Tumore alla tiroide: relazione con l’esposizione agli ftalati

In uno studio su larga scala effettuato dall’Università del Michigan, è stato scoperto un legame tra le sostanze chimiche chiamate ftalati ed i livelli dell’ormone tiroideo.

La School of Public Health dell’Università del Michigan ha riportato risultati coerenti con un collegamento scoperto in precedenza tra una sostanza chimica chiamata bisfenolo-A (BPA) e i livelli degli ormoni tiroidei. Il BPA è meglio conosciuto per il suo uso in alcune bottiglie di plastica per l’acqua e nei rivestimenti dei cibi in scatola.

I ricercatori hanno utilizzato i dati pubblici del National Health and Nutrition Examination Survey americana per confrontare i metaboliti nelle urine e i valori degli ormoni della tiroide di 1.346 adulti e 329 adolescenti.
In generale, si è riscontrato un maggior impatto sui valori ormonali della tiroide in corrispondenza con alti valori di ftalati e BPA nelle urine, ha dichiarato il professor John Meeker, autore principale dello studio.

In particolare, i ricercatori hanno trovato una relazione inversa tra i marcatori urinari di esposizione e i livelli di ormone tiroideo, il che significa che come le concentrazioni del metabolita urinario aumentano, i livelli sierici di certi ormoni tiroidei diminuiscono.

GLi ftalati e il BPA sono composti chimici che si trovano nei solventi, nei plastificanti e nei prodotti per la casa. Questi ultimi risultati sono coerenti con i risultati di studi precedenti effettuati però su campioni più piccoli.

Il presente studio ha mostrato una forte relazione tra disturbo della tiroide e il DEHP, uno ftalato comunemente usato come plastificante. La ricerca ha dimostrato che si entra in contatto con il DEHP principalmente attraverso la dieta. Ai campioni di urina con un’esposizione al DEHP più alta del 20% è stata associata una diminuzione del 10% di alcuni ormoni tiroidei rispetto ai campioni di urina che avevano un’esposizione al DEHP più bassa del 20%.

I ricercatori hanno esaminato un altro ftalato chiamato DBP, ma nel complesso non hanno trovato una relazione significativa tra l’esposizione e i dati della tiroide. Il DBP è anche un plastificante, ed è utilizzato nei in solventi e nei prodotti per la cura personale.

Gli ormoni tiroidei svolgono un ruolo importante in molte funzioni del corpo, dalla riproduzione, al metabolismo, all’equilibrio energetico.

Mentre lo studio si è concentrato principalmente sugli adulti, questi risultati sottolineano la necessità di ulteriori ricerche sugli adulti, sulle donne incinte e i bambini, ha detto Meeker, perché lo sviluppo fetale e del bambino possono essere particolarmente vulnerabili alle perturbazioni dei livelli degli ormoni tiroidei associati all’esposizione a sostanze chimiche ambientali.

Meeker ha sottolineato anche che lo studio ha dei limiti. Dal momento che i campioni di urina e di siero sono stati raccolti in un unico momento, i ricercatori non hanno potuto parlare di un rapporto causa-effetto; sarebbe meglio infatti seguire le persone nel tempo e raccogliere più campioni, soprattutto perché queste sostanze chimiche metabolizzano in fretta e un prelievo di un momento può non rappresentare la vera esposizione chimica.

http://gaianews.it/salute/tumore-alla-tiroide-relazione-con-lesposizione-agli-ftalati/id=11279

Le paratiroidi

 

    Le malattie delle paratiroidi

   A cura del Prof. Salvatore Minisola


Testo elaborato con la collaborazione di: Dott.ssa Maria Lucia Mascia – Dott. Vincenzo Carnevale

 

Paratiroidi e  Paratormone (PTH)

Cosa sono?

Le paratiroidi sono ghiandole situate nel collo, posteriormente alla tiroide. Generalmente in numero di quattro (due superiori e due inferiori) sono costituite da due tipi di cellule: le principali e le eosinofile (così definite perchè contenenti granuli citoplasmatici che si colorano con l’eosina, un colorante acido).

Fig. 1 e 2 (istologia e anatomia delle paratiroidi)

 

Cosa producono?

Esse secernono il paratormone (PTH) ossia l’ormone che regola il metabolismo del calcio e del fosforo, controllando, di concerto con la forma attiva della vitamina D (1,25diidrossivitamina D3), l’equilibrio fosfo-calcico.

Come funziona ? In quali organi?

La funzione del PTH è di elevare la concentrazione plasmatica di calcio e di diminuire quella del fosforo. La secrezione del PTH da parte delle paratiroidi è regolata direttamente dalla concentrazione plasmatica di calcio: l’aumento della calcemiaprovoca una riduzione della secrezione e deposizione di calcio nelle ossa; la diminuzione della calcemia, al contrario, determina un incremento della sua secrezione e, di conseguenza, del riassorbimento di calcio dalle ossa.

Il PTH esplica la sua azione principalmente su tre organi: osso, rene e intestino.

Nell’osso stimola il rilascio di calcio e di fosforo, nel tubulo renale stimola il riassorbimento di calcio e inibisce quello del fosforo (azione fosfaturica). L’azione del PTH ha sull’intestino è indiretta: l’ormone stimola direttamente il tubulo prossimale renale a produrre la forma attiva della vitamina D, attivando l’enzima 1-α-idrossilasi. L’aumentata sintesi di 1,25diidrossicalciferolo a sua volta si traduce in un incremento dell’assorbimento intestinale di calcio e del riassorbimento osseo; ne deriva un ulteriore incremento del carico di calcio filtrato dal rene ed una minor ritenzione renale del fosforo.

In definitiva le azioni del PTH si traducono in un aumento della concentrazione sierica del calcio e una diminuzione di quella del fosforo.

Le azioni integrate del PTH a livello tubulare ed osseo (azioni dirette) e intestinale (azione indiretta, mediata dal 1,25diidrossicalciferolo) realizzano così una fine regolazione della concentrazione sierica del calcio. D’altra parte, la secrezione del PTH è a sua volta continuamente regolata dai livelli di calcio sierico, che rappresenta il più importante regolatore fisiologico della sua secrezione. Come sopra indicato, l’incremento della concentrazione del  calcio sierico diminuisce la secrezione del PTH, mentre la sua diminuizione ne incrementa la secrezione.

Fig. 3 (omeostasi del calcio nell’organismo)

 

       Paratiroidi e  malattie correlate

Iperparatiroidismo  

E’ una condizione caratterizzata da un’aumentata secrezione di paratormone da parte di una o di tutte le paratiroidi.

Si definisce iperparatiroidismo primitivo la condizione in cui l’aumentata secrezione di paratormone è dovuta ad un aumento e/o iperfunzione  del tessuto paratiroideo, ediperparatiroidismo secondario, quella in cui una carenza di vitamina D (ad es. osteomalacia) o l’insufficienza renale sono responsabili dell’incremento del PTH.

Nell’ipovitaminosi D il paratormone viene fisiologicamente secreto in eccesso per sopperire alla carenza di calcio nell’organismo. Nell’insufficienza renale, invece, l’incremento del PTH ha una patogenesi multifattoriale, legata alla diminuita sintesi di 1,25(OH)2vitamina Dche consegue alla ridotta massa renale e all’incremento del fosforo sierico (causato dalla diminuzione della sua escrezione renale). La riduzione delle concentrazioni di calcio sierico che consegue al diminuito assorbimento intestinale contribuisce all’incremento di secrezione del PTH. Infine, anche gli aumentati livelli di fosforo incrementano direttamente la secrezione del PTH.

Nell’insufficienza renale cronica quindi le paratiroidi vengono continuamente stimolate a produrre PTH e questo può portare ad ipertrofia delle ghiandole e, talora, comparsa di ipercalcemia, il che configura il quadro dell’iperparatiroidismo terziario. 

Iperparatiroidismo primitivo 

L’iperparatiroidismo primitivo è la più comune malattia delle paratiroidi, caratterizzata da una secrezione dell’ormone PTH in eccesso rispetto alle richieste omeostatiche del calcio, con conseguente ipercalcemia.  

E’ causato più frequentemente (80-85%) da un adenoma singolo di una delle quattro ghiandole paratiroidee, più spesso quelle inferiori. Nella maggioranza dei casi si tratta di forme sporadiche. Nei restanti casi la malattia è sostenuta dall’iperplasia di tutti gli elementi ghiandolari, come accade nelle neoplasie endocrine multiple (MEN I e MEN II), in cui si associa il coinvolgimento di altre ghiandole endocrine quali pancreas, tiroide e surrene. Meno del 2% dei casi è invece sostenuto da un carcinoma delle paratiroidi. 

La diagnosi di iperparatiroidismo primitivo è diventata negli ultimi anni sempre più frequente, grazie all’introduzione del dosaggio della calcemia nella routine emato-chimica ospedaliera. Attualmente l’iperparatiroidismo primitivo viene riscontrato sempre più frequentemente in soggetti asintomatici, che non presentano i segni clinici della malattia, in seguito al riscontro casuale di ipercalcemia, ossia di valori di calcio superiori a 10,4 mg/dl. La presenza di valori elevati di  PTH sierico e di ipofosforemia completano il quadro biochimico. Sebbene il PTH incrementi il riassorbimento tubulare di calcio, i pazienti con iperparatiroidismo sono spesso ipercalciurici, ossia hanno un’elevata eliminazione urinaria di calcio. Questo apparente paradosso è legato al fatto che l’ ipercalcemia  determina un incremento del carico di calcio filtrato dal rene e quindi della sua escrezione urinaria, nonostante il maggior riassorbimento tubulare.

La forma sintomatica della malattia, la cui incidenza è oggi drasticamente calata, è caratterizzata dalla classica sintomatologia scheletrica e renaleIl quadro clinico si manifesta con  osteoporosi, ossia una riduzione della densità minerale ossea, soprattutto nei siti scheletrici in cui prevale il tessuto corticale, nonché aumentato rischio di fratture vertebrali, nefrocalcinosi, ossia  una calcificazione diffusa del parenchima renale, specie delle piramidi (oggi meno  frequente) e litiasi renale; quest’ultimo è il dato clinico più frequente nei pazienti sintomatici, in cui l’eccessiva eliminazione urinaria di calcio rappresenta uno dei fattore responsabili della formazione dei calcoli.

Altre manifestazioni cliniche correlate all’ipercalcemia, riscontrate in un terzo circa dei pazienti, sono di ordine neuro-psicologico (intensa astenia, sonnolenza, incapacità a concentrarsi, ansia, depressione), gastro-intestinale (ulcera peptica, dispepsia), cardio-vascolare (ipertensione arteriosa) e neuro-muscolare (mialgie).

Fig. 4, 5 e 6 (siti di fratture scheletriche nell’osteoporosi, riassorbimento subperiostale, ridotta densità minerale ossea)

 

Il tessuto ghiandolare paratiroideo iperfunzionante viene localizzato mediante diverse tecniche: ecografia del collo, metodica di primo livello; scintigrafia MIBI delle paratiroidi (uso del doppio contrasto, Tecnezio 99 per il tessuto ghiandolare e sestamibi per quello paratiroideo, con sottrazione di immagini); RMN del collo. Queste ultime due tecniche sono utili soprattutto qualora le paratiroidi siano ectopiche o localizzate in regione mediastinica.

Fig. 7 e 8 (ecografia del collo e scintigrafia MIBI delle paratiroidi)

La terapia dell’IPP è essenzialmente chirurgica (paratiroidectomia classica o mini-invasiva) e consiste nell’asportazione della ghiandola iperfunzionante. L’intervento è indicato in tutti i pazienti che presentino una complicanza della malattia, come la calcolosi renale, ovvero segni radiologici di severa compromissione scheletrica, quale osteoporosi con presenza o meno di fratture, ovvero ipercalciuria, ossia un aumento della calciuria superiore a 400 mg/die. In tali pazienti l’intervento chirurgico consente un recupero della densità minerale ossea e una riduzione di oltre il 90% della frequenza della formazione di nuovi calcoli, rispetto ai pazienti non operati. Più discussa è l’indicazione chirurgica nei pazienti con la forma lieve o asintomatica della malattia, che è attualmente quella più comune.

Fig. 9 e 10 (tecniche di chirurgia classica e mini-invasiva  di asportazione delle paratiroidi), 11 (adenoma delle paratiroidi), 12 (carcinoma delle paratiroidi), 13 (iperplasia multipla delle paratiroidi).

Ipoparatiroidismo

Mentre una eccessiva funzione del tessuto paratiroideo causa iperparatiroidismo, la sua ridotta funzione determina un quadro di deficit ormonale, noto come ipoparatiroidismo. La forma più frequente è di certo l’ipoparatiroidismo secondario a chirurgia del collo (tiroidectomia e paratiroidectomia), che può comportare l’ablazione o la devascolarizzazione delle ghiandole paratiroidee. Di grande interesse clinico è anche il meno comune ipoparatiroidismo primitivo, il cui riconoscimento è importante soprattutto nei primi anni di vita.

Attualmente si conoscono diverse sindromi ipoparatiroidee primitive:

da deficienza di secrezione di PTH: ipoparatiroidismo post-chirurgico; ipoparatiroidismo idiopatico ( congenito e acquisito); da ipomagnesemia.               Da secrezione di PTH biologicamente inattivo.

Da resistenza al PTH (pseudoipoparatiroidismi)

Ipoparatiroidismo primitivo

Nell’ ipoparatiroidismo primitivo l’ipocalcemia e l’iperfosfatemia, in presenza di una normale funzione renale, sono il risultato di un deficit della secrezione di PTH.

L’ipoparatiroidismo idiopatico isolato insorge in genere con carattere sporadico fra i 3 e i 12 anni, sebbene possa essere evidenziato anche in età adulta e siano state descritte in letteratura anche forme familiari. Nell’ipoparatiroidismo familiare isolato l’età di insorgenza è fra 1 mese e 30 anni e la diagnosi è generalmente posta in età infantile. Si tratta di una forma rara, ereditata con carattere autosomico dominante, recessivo o legato al cromosoma X. In questi pazienti è sempre presente ipercalciuria.

Esistono, inoltre, forme congenite, come la Sindrome di Di George, in cui l’assenza delle paratiroidi si associa a quella del timo, con alterazione dell’immunità cellulo-mediata e frequenti infezioni virali in età infantile. Questi pazienti hanno una facies tipica, con alterazioni auricolari (abbassamento dell’inserzione dell’orecchio) e degli occhi (taglio verso il basso), ipertelorismo e micrognatia. Molti casi sono sporadici, anche se vi sono forme familiari.

Le forme familiari di ipoparatiroidismo possono presentarsi come parte di un disordine multighiandolare complesso (come la sindrome poli-ghiandolare autoimmune) o in associazione a difetti quali, sordità, nefropatia e linfedema. Questi ultimi quadri sindromici sono esemplificati da patologie non ancora ben conosciute, come laSindrome di Barket (linfedema, alterazioni del nervo acustico, prolasso mitralico, brachidattilia e nefropatia) e la Sindrome di Kenney Caffey (bassa statura, osteosclerosi, calcificazione dei nuclei della base e difetti oftalmici).

La  Sindrome polighiandolare autoimmune di tipo I (PGA I) è la più nota tra le forme di ipoparatiroidismo legato a malattie autoimmuni.  Può essere sporadica o familiare, trasmessa con carattere autosomico recessivo. Classicamente si presenta con la triade rappresentata da ipoparatiroidismo, insufficienza surrenalica e alterazioni muco-cutanee (candidiasi), sebbene non sempre i soggetti esprimano il quadro clinico completo. Generalmente la diagnosi è effettuata in età infantile anche se in alcuni casi la malattia si può manifestare dopo i 10 anni di età. Generalmente le manifestazioni cliniche iniziano con le alterazioni muco-cutanee (in genere verso i 5 anni), seguite da ipoparatiroidismo (verso i 9 anni) ed infine insufficienza surrenalica (verso i 14 anni). Anticorpi anti-paratiroide, anti-tiroide e anti-surrene sono frequentemente riscontrabili in tali soggetti.

Pseudoipoparatiroidismi

Alle sindromi ipocalcemiche si ascrivono anche i quadri di pseudoipoparatiroidismo, ossia condizioni cliniche eterogenee caratterizzate da ipocalcemia e iperfosforemia (analogamente a quanto si rileva nell’ipoparatiroidismo primitivo), nonostante siano presenti elevati livelli circolanti di PTH.

Se ne conoscono due forme:                                    

la Sindrome di Albright o pseudoipoparatiroidismo di tipo 1 che si configura clinicamente per una resistenza ormonale multipla con ipotiroidismo, ipogonadismo, ritardo mentale e difetti olfattivi. I pazienti presentano facies tonda, bassa statura, obesità, brachidattilia (brevità metacarpale e metatarsale), ossificazioni sottocutanee eterotopiche (osteoma cutis) ed esostosi (osteodistrofia di Albright).                                  

Lo pseudoipoparatiroidismo di tipo 2 che insorge con un quadro di resistenza renale al PTH e deficit di sintesi di 1,25 (OH)2D3 a livello renale.

La diagnosi è clinica e laboratoristica. Per la diagnosi differenziale fra le varie forme di ipocalcemia è importante eseguire un’accurata anamnesi ed un accurato esame obiettivo del paziente. Il quadro di ipoparatiroidismo è spesso associato ad una storia familiare per tale patologia o alla presenza di disordini endocrini che non accompagnano tale quadro. Un test molto importante nella diagnosi definitiva di pseudoipoparatiroidismo è quello di infusione e.v. di PTH, la cui somministrazione determina una riduzione della fosfaturia anziché un suo incremento.

Come si cura?

Di fronte ad un paziente con livelli di calcio ionizzato sotto la norma (inferiori a 1,12 mmol/l) è necessario intervenire prontamente. Il trattamento delle forme gravi di ipocalcemia con crisi ipocalcemiche (tetania grave, laringospasmo o convulsioni) viene effettuato con la somministrazione di calcio gluconato per via endovenosa. Il trattamento cronico dell’ipoparatiroidismo consiste invece nella somministrazione orale di calcio e di vitamina D. In questi pazienti la concentrazione di calcio deve essere mantenuta fra 8 e 9 mg/dl. Tale concentrazione è sufficiente per prevenire le manifestazioni ipocalcemiche (parestesie alle mani, ai piedi e periorale), senza tuttavia indurre ipercalciuria e formazione di calcoli renali. La forma di vitamina D generalmente utilizzata è il calcitriolo, forma attiva ma con breve emivita.

 

http://www.tiroideonline.eu/Malattie%20Paratiroidi.htm

ROMA, MUORE 63ENNE OPERATO A TIROIDE. IL FIGLIO: “MEDICO CI DISSE TUTTO A POSTO”

Policlinico Casilino

ROMA – Nuovo caso di malasanità nella capitale, dopo la morte di un paziente del Policlinico Casilino, Giancarlo Palmieri, 63 anni, avvenuta il 9 giugno scorso dopo un mese di coma.
La procura ha avviato un’inchiesta sul vicenda e Stefano Moser, chirurgo di guardia in servizio la sera dell’8 maggio scorso, è ora indagato per omicidio colposo. Palmieri era stato ricoverato per un intervento di tiroidectomia retrosternale e l’intervento era perfettamente riuscito. Poche ore dopo l’operazione, secondo quanto riportato nella denuncia alla magistratura fatta dal figlio del paziente con l’assistenza dell’avvocato Maurizio Cecconi, l’uomo iniziò a manifestare però problemi respiratori. Avvisato dagli infermieri il chirurgo di guardia prescrisse la somministrazione per via venosa di Bentelan, senza recarsi, è detto nella denuncia, a visitare il paziente, e quindi senza «esaminare obiettivamente entità e natura dei disturbi rappresentati». Le condizioni di Palmieri cominciarono progressivamente a peggiorare: in particolare si verificò l’irrigidimento del collo. Sollecitato nuovamente dal personale e dai familiari del paziente, Moser «visibilmente infastidito» si legge nella denuncia, visitò Palmieri e alla domanda del figlio se la situazione fosse preoccupante avrebbe risposto: «No», raccomandando «di lasciare in pace il malato, perchè è tutto a posto». Ulteriori timori furono rappresentati dal figlio del paziente nel corso della notte, a fronte delle ripetute difficoltà del genitore a respirare, ma la risposta del chirurgo di turno, è sottolineato nella denuncia, era sempre che «era tutto normale». La situazione degenerò quando Palmieri diede evidenti segni di soffocamento: in particolare la testa e il collo si gonfiarono a dismisura. A quel punto il paziente fu sottoposto ad una Tac, e alle quattro del mattino, ad un nuovo intervento chirurgico nel corso del quale gli fu asportato, dalla tiroide, un grosso coagula da emorragia. Palmieri entrò in coma in quel momento e poi è deceduto. Il pm Gustavo De Marinis, magistrato di turno al momento del decesso, ha disposto il sequestro della cartella clinica e oggi ha affidato al dottor Cipolloni, dell’istituto di medicina legale ‘La Sapienzà, l’incarico di eseguire l’autopsia, che si terrà lunedì prossimo

http://www.leggo.it/articolo.php?id=126588&sez=ITALIA

Guida agli esami della tiroide: consigli pratici

La tiroide, una ghiandola endocrina, che, troppo spesso, si comincia a conoscere e a considerare solo quando viene colpita da patologie o disturbi, più o meno gravi. Per giocare d’anticipo, è importante cogliere alcuni segnali, soprattutto perché le malattie tiroidee più comuni non danno sintomi particolari, e imparare a leggere attentamente leanalisi, per individuare eventualianomalie.

Il primo passo, l’autoesame

Se si considera che le malattie tiroidee più diffuse, nella maggior parte dei casi, non si presentano con sintomi specifici, a eccezione di rigonfiamenti enoduli, l’arma fondamentale della prevenzione è l’autoesame.
 
Imparare a osservare nel modo giusto l’area è importantissimo, ecco come: tenere uno specchio con la mano, guardando la parte del collo subito al di sotto del pomo d’Adamo (prominenza rotondeggiante) e immediatamente al di sopra del giugulo (fossetta posta sopra l’estremità dello sterno), la tiroide è situata in questa zona del collo; chinare leggermente indietro il capo; ingoiare un sorso d’acqua, guardando il collo, fare attenzione a ogni rigonfiamento o protrusione in questa zona mentre si ingoia.
 
E’ consigliabile effettuare questa manovra con costanza e, se si notano anomalie, meglio rivolgersi al medico.
 
Il dosaggio degli ormoni

Il dosaggio degli ormoni è un esame semplice, che, grazie a un prelievo di sangue, consente di verificare la funzionalità della tiroide: è utile per diagnosticare l’ipotiroidismo o l’ipertiroidismo.
 
Il campione prelevato viene analizzato in laboratorio per stabilire il livello nel sangue degli ormoni T3, T4 e THS. In condizioni normali, i tre valori sono in equilibrio. In caso contrario possono verificarsi alcune eventualità: se il THS è aumentato, mentre gli altri due sono diminuiti è probabile che ci sia ipotiroidismo; se, invece il TSH è diminuito, mentre T3 e T4 sono aumentati, probabilmente la ghiandola funziona troppo, ipertiroidismo.
 
L’ecografia

L’indagine morfologica, in grado di fornire informazioni preziose sulla struttura della tiroide, utili per accertare la presenza di noduli, gozzo, malformazionidovute a tumore, è l’ecografia.
 
I protagonisti di questo mezzo diagnostico sono gli ultrasuoni, che, emessi da un apposito strumento, sono indirizzati verso la tiroide e restituiscono, grazie all’elaborazione fatta da un altro apposito apparecchio, le immagini della zona interessata del collo, evidenziando formazioni anomale.
 

http://www.tantasalute.it/

Giornata Mondiale della Tiroide

 

25/05/2011

 

Medici ed associazioni di pazienti saranno a disposizione per fornire informazioni sulle malattie reative alla tiroide e su come fare una corretta prevenzione. 

Il punto centrale della giornata sarà trasmettere le informazioni di una corretta alimentazione soprattutto in relazione al consumo di sale iodato il cui uso riduce la frequenza della patologie della tiroide: nel 2010 il 55% della popolazione italiana era carente di iodio.

 

Gravidanza, rischio endocrinopatie Disfunzioni della tiroide e diabete possono complicare la gestazione

Il rischio di endocrinopatie nel corso della gravidanza è sempre più reale visti gli ultimi dati. Ne abbiamo parlato con il direttore dell’unità di Endocrinologia del Policlinico Gemelli di Roma, Alfredo Pontecorvi.
Quali sono le principali endocrinopatie in gravidanza ? Il diabete mellito e le malattie della tiroide sono le più diffuse? 
La gravidanza comporta numerosi cambiamenti endocrini e metabolici, che derivano da alterazioni fisiologiche al confine tra madre e feto. L’interfaccia feto-placentare è un importante sito di produzione e secrezione di proteine ed ormoni che regolano secondo meccanismi di feed-back l’intero sistema di ghiandole endocrine ed il metabolismo. Tra le principali e più diffuse alterazioni di questo complesso meccanismo annoveriamo quelle che riguardano la funzione della tiroide e la regolazione della glicemia. Durante la gravidanza, infatti, si 
infatti, si assiste ad aumentate richieste di ormoni tiroidei (necessari per lo sviluppo fetale) e questo rende conto dell’alta percentuale di future mamme in cui si riscontrano alterazioni degli ormoni tiroidei. Anche il metabolismo del glucosio subisce un profondo cambiamento, con l’instaurarsi una condizione di insulino-resistenza relativa che può modificare il costante apporto di substrati energetici fondamentali per lo sviluppo fetale.

Le gravidanze che presentano endocrinopatie sono aumentate negli ultimi anni? In che percentuale? Se sì quali sono le cause? 
Secondo le ultime statistiche nazionali, le endocrinopatie sono in aumento durante la gestazione. Questo incremento può rendere conto sia di una reale aumentata incidenza sia di una migliore e precoce diagnosi. Tra queste ricordiamo l’ipotiroidismo subclinico in pazienti con precedente diagnosi di tiroidite di Hashimoto. In aumento appare anche il diabete gestazionale (una forma di diabete che viene con la gravidanza e termina con il parto), a causa di un’incrementata incidenza di obesità e sindrome metabolica in epoca pre-gestazionale, quindi in una parte di popolazione già con fattori di rischio per patologia diabetica.
Quali sono i paesi che hanno il maggior numero di endocrinopatie in gravidanza? 
Come prima accennato, dato che obesità e sindrome metabolica sono fattori di rischio e condizioni “predittive” di diabete mellito, l’incidenza di diabete gestazionale raggiunge livelli importanti (come complicanze mediche materno-fetali ma anche costi economici e sociali) in paesi con maggiore presenza di popolazione obesa, come appunto Stati Uniti ed alcune regioni italiane, come la Campania e la Calabria. 
Quali sono i primi sintomi che avverte una donna in gravidanza affetta da endocrinopatie?
Purtroppo, come si assiste anche nel diabete mellito diagnosticato in età adulta, tale patologia è asintomatica. I sintomi compaiono soltanto quando la patologia è in stadi avanzati, cioè quando sono presenti complicanze. Da qui appare fondamentale effettuare screening a tutte le future mamme, soprattutto in quelle con fattori di rischio e familiarità positiva per diabete mellito.
Alcune endocrinopatie scompaiono dopo il parto? 
Così come alcune endocrinopatie compaiono con la gestazione, a completamento della stessa si esauriscono i meccanismi che hanno portato alla comparsa delle patologie a carico delle ghiandole endocrine. Questo si verifica per quasi tutte le condizioni come per esempio l’ipotiroidismo subclinico che può andare in remissione per riduzione del fabbisogno degli ormoni tiroidei. Ugualmente per il diabete gestazionale, ma la cui comparsa rappresenta un consistente campanello d’allarme per il futuro.
Quali conseguenze ci sono per il feto? 
La terapia ormonale sostitutiva in corso di tiroidite cronica o ipotiroidismo, per esempio, se non praticata correttamente o diagnosticata tardivamente, può determinare iposviluppo fetale, deficit neurologici nella maggior parte dei casi irreversibili. Nello stesso modo, se l’iperglicemia cronica non è corretta adeguatamente, può causare macrosomia fetale e patologie ginecologiche dell’ultimo trimestre ed ostetriche.
Le cure farmacologiche per le endocrinopatie in gravidanze possono arrecare danno al feto? 
Le terapie effettuate di routine in caso di endocrinopatie non sempre possono essere impiegate con sicurezza in gravidanza, ma bisogna valutare gli effetti che esse hanno sul feto, il grado di passaggio placentare e di potenziali danni fetali che essi possono causare. Bisogna, in definitiva, effettuare un’accurata valutazione del rapporto rischi/benefici della somministrazione di tali terapie alle donne in gravidanza, prendendo soprattutto in considerazione gli eventuali effetti teratogeni dei farmaci utilizzati nel trattamento delle endocrinopatie. La maggior parte, però, rappresentano solo la sostituzione di ormoni (quindi non si tratta di farmaci ma di sostituire gli stessi “naturali” che mancano) non solo non arrecano danni ma anzi ne salvaguardano la salute.
Si possono prevenire le endocrinopatie in gravidanza? In che misura? 
Le endocrinopatie in gravidanza non si prevengono, piuttosto si diagnosticano precocemente. Le uniche per cui si può parlare di reale beneficio della prevenzione è l’ipotiroidismo, con la valutazione dell’assetto degli ormoni tiroidei soprattutto in epoca pre-gestazionale, e il diabete mellito, valutando familiarità, fattori di rischio presenti e stile di vita (alimentazione ed attività fisica).
Quali sono le ultime novità sugli studi endocrinopatie in gravidanza? 
Le ultime novità, purtroppo, non riguardano nuove prospettive terapeutiche, bensì la possibilità di trattare adeguatamente e precocemente soggetti a rischio. In tal senso nel 2010 sono state pubblicate le nuove linee guida per la diagnosi del diabete gestazionale, strumento efficace e di facile diffusione per la diagnosi e la terapia delle alterazioni del metabolismo glucidico.

Leggi altre informazioni
Puoi fare una domanda agli specialisti delforum e iscriverti alla newsletter, riceverai ogni settimana le notizie più importanti per la tua salute. 
23/05/2011

http://www.italiasalute.it/1605/h/Gravidanza-rischio-endocrinopatie.html

SECONDO GLI ENDOCRINOLOGI SPERANZE DA FARMACI DI ULTIMA GENERAZIONE CARCINOMA ALLA TIROIDE: IN ARRIVO NUOVE TERAPIE

CARCINOMA ALLA TIROIDE: IN ARRIVO NUOVE TERAPIE

Montesilvano – L’agenzia del farmaco statunitense (FDA) ha registrato il primo farmaco per il trattamento del carcinoma midollare della tiroide avanzato, il vandetanib. Si aspetta che rapidamente si abbia l’approvazione dello stesso farmaco anche in Europa. E’ quanto affermano gli endocrinologi riuniti al Congresso nazionale di Montesilvano. “Il cancro della tiroide rappresenta la piu’ frequente neoplasia del sistema endocrino ed e’ uno di quelli che ha il maggior aumento d’incidenza nel mondo, (probabilmente grazie ad una diagnosi precoce mediante l’esecuzione sempre piu’ diffusa dell’ecografia del collo)” illustra l’endocrinologo Furio Pacini dell’universita’ di Siena. Negli ultimi 10 anni – spiega – alcune novita’ sono state introdotte nella pratica clinica sia a livello diagnostico sia terapeutico. A livello diagnostico – ricorda – va citata la scoperta di un farmaco (Thyrogen), che permette di accertare la presenza o l’assenza di malattia residua senza dover sospendere la terapia ormonale che questi pazienti assumono quotidianamente per sopperire alla mancanza di tiroide. Questa nuova metodica rappresenta un grosso vantaggio preservando la qualita’ di vita del paziente. A livello terapeutico, la principale novita’ e’ rappresentata dallo sviluppo di nuovi farmaci capaci di bloccare la progressione di malattia nei pazienti con metastasi. Si tratta – spiega Pacini – di nuovi farmaci biologici (inibitori delle tirosino-chinasi) che in ambito sperimentale si stanno dimostrando efficaci nel bloccare la crescita tumorale, ottenendo risposte parziali nel 20-35 per cento dei casi e stabilizzazione di malattia nel 34-68 per cento dei casi”.
  .http://salute.agi.it

Ipertiroidismo: l’Iperattività della Ghiandola tiroidea

Ci sono diversi trattamenti disponibili ed efficaci per tutti i tipi comuni di ipertiroidismo. Alcuni dei sintomi di ipertiroidismo, come i tremori e le palpitazioni che sono causati da un eccesso di ormone tiroideo che agisce sul sistema cardiaco e nervoso, possono essere contrastati entro un certo numero di ore con farmaci chiamati beta-bloccanti, per esempio, il propranololo.

Ipertiroidismo: l’Iperattività della Ghiandola tiroideaQuesti farmaci bloccano l’effetto degli ormoni tiroidei, ma non hanno un effetto sulla tiroide stessa, quindi i beta-bloccanti non curano l’ipertiroidismo e non diminuiscono la quantità di ormoni tiroidei che si producono, ma evitano solo alcuni dei sintomi. Per i pazienti con forme temporanee di ipertiroidismo (eccesso di tiroidite o che sta prendendo farmaci per la tiroide), i beta-bloccanti possono essere l’unico trattamento richiesto. Una volta che la tiroidite si risolve e se ne va, il paziente può smettere di prendere questi farmaci.

I farmaci anti-tiroide

I pazienti con forme di ipertiroidismo sostenute, come il morbo di Graves o il gozzo nodulare tossico, i farmaci anti-tiroide sono utilizzati spesso.

L’obiettivo di questa forma di terapia farmacologica è quello diprevenire  la produzione di ormoni da parte della tiroide.

Due comuni farmaci di questa categoria sono il metimazolo e il propiltiouracile ed entrambi effettivamente interferiscono con la capacità della ghiandola tiroide di produrre ormoni. Una volta assunti regolarmente, questi farmaci sono di solito molto efficaci nel controllare l’ipertiroidismo in poche settimane.

I farmaci anti-tiroide possono avere effetti collaterali quali eruzioni cutanee, prurito, febbre, ma questi effetti sono rari. Molto raramente, i pazienti trattati con questi farmaci possono sviluppare infiammazione del fegato o una carenza di globuli bianchi, pertanto, chi assume farmaci antitiroidei deve essere consapevole di dover sospendere i farmaci e chiamare immediatamente il medico se sviluppano ingiallimento della pelle, febbre alta o un grave mal di gola. La principale carenza dei farmaci antitiroidei è che l’ipertiroidismo sottostante ritorna spesso dopo la loro interruzione. Per questo motivo, a molti pazienti che soffrono di ipertiroidismo si consiglia di prendere in considerazione un trattamento che impedisca definitivamente alla ghiandola tiroide di produrre troppi ormoni tiroidei.

http://it.paperblog.com/ipertiroidismo-l-iperattivita-della-ghiandola-tiroidea-390626/

Controllare la tiroide in gravidanza

Screening alla tiroide
Uno screening alla tiroide è molto importante anche in gravidanza

Durante la gestazione, ma anche prima di rimanere incinta, ogni donna dovrebbe effettuare un accurato screening della tiroide per escludere eventuali patologie che, frequentemente, si verificano dopo la nascita del bambino.

Questo è quanto emerso da un recente studioche ha voluto proprio verificare i legami tra la gravidanza e alcune malattie che riguardano la tiroide, spesso presenti nelle donne anche a distanza di due anni dal parto e in totale assenza di sintomi. A condurre la ricerca è stato un tema appartenente alla Charles University di Praga, che ha presentato i risultati all’European Congress of Endocrinology.

Sottoponendo 200 donne a specifici esami relativi all’area tiroidea, sia prima sia dopo il parto, i ricercatori hanno potuto verificare come metà delle pazienti presentava un determinato marcatore indicativo di possibili patologie per la tiroide. Un terzo delle partecipanti allo studio, invece, ha effettivamente sviluppato patologie nei ventiquattro mesi successivi alla nascita del figlio.

“Le donne che pensano di avere un bambino dovrebbero fare il test per la funzione tiroidea e per l’autoimmunità della tiroide. Questo potrebbe permettere di curare più efficacemente decine di migliaia di donne e i loro bambini”.

 

Solo un paio di anni fa, inoltre, un altro studio portato avanti dall’Istituto di Endocrinologia dell’Università Cattolica di Roma, ha messo in evidenza come in gravidanza gli ormoni tiroidei della mamma vengono trasmessi al feto e agiscono in relazione allo sviluppo del cervello. Ci sarebbe quindi un legame stretto tra le funzionalità tiroidee della donna e le futurecapacità cognitive del bambino.

Sembra infatti che, in presenza diipotiroidismo, alcune mamme abbiano partorito neonati con leggeri deficit di apprendimento. Un motivo in più per tenere sotto controllo la tiroide durante la gestazione, periodo nel quale si possono verificare disfunzioni, effettuando screening accurati, ecografie e analisi del sangue. Tre donne su dieci, inoltre, manifestano una patologia chiamata tiroide post partum che generalmente compare entro un anno dal parto e nella maggioranza dei casi si riassorbe spontaneamente.

http://www.diredonna.it/controllare-la-tiroide-in-gravidanza-38025.html

Tiroide: ecco il dossier interattivo Scorri le immagini

(dossier a cura di Miriam Cesta e Cosimo Colasanto)
Videointerviste, articoli di approfondimento, schede, gli esami utili, un dizionario delle parole-chiave: è il dossier interattivo di Salute24 dedicato alla tiroide
Gravidanza – La tiroidite post-partum è una forma di infiammazione autoimmune della ghiandola tiroidea che puà essere legata alla depressione dopo la gravidanza. Ne parla Piernicola Garofalo, il presidente dell`Ame, l`Associazione medici endocrinologi (clicca qui per l`intervista).
Non solo neo-mamme. Si stima che in ogni famiglia almeno 1 componente abbia problemi legati alla tiroide con una frequenza nettamente maggiore, per motivi ormonali, tra le donne rispetto agli uomini (6 a 1). (fonte AME)
Bambini – E poi ci sono le disfunzioni tiroidee dipendenti dal sovrappeso in età infantileadolescenziale su cui si è pronunciato un gruppo di studiosi italiani dell`Università di Cagliari, che in una ricerca pubblicata su Hormone Research In Pediatrics mettono in evidenza come sia l`obesità infantile a destare squilibri tiroidei e non il contrario, come generalmente si è portati a credere (guarda il video).
Ipertiroidismo, ipotiroidismo, noduli tiroidei
: importante è sapere di che disturbo si soffre (consulta le FAQ) e quando doversi sottoporre a intervento chirurgico (guarda il video dell`esperto) e quando, invece, si possono trarre benefici dal sale iodato
Giovani – La funzionalità della tiroide è anche associata all`insorgenza dell`ictus ischemico: da un recente studiocondotto dai ricercatori di Taiwan e pubblicato su Stroke, una delle riviste ufficiali dell`American Heart Association, risulta infatti che per i giovani tra i 18 e i 44 anni che soffrono di ipertiroidismo il rischio di sviluppare un ictus ischemico aumenta del 44% rispetto ai coetanei la cui tiroide è normalmente funzionante.

di Cosimo Colasanto

http://salute24.ilsole24ore.com/articles/8910-tiroide-ecco-il-dossier-interattivo-scorri-le-immagini