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27 Aprile 1901 – Italia, parte il giro automobilistico d’Italia. I 1642 km vengono completati da soli 27 concorrenti, il vincitore è Giovanni Agnelli, alla guida di una vettura da lui fabbricata, con una media di 47 km all’ora
Giro automobilistico d’Italia
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Il Giro automobilistico d’Italia è una antica gara di automobilismo la cui prima edizione è partita il 27 aprile 1901 da Torino.
La prima manifestazione venne organizzata dal Corriere della Sera e i chilometri da percorrere furono circa 1.600. Dopo Torino la carovana toccava: Genova, La Spezia, Firenze, Siena, Roma, Terni, Perugia, Fano, Rimini, Cesena, Bologna, Padova, Vicenza, Verona per raggiungere infine il traguardo a Milano.
L’impresa aveva principalmente lo scopo di propagandare l’automobile, invogliare gli italiani ad acquistarla, a servirsene.
Al corteo delle vetture, la folla tributava accoglienze festanti con musiche e fiori. Vi fu, purtroppo, un grave incidente a Ferrara, nel quale perse la vita una ragazzina di 11 anni, tale Armida Montanari, travolta dall’automobile di uno dei concorrenti che, quale risarcimento, sborsò 1.000 lirealla famiglia della ragazzina e 500 lire ai poveri della parrocchia. Anche gli altri concorrenti si tassarono per raccogliere la somma di 2.000 lire, sufficiente alla costruzione di un asilo infantile.
L’episodio più gentile è segnalato a Scansano, in provincia di Grosseto, dove il sindaco dona un agnellino vivo agli automobilisti, perché lo portino in dono alla città del Duomo.
Il traguardo venne raggiunto l’11 maggio. Dei 72 iscritti, ne erano partiti effettivamente 32 e ne sono arrivati 30.
Programma del 1° Giro d’Italia
Giorno | Tappe | Chilometri |
---|---|---|
1 | Torino-Alessandria-Genova | 178 |
2 | Genova-Chiavari-Spezia | 109 |
3 | Spezia-Pisa-Firenze | 156 |
4 | Firenze-Siena | 69 |
5 | Siena-Grosseto-Civitavecchia | 208 |
6 | Civitavecchia-Roma | 70 |
7 | Fermata a Roma | – |
8 | Roma-Civitavecchia-Terni | 99 |
9 | Terni-Perugia | 92 |
10 | Perugia-Gubbio-Fossombrone-Rimini | 170 |
11 | Rimini-Faenza-Bologna | 112 |
12 | Bologna-Ferrara-Padova | 123 |
13 | Gita a Mestre e a Venezia | – |
14 | Padova-Vicenza-Verona-Brescia | 149 |
15 | Brescia-Lodi-Milano | 69 |
16 | Milano | – |
Totale chilometri | 1.604 |
Bibliografia
- L’Italia del XX secolo, Rizzoli 1977 vol I (1899-1908)
Collegamenti esterni
Articolo “GIRO D’ITALIA DEL 1901” di Donatella Biffignandi, storiografa dell’automobile per il Museo Carlo Biscaretti [1]
5 Marzo 1876 – Esce il primo numero del quotidiano Corriere della Sera.
Corriere della Sera | |||||
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Prezzo | 1,20 € (giovedì e sabato 1,50 €) |
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Paese | Italia | ||||
Lingua | italiano | ||||
Periodicità | quotidiano | ||||
Genere | stampa nazionale | ||||
Formato | Broadsheet[1] | ||||
Tiratura | 733.274 (giugno 2009) | ||||
Diffusione | 581.361 (giugno 2009) | ||||
Fondazione | 5 marzo 1876 | ||||
Inserti e allegati |
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Sede | via Solferino, 28, Milano | ||||
Editore | Rcs Quotidiani S.p.A. | ||||
Capitale sociale | 40.000.000,00 € | ||||
Direttore | Ferruccio De Bortoli | ||||
Condirettore | Luciano Fontana | ||||
Vicedirettore | Antonio Macaluso, Daniele Manca, Giangiacomo Schiavi, Barbara Stefanelli | ||||
ISSN |
1120-4982
Dalle origini al 1900
Il Corriere della Sera nacque nel febbraio del 1876 quando Eugenio Torelli Viollier, direttore de La Lombardia, e Riccardo Pavesi, editore della medesima, decisero di fondare un nuovo giornale. Il primo numero venne annunciato dagli strilloni in piazza della Scala domenica 5 marzo 1876, con la data del 5-6 marzo. Per il lancio venne scelta la prima domenica di Quaresima (tradizionalmente quel giorno i giornali milanesi non uscivano). Il Corriere sfruttò quindi l’assenza di concorrenza; però per non farsi inimicare l’ambiente, devolse in beneficenza il ricavato del primo numero. La foliazione era di quattro pagine, stampate in 15 mila copie. Come sede del nuovo giornale fu scelto un luogo di prestigio, la centralissimaGalleria Vittorio Emanuele. Tutto il giornale era raccolto in due stanze ed era fatto da tre redattori (oltre al direttore) e da quattro operai. I tre collaboratori di Torelli Viollier erano suoi amici:
Collaboravano al giornale anche la moglie del Buini, Vittoria Bonacina, che traduceva alcuni dei romanzi pubblicati sulle pagine del Corriere, e la stessa moglie di Torelli, Maria Antonietta Torriani, scrittrice di romanzi d’appendice con lo pseudonimo “marchesa Colombi”. Per le indispensabili corrispondenze da Roma si era offerto di collaborare gratuitamente Vincenzo Labanca, vecchio amico di Torelli Viollier. Per l’estero c’erano accordi con l’Agenzia Stefani e l’Havas. L’amministratore del giornale era il fratello di Eugenio, Titta Torelli. Il giornale veniva fatto stampare da una tipografia esterna, che possedeva uno stanzone nei sotterranei della Galleria Vittorio Emanuele[4].
Nei giorni successivi le vendite del quotidiano si assestarono sulle 3 mila copie. Il prezzo di un numero era di 5 centesimi (un soldo) a Milano, 7 fuori città. Il giornale era così composto: la prima pagina ospitava l’articolo di fondo, la cronaca del fatto più rilevante e i commenti al fatto. La seconda era dedicata alla cronaca politica italiana e straniera. La terza pagina ospitava la cronaca milanese e le notizie telegrafiche. La quarta pagina era dedicata alla pubblicità. I caratteri venivano stampati in corpo 10. Il Corriere andava in macchina alle 14 per essere distribuito circa due ore dopo. Il quotidiano usciva con una doppia datazione (5-6 marzo, per esempio), poiché la lentezza dei trasporti faceva sì che spesso giungesse nelle altre regioni l’indomani[5]. Il 18 marzo 1876, tredici giorni dopo l’uscita del primo numero, avvenne una svolta nella storia del giornale: Riccardo Pavesi fu eletto al Parlamento. Nonostante appartenesse al partito dei moderati, decise di spostarsi a sinistra, cioè dalla parte che aveva vinto a livello nazionale. Quindi cambiò l’indirizzo politico de La Lombardia e cercò di persuadere Torelli Viollier a fare altrettanto al Corriere, ma gli venne opposto un netto rifiuto. Pavesi decise allora di uscire dal Corriere: il direttore rimase con suoi i tre redattori e quattro operai. La fattura del Corriere, come di quasi tutti i giornali dell’epoca, era artigianale: la scrittura degli articoli, tranne che per le corrispondenze da Roma, era “fatta in casa”, non essendoci cronisti (li aveva solo Il Secolo). La maggior parte del lavoro era affidato alla penna ed alle forbici (per i dispacci “adattati”) di Torelli Viollier, con un ritmo d’aggiornamento di 2/3 giorni per le notizie interne e di 10/15 per l’informazione proveniente dall’estero[6]. Il giornale non aveva una tipografia propria (con i conseguenti problemi di gestione dell’autonomia del giornale) e limitava al massimo la pubblicazione di disegni ed incisioni, che invece erano frequenti sul concorrente Secolo. La tiratura cominciò a salire decisamente nel 1878. Al principio dell’anno re Vittorio Emanuele II fu colto da un’improvvisa malattia che lo portò alla morte. Tutti i giornali italiani diedero ampio spazio all’avvenimento. Ma dopo la sua morte tornarono a pubblicare le solite notizie. Torelli Viollier invece continuò a trattare la notizia della morte del re per un’ulteriore settimana. Ciò fece aumentare le vendite da 3.000 a 5.600; le vendite salirono nel resto dell’anno fino a sfondare a dicembre quota 7.000 copie giornaliere. Nel consueto articolo di fine anno, che Torelli Viollier pubblicava prima delle festività natalizie, il direttore del Corriere ringraziò i lettori e confermò il suo impegno a trattarli non come avventori […], ma come amici e soci in un’impresa comune, giacché come tali li consideriamo, e tali sono”[7]. Dagli anni Ottanta Milano iniziò ad essere investita da una rapida trasformazione economica e sociale. Un nuovo ceto di commercianti e industriali (di origine né patrizia né liberale) si affermò come nuova forza emergente. Il Corriere seppe intercettare questo nuovo pubblico e in pochi anni riuscì ad attirare la sua attenzione. Nell’articolo di fine anno 1881 (Programma per l’anno 1882), Torelli annunciò il potenziamento dell’uso del telegrafo per la trasmissione dei pezzi dei corrispondenti, che fino ad allora si erano avvalsi prevalentemente del servizio postale. Il direttore voleva che anche le notizie dall’estero giungessero in tempi rapidi: nel 1882 inviò i primi corrispondenti all’estero del Corriere, nelle città di Parigi, Londra e Vienna. Nel Programma per l’anno 1883 Torelli annunciò che non avrebbe più utilizzato i rendiconti dell’agenzia Stefani per quanto riguarda i lavori del Parlamento, ma avrebbe raccolto le notizie in proprio. Nel 1883, grazie alla nuova rotativa (König & Bauer) capace di produrre 12.000 copie l’ora, il Corriere cominciò a stampare due edizioni al giorno. Il giornale uscì con un’edizione nel primo pomeriggio e una seconda in serata. Alla fine del 1885 il Corriere produceva quasi esclusivamente notizie in proprio. Torelli Viollier poteva affermare che ben di rado il Corriere stampa notizie ritagliate da altri fogli e le forbici della redazione, che sono il redattore capo di molti giornali, arruginiscono[8]. Dal 1883 al dicembre 1885 le vendite passarono da 14.000 a 30.000. Il Corriere vendeva il 58% delle copie in Lombardia, il 20% tra Piemonte edEmilia (seguendo le direttrici delle linee ferroviarie), il resto era distribuito in Veneto, Liguria, Toscana e in alcune città delle Marche e dell’Umbria. Nella città di Milano, il Corriere era il secondo quotidiano, davanti a La Perseveranza e dietro a Il Secolo. Ma, mentre Secolo aveva alle spalle il sostegno di una casa editrice (la Sonzogno)[9], il Corriere doveva contare solamente sulle proprie forze. La forza del giornale stava nell’alleanza tra Torelli Viollier e il nuovo socio, l’industriale Benigno Crespi, il primo desideroso di fare un giornale moderno; il secondo attento ai bilanci ma anche sensibile ad effettuare investimenti, anche cospicui, per mantenere il giornale competitivo. L’ingresso di Crespi quale proprietario e finanziatore del Corriere aveva portato all’acquisto di una seconda macchina rotativa (che aveva permesso un miglioramento della fattura delle pagine e un aumento consistente delle copie stampate), all’incremento dei servizi telegrafici e all’assunzione di nuovi collaboratori, scelti da Torelli in completa indipendenza. I redattori del Corriere diventano sedici. A partire dalla seconda metà degli anni ottanta le colonne del Corriere ospitarono stabilmente varie rubriche giornaliere, nate sperimentalmente negli anni precedenti. Le principali furono:
Il quotidiano continuava a pubblicare in ogni numero un romanzo d’appendice a puntate. Nel 1886 Torelli Viollier inventò la figura del “redattore viaggiante”, ovvero il cronista che sceglieva un itinerario e scriveva tutto quello che vedeva: fatti, persone, storie, ecc. Nello stesso anno per la prima volta le copie vendute del giornale sorpassarono le copie distribuite in abbonamento. Alla fine del decennio le vendite raggiunsero 60.000 copie, ponendo il Corriere tra i giornali più venduti del Nord Italia. I nomi dei giornalisti che lavoravano al Corriere cominciarono ad essere noti: Paolo Bernasconi (inviato a Parigi), Dario Papa, Barattani, Barbiera, Mantegazza. Fa la sua prima comparsa il medico e criminologo Cesare Lombroso. I collaboratori fissi e saltuari erano circa 150. A partire dal 1888 il Corriere spostò la prima edizione all’alba ed arretrò la seconda edizione al pomeriggio, tradizionalmente letta dai lombardi dopo il lavoro. L’edizione mattutina serviva a far arrivare il giornale nelle regioni più lontane entro il giorno di pubblicazione. Nel 1890 venne inaugurata la terza edizione, diversa e con notizie aggiornate. Era evidente lo sforzo del Corriere di fornire un prodotto completo al fine di conquistare sempre più larghe fette di mercato. A partire dagli anni novanta il Corriere offrì ai suoi lettori articoli di prima mano anche da luoghi diversi dalle capitali europee: si pensi ai corrispondenti di guerra inAfrica. Nel 1896 Torelli Viollier assunse il venticinquenne Luigi Albertini come segretario di redazione, ruolo inesistente all’epoca in Italia e ritagliato su misura: Albertini mostrava già spiccate doti organizzative e conoscenze tecniche[10], mentre non aveva alle spalle una solida carriera giornalistica. Albertini si impose agli occhi dei colleghi per il piglio organizzativo e la capacità decisionale. Doti che espresse anche in occasione delle proteste di maggio del 1898: fu Albertini infatti a decidere di mandare tutto il personale in cerca di nuove notizie nelle strade di Milano. Proprio i fatti di maggio segnarono una svolta nella direzione del quotidiano. La linea di Torelli Viollier venne messa in discussione finché il 1º giugno il fondatore decise di rassegnare le dimissioni da direttore politico. I proprietari installarono alla direzione Domenico Oliva di area conservatrice, editorialista e deputato. Luigi Albertini, ancora lontano dai vertici del Corriere, nel resto dell’anno viaggiò nelle principali capitali europee, per studiare la fattura dei più moderni quotidiani stranieri, accrescendo le proprie conoscenze tecniche. |