Caraffe filtranti, occhio a sodio e potassio. Meglio l’acqua nature

La perizia conferma: le caraffe trasformano calcio e magnesio in sodio e potassio, non vanno bene per diabetici, ipertesi, cardiopatici e nefropatici.

 
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Meglio l’acqua del rubinetto. Quasi sempre. ‘Nature’, non filtrata. L’indagine sulle caraffe filtranti disposta dalla Procura di Torino e avviata all’inizio del 2011 da Raffaele Guariniello è arrivata a compimento.

E quello che viene fuori è un esito almeno in parte preoccupante. Non ha niente da temere dall’acqua filtrata chi sta bene in salute e vuole gustarsi un’acqua che al gusto appaia più buona; qualche problema in più può derivare se ne abusa o la usa in maniera massiccia chi è affetto da alcune patologie delicate, ma piuttosto diffuse.

L e caraffe filtranti, dicono gli esami e le analisi dei periti, non vanno bene per diabetici, ipertesi, cardiopatici.
La perizia era stata richiesta Guariniello, che ipotizzava il reato di commercio in sostanze alimentari nocive e frode in commercio.

Gli accertamenti sono stati effettuati su dieci diversi tipi di caraffe, sia di produzione italiana che estera. Sotto esame sono andate le caraffe standard, quelle che si riempiono con acqua del rubinetto che si fa passare attraverso un’apposita cartuccia filtrante, e poi si conservano in frigo.

Dall’analisi viene fuori che le caraffe filtranti trasformano calcio e magnesio in sodio e potassio, soprattutto nei primi litri di acqua erogata dopo l’installazione del nuovo filtro. Un dettaglio non indifferente per chi deve fare diete iposodiche, sostiene la Procura.

La mancata segnalazione di questo processo potrebbe creare effetti pericolosi su alcune persone affette da patologie specifiche. Sette caraffe su dieci rilasciano, invece, tracce di sali d’argento, presenti nei filtri, e di ioni di ammonio, anche in questo caso nella prima acqua erogata dopo l’installazione del filtro.

Presidio antibatterico: quattro caraffe su dieci garantiscono la completa durata del filtro; tre presentano valori fuori norma a fine filtro e tre già a metà della sua durata.

Secondo quanto sostenuto dalla procura di Torino solo la metà delle case produttrici riporta avvertenze specifiche sui rischi all’interno dei libretti delle istruzioni e invita a consultare il medico prima dell’uso del dispositivo. Guariniello ha inviato gli atti al Ministero della Salute e ora è a rischio un business di 820 mila pezzi venduti.

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CON FUMO E IPERTENSIONE CERVELLO INVECCHIA PRIMA

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New York – Un nuovo studio suggerisce che fattori come il fumo, l’ipertensione, il diabete e il sovrappeso di mezza eta’ possono provocare perdite di volume cerebrale e causare problemi cognitivi corrispondenti a un invecchiamento di dieci anni. Lo studio e’ stato pubblicato su ‘Neurology’, la rivista medica dell’American Academy of Neurology. Questi fattori sembrano indurre il cervello a perdere volume e a sviluppare lesioni secondarie, determinandone un invecchiamento di dieci anni, fino a incidere sulla capacita’ di progettare e prendere decisioni. “E’ stato osservato per ciascuno di questi fattori un modello diverso di associazione”, ha detto l’autore dello studio Charles Decarli, docente all’Universita’ della California a Davis (Sacramento) e Fellow della American Academy of Neurology. “I nostri risultati dimostrano che l’identificazione di questi fattori di rischio precoce nelle persone di mezza eta’ – ha proseguito – potrebbero risultare utili nelle persone con screening a rischio per la demenza e incoraggiarle ad apportare modifiche al proprio stile di vita prima che sia troppo tardi”. Lo studio ha coinvolto 1.352 persone senza demenza del Framingham Offspring Study, con un’eta’ media di 54 anni. Dalla ricerca e’ emerso che le persone con pressione alta sviluppano una iperintensita’ della sostanza bianca, o danno cerebrale vascolare, in piccole aree a un ritmo superiore rispetto a quelle con valori normali e, inoltre, che presentano un piu’ rapido peggioramento dei punteggi nei test di funzione esecutiva o pianificazione e del processo decisionale, corrispondente rispettivamente a cinque e otto anni di invecchiamento cronologico.

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