Il cancro non è uguale per tutti. Sui farmaci innovativi salvavita l’Italia arriva sempre per ultima. Perchè?

Anche di fronte alla malattia non siamo tutti uguali.  Principalmente per questioni economiche ma non solo. Basta nascere dalla parte sbagliata ed un male curabile si trasforma in una condanna senza possibilità d’appello.

L’ultima polemica nel turbolento comparto della sanità pubblica italiana riguarda due farmaci antitumorali innovativi il Pertuzumab e l’Afibercept.  Autorizzati dall’Agenzia nazionale per il farmaco (Aifa) nel maggio scorso e quindi disponibili per il commercio in farmacia ma al momento soltanto a pagamento. I costi di farmaci altamente innovativi come questi sono proibitivi, si parla di migliaia di euro per ogni singolo trattamento,  ne consegue che chi ha i soldi si compra la cura più efficace e chi non li ha si accontenta di quello che passa il servizio sanitario nazionale. Ora la polemica è scoppiata intorno a questi due farmaci ma la questione degli innovativi è vecchia come la sanità pubblica stessa. E se si è arrivati a questo punto è per la pessima gestione delle scarse risorse economiche. Un male antico che però non si riesce a sanare: lo spreco.

I farmaci innovativi devono essere prima approvati dall’autorità europea Ema e poi per quanto riguarda l’Italia dall’Aifa. Una volta compiuti questi due passaggi l’Aifa tratta con le aziende farmaceutiche il prezzo del rimborso da parte del servizio sanitario nazionale e poi ciascuna Regione nella sua autonomia decide come e quando inserire quel farmaco tra quelli che poi saranno somministrati dai vari ospedali che a loro volta si regoleranno in base ai fondi a disposizione.  Tra l’approvazione dell’Ema e quella dell’Aifa possono passare fino a sei mesi. Tra l’approvazione dell’Aifa e l’accordo con le case farmaceutiche altre settimane.  Differenze enormi nei tempi ci sono anche tra Regione e Regione. Alcuni ospedali poi si fermano davanti allo scoglio dei fondi mancanti. Insomma per farla breve come già più volte denunciato dalle associazioni di malati avere il cancro in Francia non è la stessa cosa che averlo in Italia. Non solo. Un malato in Lombardia può avere dal servizio sanitario nazionale un farmaco che invece un altro malato magari in Calabria non ha a disposizione. E’ ingiusto, è crudele ma è così.

Di fronte alle lentezze burocratiche l’ex ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha deciso che un farmaco innovativo potesse essere subito disponibile in commercio in una fascia C speciale Cnn ovvero una fascia a carico del paziente con possibilità di rimborsabilità in un secondo momento o anche subito dell’ospedale qualora entrambi se lo possano  permettere. L’intenzione probabilmente buona: rendere subito disponibile un farmaco  nell’attesa che si sbrigassero le varie procedure burocratiche. Il risultato concreto però è stato che ora abbiamo un farmaco salvavita anticancro in commercio e non soltanto non se lo può permettere il malato ma probabilmente neppure l’ospedale.

Sulla questione sono intervenuti anche i medici. Il Collegio Italiani dei  Primari Oncologi Medici, Cipomo, ha rivolto una lettera aperta al ministro della SaluteBeatrice Lorenzin, proponendo alcuni criteri per una soluzione rapida. Gli oncologi chiedono di semplificare le procedure perchè data la mancanza di chiarezza  sul <percorso con il quale le Regioni e le Aziende Sanitarie procederanno all’acquisizione di questi farmaci > è probabile che si determineranno difformità tra regioni, tra ospedali di una stessa regione, tra ospedali e strutture private. Difformità  inaccettabili per un farmaco antitumorale considerato un salvavita.  Il ministro Lorenzin ha già attivato un tavolo di lavoro al suo dicastero per trovare una soluzione rapida. L’ipotesi avanzata dai tecnici sarebbe quella di creare una sorta di corsia preferenziale per i farmaci salvavita innovativi per renderli disponibili subito a carico del servizio sanitario nazionale nello stesso modo su tutto il territorio. Si può anche ipotizzare che l’ospedale acquisti oggi quel farmaco a quel prezzo con l’impegno dell’azienda produttrice a rimborsare poi la differenza una volta stipulato l’accordo con l’Aifa.

Quello che comunque resta incomprensibile nel caso di farmaci salvavita è perchè nel corso di questi anni non si sia trovata già una soluzione per rendere immediatamente disponibile la preziosa sostanza almeno nei casi delle patologie più gravi.

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