Buon Compleanno E.T., piccolo alieno pasticcione che commuove ancora dopo 30 anni

Nato dall’immaginario di Steven Spielberg, realizzato dallo scultore Carlo Rambaldi, a tre decenni esatti dall’uscita nelle sale americane ripercorriamo la genesi della creazione dell’extra-terrestre più famoso nella storia del cinema

Fonte: Immagine dal web

 

Avere trent’anni e non sentirli: questo è quelloche potrebbe dire il piccolo E.T., l’extraterrestre più famosi della storia del cinema che l’11 giugno 2012 ha spento ben trenta candelina. Grazie a lui il grande schermo ha conosciuto un altro tipo di alieno, estremamente buono, indifeso e spaventato, che deve confrontarsi con i terrestri che tutt’altro sembrano tranne che pacifici e ben intenzionati a sezionarlo. Distribuito dalla Universal Pictures, E.T. divenne un successo al botteghino, sorpassando, all’epoca, Guerre Stellari come film che ha incassato di più nella storia del cinema. La pellicola, che fu ridistribuita nel 1985 e nel 2002, con l’aggiunta di nuove scene ed effetti speciali, affronta i temi cari Steven Spielberg: la crescita, il rispetto e la tolleranza. Egli stesso sostiene spesso che E.T. rappresenta tutto il suo lavoro.

La figura del piccolo extraterrestre un po’pasticcione, infatti, affonda le sue radici nell’infanzia stessa del regista, poiché dopo il divorzio dei suoi genitori, nel 1960 Spielberg colmò il vuoto causato dall’avvenimento con un alieno immaginario che gli facesse compagnia. Durante il 1978 Spielberg annunciò di voler girare un film in soli ventotto giorni dal titolo ‘Growing Up’ (Crescere). Il progetto fu messo da parte per altri impegni cinematografici, ma il regista era fermamente intenzionato a realizzare un breve film semi-autobiografico sulla sua infanzia. 


[Carlo Rambaldi ed il suo team durante la realizzazione di E.T.]

Per la creazione del piccolo etra-terrestre, Steven Spielberg diede diverse istruzioni agli artistiche avrebbero dovuto realizzarlo: E.T. sarebbe dovuto essere alto soltanto un metro, con un collo telescopico e piccoli piedi grassocci. Per la costruzione pratica della creatura, il regista americano si rivolse allo scultore italiano Carlo Rambaldi, che aveva già collaborato con il regista in ‘Incontri ravvicinati del terzo tipo’, e che grazie a ‘King Kong’ si era fatto un nome anche ad Hollywood. Il primo modellino in creta dell’alieno ricordava le caratteristiche del volto dei gatti himalaiani, animale scelto anche per realizzare il fac-simile dei tessuti muscolari esterni al personaggio. L’animazione finale, con 85 punti di movimento controllati da dieci operatori esterni, è stata realizzata in quattro versioni: per i primi piani, i mezzi primi piani, le inquadrature medie e i campi lunghi.


[Il regista americano Steven Spielberg con il pupazzo di E.T.]

Il regista fece dei test per verificare come reagiva il modello di fronte alle luci di scena. Ildirettore della fotografia, Allen Daviau, scoprì che queste ultime miglioravano l’aspetto dell’alieno, al quale fu definitivamente applicato il colore marrone. Una delle sfide nella creazione del pupazzo fu quella di rendere realistico il movimento della bocca e della lingua. Problema risolto dal tecnico Steven Townsend che costruì un meccanismo costituito da sei cavi separati.


[Una delle scene finali del film]

Il resto è storia, come le celebri frasi ‘E.T. telefono casa’ o ‘Io sarò sempre qui’. Un capolavoroche aprì una porta sul mondo degli alieni. Non si contano, infatti, i tentativi di emulazioni, uno per tutti ‘Il mio amico Mac’ in cui si cercava di copiare anche la copertina, il cui primo piano non mostrava il dito umano e alieno che s’incontrano, bensì due primi piani. Anche nel film ‘Critters’ uno dei diabolici roditori alieni ha uno scambio di battute con un pupazzo di E.T., a cui poi stacca la testa a morsi, gridando ‘Chi sei tu?’.
 
[Una scena del film]

Come nella natura di molti film, che hanno avuto un successo planetario, in molti si sonochiesti come mai E.T. non abbia avuto sequel. In realtà l’idea c’era, tanto che nel  luglio del 1982 Steven Spielberg e Melissa Mathison, uno degli sceneggiatori, scrissero una relazione per un possibile seguito, dal titolo ‘E.T. II: Nocturnal Fears’. La storia vedeva Elliott ed i suoi amici, catturati da malvagi alieni, tentare di contattare E.T. per chiedergli aiuto. Ma il regista americano cambiò rapidamente idea, rinunciando al progetto perché avrebbe strappato al film la sua innocenza. In ogni caso c’è stato una sorta di seguito ideale, ovvero l pubblicazione di un libro scritto da William Kotzwinkle dal titolo ‘E.T.: The Book of the Green Planet’, un modo per ricordare il piccolo extra-terrestre pasticcione, trasformato suo malgrado in un piccolo paladino dell’ecologia.