Arriva da Siena la speranza contro il “tumore da amianto”

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L’amianto è un nemico che l’Italia ha imparato a conoscere troppo tardi, quando ormai fabbriche e case ne erano piene. Non sono pochi, purtroppo, i casi di inquinamento da amianto sparsi per tutto il territorio nazionale, alcuni saliti agli onori della cronaca altri ancora sconosciuti. Le polveri di amianto, se respirate a lungo e senza protezione, attaccano i polmoni e causano uno dei tumori più aggressivi al mondo: il Mesotelioma Pleurico.
La bonifica dei luoghi inquinati, anche se necessaria e dovuta, non porta alcun beneficio in chi è già ammalato, ma la ricerca potrebbe e a Siena si sta forse per arrivare a una possibile speranza di cura per questo tipo di tumore in particolare. E’ quanto emerge da due studi che hanno coinvolto non solo i ricercatori senesi ma anche quelli dell’Istituto Tumori di Napoli-CRom e della Temple University di Philadelphia, coordinati dal genetista italiano Antonio Giordano. Gli studi, dopo averci ricordato che cosa è il Mesotelioma Pleurico (“tumore che ha origine dalla trasformazione neoplastica del mesotelio, il sottile tessuto che avvolge la cavita’ pleurica e altri organi interni“) ci ricorda che esso non si manifesta nell’immediato ma anche dopo dieci o venti anni dall’esposizione all’amianto.
Infine, i ricercatori descrivono il lavoro fatto, ovvero dei test sull’effetto di nuovi agenti antitumorali su cellule di Mesotelioma, in particolare tramite un farmaco che riattiva la proteina onco-soppressore P53, senza la quale i tumori si diffondono rapidamente nell’organismo. Il farmaco si chiama MK-1775 e, in combinazione con il Cisplatino, permetterebbe di trattare il Mesotelioma riducendone l’aggressività e forse permettendone anche una guarigione, o comunque una tolleranza prolungata da parte del corpo. Sarebbe già un grande risultato se si potesse anche solo tramutare una malattia del genere in disturbo cronico, ovvero duraturo ma trattabile. Le prospettive ci sono e gli studi sono in corso per raggiungere al più presto l’obiettivo.
http://benessere.guidone.it/2014/01/11/arriva-da-siena-la-speranza-contro-il-tumore-da-amianto/

Boom tumori tiroide, inquinamento fra possibili cause Quasi triplicati in 20 anni, ma possibile diagnosi precoce

(ANSA) – ROMA, 06 DIC – I tumori della tiroide sono aumentati negli ultimi 20 anni di quasi tre volte, e fra le cause di questo vero e proprio boom ci sono anche quelle ambientali. Lo hanno affermato gli esperti dell’Associazione Italiana Tiroide (Ait) durante il loro congresso annuale in corso a Roma.

Secondo gli ultimi dati disponibili in Italia ci sono circa 14mila nuovi casi di tumori che coinvolgono la ghiandola tiroidea l’anno, di cui poco solo più di 3mila riguardano gli uomini. ”Quello della tiroide, i cui casi sono quasi triplicati in 20 anni, rappresenta il 2% di tutte le diagnosi tumorali che si fanno in Italia – ha spiegato Paolo Vitti, segretario Ait -.

L’aumento è considerevole, e dipende sia da un miglioramento delle capacità di diagnosi sia da fattori tossici ambientali, come l’esposizione a sostanze tossiche o la carenza di iodio.

Per fortuna con i mezzi attuali è possibile fare una diagnosi precoce e curare in tempo questi tumori. Non a caso anche se l’incidenza è aumentata la mortalitá è rimasta costante”.

Uno studio italiano fatto in Sicilia ha confermato che vivere in zone vulcaniche aumenta il rischio, mentre il legame tra inquinanti e questi tipi di cancro non ha ancora prove definitive. ”I rifiuti tossici sono fortemente sospettati, ma ancora non c’è una prova definitiva – afferma Vitti – anche perché mancano i registri dei tumori per poter trarre conclusioni”.

Tra le cause accertate di aumento del rischio c’è l’esposizione a radiazioni, comprese quelle derivanti da alcuni test diagnostici. ”Per alcuni esami come la Tac, un piccolo aumento c’è, e bisogna tenerne conto ad esempio se i pazienti sono bambini, ma non bisogna fare allarmismi – ha spiegato massimo Salvatori dell’universita’ Cattolica di Roma durante la sessione del congresso dedicata a questo tema -. Per un certo periodo è finita sotto accusa anche la mammografia, mentre poi è emerso che l’aumento del rischio è così piccolo che ci vogliono un miliardo di donne che fanno il test per avere 56 casi in più”. (ANSA).

IL RAPPORTO Dopo il tumore si vive sempre di più Cresce il numero di tumori diagnosticati, ma aumentano le guarigioni. Decisivi la diagnosi precoce e i nuovi farmaci

 

 

Cresce il numero di tumore diagnosticati ogni anno nel nostro Paese, ma aumentano anche le guarigioni (GUARDA): oggi sono circa 2 milioni e 800 mila gli italiani che vivono con una precedente diagnosi di tumore (erano quasi 1.500.000 nel 1993 e 2.250.000 nel 2006) e le stime per il 2013 contano circa 366 mila nuove diagnosi di cancro (a fronte delle 364 mila del 2012).

IL RAPPORTO – A fotografare la situazione oncologica nel nostro Paese è la pubblicazione “I numeri del cancro in Italia 2013”, opera dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dall’Associazione Italiana Registri Tumori (Airtum), presentata durante il Congresso Nazionale Aiom in corso a Milano. La sopravvivenza a cinque anni (indicatore tradizionale per valutare i progressi compiuti in oncologia) è cresciuta notevolmente rispetto a quella dei casi diagnosticati nei lustri precedenti sia per gli uomini (57% nel 2004-2007 contro il 39% del 1990-1992) che per le donne (rispettivamente 63% contro 53%). Merito soprattutto del miglioramento della sopravvivenza per alcune delle sedi più frequenti dei tumori, come colon-retto (64%), seno (87%) e prostata (91%).
«La sopravvivenza dopo la diagnosi di tumore è uno dei principali indicatori che permette di valutare l’efficacia del Sistema sanitario nei confronti della patologia tumorale – spiega Stefano Cascinu, presidente Aiom -. La sopravvivenza è fortemente influenzata da diagnosi precoce e terapia. La prima dà una maggiore probabilità di essere efficacemente curati (obiettivo che si raggiunge sempre di più grazie all’ampliamento e alla crescente partecipazione degli italiani ai programmi di screening per seno, colon-retto e cervice uterina). Ma l’incremento della sopravvivenza è imputabile in gran parte anche agli sviluppi delle cure, soprattutto per alcuni tipi di tumore».

CANCRO COLON-RETTO – Oggi, il cancro del colon-retto è il più frequente, con quasi 55 mila nuove diagnosi annue, seguito da quello del seno (48 mila), del polmone (38 mila, con sempre più casi fra le donne, quasi il 30%) e della prostata (36 mila). Il cancro del polmone si conferma al primo posto per mortalità, seguito da colon, seno, stomaco e pancreas.
«Dall’esame dei dati disponibili – aggiunge Emanuele Crocetti, segretario Airtum – appare chiara una riduzione della mortalità molto significativa per la totalità delle neoplasie, in entrambi i sessi. Inoltre emerge come la prospettiva di sopravvivere cambi notevolmente nel corso del tempo trascorso dalla diagnosi: dopo cinque anni, rispetto al primo anno, si ha un aumento di oltre 10 punti percentuali in entrambi i sessi per tutti i tumori. Così, chi supera questa soglia ha per molte sedi tumorali (testicolo, utero, melanoma, linfomi di Hodgkin e, in misura minore, colon-retto) prospettive di sopravvivenza che si avvicinano a quelle di chi non si è mai ammalato».

STATISTICHE – Statistiche e cifre costantemente aggiornate sono indispensabili per le istituzioni e tutti gli operatori impegnati in oncologia, perché forniscono indicazioni sui risultati delle azioni di prevenzione e sulle terapie. «Inoltre i dati sono fondamentali per la programmazione sanitaria – conclude Carmine Pinto, segretario nazionale Aiom -. Siamo consapevoli che, in tempi di crisi, la progressiva contrazione delle risorse disponibili impone scelte precise e razionali. I risparmi devono provenire da appropriatezza e uso razionale delle risorse, partendo dall’effettiva realizzazione delle reti oncologiche regionali, non da tagli indiscriminati».


Vera Martinella

Come nasce un cancro? Cosa sono i cancerogeni e come avviene la cancerogenesi

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Cancerogenesi e cancro

La cancerogenesi è un processo che porta alla formazione del cancro. Il cancro è un insieme di patologie caratterizzate da un incontrollato accrescimento di cellule anomale. Queste cellule danno origine ad una popolazione cellulare che – oltre alla capacità di riprodursi velocemente – possiede molte caratteristiche, come le capacità di resistenza e la possibilità di invadere sia gli organi ed i tessuti più vicini che quelli più lontani.

La cancerogenesi può essere causata da agenti genotossici ed in tal caso si parla di CANCEROGENESI MUTAZIONALE. Tuttavia, la cancerogenesi può essere causata anche da agenti non genotossici o da agenti epigenetici, per cui viene chiamata CANCEROGENESI EPIGENETICA.

Nella cancerogenesi mutazionale gli agenti genotossici e DNA-reattivi vanno a provocare una mutazione nella cellula sana. Questa mutazione provoca un’alterazione del materiale genico all’interno della cellula, quindi porterà alla formazione diretta di neoplasie. Nella mutazione epigenetica, invece, la cellula “sana” contiene già i geni per lo sviluppo del cancro. Questi geni inizialmente si presentano in modalità inattiva, però possono essere attivati dall’azione di particolari agenti promotori o epigenetici.

Gli agenti epigenetici possono essere degli ormoni (estrogeni coniugati), immunosoppressori, sostanze allo stato solido (materiale plastico ed eternit/amianto o asbesto), le TCDD (2,3,7,8-tetraclorurodibenzo-p-diossina, note come diossine) e gli esteri del forbolo (tetradecanoilforbolo acetato, DDT).
Molto importante ricordare che un mutageno può diventare un cancerogeno, ma non è detto che un cancerogeno sia un mutageno.
Che cos’è un cancerogeno?

Il cancerogeno è una sostanza che dà origine a neoformazioni tissutali con caratteristiche atipiche. Non è sempre detto che le neoformazioni tissutali siano maligne; può anche darsi che la neoformazione sia benigna e poi con il tempo si trasformi in maligna, o rimanga tale. In qualunque caso di neoformazioni bisogna sempre rivolgersi ad un medico specializzato che tenga sotto controllo la situazione della crescita cellulare.

I cancerogeni a loro volta possono anche classificarsi in:
CANCEROGENI CON ATTIVAZIONE-INDIPENDENTE o DIRETTI: i cancerogeni primari o diretti, come per esempio gli agenti alchilanti o gli isotopi radioattivi, sono già attivi e non necessitano di attivazioni metaboliche per esplicare la loro azione tumorale;
CANCEROGENI CON ATTIVAZIONE-DIPENDENTE o INDIRETTI: i cancerogeni indiretti, noti anche come cancerogeni secondari o procancerogeni (ammine aromatiche, IPA), devono essere prima attivati da metabolizzazioni per esplicare la loro attività cancerogena. La maggior parte dei cancerogeni sono di questo tipo.

Che cos’è il genotossico?

Il genotossico è una sostanza che deriva da un progenotossico, il quale – per diventare tale ed indurre una mutazione – deve subire una bioattivazione metabolica. La stessa cosa si può applicare anche per il cancerogeno. Quindi il cancerogeno terminale deriva dal procancerogeno attivato con una bioattivazione.

Ritornando al percorso dello sviluppo della cancerogenesi, se la cellula subisce una mutazione al materiale genico può ripararsi o andare in contro ad apoptosi. Se la fase di riparazione o la morte cellulare non ha avuto un buon successo, durante la replicazione della cellula mutata l’alterazione viene trasmessa a livello delle cellule figlie. Fortunatamente, la mutazione può essere silente ed in tal caso non c’è il verificarsi di neoplasie, ma se la mutazione ha colpito particolari geni della cellula (onco-soppressori o proto-oncogeni), quest’ultima si avvia verso la produzione di tessuto neoplastico. Lo sviluppo del tumore è regolato da due particolari proteine (geni) che sono:
PROTO-ONCOGENI: accelerano l’attività di proliferazione del tumore riducendo l’apoptosi cellulare;
ONCO-SOPPRESSORI: rallentano l’attività di proliferazione del tumore aumentando l’apoptosi cellulare.

Normalmente l’attività di questi due geni è bilanciata; fanno cioè in modo di controllarsi a vicenda e la cellula ha uno sviluppo controllato. Con l’intervento di una mutazione che sbilancia tale equilibrio, avremo un’elevata attività dei proto-oncogeni ed un’eccessiva riduzione degli onco-soppressori. In seguito a questo sbilanciamento la cellula va in contro a formazione neoplastica.
Un esempio di proto-oncogeni è il gene ras, mentre tra gli onco-soppressori ricordiamo le p53. È stato constatato che nel 50% dei casi una mutazione a livello delle proteine p53 provoca la formazione di tumori nell’uomo. Le proteine p53 vengono anche definite “guardiani del genoma”, quindi sono in grado di bloccare il ciclo cellulare in caso di avvenuta mutazione. Con il blocco del ciclo cellulare permette alla cellula di riparare e indurre apoptosi in caso di fallimento.
Le tappe della cancerogenesi

La cancerogenesi è composta principalmente da 3 tappe.

La prima tappa è la fase di INIZIAZIONE ed è dovuta al contato con il genotossico, che va provocare la mutazione nelle cellule. Le cellule che hanno la mutazione vengono chiamate anche cellule iniziate. Non è detto che questo danno provochi il tumore, ma in molti casi le cellule hanno proprio bisogno di questo promotore che agevoli l’azione di sviluppo della neoplasia.

La seconda tappa è quella di PROMOZIONE, che non è un qualcosa di positivo perché in questa fase le cellule iniziano tumore la loro moltiplicazione dando origine ad un raggruppamento di cellule con genoma modificato.

Infine, la terza ed ultima tappa è la PROGRESSIONE, che inizialmente si presenta con raggruppamento di cellule benigne (neoplasia benigna), però con il passare del tempo le cellule benigne si trasformano in cellule maligne, in seguito all’intervento di altri promotori o altre mutazioni.
Molto importante per lo sviluppo del tumore è l’esatta sequenza delle tappe ora descritte.

FONTE

Primo impianto di una laringe artificiale in un uomo

Il Prof. Christian de Bry e il suo team degli Ospedali Universitari di Strasburgo hanno raggiunto questo risultato in un uomo di 65 anni affetto da tumore

Abbiamo appena appreso solo oggi, segnala Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti” che il professor Christian de Bry e il suo team del Dipartimento ORL degli Ospedali Universitari di Strasburgo hanno impiantato per la prima volta in assoluto, una laringe artificiale in un uomo 65 affetti da cancro. Oggi il team è soddisfatto del risultato poiché può respirare normalmente anche se mediante una cannula inserita nel lume tracheale attraverso un foro della cute alla base del collo, come è spesso avviene in questo tipo di pazienti.

Occorre precisare che l’informazione è stata rilasciata da un comunicato dalla società PROTIP  che sviluppa dispositivi medici per pazienti con disfunzione della laringe, compresa la laringe artificiale. Non è quindi una pubblicazione scientifica. L’operazione si è svolta in due fasi. La squadra di chirurghi ha eseguito la prima asportazione della laringe del paziente e impiantato il primo componente della laringe , un anello di titanio tracheale artificiale. Il Dott. Bry ha dichiarato che quest’ultimo è destinato principalmente a ripristinare la parte dalla laringe tra la base della lingua e il restante collegamento della trachea, agendo tra i due.

A causa del tipo di materiale di cui è fatto, l’anello si inserisce nel tessuto circostante e diventa  parte integrante della gola. La seconda fase dell’installazione della laringe artificiale è stata effettuata un paio di settimane più tardi, nel novembre del 2012. Un dispositivo rimovibile costituito da  una valvola è stata inserita nell’anello tracheale nella bocca del paziente in anestesia generale. Tutto riproduce in parte le funzioni naturali della laringe e il paziente può respirare di nuovo perfettamente.

Per il professor Christian de Bry , questo è il risultato di oltre vent’anni di ricerca. Dopo anni di studi, in cui sono stati sperimentati adeguati biomateriali per la sostituzione della laringe, finalmente è stata scelta una combinazione di titanio solido e poroso, una combinazione di biomateriali aventi tutte le qualità richieste per lo sviluppo di un laringe artificiale. Questo primo intervento apre la strada a un processo che fornisce una nuova fonte di speranza per i pazienti con cancro della laringe.

Alla fine, essi saranno in grado di recuperare la loro capacità di respirare, ma anche di parlare e mangiare normalmente . Per confermare il primo risultato positivo , è in corso in Europa uno studio. Dovranno ancora eseguire numerosi studi clinici prima che l’impianto della laringe artificiale diventi un test di routine.

Attualmente, la chirurgia può offrire ai pazienti solo una tracheotomia permanente che rende impossibile di respirare e parlare normalmente e quindi condurre la stessa vita di tutti gli altri. E se , in casi molto rari , un trapianto della laringe è stato praticato, non si tratta di pazienti affetti da cancro .

Da qui l’importanza della laringe artificiale.

fonte

Graviola: benefici, utilizzi e dove trovarla

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La graviola (conosciuta anche come Corossole o Guanàbana) è il frutto della Annona muscata, pianta appartenente alla famiglia delle Annonaceae, originaria delle Antille e diffusasi in seguito in Asia Meridionale e in Sudamerica, con una presenza minore in Australia e Florida. La graviola è un frutto di grandi dimensioni, il cui peso può raggiungere i 2 chilogrammi.

 

La sua buccia è verde, mentre la sua polpa è di colore giallo. Si tratta di un frutto tropicale dalla polpa molto morbida, che può essere tagliato a metà e gustato direttamente con un cucchiaino, oppure utilizzato per la preparazione di frullati, operazione che avviene abitualmente in regioni come la Colombia e il Brasile.

Non soltanto il frutto, ma anche le foglie, la corteccia e le radici dell’albero che dà origine alla graviola vengono utilizzati per la preparazione di rimedi fitoterapici. Ciò avviene poiché sia nel frutto che nella pianta sono stati individuati da parte degli esperti delle sostanze benefiche, già diventate oggetto di studi clinici tesi a valutarne l’efficacia nella cura delle malattie.

Proprieta’ anticancro

Sin dal 1940 sono stati eseguiti studi sia da parte della medicina convenzionale, che per quanto concerne la medicina naturale, riguardanti le proprietà anticancro della graviola. Alcuni componenti bioattivi contenuti all’interno di essa sarebbero in grado di contrastare l’azione delle cellule cancerogene, senza intaccare le cellule sane.

Da parte dell’Università di Purdue, nell’Indiana, sono stati realizzati degli studi sovvenzionati da istituti statunitensi per la ricerca sul cancro, al fine di stabilire l‘efficacia della graviola nella lotta contro il cancro e di individuarne i principi attivi. La speranza è che gli studi scientifici possano proseguire in tal senso fino all’individuazione di una corretta modalità di utilizzo fitoterapico della graviola al fine di contrastare i tumori.

Proprieta’ antidepressive e antibatteriche

A questo frutto tropicale vengono inoltre attribuite proprietà antidepressive, per via degli alcaloidi presenti all’interno di esso. Anche da questo punto di vista la graviola viene sottoposta a studi scientifici, in modo da verificarne l’efficacia e da individuarne le possibili applicazioni. Alla graviola potrebbero essere inoltre riconosciute ufficialmente proprietà antibatteriche e antimicrobiche, che aprirebbero un nuovo fronte dal punto di vista dell’applicazione del frutto e della pianta per il mantenimento di una buona salute.

Graviola proprieta infografica

Integratore

E’ già possibile acquistare la graviola sotto forma di integratore, in merito al quale si elencano le seguenti proprietà: antibatterico, antielmintico, antispastico, antitumorale, modulante dell’umore, antispasmodico, astringente, citotossico, febbrifugo, insetticida, antipertensivo, bechico espettorante, sedativo, stomachico, vasodilatatore.

In base a quanto sopra elencato, l’assunzione di graviola sotto forma di integratore potrebbe essere adatta per combattere la febbre e le infezioni batteriche, contro gli sbalzi di umore, come sedativo, contro l’ipertensione, per la cura della tosse e delle malattie da raffreddamento.

La graviola appare dunque come un rimedio miracoloso, come un integratore naturale in grado di prevenire e curare alcune malattie più o meno gravi. L’assunzione di graviola viene inoltre consigliata per la cura dei vermi intestinali, in caso di stress e di problemi nervosi, per eliminare i pidocchi, oltre che per tonificare e rafforzare il cuore.

Principi attivi

Nella graviola, sotto forma di integratore, viene registrata la presenza dei seguenti principi attivi. Si tratterebbe di sostanze antiossidanti e selettivamente citotossiche per le cellule tumorali: bis-tetrahydrofuran acetogenins, neoannonin, desacetyluvaricin, bullatacin, asimicin, annoglaucin, squamocin e rollimusin.

Dove acquistarla

La graviola può essere acquistata in erboristeria, anche tramite la vendita online, sotto forma di integratore in compresse, in merito al quale viene consigliata l’assunzione di tre o quattro compresse al giorno dopo i pasti. Il prezzo dell’integratore a base di graviola può variare dai 25 ai 30 euro circa per una confezione da 500 grammi.

Il frutto è coltivato anche nella zona di Reggio Calabria. Per saperne di più leggi qui

Controindicazioni

I dosaggi indicati sulle confezioni degli integratori devono essere rispettati, per evitare un eventuale eccessivo abbassamento della pressione o la comparsa di nausea e vomito. La graviola è inoltre controindicata per le donne in gravidanza, in quanto potrebbe provocare un’attività di stimolazione uterina indesiderata. Chi assume farmaci antidepressivi dovrebbe concordare con il proprio medico le dosi adatte di graviola da assumere. Essa è infine controindicata a coloro che soffrono di ipotensione. I cicli di assunzione di graviola sotto forma di integratore non dovrebbero superare i 30 giorni.

Marta Albè

Per saperne di più si rimanda al documento dell’Università di Purdue

http://www.greenme.it/

Lula batte il cancro

Lula batte il cancro
e pensa già al ritorno
Per i brasiliani è lui il leader ideale

AFP
Luiz Inácio Lula
 
 
Se si votasse oggi l’ex sindacalista vincerebbe al primo turno
PAOLO MANZO
SAN PAOLO
È più sano di prima e con un’energia da leone. A dichiararlo, sono i medici che l’hanno in cura dal 2011, quando gli fu diagnosticato un cancro alla laringe. L’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva torna a riempire le pagine dei giornali anche se, dopo aver ceduto il potere alla delfina Dilma Rousseff, non aveva mai smesso di far parlare di sé.  
 
Per il suo coraggio nell’affrontare la malattia e per il carisma che lo ha portato a tenere conferenze, anche motivazionali, in tutto il mondo.  
Insomma Lula, almeno nell’immaginario collettivo delle classi medio-basse del Brasile, presidente continua a esserlo anche adesso che presidente non è più. Basti pensare alla folla di giornalisti accorsiall’ospedale sirio-libanese di San Paolo per ascoltare dalla viva voce del dottor Kalil Filho quali siano le sue reali condizioni di salute dopo settimane di voci che dicevano che il grande male era tornato a colpirlo, stavolta ai polmoni. «Lula è stato sottoposto a tre tipi di esami – ha spiegato Kalil – e i risultati sono stati normali. Nessuna traccia di cancro. Lo rivedremo per un controllo di routine solo nel 2014».  
 
 
Un lasciapassare importante, quello medico, perché l’ex sindacalista metalmeccanico possa ripresentarsi sulla scena politica in vista delle elezioni presidenziali del prossimo anno. Anche perché la popolarità di Dilma negli ultimi mesi è precipitata dal 65% al 30% a causa soprattutto dell’ondata di manifestazioni che ha attanagliato il Brasile. E se è vero che l’ultimo sondaggio Datafolha l’ha vista in risalita di 6 punti, un «misero» 36% al momento non sarebbe sufficiente per garantirle la vittoria. Al contrario di Lula, il cui gradimento vola al 51%.  
 
Se si votasse oggi, l’ex presidente vincerebbe subito, al primo turno, mentre Dilma sarebbe costretta a un difficile ballottaggio contro Marina Silva, l’ex ministro dell’Ambiente di Lula, già candidata alle presidenziali 2010 e oggi in lizza con il movimento della «Rete». Secondo i sondaggi, è Marina e non Dilma oggi la politica più gradita ai brasiliani, preceduta solo da Lula. Il sindacalista nato povero che ha aiutato i poveri, creando per loro programmi sociali come «borsa famiglia» o «luce per tutti», torna dunque a essere il protagonista assoluto della politica brasiliana. Un leone, com’è spesso soprannominato per la sua voce roca. Del resto, dopo 3 cicli di chemio e 33 sessioni di radioterapia cosa sarebbe per luil’ennesima rielezione? 

Terapie anti-cancro: la curcuma

Francesco Pulpito
Le recenti ricerche scientifiche hanno rivelato le proprietà benefiche della curcuma nelle terapie anti-cancro

La curcuma (curcuma longa) è una spezia di origine indiana. Nota già da secoli nella cucina mediorientale e nel sud-est asiatico è utilizzata diffusamente, per le sue proprietà curative, nella medicina cinese ed ayurvedica. Ma non solo: alcuni studi recenti hanno dimostrato le sue proprietà anti-cancro.

Gli aspetti benefici di questa pianta sono stati recentemente studiati su basi scientifiche presso i laboratori della Jonsson Comprehensive Cancer Center dell’Università di California (UCLA). Gli studi, pubblicati sulla rivista scientifica Clinical Cancer Research, hanno evidenziato l’azione di contrasto di questa spezia alla crescita dei tumori soprattutto nella zona cervicofacciale (bocca, lingua, gengive naso, faringe, laringe e seni paranasali). Le ragioni di questa azione di contrasto vanno ricercate nelle notevoli proprietà anti infiammatorie della curcumina che inibisce la crescita tumorale favorendo la riduzione di citochine (molecole pro-infiammatorie) presenti nella saliva. Inoltre l’uso di questa sostanza non ha dimostrato di avere effetti collaterali sui pazienti.

Naturalmente le capacità straordinarie di questa spezia non sono in grado di sostituire le terapie tradizionali (chemioterapia e radioterapia), ma svolge sicuramente un’azione preventiva e di sussidio.

A livello di prevenzione l’uso della curcumina si è rivelata efficace in quei soggetti a rischio che per le loro abitudini di vita (fumatori, forti bevitori) o per patologie particolari (portatori dell’HPV, Human Papilloma Virus) sono maggiormente esposti al rischio di insorgere di forme tumorali. Benché non si possa considerare una vera e propria terapia anti-cancro, le sue caratteristiche di contrasto e prevenzione possono risultare utili anche nella nostra alimentazione occidentale per insaporire, con effetti benefici, i nostri piatti. Visto che viviamo in un mondo globalizzato cerchiamo di afferrarne gli aspetti positivi che il confronto con altre culture ci offre.

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VERGOGNA! Due farmaci anti-cancro diventano a pagamento: almeno 5.000€ al mese. Ma come si fa?

Per la prima volta in Italia due farmaci oncologici sono in vendita solo a pagamento: chi vuole curarsi deve pagare più di mille euro a settimana. E’ una violazione della Costituzione, ma il governo fa finta di niente(01 luglio 2013)Non se ne è accorto nessuno. Ma presto se ne accorgeranno i malati di cancro. Perché, in barba alla Costituzione, per la prima volta nel nostro Paese, le autorità sanitarie hanno deciso che ci sono malati di tumore ricchi che avranno accesso a due farmaci oncologici, e quelli poveri che dovranno fare senza.

E’ accaduto infatti che il pertuzumab (Roche) e l’afibercept (Sanofi-Aventis) siano stati autorizzati dall’Aifa (Agenzia italiana per il farmaco) il 27 maggio scorso e quindi ammessi in farmacia, ma a totale carico del malato.

Che, se vuole curarsi, dovrà quindi pagare per il farmaco Roche 6.000 euro per le prime due somministrazioni e poi tremila euro ogni 21 giorni; e per quello Sanofi Aventis 4.000 euro ogni tre settimane.

Perché le medicine sono sì registrate e ammesse alla vendita, ma non rimborsate dal Servizio sanitario nazionale. Non era mai successo per gli anticancro, salvavita. Perché se è vero che molti farmaci innovativi sono oggi disponibili in farmacia a pagamento (è la cosiddetta Fascia C), è anche vero che si è sempre trattato di prodotti non salvavita, per i quali, il più delle volte, esiste un’alternativa, ancorché meno potente o meno avanzata.

Il cancro, poi, è di una tale drammaticità che nessuno aveva mai osato nemmeno immaginare che si potessero registrare delle medicine e non metterle a disposizione di tutti i malati.

Non c’è dubbio che l’Aifa ha agito secondo le norme. Anzi, la norma. Sciagurata e passata finora sotto silenzio: quella con la quale l’ex ministro Renato Balduzzi, oggi deputato montiano, ha deciso, nel novembre del 2012, che i farmaci non ancora ammessi al rimborso del Ssn ma verificati come efficaci dalle autorità sanitarie potessero essere venduti in farmacia a chi ha i soldi per comprarseli. “Nelle more”, si dice in gergo.

Ma queste more sono lunghissime: come “l’espresso” ha denunciato più volte, i farmaci innovativi arrivano nel nostro paese con grande ritardo: fino a due anni dall’approvazione europea. Diversi mesi trascorrono mentre l’Aifa rivede i dossier già esaminati e approvati dalle autorità europee e autorizza il farmaco anche nel nostro paese, ma altri mesi passano a definire prezzo e modalità di accesso al mercato. I tempi di questi iter si fanno sempre più lunghi anche perché si allungano i negoziati, con l’Aifa che offre prezzi che le aziende ritengono bassi.

Ed è chiaro a tutti che non ci sono soldi per la sanità, e che, quindi, i negoziati non sono destinati ad accorciarsi. Anzi. Nelle “more”: chi ha i soldi si comprerà il farmaco con gli evidenti benefici terapeutici, chi non li ha lascerà questa vita. E non serve raccontare come, negli Usa e nei paesi senza servizio sanitario universale, le persone si indebitino, vendano la casa, chiedano prestiti per potersi pagare anche solo qualche mese di vita.

E a guadagnarci sono le aziende che inizieranno a vendere il farmaco mesi e mesi prima del suo accesso agli ospedali pubblici. Ma resta l’interrogativo: Balduzzi si è reso conto della drammaticità di quella firma? E non ci vengano dire che è solo “nelle more”, perché una volta infranto il muro della decenza, non si torna più indietro.

Cancro: ebbene sì, in Usa si studia il bicarbonato

Maurizio Blondet – tratto dal sito Effedieffe – http://www.effedieffe.com/

Anzitutto la notizia, segnalata da un lettore: 
«Il National Institute of Healt ha asssegnato un finanziamento di 2 milioni di dollari al dottor Mark Pagel, del Cancer Center dell’Università dell’Arizona, per affinare la sua ricerca sull’uso del bicarbonato di sodio nella terapia del cancro al seno».
Presto «comincerà una sperimentazione clinica sugli effetti del bicarbonato contro il cancro sugli esseri umani. (…) Precedenti ricerche sui ratti hanno dimostrato che il bicarbonato per via orale aumenta il pH tumorale (ossia diminuisce l’acidità) e riduce le metastasi del cancro al seno e alla prostata».

Così, a quanto pare, avrebbe ragione l’oncologo italiano Tullio Simoncini, che è stato radiato dall’Ordine dei medici perchè pretende di trattare il cancro inondando la zona di bicarbonato al 5%.

La notizia americana vendica anche il dottor Stefano Fais, gastroenterologo, che da anni cerca di promuovere il trattamento del cancro con somministrazione di «inibitori della pompa protonica» (nome sofisticato per i comuni farmaci antiacidi, che sono somministrati per l’ulcera). Il dottor Fais è sicuro che tali anti-acidi (lui usa il lansoprazolo) possono addirittura bloccare i tumori che sono diventati resistenti alla chemioterapia; ma non riesce a trovare cliniche disposte ad avviare una sperimentazione clinica su pazienti volontari; e ciò nonostante il dottor Fais non sia affatto un medico «selvaggio», bensì un direttore dell’ufficialissimo Istituto Superiore di Sanità, e più precisamente direttore del Dipartimento dei farmaci tumorali nel suddetto Istituto. Dunque uno che, quando parla, dovrebbe essere ascoltato: invece il dottor Fais s’è spesso lamentato anche sui media di «non riuscire a trovare un ospedale disposto a provare a trattare i cancerosi coi soli antiacidi», ottenendo al massimo che vengano usati insieme alla chemioterapia; anche se adesso sembra che qualcosa stia cambiando in meglio (QeA With Dr Stefano Fais – PPI and Cancer).

Tutti e tre i medici, l’americano Pagel e i due italiani, seguono lo stesso razionale, del resto ben noto a tutti gli oncologi: il tumore prospera in ambiente acido ed anzi lo genera attorno a sé, con ciò favorendo le metastasi; le cellule normali infatti muoiono in quell’alto livello di acidità in cui il cancro cresce. Dunque aumentare l’alcalinità dei circostanti tessuti, con il bicarbonato o gli anti-acidi, contrasta il proliferare delle cellule tumorali e pare che le obblighi ad auto-eliminarsi (apoptosi).

Anche le diete anti-cancro oggi raccomandate – abolizione della carne rossa, dei formaggi fermentati e riduzione delle proteine animali in genere, rinuncia agli zuccheri e carboidrati raffinati, e invece grandi quantità di verdura come cavoli e broccoli – sono diete alcalinizzanti. Il sangue umano, se sano, è lievemente alcalino (pH 7,4), e più è reso «acido» da diete carnee, meno bene ossigena le cellule; il mare è alcalino decisamente (pH 8,1), le acque minerali curative ancora di più (fra 9 e 11).

Dell’efficacia della terapia Simoncini posso testimoniare: un mio conoscente americano con cancro al fegato e pancreas quarto stadio, viene a Roma tutto giallo per ittero – la massa tumorale schiaccia il dotto biliare e lo occlude, sicchè la bile circola nel sangue – e con il prurito insopportabile collegato all’itterizia. Simoncini gli fa praticare una piccola apertura chirurgica sul ventre, e attraverso questa lo stesso paziente si inietta, più volte al giorno, siringoni di acqua e bicarbonato al 5%. Ebbene: in pochi giorni l’ittero scompare e sparisce il prurito, segno inequivocabile che la masssa tumorale s’è ridotta. Purtroppo il paziente è morto qualche settimana dopo a causa di una setticemia, perchè il sistema immunitario di un canceroso è ovviamente indebolito – altrimenti non si sarebbe sviluppato il tumore.

S’intende, quella di Simoncini non è la cura del cancro; esso può tornare. Ma è certo che ha migliorato la qualità della vita, e so di pazienti che sono invece completamente guariti – probabilmente perchè il sistema immunitario, che sorveglia ed elimina le cellule anomale che il nostro organismo produce nella mitosi fin dal loro apparire, aveva superato lo squilibrio, ed era tornato alla sua attiva funzione di «sorveglianza».
Il punto è che nemmeno la chemioterapia è la «cura» del cancro, e pretende di ottenere una riduzione del volume o rallentamento della proliferazione, ciò che a quanto pare Simoncini (e il dottor Fais) ottengono con l’alcalinizzazione dei tessuti, e senza effetti collaterali.

Resta da spiegare questo fatto: come mai in USA, un medico che studia la terapia col bicarbonato riceve un finanziamento pubblico di 2 milioni di dollari, in Italia, viene processato per truffa e omicidio colposo, radiato dall’albo dei medici e disonorato, come si faceva una volta (ora non più) per i medici che procuravano aborti?
In Italia, ai medici ospedalieri è vietato consigliare trattamenti alternativi alla chemioterapia ufficiale per contratto (vien loro fatta firmare una apposita clausola) e sotto pena di licenziamento. Per stroncare la terapia Di Bella, la ministra della Sanità di allora, Rosy Bindi, fece cancellare dal prontuario nazionale i farmaci che Di Bella usava, onde non poterono nemmeno essere prescritti (persino l’innocua melatonina, oggi in vendita nei supermercati, i pazienti dovevano farsela mandare dalla Svizzera). Da ultimo il caro dottor Paolo Rossaro di Padova, che cura con l’acido ascorbico in vena ad alte dosi (un protocollo adottato dalla clinica universitaria del Kansas), è stato sospeso e condannato a pagare 500 mila euro per danni ai parenti di un paziente morto dopo, o nonostante, il trattamento.

Un giorno ci si dovrà spiegare come mai l’oncologia ufficiale, che inietta ai pazienti sostanze che «mettono l’inferno nel corpo dei malati» (com’ebbe a dire il professor Vittorio Staudacher, membro del Comitato Etico dell’Istituto Nazionale dei Tumori), è riuscita a creare in Italia un simile clima di chiusura verso ricerche promettenti, e di persecuzione di chi le sperimenta.
Naturalmente è difficile chiamare in causa per questa situazione Umberto Veronesi, di professione miliardario, e della sua sinistra egemonia nella cancerologia italiana; probabilmente bisogna chiamare in causa i vasti interessi delle multinazionali farmaceutiche, che da queste «cure» ricavano miliardi (ogni malato di cancro costa al servizio sanitario, con gli attuali protocolli chemioterapici, 60-80 mila euro l’anno), di cui Veronesi e la sua covata di oncologi è solo l’espressione.

Non si dimentichi che la conferma che il bicarbonato riduce il volume dei tumori molto meglio che le chemioterapie citotossiche, segnerebbe la fine ingloriosa di schiere di cattedratici universitari, di folle di primarii pagatissimi, e di linee di ricerca fallimentari: tutta gente che diverrebbe inutile. È logico che difendano le loro posizioni, anche a prezzo della vita dei malati.
E tuttavia, come si constata, in USA è ancora possibile sperimentare trattamenti alternativi, senza finire in galera; solo in Italia esistono argomenti-tabù fino al punto che forze di potere, dalla magistratura ai politici ad «oncologi» miliardari, reagiscono a chi prova ad infrangerli distruggendo la persona, professionalmente e umanamente, gli tappa la bocca, li condanna per omicidio (ma quanti ne ha uccisi la chemio? Quanti ne ha uccisi Veronesi? Non si calcola mai).

Alla fine, quella che poteva essere una gloria italiana, e passare alla storia come «protocollo Simoncini» o «protocollo Fais», si chiamerà invece «Protocollo Pagel». Ma anche questo è un evento ricorrente, nella storia italiana.

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