Teatro in movimento: la Compagnia degli stracci

Teatro in movimento: la Compagnia degli stracci

La ‘Compagnia degli stracci’.
Quando si pensa al teatro, spesso la prima immagine che ricorre alla mente è costituita da un palcoscenico, un gruppo di attori in scena e le poltrone rosso rubino che confinano e vincolano la presenza e il ruolo dello spettatore.

L’aspetto più evidente di questa immagine è che, nella concezione dell’uomo comune il teatro è strumento artistico che ha un unico fine, quello dell’intrattenimento.

L’esperienza di una compagnia teatrale lombarda è stata in grado di sfatare questo luogo comune, dimostrando che il teatro può diventare un mezzo d’informazione e comunicazione, un vero e proprio terreno di scambio su tematiche politico sociali.

La Compagnia degli Stracci nasce a Desio nel 1996, inizialmente per rispondere alla necessità di aggregare i giovani in un contesto socio-culturale poco fiorente.
In seguito la priorità è diventata quella di conoscere e far conoscere pagine di storia troppo velocemente dimenticate per poi arrivare all’esigenza di denunciare situazioni di disagio sociale, sostenendo e ascoltandone i testimoni.

E’ nata così una riflessione sul tipo di linguaggio da adottare, qualcosa di efficace e che suscitasse rabbia e scuotimento. La scelta è ricaduta sul teatro, una forma di comunicazione che esiste da secoli, ma in questo caso si parla di un teatro vissuto come mobilitazione e sussulto, teatro povero, diretto, di strada.

La Compagnia ha deciso sin dall’inizio di seguire un percorso di formazione teatrale indipendente dalla matrice letteraria, grande importanza è affidata al movimento del corpo, allo studio del gesto e alla maschera biomeccanica. L’azione verbale avviene soltanto in un secondo momento.
“Non ci siamo inventati nulla, non ci siamo inventati un nuovo modo di fare teatro. Grotowski, Stanislavskij, Artaud e il Living Theatre, hanno già fatto tutte queste cose, altri gruppi le hanno riprese e sviluppate. Però, che si sappia, il nostro è l’unico esempio di unione di diversi tipi di scuole teatrali anche differenti tra loro. L’obiettivo è l’unione e la rielaborazione, quindi la creazione di un nuovo modo di fare teatro che noi abbiamo creato ‘degli Stracci’. Noi non abbiamo fatto altro che seguire più tradizioni e tradire rielaborando. Il tradimento è il cercare di svilupparlo maggiormente con l’intento di creare qualcosa di nuovo”.

Il teatro della Compagnia degli Stracci infrange le regole del teatro tradizionale in termini di spazio scenico, rapporto col pubblico e intenti.

Il teatro viene avvertito come un  incontro, un momento in cui è possibile confrontarsi in maniera diretta con il pubblico. Viene dunque abbattuta la barriera spettatore-attore, il pubblico è parte integrante della scena, non esistono posti a sedere ed è possibile muoversi da un punto all’altro dello spazio scenico nel corso dello spettacolo.

Ogni spettacolo del repertorio è nato dall’incontro con alcuni dei protagonisti da fatti storici che hanno suscitato nei membri la volontà di diffondere tramite il mezzo teatro fatti realmente accaduti tra i quali la Shoah, la morte dell’anarchico Pinelli, il pregiudizio psichiatrico, la vicenda vissuta dagli ex operari della Breda di Sesto San Giovanni, i quali sono morti a seguito della continua esposizione a sostanze tossiche in particolar modo l’amianto…

Il teatro degli “Stracci” è un teatro attivo che porta lo spettatore ad una maggiore coscienza della storia.

Fabiana Scamardella

CDST “Compagnia degli Stracci”

CDST  “Compagnia degli Stracci”

La ” Compagnia degli Stracci ” nasce con l’intento, non soltanto artistico, di aggregare le persone (con particolare attenzione alla componente giovanile) nel contesto urbano e sociale, attorno ad un progetto creativo che si fonda sull’espressività e sulla comunicazione teatrale, soprattutto nelle forme del “teatro di strada”.  “La creatività, l’impegno sociale e la ricerca, spesso vissuti come mobilitazione e sussulto, sono strategie di intervento contro il disagio giovanile e sono scelte obbligate per stare insieme in modo alternativo, non commerciale o soprattutto non privato. Uscire, infatti, dalla propria indifferenza e solitudine è obiettivo primario che soggiace all’intero progetto”.

La ricchezza del gruppo, composto da trenta elementi più due tecnici, è la sua eterogeneità:; studenti, insegnanti, operatori professionali del settore, operai, impiegati provenienti da differenti parti del territorio nazionale e diverse esperienze personali magistralmente mescolate a grande professionalità in ambito teatrale. Il nucleo storico della CDST lavora dal 1995, a vario titolo, nel settore delle artiterapie.

Il genere di scuola applicata è una sintesi originale del lavoro del teatro-laboratorio di Grotowski, con il rigore metodologico del processo creativo attorale, e il fenomeno interdisciplinare del Living Theatre, almeno per quanto concerne la spettacolarizzazione. La centralità dell’attore e della sua espressione fisica e il rapporto con lo spettatore, sono momenti di assidua ricerca che la CDST, non senza motivi di novità, approfondisce con il corso di perfezionamento. Tra gli obiettivi del loro training fisico (dalle esperienze di ‘Sblocco Corporeo’ agli esercizi di ‘Riappropriazione’) si ritrovano alcuni tra i più noti passaggi funzionali della riabilitazione vera e propria. Tra questi:

* 1. scaricare le tensioni fisiche e dare mobilità alla colonna vertebrale
* 2. conoscere le proprie possibilità di movimento
* 3. eliminare lentamente le inibizioni motorie
* 4. ampliare i movimenti conosciuti
* 5. giungere alla creazione di gesti e di azioni nuove
* 6. allenarsi a prendere contatto con l’energia fisica, attraverso la fatica

Sul nascere la CDST decise di promuovere un percorso di formazione teatrale autonomo dalla matrice letteraria. La ragione è principalmente educativa e trae spunto dalla considerazione del lavoro spesso incompleto che l’istruzione formale propone in relazione alla produzione teatrale e ad alcune sfere della cultura contemporanea. Gli autori che si leggono nelle scuole italiane sono sempre gli stessi; le letture sono condotte in maniera asettica, prive di contestualizzazione; gli autori sono destoricizzati, mal letti o non letti del tutto. Nella loro esperienza hanno preferito proporre un lungo lavoro di studio sul gesto, sullo sblocco corporeo, sulla maschera, sulla bioenergetica, che sono punti-base per una riflessione più ampia che investe la sfera emozionale e il gioco dei ruoli sociali. È evidente che non si tratta di negare la parola scritta o il segno narrativo. Si tratta di ripercorrere un ambiente saturo di informazioni e di codici linguistici, di comprenderlo e di riqualificarlo. Il necessario ritorno alla parola è il nodo intercomunicazionale e d’incontro tra individui.

La scelta dei temi è sempre frutto di un’ampia azione collettiva. La CDST lavora esclusivamente su temi prossimi alla sensibilità ed ai problemi del nostro tempo. Un ‘teatro politico’ nel senso più ampio del termine è la Funzione-Direzione pedagogica del nostro lavoro. In quest’ottica non è possibile, infatti, pensare ad un percorso di formazione attorale senza che esso si giochi nella proiezione collettiva della comunicazione-rito che la rappresentazione teatrale prevede e determina. “Il teatro-propiziatorio deve, per essere duraturo ed efficace, persino sul piano artistico, ‘risvegliare’ lo spettatore. Lo spettacolo, se non vuole restare una conquista precaria o illusoria, procede dallo shock e giunge alla visione (A. Artaud)”. Lo studio teorico e pratico occupano, insomma, la maggior parte dell’attività della CDST. Ogni singolo allestimento è il risultato di una molteplicità di interessi e di percorsi culturali approfonditi. La ricerca teatrale è pionieristica: c’è un continuo e necessario bisogno di apprendistato, dovuto al fatto di considerare il lavoro ermeneutico sulla realtà come prioritario. Anche la ricerca stilistica e narrativa segue di fatto la necessità di proporre una visione sintetica della realtà e dei suoi drammi che si consumano quotidianamente.

La CDST intende il teatro come una forma, la più originale, della cittadinanza attiva. Non si tratta di aggredire lo spettatore, né di produrre un bagliore particolare di vicende altrettanto particolari, ma di dare un contributo attraverso l’empatia e il possesso del fisico e del gesto, alla riappropriazione dell’impegno sociale. Con Franco Fortini, compianta figura di intellettuale coerente fino alla fine, la CDST seguì un percorso di approfondimento su questi temi, intrattenendosi a lungo con il poeta-saggista, al fine di cogliere le principali urgenze del periodo storico attuale e fu chiaro subito dall’inizio che una nuova sensibilità socio-politica avrebbe dovuto, per essere disincantata e tenace, partire dalla sperimentazione di nuovi linguaggi e nuove forme di analisi sociale. Il teatro, un ‘nuovo teatro’ per l’appunto, poteva servire al caso.

La fruizione dell’Evento-Spettacolo è evidentemente non convenzionale. Lo spazio scenico è quasi sempre uno spazio ampio, privo di posti a sedere fissi o unidirezionali. I punti di osservazione sono tanti quanti le zone di realizzo di ogni singola scena. Ogni spettatore-attore, non potendosi più identificare in una parte precisa e cristallizzata, non deve sentirsi a proprio agio, al ‘proprio posto’; egli è coinvolto in prima persona in ogni scena o sequenza di scena ed è posto in condizione di fruire al meglio dell’esperienza, contribuendovi fattivamente. E’ ovvio che non si tratta – se non in pochi e ‘controllati’ casi – di un coinvolgimento diretto personale. Lo spettatore che decide in entrare nell’articolazione della vicenda, è membro di un gruppo che come tale è chiamato in gioco.

La CDST ha, negli anni, affinato tecniche che gli consentono di chiamare in causa il pubblico tenendo costantemente la situazione sotto controllo. Le reazioni fisiche o psichiche vengono monitorate dagli stessi ‘attori’ che dirigono l’andamento emozionale dello spettacolo. Il pubblico viene avvertito prima dell’inizio dello spettacolo, che dovrà entrare ‘di persona’ nella vicenda narrata e ogni ulteriore drammatizzazione intrapsichica è accompagnata e rielaborata. Ma al pubblico spetta – come sempre – il giudizio sull’esperienza provata: al termine di ogni spettacolo viene allestito un dibattito, nel quale si spiegano i generi e le forme e si razionalizza la vicenda. Queste caratteristiche di costruzione e di conduzione, fanno dell’opera teatrale un work-in-progress, il cui obiettivo di fondo è, appunto, quello di modificarsi nel tempo e nello spazio scenico.

La CDST ha lungo gli anni condotto spettacoli innovativi ad alto impatto emotivo e pedagogico in molteplici località italiane ed in diversi luoghi spaziando dal teatro in senso geografico fino ai più variegati spazi, incluse piazze cittadine, ex-ospedali, aree dimesse, gallerie e quant’altro. 

www.cdst.it