel 1985, ma continuò a essere capo effettivo di questi. Alcuni giornalisti [1] dissero che sebbene la comunità internazionale fosse vicina alla condanna del brutale regime dei Khmer Rossi, un considerevole numero di cambogiani nelle aeree controllate dai Khmer Rossi davano genuino supporto a Pol Pot, per il suo nazionalismo e la sua visione di una “pura” società Khmer.
Dopo un decennio di inconcludente conflitto, tutte le fazioni politiche cambogiane sottoscrissero un trattato nel 1991 a favore di elezioni e per il disarmo. Ma nel 1992 i Khmer Rossi ripresero a combattere e l’anno dopo non riconobbero il risultato delle elezioni. Ci fu una defezione di massa nel 1996 quando solo una metà (circa 4.000) rimasero soldati. Nel 1997 ci fu il processo e l’imprigionamento di Pol Pot e altri Khmer Rossi. Pol Pot morì nell’aprile 1998 e Khieu Samphan si arrese a dicembre. Il 29 dicembre 1998 i rimanenti leader Khmer Rossi contestarono i massacri degli anni settanta. Nel 1999 molti membri si erano arresi o erano stati catturati. Nel dicembre 1999 Ta mok e i rimanenti leader si arresero e i Khmer Rossi smisero effettivamente di esistere.
Prima della presa del potere da parte dei Khmer Rossi, molti cambogiani erano andati nei campi di rifugio stranieri. Ma coloro che non potevano fuggire dovettero lavorare nelle fattorie rurali fino a che i vietnamiti non li ebbero liberati e fatti uscire. Molti cambogiani andarono in Thailandia a chiedere asilo. Da lì sono stati trasportati in campi di rifugio come Kha-I-Dang, il solo campo che permetteva di andare in paesi come gli Stati Uniti, l’Australia, la Francia o il Canada.