…Andrea Carlo Ferrari, il cardinale scomodo

Chiedi chi era…

…Andrea Carlo Ferrari,
il cardinale scomodo

Nel Parmense, e in Lombardia, gli hanno intitolato vie, piazze, scuole, cinema, ospedali. Non c’è persona, in questi luoghi, anche giovane, che non abbia mai sentito pronunciare queste due parole: Cardinal Ferrari. Molto probabilmente senza sapere però chi sia stato, che cosa abbia fatto. Eppure il cardinal Ferrari, scomparso a Milano, la città di cui fu arcivescovo per 27 anni, il 2 febbraio 1921, è rimasto vivo con le sue opere, con il ricordo che ha lasciato, tramandato di padre in figlio. Perché il cardinal Ferrari fu un grande prelato, un Signore della Chiesa, ma anche uno straordinario prete, che sapeva parlare alla gente, e in particolare ai ragazzi. Un religioso che si trovò perfino in urto con un papa, Pio X, per il suo modo particolare di essere vicino alla gente che poteva sembrare, a quei tempi, al limite dell’eresia.
Allora, chi era davvero il cardinal Ferrari? Innanzitutto un parmigiano. Anzi, un parmense, visto che nacque in una frazioncina di Palanzano, Lalatta, il 13 agosto 1850, da Giuseppe Ferrari e Maddalena Longarini, che lo fecero battezzare con il nome di Andrea. Poi fu un uomo fortissimamente legato al dogma cattolico, che diffuse in ogni modo, prima come semplice prete a Mariano e a Fornovo, poi come Rettore del Seminario di Parma e, più tardi, come Vescovo di Guastalla prima e di Como poi, fino ad essere nominato, il 21 maggio 1894 (da pochi giorni elevato alla porpora cardinalizia) Arcivescovo di Milano. Fu in quell’occasione che assunse, accanto al nome di battesimo, Andrea, anche quello di Carlo, in onore di San Carlo Borromeo. Instancabile. Un vulcano di iniziative, Andrea Carlo Ferrari. Durante la sua vita, secondo il calcolo di uno dei suoi biografi, pronunciò circa ventimila discorsi e scrisse seimila lettere. Aveva un metodo pastorale tutto suo, antesignano in un certo modo di quello di papa Wojtyla che portò la parola di Dio in ogni angolo del globo: ecco, il cardinal Ferrari, prima da vescovo, poi da arcivescovo, appena si trovava al timone di una diocesi, dal primo giorno cominciava a subito a visitare personalmente tutte le parrocchie, per essere vicino alla gente e ai suoi problemi. Fece tra l’altro istituire presso ogni parrocchia un oratorio sia maschile, sia femminile e affrontò il problema dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari. Dotato di ineguagliabile carisma, fu amato dalla gente e un po’ meno, in certi periodi, dalla gerarchia ecclesiastica. Per esempio quando, nel 1898, durante i gravissimi disordini scoppiati a Milano e repressi con il sangue dal generale Fiorenzo Bava Beccaris, fu accusato di essere addirittura fuggito nel giorno più sanguinoso della rivolta con la scusa di una visita pastorale ad Asso. Il generale Bava Beccaris gli scrisse una lettera offensiva e anche la stampa cattolica, con il silenzio del papa, lo denigrò senza complimenti.
Prestò, poi, sul piano pastorale, una particolare attenzione ai problemi del laicato e del suo ruolo nella chiesa. In un’epoca in cui ciò era estremamente innovativo suscitò molte diffidenze negli ambienti curiali che formularono una esplicita accusa di modernismo. Per 5 anni non fu ricevuto dal papa Pio X (Giuseppe Sarto) con il quale ebbe un parziale riaccostamento solo verso la fine del suo pontificato. Solo l’elezione del nuovo papa, Benedetto XV (Giacomo Della Chiesa) , lo tolse dall’isolamento in cui si era venuto a trovare, anche se il clima di ostitilità negli ambienti curiali romani continuò in modo strisciante, anche se meno appariscente.
Solo il tempo dimostrò che il cardinal Ferrari, con la sua missione pastorale aveva in pratica anticipato i temi della riforma della Chiesa. E il pieno riconoscimento lo ebbe molti anni dopo la scomparsa, (avvenuta a causa di un tumore alla gola, che lo tormentò due anni e che lo lasciò privo della voce – si esprimeva scrivendo biglietti-) quando Giovanni Paolo II lo proclamò Beato il 10 maggio 1987.
(Nelle foto, dall’alto: 1) Il cardinale Andrea Carlo Ferrari; 2) Durante una visita pastorale; 3) Benedicente durante la malattia; 4) Negli ultimi tempi della sua vita).

Beato Andrea Carlo Ferrari

La vita del Beato Andrea Carlo Ferrari

Arcivescovo di Milano

Nacque a LALATTA, frazione di PRATOPIANO, nella Diocesi di Parma, il 13 Agosto 1850 da Giuseppe e Maddalena Longarini. Nel 1861 fu accolto nel Seminario di Parma per i primi studi ecclesiastici. Il 20 Dicembre 1873 fu ordinato Sacerdote e il 21 dello stesso mese celebrò la sua prima Messa al santuario della Madonna di Fontanellato. Nel Febbraio 1874 fu nominato Delegato Vescovile (ufficio di parroco) di Mariano, paese presso Parma. Il 4 Luglio dello stesso anno divenne coadiutore dell’Arciprete di Fornovo di Taro. Nell’autunno del 1875 fu nominato Vicario Curato di S.Leonardo, ma subito dopo richiamato in Seminario quale vicerettore del Seminario e professore di fisica e matematica. Nel 1877 divenne Rettore del medesimo Seminario, dove dal 1878 insegnò Teologia fondamentale, Storia ecclesiastica e Teologia morale : nel 1885 dava alle stampe il frutto dei suoi insegnamenti : una Summula theologiae dogmaticae generalis, che prima della fine del secolo conobbe tre edizioni. Il 29 Maggio 1890 venne eletto Vescovo di Guastalla e fu consacrato a Roma dal Card. Parocchi. Esattamente un anno dopo, il 29 Maggio 1891 era trasferito alla sede di Como, dove si distinse per lo zelo, che lo portò a visitare tutta la vastissima Diocesi : “il Vescovino di Como”, come lo chiamava con simpatia il suo vicino, il vecchio buon Arcivescovo di Milano Luigi Nazari da Calabiana. E poi Mons. Nazari morì e il Vescovino, che era fuori Como per la visita pastorale, seppe che a Roma si era deciso per lui come successore. Nel Concistoro del 18 Maggio 1894 fu creato Cardinale prete del titolo di S. Anastasia ed il 21 dello stesso mese nominato Arcivescovo di Milano. Fu in quell’occasione che assunse accanto al suo nome di Battesimo -Andrea- anche quello di Carlo, in onore di S. Carlo Borromeo. Nel Marzo del 1895 iniziò la sua prima visita pastorale, che ripetè cinque volte, non trascurando le parrocchie alpine. Durante le visite rivolgeva più volte la parola ai fedeli, faceva l’esame della dottrina cristiana ai fanciulli, amministrava la Cresima e distribuiva l’Eucaristia, spesso consacrava chiese : qui a Legnano ha consacrato Legnanello, S.Domenico, SS.Martiri e la Madonna delle Grazie. Celebrò il Sinodo diocesano, che non si teneva dal 1687, nel 1902 e ancora nel 1910 e nel 1914, mentre nel 1906 adunò il Concilio Provinciale. Volle inoltre diversi congressi : quello Eucaristico (1-5 Sett.1895), il XV Congresso della Musica Sacra, che fece conoscere il giovane Lorenzo Perosi in occasione delle feste per il XV centenario della morte di S.Ambrogio (maggio-dicembre 1897). Celebrò solennemente il cinquantesimo anniversario del Dogma dell’Immacolata (1904) e delle apparizioni di Lourdes (1908) e nel 1910 organizzò le feste per il terzo centenario della canonizzazione di S.Carlo celebrando anche in quell’occasione un sinodo ed un congresso catechistico. Nel 1913 promosse le “settimane costantiniane”, a ricordo del XVI centenario dell’editto di Costantino. L’Arcivescovo Ferrari s’interessò anche ai problemi sociali, e in omaggio all’enciclica di Leone XIII Rerum novarum istituì in Seminario la cattedra di economia sociale, affidandola al prof. Giuseppe Toniolo dell’Università di Pisa, quindi al prof. Dalmazio Minoretti, che sarebbe diventato poi Cardinale e Arcivescovo di Genova. Sotto il suo impulso, il clero si dedicò con entusiasmo alle opere sociali (casse rurali, società di mutuo soccorso, leghe operaie, agricole, ecc…). Anche la stampa cattolica diocesana ebbe le cure dell’Arcivescovo : al suo arrivo a Milano, essa era rappresentata da due quotidiani in lotta fra loro : L’Osservatore Cattolico, fondato e sostenuto da D. Davide Albertario, campione dell’intransigenza contro lo Stato Italiano, e la Lega Lombarda, che invece era per l’accettazione dell’Italia unita e per il dialogo con essa (guarda guarda…). Il Ferrari tentò la fusione dei due giornali con la fondazione de L’Unione, che si chiamò poi l’Italia (che negli anni ’60 di questo secolo si sarebbe a sua volta fusa con l’Avvenire d’Italia di Bologna, dando origine all’attuale Avvenire.). Nel 1898, durante i gravissimi disordini scoppiati a Milano a causa del malessere sociale, lo si accusò di tutto : di aver fomentato la rivolta in odio allo stato italiano, di essere fuggito nel giorno più sanguinoso della rivolta, con la scusa della visita pastorale che lo attendeva ad Asso, di non avere il coraggio di rientrare in città… il Generale Bava Beccaris, tra una cannonata e l’altra contro gli operai, gli dedicò una lettera sprezzante ed offensiva, la stampa lo denigrò senza complimenti, e si arrivò a spargere la voce che Ferrari era ormai finito, e che il Papa l’avrebbe imboscato in Vaticano. Ferrari non si arrese e restò al suo posto : c’era un’altra tempesta da affrontare, ben più dolorosa, che doveva venirgli dall’interno della Chiesa di lì a qualche anno. Durante la campagna antimodernista (primo decennio del secolo), il Cardinale, così ossequiente alle direttive della S. Sede, fu sospettato di deviazionismo se non proprio di eresia, e come tale pubblicamente attaccato da intransigentissimi giornali cattolici, quali La Riscossa di Vicenza e La Liguria di Genova. Nell’accusa -presa per buona purtroppo dal Papa S. Pio X- vennero coinvolti il seminario e il clero : né le precisazioni dell’Arcivescovo, né le lettere spedite in Vaticano da molti Vescovi e Cardinali servirono a chiarire l’equivoco : il Ferrari allora si chiuse nel silenzio e nella preghiera aspettando che l’ora delle tenebre passasse. E l’ora passò : negli ultimi mesi della sua vita, Pio X fu udito dire :”Su Ferrari ci siamo sbagliati”. Ma fu soprattutto il nuovo Pontefice, Benedetto XV, a consolare l’Arcivescovo. Ma intanto un’altra tribolazione colpiva il Ferrari con tutto il suo popolo, la Prima Guerra mondiale. Durante il periodo bellico, il Cardinale si dedicò alla più attiva carità verso gli orfani, le vedove, le famiglie disagiate, i soldati, i prigionieri, e nella ricerca dei dispersi. E finalmente, anche nell’opinione pubblica più anticlericale, si dissipò il pregiudizio che faceva apparire il Ferrari come antipatriota. Dopo la guerra comparvero i primi sintomi della malattia che lo doveva condurre alla morte : un cancro alla gola. L’Arcivescovo tentò di lavorare fino all’ultimo (era stato laringectomizzato e non aveva più l’uso della parola, e allora scriveva). E quando dovette mettersi definitivamente a letto, il popolo della città e della diocesi pellegrinò ininterrottamente alla sua stanza per ricevere ancora una volta la benedizione del suo pastore. Morì santamente al tramonto del 2 Febbraio 1921, e fu sepolto nel Duomo all’altare della Virgo Potens.

Giovanni Paolo II lo beatificò in S. Pietro, il 10 Maggio 1987.