Piercing magnetici sulla lingua: pericolosi

piercing-magnetici-lingua-pericolosi

piercing magnetici sulla lingua sono pericolosi; questa è una nuova moda diffusa soprattutto Oltremanica e che a differenza del piercing vero e proprio non richiede buchi può essere rischiosa. A dirlo la preside di una scuola, la St. Matthew’s Roman Catholich High School in Gran Bretagna che ha pensato anche di informare i genitori degli studenti circa la loro pericolosità; agli alunni ha parlato chiaro spiegando che nel caso in cui dovessero ingoiare questi magneti potrebbero rischiare danni alla salute.

 

 

 

La dirigente scolastica dopo aver sentito di gravi emergenze mediche causate proprio da eventi come questi ha voluto sottolineare come nel caso in cui questi oggetti venissero ingoiati accidentalmente potrebbero unirsi tra loro e “intrappolare” parti dell’intestino portando addirittura alla perforazione. Rischio che diventa ancora più grande se si usano i “piercing fai da te”, quelli che ad esempio si possono trovare all’interno di vari giochi al posto di comperare quelli ad hoc, costruiti appositamente per la lingua.

Anche Anil Thomas George e Sandeep Motiwale del Queen’s Medical Centre di Nottingham hanno inviato una lettera alla rivista medica “The Lancet”, chiedendo ai medici di parlare ai genitori dei possibili rischi cui i ragazzi che amano questi piercing magnetici sulla lingua possono andare incontro; a questo proposito hanno anche ricordato quanto accaduto a due bambini a East Midlands che sono stati sottoposto a intervento chirurgico per la rimozione dei magneti che avevano ingoiato.

Photo Credits| miranda.granche su Flickr

mondobenessereblog.com

SANITÀ L’ospedale assume due labrador «Fiutano i tumori prima dei test» Addestrati a identificare le cellule malate in campioni di urine. Dalla Gran Bretagna a Trento, usati come supporto

MILANO – «Ho un cane come dottore». Lucy e Glenn non si offendono. Sono i primi «medici a quattro zampe» a lavorare in Italia. Due labrador addestrati nel Regno Unito sbarcati in Trentino, a Pergine Valsugana. «Laboratori d’analisi» viventi, dai nasi che non sbagliano un colpo. Fiutano i tumori prima anche dei test scientifici. Non solo. Sono attenti anche al calo di zucchero nel sangue di diabetici di tipo 1 (senza alcun test sul sangue) e possono diagnosticare il raro morbo di Addison (ghiandole surrenali in tilt) o la narcolessia. E chissà quant’altro. E come i loro «colleghi» che fiutano droghe o esplosivi, sembrano non sbagliare un colpo. Con un vantaggio economico non indifferente per i servizi sanitari in rosso. Gli inglesi sono stati i primi ad approfittarne, studiando scientificamente le doti di questi nasi da laboratorio e cominciando ad utilizzare questi «doc» scodinzolanti dopo una sorta di laurea-addestramento.

 

I LABRADOR – La nera Lucy ha sei anni, è una veterana e stupisce gli italiani invitati per metterla alla prova. Glenn è un cucciolone di 18 mesi, sta completando il suo addestramento proprio a Pergine Valsugana dove entrambi i cani sono ospitati. Lucy è il primario e Glenn lo specializzando. Lucy è capace di diagnosticare carcinomi alla vescica, prostata, polmoni e reni. Glenn sta imparando. La sperimentazione è curata dal Medical Detection Dogs Italia (Mdd), una onlus che si occupa di ricerca medica con l’utilizzo dei cani in svariati ambiti, da quello della ricerca delle cellule tumorali nelle urine a quello «d’allarme» per un pericoloso calo di zucchero nei diabetici di tipo 1. Il loro lavoro è di supporto a medici e laboratoristi, nei casi dubbi oppure quando i pazienti rivelano dei sintomi che le analisi non confermano. Spiega Diego Pintarelli, presidente della onlus: «In Inghilterra dove da anni si svolge questa attività è stato dimostrato come riescano a individuare cellule tumorali soprattutto negli stadi precoci della malattia».

L’OPERAZIONE – Lucy si «esibisce» in una sala appositamente allestita nella residenza sanitaria assistenziale di Pergine. È il suo nuovo ambulatorio. Dei supporti in alluminio contengono urine congelate e appositamente trattate in modo da rilasciare alcune particelle volatili attraverso delle aperture. Lucy annusa con attenta professionalità, due volte nei casi dubbi, tutti i campioni e si siede (o si sdraia) solo di fronte a quello in cui fiuta la malattia, le cellule malate. Quando il campione è negativo il labrador resta in piedi e fissa insistentemente il conduttore. Si cambiano i campioni e Lucy riparte con le analisi. L’attendibilità di questi cani supera il 90% in tumori agli stadi iniziali. E si sono rivelati utili anche per scoprire l’innalzamento o l’abbassamento improvviso di alcuni valori nel sangue – commenta il medico inglese Claire Guest -. Sono più di 15 anni che facciamo ricerca e addestriamo cani per questo scopo e forse la conclusione più importante è che se le cellule tumorali hanno un odore allora anche virus o batteri ne hanno uno e quindi possono essere individuati dagli amici a quattro zampe».

OLFATTO PREZIOSO – I dati pubblicati in uno studio della rivista scientifica British Medical Journal nel 2006 indicavano addirittura il 98% di attendibilità. Il primo caso riconosciuto è del 1989: un dalmata, dopo aver ostinatamente annusato per mesi un neo sulla gamba della padrona, ha permesso che se ne riconoscesse la natura maligna. Il caso descritto sulla rivistaLancet ha aperto la strada alla validazione scientifica dell’olfatto dei cani. Che supera di centomila volte quello umano. E i tessuti cancerosi, a causa del loro particolare metabolismo (che produce idrocarburi ed elevate concentrazioni di composti azotati), hanno un odore particolare che si manifesta precocemente anche nel fiato e nelle urine dei pazienti. I cani, con gli oltre 250 milioni di sensori olfattivi del loro naso, possono per esempio individuare un cancro al polmone quando non è ancora diagnosticabile.

Rivoluzione in Australia, da dicembre niente loghi e colori distintivi per le sigarette

Nuova legge per disincentivare il fumo. I pacchetti saranno venduti in confezioni anonime di colore olivastro. Soddisfatta l’organizzazione mondiale della sanità: “Decisione storica”

 

FOTO ANSA
 

16:21 – Da dicembre in Australia sarà proibito per i produttori di tabacco utilizzare pacchetti con loghi e colori distintivi. L’entrata in vigore di quella che è stata definita la più dura legge contro il fumo arriva dopo che la High Court australiana ha rigettato il ricorso di quattro imprese produttrici di tabacco che avevano contestato la nuova norma sostenendo che viola i diritti di proprietà intellettuale e svaluta i loro marchi.

Via libera, dunque, dall’Alta corte australiana alla legge che stabilisce che dal primo dicembre i pacchetti di sigarette e sigari siano venduti in Australia in confezioni anonime di colore olivastro.

Il supremo tribunale, presso il quale avevano presentato ricorso British American Tobacco, Philip Morris, Imperial Tobacco e Japan Tobacco, ha infatti sentenziato a maggioranza – come si legge in un breve comunicato – che la legge non è contraria alla Costituzione. 

Non solo i pacchetti saranno tutti uguali, ma dovranno recare anche avvertenze sui danni del fumo. 

La pronuncia dell’Alta corte era attesa anche in altri paesi come Gran Bretagna, Norvegia, Nuova Zelanda, Canada e India che stanno pensando a legiferare in quel senso per scoraggiare il vizio del fumo. 

“Il messaggio al resto del mondo – è il commento della ministra della Giustizia australiana Nicola Roxon, il cui padre, fumatore, morì di cancro quando lei aveva dieci anni – è che l’industria del tabacco puo’ essere sfidata e battuta”. 

“Resta una cattiva legge che andrà a beneficio solo del crimine organizzato che vende tabacco illegale per le strade”, è stata invece la reazione di un portavoce della British American Tobacco. 

Oms: “Decisione storica”
L’Organizzazione mondiale della sanitaà ha definito “storica” la decisione della giustizia australiana. “Con la vittoria australiana, la salute pubblica entra in un nuovo mondo coraggioso per il controllo del tabagismo”, ha commentato la direttrice dell’Oms, Margaret Chan, in un comunicato, ricordando che la norma australiana è in accordo con la convenzione per il controllo del tabacco dell’Oms entrata in vigore nel 2005, di cui fanno parte 170 Paesi.

Secondo l’Oms, il fumo uccide sei milioni di persone all’anno e se non si interviene la cifra salirà a otto milioni entro il 2030.

STATI UNITI Tumori, i pazienti a basso reddito esclusi dalle sperimentazioni

I malati più poveri hanno molte meno chance di accedere ai trial clinici sui nuovi farmaci. In Italia penalizzate le donne

MILANO – Due notizie completamente differenti fra loro richiamano l’attenzione sull’importanza cruciale delle sperimentazioni per chi è malato di tumore. Da un lato, durante l’ultimo convegno della Società americana di oncologia clinica (Asco) è emerso un dato inquietante: i pazienti che hanno un reddito basso hanno meno probabilità di partecipare ai trial clinici con i nuovi farmaci. Dall’altro, una ricerca inglese appena pubblicata sulla rivista Annals of Oncology mostra come in Gran Bretagna sia cresciuto il numero di guarigioni dei bambini con un tumore grazie al loro maggiore accesso ai protocolli sperimentali.

 

I MALATI VOGLIONO «FARE LE CAVIE» – Sempre più spesso in oncologia l’accesso ai farmaci innovativi passa attraverso le sperimentazioni cliniche. Solo così i pazienti possono riceverli ancora prima che vengano ufficialmente approvati dalle autorità competenti (prima europee, poi italiane e regionali) e siano quindi introdotti nella pratica standard di tutti gli ospedali, se si rivelano efficaci come sperato. Il tempo, specie per chi ha un tumore, è un prezioso alleato e poter essere curati con un trattamento nuovo (specie quando la malattia è in fase avanzata e le altre terapie non hanno dato i risultati auspicati) è in molti casi la migliore chance per i malati, oltre che la loro più grande speranza. Ecco perché, con crescente partecipazione, i diretti interessati e i loro familiari chiedono di poter partecipare ai protocolli sperimentali: più che sentirsi «cavie» su cui vengono testate cure di cui ancora non è certa la validità (e la tossicità), i pazienti oggi vedono i trial come un’occasione da sfruttare, venendo però adeguatamente informati.

TRIAL OFF LIMITS PER I POVERI – E se i test clinici sono un’opportunità in più, è facile capire il motivo per cui la ricerca statunitense presentata all’Asco ha suscitato grande clamore oltreoceano, sollevando grande preoccupazione fra oncologi ed esperti. «Il nostro studio – ha spiegato l’autore della ricerca, Joseph Unger del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle – dimostra che dopo aver preso in considerazione tutti i fattori quali età, educazione, sesso, razza e condizioni mediche, il reddito di per sé era parametro associato alla partecipazione di un paziente a un trial clinico». Considerando i dati di oltre 5mila pazienti con cancro (monitorati dal 2007 al 2011) è infatti emerso che i pazienti con un reddito annuale inferiore ai 50mila dollari avevano una minore probabilità del 30 per cento di entrare in una sperimentazione clinica. E per quelli con reddito annuale sotto i 20mila dollari avevano le chance scendevano del 44 per cento. «Fra le possibili barriere all’accesso dei pazienti più poveri ai test – dicono gli autori – potrebbero includere i costi diretti per partecipare ai test stessi e quelli indiretti, come la necessità di prendere dei giorni di ferie dal lavoro».

TROPPO SPESSO ESCLUSE LE DONNE – Ogni anno si svolgono in Italia circa 700 studi clinici su farmaci e di questi circa un terzo sono su farmaci oncologici. «Il nostro Paese partecipa ormai stabilmente ai più importanti studi clinici multicentrici multinazionali – dice Carlo Tomino, direttore Ricerca e Sperimentazione Clinica dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) –, il nostro contributo è significativo e la qualità dei dati raccolti è spesso eccellente». Lo dimostrano i dati dell’Osservatorio Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali, sul cui sito internet è peraltro possibile consultare l’elenco delle sperimentazioni attive per le varie patologie, fra cui i tumori. Da noi, i criteri per la partecipazione ai trial clinici sono regolamentati rigidamente dal protocollo che, in ogni studio, deve essere attentamente seguito e che rappresenta la guida per medici sperimentatori e pazienti. «E, fortunatamente, il reddito non è un parametro che va calcolato – prosegue Tomino – perché il nostro tanto bistrattato Servizio Sanitario Nazionale (considerato come uno dei migliori a livello internazionale) consente a tutti i cittadini un accesso uguale sia alle strutture di cura che agli studi clinici su farmaci sperimentali». Il problema americano nasce infatti dal loro “modello di assistenza sanitaria”, che com’è noto, si basa ancora prevalentemente sulle assicurazioni private che i cittadini stipulano per avere la copertura delle spese mediche. Non a caso uno dei punti fermi della campagna elettorale del presidente Obama è stato proprio quello di prevedere una copertura assistenziale per una larga fascia di popolazione meno abbiente. «Certo anche da noi – conclude l’esperto – si può fare molto per migliorare la situazione e Aifa si sta impegnando su diversi fronti: dalla semplificazione normativa alla comunicazione ai cittadini, dalla riduzione dei Comitati etici (numerosissimi in Italia se confrontati a tutti gli altri Paesi del mondo) alla centralizzazione dell’autorità competente. C’è poi un problema legato al basso numero (e centri dedicati) di volontari sani coinvolti negli studi e di squilibrio tra la popolazione maschile e quella femminile, che, nonostante il protocollo lo consenta, viene arruolata in misura percentualmente inferiore negli studi. Infine, stiamo programmando una nuovo progetto per migliorare e continuare il dialogo con il cittadino-paziente. Siamo convinti infatti che la comunicazione, chiara e semplice deve rappresentare un obbligo e un dovere morale di qualsiasi istituzione pubblica e Aifa è particolarmente attenta a questa sua funzione».

Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)

GRAN BRETAGNA: LA MALATTIA COINVOLGE ANCHE I PICCOLISSIMI ANORESSICI A 5 ANNI PER COLPA ‘STAR GRISSINO’

ANORESSICI A 5 ANNI PER COLPA 'STAR GRISSINO'<br />” /></div>
<p><span class=http://salute.agi.it/primapagina/notizie/201108011101-hpg-rsa1008-gb_anoressici_gia_a_5_anni_per_colpa_celebrita_magrissime

(AGI) – Londra, 1 ago. – L’emulazione dei modelli delle ‘star grissino’, a volte frutto di ritocchi fotografici, ha causato in Gran Bretagna un’epidemia di anoressia che vede gia’ bambini di 5 anni affetti dalla malattia. E’ quanto riporta il Daily Mail secondo il quale, in base ai dati del Servizio sanitario nazionale, nel Regno Unito negli ultimi tre anni si sono avuti 98 casi di anoressia in bimbi tra cinque e sette anni, uno tra gli 8 e i 9 anni, quasi 400 tra 10 e 12, per toccare il picco di 1.500 casi nella piena adolescenza, tra 13 e 15 anni.
 

Fumo: Esperto, Farmaci Gratis Per Smettere Come In Gb

(ANSA) – ROMA, 7 GEN – Bene il calo delle vendite delle sigarette registrato a sei anni dall’entrata in vigore in Italia della legge che vieta le ‘bionde’ nei luoghi pubblici, ma occorre ”molto di piu’ in termini di azioni concrete: Ad esempio, garantire la rimborsabilita’ dei farmaci per smettere di fumare come gia’ accade in paesi come la Gran Bretagna”. E’ la proposta del direttore dell’Osservatorio fumo, alcol e droga dell’Istituto superiore di sanita’, Piergiorgio Zuccaro. ”Il dato certamente positivo – ha commentato l’esperto – e’ che gli italiani cercano di fumare di meno ed il calo delle vendite di sigarette e’ un dato reale”. Tuttavia, ha messo in guardia Zuccaro, ”si deve tenere conto anche di fenomeni di vendita di sigarette di contrabbando, soprattutto via Internet; un fenomeno, quest’ultimo, difficile da ‘misurare’ ma presente”. Ad ogni modo, ha proseguito Zuccaro, ”l’obiettivo da porsi sul lungo termine e’ quello almeno di dimezzare il numero attuale di fumatori, e questo e’ possibile solo attraverso azioni concrete e mirate, prendendo esempio da paesi come Gran Bretagna e Francia”. Proprio in Gran Bretagna infatti, ha ricordato il tossicologo, ”il governo ha finanziato il rimborso dei farmaci utili per smettere di fumare, decidendo che conviene investire in tal senso perche’ il costo delle patologie fumo-correlate nella popolazione sarebbe di gran lunga maggiore. Ed in Francia i farmaci anti-fumo vengono rimborsati al consumatore con un ticket”. Ed i costi non sarebbero esorbitanti: ”Abbiamo calcolato – ha affermato Zuccaro – che per garantire un ciclo di terapia farmacologica anti-fumo per 500 mila persone basterebbero 200mila euro, una cifra tutto sommato contenuta ma mirata ad un’azione concreta ed efficace”. Invece, ”oggi in Italia i farmaci anti-fumo sono a carico del consumatore. La nostra proposta – ha concluso l’esperto – va in direzione opposta: si potrebbe ad esempio pensare ad un meccanismo di rimborsabilita’ tramite i centri antifumo pubblici”. (ANSA).

Approfondimenti su Ansa.it

Fumo: GB, Citigroup, nel 2050 spariranno le sigarette

(ANSA) – ROMA, 8 GEN – L’ultima sigaretta in Gran Bretagna sara’ spenta nel 2050. Lo scrivono gli analisti di Citigroup che in un rapporto considerano anche gli effetti che questo cambiamento portera’ nell’industria del tabacco. Secondo il Telegraph ci vorranno dai 30 ai 50 anni per decretare la fine delle ‘bionde’, visto che il numero dei fumatori sta continuando a calare, mentre parallelamente aumenta la consapevolezza dei rischi legati al tabagismo. Precisa Citigroup: si tratta di ‘scenari possibili’.

Approfondimenti su Ansa.it