30 Novembre 1974 – In Etiopia Tom Gray e Donald Johanson scoprono i resti fossili di Lucy, un Australopithecus afarensis straordinariamente ben conservato

Lucy

Ricostruzione dello scheletro di Lucy esposta al museo di storia naturale di Cleveland

Ricostruzione del teschio di Australopithecus afarensis, esposta al Museo dell’Uomo, San Diego, California.

Il 30 novembre 1974, ad Afar, in Etiopia, Yves CoppensDonald JohansonMaurice TaïebTom Gray rinvennero i resti di un esemplare di femmina adulta, che venne chiamata Lucy, dell’età apparente di 25 anni, vissuta almeno 3,2 milioni di anni fa.
I resti comprendevano il 40% dello scheletro. Particolarmente importanti l’osso pelvico, il femore e latibia perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse bipede. Lucy, così chiamata dai suoi scopritori in onore della canzone Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles, in amarico èDinqinesh e significa “Tu sei meravigliosa”. Il suo nome in codice è A.L. 288. Era alta 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava probabilmente tra i 29 e i 45 kg. Questa piccola donna ha denti simili a quelli umani, ma il cranio è ancora scimmiesco,capacità cranica tra i 375 e i 500 cc. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento, e miracolosamente nessun predatore ne sbranò i resti, disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, nel corso dei millenni si fossilizzò fino a diventare roccia. Dopo milioni di anni il suo scheletro è ritornato alla luce intatto e ci offre una preziosa testimonianza sulla costituzione fisica degli ominidi di quel periodo. Pur essendo perfettamente adatta alla camminata bipede, conduceva ancora una vita in parte arbicola. Si può pensare che salisse sugli alberi per cercare rifugio dai predatori o per trascorrere la notte. Era più piccola del maschio. Si pensa che avesse una vita sociale e vivesse in un gruppo formato da adulti e bambini. I suoi denti erano adatti a un’alimentazione onnivora, basata sulla raccolta di vegetali e la cattura di insetti e lucertole.