Polveri killer, ecco cosa respiriamo in Italia

Una veduta di Milano, sotto a una cappa di smog. Foto: Massimo Siragusa/Contrasto

SCIENZA E RICERCA

 

Polveri killer, ecco cosa respiriamo in Italia

4 SETTEMBRE 2013

L’inquinamento dell’aria non è una novità nelle grandi città e ormai non ci si fa nemmeno più molta attenzione, se non quando si è costretti a lasciare a casa la macchina o ingegnarsi con il car pooling per le famose “domeniche senza traffico”. Anche se il colpo d’occhio, almeno dove lo sguardo, grazie a colli o montagne, può abbracciare dall’alto l’intera area urbana – come nel caso di Roma, Torino, Firenze – è spesso sconfortante. Un paesaggio dominato dal grigio, una cortina uniforme che, tranne in rare giornate di vento, si stende sopra a tutto, tanto più evidente sotto l’azzurro del cielo se la giornata è bella. Non è detto, però, che la situazione fosse migliore nei decenni passati, quando le industrie marciavano a pieno ritmo, il gasolio scaldava i condomini e le emissioni erano ancora quasi prive di vincoli. 

Secondo i dati raccolti da ISTAT la percezione della qualità dell’aria da parte degli italiani è migliorata decisamente, al 2012, rispetto ad altri fattori di disagio.

Ma cosa intendiamo esattamente, quando parliamo di inquinamento? Gli inquinanti atmosferici dai quali è influenzata la qualità dell’aria che respiriamo sono molti e di varia natura: dai composti dell’azoto e dello zolfo al monossido di carbonio, ai purtroppo famosi CFC (clorofluorocarburi) fino alle polveri sottili. Con questo termine non si intende certo i gatti di polvere che vagano sotto il divano ma un insieme di particelle solide e liquide che si trovano nell’atmosfera e che possono variare per dimensione (PM 10 sono polveri con un diametro fino a 10 micrometri, PM 2.5 sono invece le particelle con un diametro appunto fino a 2.5 micrometri) e provenienza (traffico, centrali termoelettriche, macchinari agricoli, processi industriali come anche polline, emissioni vulcaniche e sali). Avendo una dimensione così ridotta, le particelle più piccole possono rimanere sospese in aria per un intero mese: è chiaro dunque che quella che respiriamo ogni giorno non è solo aria.

Che effetti ha sulla nostra salute questo insieme di particelle? Un recente studio del MIT (il Massachusetts Institute for Technology) si è chiesto quanto le polveri sottili incidano sulla mortalità negli Stati Uniti, ed è arrivato a quantificare il numero di morti premature dovuto agli effetti delle polveri più sottili, le PM 2.5, in 200.000 all’anno. Il numero può non sembrare molto alto se rapportato alla popolazione complessiva degli Usa, che è attualmente di 316 milioni di persone, ma se si tiene conto che 53.000 di queste sono state messe in diretta relazione all’inquinamento provocato dal traffico degli autoveicoli l’importanza di un’analisi del genere è chiara: si tratta di decessi che sono prevenibili. 

Le polveri sottili non sono la diretta causa delle 200.000 morti stimate dai ricercatori del MIT: infatti le PM non lasciano traccia dei loro danni nell’organismo. Tuttavia aumentano i rischi di infiammazioni, asma e malattie cardiorespiratorie; le PM 10, essendo di dimensioni più elevate,riescono a passare e depositarsi nel tratto superiore dell’apparato respiratorio (dal naso alla laringe) ma non oltre. Le PM 2.5 invece (che costituiscono circa il 60% delle PM 10) , avendo un diametro inferiore ai filtri naturali presenti nel nostro corpo riescono ad arrivare fino ai polmoni e avere quindi effetti più gravi, fino a indurre patologie anche mortali.

Come è sottolineato anche nella pubblicazione dagli stessi ricercatori del Mit lo studio è  stato fatto per rendere consapevoli i politici e le persone che devono prendere decisioni in merito alla situazione e renderli in grado di intraprendere azioni adeguate. È dunque importante monitorare i livelli delle polveri sottili e cercare di regolamentare quelle fonti che dipendono dall’uomo, come ad esempio il traffico stradale.

In Italia è il decreto legislativo 155 del 13 agosto 2010 che regola le PM 10 e che ne ha  fissato la concentrazione limite a 50 microgrammi per metro cubo di aria analizzata; sono ammessi superamenti di tale limite ma in quantità non superiore ai 35 per ogni anno solare. La normativa non regola le PM 2.5, le polveri più sottili e più pericolose, ma l’obiettivo per il 2015 è quello di fissare il limite della loro concentrazione a 25 microgrammi per metro cubo di aria. 

Per quanto riguarda i livelli di PM 10 la situazione in Italia negli ultimi anni è migliorata, ma i superamenti giornalieri della concentrazione limite di polveri sottili nell’aria sono ancora troppi.Il Veneto è una delle Regioni in cui i superamenti del limite delle PM 10 sono stati all’ordine del giorno.

Padova ad esempio è passata dai 143 superamenti del limite nel 2002 agli 84 del 2010, migliorando sensibilmente; finora, tuttavia, l’unica provincia veneta con un valore di superamenti entro i 35 (il limite annuale) è Belluno. Il limite di 50 microgrammi al metro cubo per le PM 10 è ancora superato spesso ma fortunatamente la media annuale di concentrazione di queste polveri è promettente e sotto i livelli limite negli ultimi anni. I dati in ogni caso non mancano: le informazioni sulla concentrazione delle polveri, sul loro andamento giornaliero e stagionale e sulle variazioni, in più o in meno, sono pubbliche e costantemente aggiornate. Per la nostra regione il riferimento è il sito dell’ARPAV (l’Agenzia regionale per la protezione e la prevenzione ambientale), attraverso il quale è sempre possibile controllare l’andamento giornaliero della concentrazione di PM 10 e PM 2.5 per tutte le stazioni del territorio veneto.

Chiara Forin

Istat, sempre più alcol tra i giovani fino a 15 anni Sono più di otto milioni

di Giacomo Tasca

Cresce il consumo di alcol nei giovani ma sono i consumatori più anziani quelli a rischio abuso. Vinitaly apre i battenti a Verona e l’Istat pubblica una ricerca – con riferimento al 2010 – sull’uso e l’abuso di alcol tra gli italiani. Nel 2010 la quota di popolazione di 11 anni e più che ha consumato almeno una bevanda alcolica durante l’anno è pari al 65,7 per cento, in diminuzione rispetto al 2009 (68,5 per cento); il 26,3 per cento della popolazione (14 milioni 126 mila persone) beve alcolici quotidianamente, mentre il 38,4 per cento ha consumato alcol almeno una volta fuori dai pasti.

Giovani e genitori Nel complesso i comportamenti a rischio nel consumo di alcol (consumo giornaliero non moderato), binge drinking (sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione) e consumo di alcol da parte dei ragazzi di 11-15 anni riguardano 8 milioni e 624 mila persone, il 16,1% della popolazione di 11 anni e più. Emerge inoltre che l’abitudine al consumo non moderato di bevande alcoliche da parte dei genitori potrebbe influenzare il comportamento dei figli. Infatti, è potenzialmente a rischio il 19,7% dei ragazzi di 11-17 anni che vivono in famiglie dove almeno un genitore adotta comportamenti a rischio nel consumo di bevande alcoliche, mentre tale quota scende al 14,4% tra i giovani che vivono con genitori che non bevono o che bevono in maniera moderata.

Anziani più a rischio La popolazione più a rischio di consumo non moderato di alcol è quella anziana: si tratta di 2 milioni e 915 mila persone di 65 anni e pi— (il 43,5% dei maschi e il 10,6% delle femmine): bevono quotidianamente eccedendo le raccomandazioni, spesso mantenendo comportamenti acquisiti nel corso della vita, non consapevoli degli aumentati rischi per la salute dovuti all’ avanzare dell’età. È comunque diminuita, in 10 anni (2000-2010), la percentuale degli over 65 che bevono tutti i giorni (dal 39,4% al 37,8%) e quella di chi beve almeno una volta all’anno (dal 62,1% al 61,1%), mentre è aumentata quella dei bevitori occasionali (dal 22,7% al 23,3%) ed è rimasta sostanzialmente stabile quella degli anziani che bevono fuori dai pasti (dal 12,7% al 12,4%).

Al nord Secondo le rilevazioni, a livello territoriale il consumo di alcolici è più diffuso nel Centro-nord, soprattutto nel Nord-est, in particolare tra i maschi. In modo analogo si distribuiscono i consumatori giornalieri, con una quota nel Nord-est del 28,6%. Considerando l’ampiezza demografica dei comuni, sia la quote di consumatori nell’anno, sia quella dei consumatori giornalieri sono più alte nei piccoli comuni fino a 2 mila abitanti. La quota maggiore di consumatori fuori pasto è del 57,8% per gli uomini residenti nel Nord-est, con picchi di circa il 70% in Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. Per le donne, la maggiore diffusione si ha sempre nel Nord-est (33,4%), con un picco del 46,7% in Trentino-Alto Adige.Rapporto Istat  su “L’uso e l’abuso di alcol in Italia” riferito al 2010. Aumenta il consumo giovanile e quello fuori dai pasti sebbene diminuisca la percentuale di bevitori giornalieri. Dal punto di vista della salute però rischiano di più gli over65

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