Esami del sangue: valutazione della funzionalità della tiroide

Ematologia

Esami del sangue: valutazione 
della funzionalità della tiroide

Come leggere valori e risultati delle analisi del sangue

Quando vai a fare gli esami del sangue, le analisi fanno luce su vari aspetti della tua salute. Si può valutare per esempio il funzionamento della tiroide, la ghiandola endocrina situata nel collo davanti alla laringe e alla trachea che, attraverso la produzione delle iodotironine (T4 e T3), regola il metabolismo basale e la sintesi di proteine essenziali per l’organismo. Le patologie più comuni sono ipotiroidismo e ipertiroidismo

Ecco quali sono i valori nella media e cosa significano eventuali variazioni che trovi nei risultati dell’esame del sangue. Ricorda sempre però che il referto deve essere controllato e interpretato dal tuo medico. 

• TSH: è un ormone prodotto dall’ipofisi e che regola il funzionamento della tiroide. Stimola la tiroide e la formazione degli ormoni T3 e T4. 
Uomo/donna: 0,2-0,4 microIU/millilitro 
Valori maggiori: ridotta secrezione di ormoni tiroidei, asportazione della tiroide 
Valori minori: eccesso di ormoni tiroidei in circolo, trattamenti farmacologici (aspirina, eparina, glicocorticoidi, steroidi) 

• Tiroxina libera (FT4)
Uomo/donna: 5-12 mg/decilitro 
Valori maggiori: eccesso di ormoni tiroidei in circolo, tumori bronchiali e pancreatici 
Valori maggiori: ridotta secrezione di ormoni tiroidei, trattamenti farmacologici (corticotropina, cortisone, testosterone) 

• Tri-iodotironina libera (FT3)
Uomo/donna: 80-180 mg/decilitro 
Valori maggiori: eccesso di ormoni tiroidei in circolo, tumori bronchiali e pancreatici 
Valori maggiori: ridotta secrezione di ormoni tiroidei, trattamenti farmacologici (corticotropina, cortisone, testosterone)
OK Salute e benessere

DAY HOSPITAL /1. Cominciamo dall’otorinolaringoiatra

di Andrea Brivio

LECCO – Inauguriamo con questa prima puntata di “Day Hospital”,  il viaggio di Lecco Notizie all’interno dell’Ospedale Manzoni che ci porterà a conoscere, ogni venerdì, tutti i reparti e il personale medico della struttura ospedaliera lecchese, per scoprire, insieme ai nostri lettori, la realtà sanitaria del nostro territorio.

L’approfondimento prende il via dal reparto di Otorinolaringoiatria: il suo nome, oltre a risultare un vero e proprio scioglilingua per i non addetti ai lavori, nasconde in sé una vasta attività chirurgica, che spazia dai trattamenti medici delle patologie di naso, orecchio e collo, a più complesse operazioni oncologiche per tumori alle vie respiratorie ed alla tiroide.

A farci da guida nel nostro primo tour al Manzoni è il primario dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria di Lecco e Merate, il Dottor Renato Piantanida, 55enne medico di Gallarate.

Da oltre un decennio a capo del struttura medica lecchese, il Dottor Piantanida ha eseguito oltre otto mila interventi tra l’ospedale di Lecco e quello di Circolo di Varese, dove ha lavorato per circa 15 anni prima di giungere al Manzoni. Vice presidente della Società Italiana di Otorinolaringoiatria Pediatrica, è autore e co-autore di oltre novanta pubblicazioni scientifiche, oltre ad essere stato relatore in ben 120 congressi nazionali ed internazionali, inoltre dal 2004 è delegato italiano all’Unione Europea Medici Specialisti.
Ad accompagnarlo nell’attività del reparto ci sono i Dottori Paolo Lovotti, Sergio Valentini, Sebastiano Mininni, Matteo Giovari e le Dottoresse Eleonora Casati e Ida Fuoco.

Il direttore ha conosciuto i cambiamenti affrontati dalla struttura, che da reparto indipendente è confluito nel 2009 in un’area di degenza comune, quella della Chirurgia, a seguito della riorganizzazione in campo sanitario dettata dalla Regione.

Al di la della novità organizzativa, ci sono peculiarità dell’unità operativa che non sono cambiate nel tempo, tra queste le operazioni alle adenoidi e alle tonsille, che tuttora si confermano i trattamenti più richiesti dagli utenti: “Nonostante gli anni passino, la chirurgia otorinolaringoiatria pediatrica resta quella più frequente. Sicuramente c’è stata una limitazione significativa degli interventi, una riduzione di circa un quarto a livello mondiale nell’arco di 20 anni. Ciò non di meno, ci sono delle situazioni oggi ben definite dalle linee guida del ministero nelle quali la procedura chirurgica resta la soluzione più opportuna e queste sono ancora numerose”, spiega il Dottor Piantanida. Solo nei primi cinque mesi del 2012, tra il Manzoni e il Mandic, sono già state eseguite 80 operazioni alle tonsille e alle adenoidi, per una media di mille interventi l’anno.

Il punto di forza dell’otorinolaringoiatria lecchese è però rappresentato dalla Chirurgia Oncologica, che si avvale della collaborazione di radioterapista e oncologo medico per visite ai pazienti, diagnosi e trattamenti post-operatori collegiali. “E’ sicuramente un’offerta che non esiste ovunque – preosegue il Primario – e che qui è attiva dal 2000; un servizio per il quale siamo molto orgogliosi”.

I tumori più diffusi sono quelli delle prime vie respiratorie: cavo orale, bocca, laringe, faringe; un capitolo a parte sono i tumori della tiroide, questi ultimi in aumento vertiginoso; l’anno scorso sono stati compiuti circa 80 interventi, nel 2000 solo quattro”. Nonostante l’allarmante evoluzione del fenomeno, le neoplasie della tiroide riescono ad essere sconfitte con maggiore frequenza rispetto a quelle delle mucose: “Esiste una distinzione notevole tra l’andamento delle due tipologie di tumore – evidenzia Piantanida – in particolare, nei tumori alle prime vie respiratorie la sopravvivenza complessiva si aggira tra il 50 e 70%; i tumori della tiroide invece, se trattati bene chirurgicamente e con il complemento della medicina nucleare, possono raggiungere sopravvivenze del’80-90%. In ogni caso, tali soglie sono ben superiori ad altri tipi di tumori come al polmone e al pancreas, dove i numeri sono ben più drastici”.

Le cause di tali mali vanno ricercati nell’abuso di fumo e alcool, per quanto riguarda le vie respiratorie; ancora incerte nel caso della tiroide, una malattia trasversale che colpisce i bambini quanto soggetti adulti e anziani:

“A lungo si è studiato il legame tra la malattia e l’esposizione alle radiazioni, per questo si ci aspettava una pesante ricaduta con la disgrazia di Chernobyl; i numeri, in quel caso, sono aumentati ma non con l’intensità prospettata. Non c’è, per fortuna, questo tipo di accostamento sicuro, che è risultato più visibile nell’ambito territoriale dell’Ucraina e della Bielorussia; in realtà, l’aumento della malattia c’è stato in tutto il mondo, negli Stati Uniti come in Cina, ma non è possibile rilegarlo a quell’avvenimento. La connessione sicura con il fenomeno era legata alla popolazione degli anni ’50 – evidenzia il dottore – quando l’uso delle radiazioni in campo medico non seguiva norme protezionistiche rigorose quanto quelle odierne. Ciò rimane nei libri come retaggio storico, ma non è più attuale e ad oggi non è possibile affermare con certezza questa relazione”.

L’unità di Otorinolaringoiatria non si occupa solo di patologie curate attraverso la chirurgia, bensì anche di fratture al naso ed altri tipi traumi o patologie che non asseriscono necessariamente in una procedura chirurgica. Tra le principali attrezzature utilizzate per le visite agli utenti, gioca un ruolo fondamentale il fibrolaringoscopio, attrezzato nella sala dell’otomicroscopia e fibroendoscopia, che permette di evidenziare eventuali lesioni della laringe.

Il reparto lecchese offre un ulteriore servizio mirato, grazie alla scelta di mantenere attiva la figura storica dell’audiovestibologo, soppressa in altre realtà ospedaliere: si tratta di un medico otorino specializzato nei disturbi dell’equilibrio e dell’udito, impiegato in particolare nelle prove di adattamento delle protesi acustiche. Un settore in evoluzione con oltre 6 mila visite di audiovestibologia nello scorso anno e 172 prescrizioni di protesi uditive (queste ultime in aumento di 72 unità rispetto al 2010).

Inoltre, da circa otto anni, l’ospedale attua lo screening audiologico universale sui neonati, valutando, attraverso appositi macchinari, la funzionalità uditiva del soggetto. “Questo permette di intercettare in tempi molto precoci le sordità congenite nel piccolo. Procedere tempestivamente alla protesizzazione evita che il bambino diventi sordomuto”. Il servizio è offerto sia al Manzoni che al Mandic così, ad esclusione dei nati in cliniche private, può coprire tutti i bambini concepiti in Provincia di Lecco.

Complessivamente, lo scorso anno, l’unità di Otorinolaringoiatria ha eseguito circa 15 mila prestazioni ambulatoriali a Lecco e 7500 a Merate; mille le operazioni chirurgiche per un totale di 1200 ricoveri ospedalieri. Non pochi i pazienti che hanno deciso di omaggiare i medici del reparto per il loro operato, inviando biglietti di ringraziamento ora affissi in reparto. Non nasconde la soddisfazione il dottor Piantanida: “Lavoriamo per questo – ammette – Siamo orgogliosi di poter offrire e gestire in maniera autonoma un servizio completo all’utente quale non è costretto a cercare in altri presidi ospedalieri ciò che invece può trovare nella nostra struttura. Oltretutto, l’integrazione con l’ospedale di Merate ha permesso di ridurre sensibilmente i tempi di attesa, per cui una patologia minore viene operata entro tre mesi, con una priorità maggiore di 30 giorni per tumori o gravi situazioni nel bambino”.

Tiroide, attenzione allo iodio e allo stress da rientro

Stress nelle donneCon l’estate che volge al termine, attenzione ai segnali di disturbi tiroidei. Lo stress da rientro infatti può provocare, soprattutto nelle donne, un’accentuazione di questo disturbo. I segni sono pelle lucida, nervosismo, variazioni del peso corporeo. Sono tutti segnali che fanno da spia ai problemi alla tiroide.

Lo ha detto il prof. Adriano Redler, preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria e direttore del Dipartimento Assistenziale Integrato di Chirurgia Generale “R. Paolucci” del Policlinico Umberto I di Roma, nell’ambito del programma di prevenzione ”Pass rosa”.

Solo nell’ultimo anno, ha detto Redler, ”abbiamo visitato oltre 1200 donne, scoprendo che l’80% di loro soffre di disturbi della tiroide: non vere e proprie patologie di distiroidismo, ma disomogeneità del parenchima tiroideo. L’80% del totale significa 3 donne su 4 in età fertile, un numero elevatissimo su un campione preso a caso di lavoratrici tra i 25 e 50 anni, chiamate ad eseguire questo screening”.

E la vacanza può giocare un ruolo nei disturbi alla tiroide. Una vacanza ‘sbagliata’ infatti per il paziente ipertiroideo, può causare disturbi, ad esempio con l’assunzione di troppo iodio che moltiplica l’attività di questa ghiandola.

“Il paziente ipertiroideo, quindi, andando al mare e respirando iodio – sottolinea Redler – getta benzina sul fuoco. Questo provoca eccitazione, porta a soffrire di più il caldo, a sviluppare un senso di allerta continuo di panico e angoscia, e il cuore batte più forte. Questo genere di paziente, dunque, è meglio che per le ferie si rechi in collina o in montagna, dove domina il verde, colore più tranquillo e rilassante dell’azzurro del mare e del cielo”.

L’ipotiroideo, al contrario, secondo Redler deve andare al mare, svolgere attività sportiva moderata. Deve prendere il sole, consumare cibi ricchi di iodio, appunto la ‘benzina’ per far produrre l’ormone tiroideo, che si assume anche consumando più pesce. Sarebbe anche meglio limitare il consumo di carboidrati come pasta, pizza e pane, e bere tanta acqua naturale.

http://gaianews.it

Recuperare voce, gusto e olfatto dopo l’intervento si può

 

Quando un tumore interessa zone delicate come bocca, naso, gola: strategie per ritrovare una buona qualità di vita

 

MILANO – La riabilitazione dopo le cure per un tumore è un passo spesso indispensabile per recuperare una buona qualità di vita. Quando ad essere toccate dalla malattia sono zone delicatissime, come quelle del viso, è comprensibile ce la faccenda sia ancora più delicata. Gli organi colpiti dai tumori della testa e del collo (bocca, lingua, gengive, faringe, laringe, naso, seni paranasali e ghiandole salivari), infatti, sono coinvolti in processi vitali, oltre ad essere molto importanti nella percezione estetica che ogni persona ha di se stessa. Negli ultimi 20 anni la ricerca medico-scientifica ha cercato di individuare le strategie terapeutiche più adatte a conservare l’integrità e le funzioni di questi organi, oltre alla possibilità di preservare le capacità sensoriali dell’individuo. Molto può però essere fatto anche con una buona riabilitazione, «ma in Italia è ancora troppo alta la percentuale di pazienti che non la fanno, per motivi personali, per la lontananza dai centri che la fanno o perché neppure ne conoscono l’esistenza» dice Umberto Tassini, consigliere nazionale dell’Ailar, l’Associazione Italiana Laringectomizzati.

 

IL PRIMO PASSO, PRESERVARE L’ORGANO – La chirurgia, associata o meno alla radio o alla chemioterapia, ha sempre rappresentato il trattamento standard di questi tumori, a cui in anni più recenti si è aggiunta l’integrazione con i nuovi farmaci biologici. Grazie ai miglioramenti delle terapie negli ultimi anni si è potuto ricorrere sempre meno agli interventi chirurgici più radicali (che purtroppo comportano l’asportazione di parti del corpo come lingua, gola, trachea, corde vocali) mantenendo in molti pazienti le funzioni degli organi colpiti, con le stesse probabilità di sopravvivenza. Dopo le cure (a seconda del tipo di intervento effettuato) è spesso importante seguire programmi di riabilitazione respiratoria, fisica, fonatoria o di rieducazione del gusto e dell’olfatto. «Secondo le statistiche, però – prosegue Tassini -, su un totale di circa 5mila nuovi pazienti all’anno che subiscono una laringectomia totale, se l’uno per cento riesce in maniera autonoma a riprendere la capacità comunicativa, soltanto il 5 per cento utilizza le apposite protesi. Invece, ben l’85 per cento dei pazienti che si recano presso centri di riabilitazione completa l’iter con successo. C’è poi un restante 13 per cento che usa il laringofono (erogato dalle ASL) e un due per cento che rinuncia alla riabilitazione per motivi personali: fattori fisiologici, mancanza di spinta volitiva, isolamento familiare, depressione».

COSA SI PUÒ FARE – Per capire quanto sia vasto il mondo della riabilitazione è bene fare innanzitutto chiarezza sui termini: «Per riabilitazione si intende la ripresa, ovvero il ristabilire in maniera diversa (vicariante) una funzione che è stata permanentemente offesa o eliminata – spiega Maurizio Magnani, direttore dell’Otorinolaringoiatria a Cremona, presidente nazionale di Ailar e Fialpo (Federazione Italiana delle Associazioni di Laringectomizzati e dei Pazienti Oncologici della testa e del collo) -. La rieducazione, invece, riguarda funzioni ancora presenti e che devono essere opportunamente ripristinate in maniera ottimale. Infine, per riadattamento si intende la ripresa delle abitudini di una persona nell’ambito familiare, sociale e, quando possibile, lavorativo. Oggi sono molti, oltre cento, i nostri centri gestiti da volontari e sono presenti in tutta Italia».

RIABILITAZIONE RESPIRATORIA E FISICA – Nel caso di laringectomia con tracheostoma definitivo, il percorso tra ingresso nell’aria e i polmoni risulta molto ridotto e privo di resistenza. La conseguenza è un aumento del ritmo respiratorio rendendo meno facili le azioni di sforzo (salire le scale, camminare a passo sostenuto, praticare uno sport). «Occorrerà quindi praticare opportuni e semplici esercizi ginnici per mantenere un buon mantice polmonare – dice Magnani -. La mancanza di un opportuno filtraggio dell’aria ispirata può provocare una serie di problemi tracheali e bronchiali con complicanze non indifferenti. A tale scopo, se si pongono degli elementi filtranti davanti al tracheostoma e tali di che provochino anche una resistenza all’ingresso dell’aria, si ottengono due risultati: il primo è il filtraggio, umidificazione, e riscaldamento dell’aria respirata ed il secondo è quello di richiedere un maggior sforzo in fase inspiratoria con il vantaggio di far esercitare il mantice polmonare».

RECUPERARE LA VOCE – «La riabilitazione fonatoria è la parte più impegnativa della riabilitazione dei soggetti laringectomizzati e tracheostomizzati: i pazienti devono utilizzare metodi diversi dalla voce naturale per potersi esprimere e comunicare» prosegue l’esperto. Nei casi di preservazione d’organo, invece, la funzione fonatoria avviene ancora per la spinta dell’aria proveniente dai polmoni e quindi si procede alla rieducazione di una «voce soffiata». C’è poi la riabilitazione alla voce esofagea, un sistema per ottenere una voce vicariante autonoma che il soggetto deve produrre in condizioni di apnea, e quella con protesi tracheo-esofagea (che, in casi selezionati, permette di ottenere una fluidità fonatoria molto simile a quella naturale). Il laringofono, invece, è un dispositivo elettronico (utilizzato da pazienti non in grado di essere riabilitati con modi diversi) che produce la vibrazione di una membrana che, quando premuta sulla cute sottostante la faringe (sotto la zona del mento) mentre il paziente articola, viene modulata dalle minime vibrazioni faringee, dando luogo ad un suono articolato comprensibile come parole.

RIEDUCAZIONE DI GUSTO E OLFATTO – «La respirazione anomala attraverso la tracheostomia esclude naso e bocca e quindi non consente più una corretta stimolazione dell’epitelio olfattivo – conclude Tassini -. Con opportune metodiche inspiratorie, però, la funzione olfattiva viene mantenuta e, quando possibile, anche riattivata. In parallelo anche il senso del gusto viene opportunamente stimolato tramite degustazione di dolce, salato, aspro e amaro».

Vera Martinella
(Fondazione Veronesi)

http://www.corriere.it/salute

LA STORIA DI MARIO


Un abbassamento di voce. Come ne capitano tanti senza che, necessariamente, siano forieri di cattive notizie. Mario Porcu, allora 41enne dipendente dell’Azienda trasporti milanese, oggi trenta in più, invece capì subito che c’era qualcosa che non andava. Le visite (alcune conclusesi con un nulla di fatto perché qualche medico non si accorse del linfoma), i confronti con persone che avevano vissuto la stessa situazione, i controlli, fino alla diagnosi esatta: tumore alla gola. Di smettere di parlare e, soprattutto, di vivere, Mario, però, non ne aveva alcuna intenzione. Per se stesso, per sua moglie, per i suoi due figli allora piccoli. “Avevo 40 anni, un lavoro che mi piaceva molto, una moglie e due bimbi: quando il medico mi ha detto che avevo un tumore mi è crollato tutto addosso. E’ stato un periodo difficile perché non sapevo cosa fare, pensavo alle conseguenze del male e a un futuro che mi appariva incerto. Poi, però, ho reagito e mi sono detto: o ti operi o è finita. E ho accettato tutto quello che i medici mi dicevano, come se si trattasse di un intervento alle tonsille”. Un’operazione invasiva che, nel 1980, con la medicina di allora, comportava, com’è accaduto a Mario, l’asportazione della laringe e la pulizia di tutto le zone della gola che potevano essere minacciate. La paura di non parlare più c’è stata, in quella fase i punti interrogativi sono più numerosi e grandi delle certezze. Mario, però, non ha fatto alcun passo indietro. E ha vinto la sua battaglia. Nel giro di un mese l’incubo è diventato sempre meno minaccioso, fino a dissolversi del tutto quando, sessanta giorni dopo, grazie a una specifica rieducazione, ha ripreso a parlare. “E’ stato tutto così veloce. La diagnosi, l’operazione, il recupero, il ritorno sul posto di lavoro. Volevo stare a contatto con la gente come prima e convinsi i miei capi di allora a trasferirmi in un ufficio aperto al pubblico. Ho avuto la fortuna di avere intorno a me esempi positivi e gente che ce l’aveva fatta: mi dicevo “se parla lui, posso parlare anch’io. Il saper poi che c’era un metodo per poter guarire”. 
Il lavoro e la famiglia allora. Oggi la famiglia e il volontariato, alla Lega italiani lotta contro i tumori dove porta la sua testimonianza e il suo messaggio di speranza e dove ascolta gli ammalati con le loro paure ed esigenze. “Vivo bene, cercando di fare tutto nel migliore modo possibile. Bisogna avere fiducia e la forza di capire che la vita può continuare nello stesso modo di prima. La fiducia è fondamentale, anche se in certi momenti è dura averla. Io parlo alla gente perché la mia voce è la dimostrazione concreta che ce la si può fare”.

 

www.lampada-aladino.it

   

Giornata Mondiale della Tiroide 23 maggio 2012

Presentazione

Il 23 maggio 2012 si terrà la Giornata Mondiale della Tiroide (“Thyroid Awareness Day”) promossa dalle principali Associazioni Scientifiche della tiroide dell’Europa e degli altri Continenti. 
In Italia l’evento è promossa dall’Associazione Italiana della Tiroide (AIT), Associazione Medici Endocrinologi (AME), Società Italiana di Endocrinologia (SIE), insieme al Comitato della Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE). 

Scopo della iniziativa è sensibilizzare l’opinione pubblica  e il mondo scientifico  sui crescenti problemi legati alle malattie della tiroide e sul loro impatto sulla salute della donna e sulla gravidanza, con particolare riguardo all’azione preventiva della iodoprofilassi.      
Il programma della Giornata Mondiale della Tiroide comprende diversi eventi: a. incontri informativi sulla tiroide con accesso libero per la popolazione (es. in una sala comunale, parrocchiale o in una scuola); b. apertura dell’ambulatorio endocrinologico per visite gratuite durante la settimana; c. convegni con la partecipazione di associazioni dei pazienti e rappresentanti delle istituzioni locali; d. screening “mirati” per le donne che programmano una gravidanza.

Evento centrale sarà la Conferenza del 23 maggio a Roma presso il Ministero della Salute, per la quale è prevista la partecipazione del Ministro, Prof. Renato Balduzzi, per sottolineare l’importanza medica e sociale delle malattie della tiroide. 


Il tema conduttore di quest’anno è “La Tiroide è Donna – La Tiroide e la Gravidanza”. Rimane centrale il ruolo della iodoprofilassi esteso a tutta la popolazione sia maschile che femminile e del supplemento di iodio in gravidanza e durante l’allattamento. Le nostre società hanno elaborato una brochure informativa che verrà distribuita presso gli ambulatori endocrinologici e ginecologici insieme ad un questionario che verrà compilato con l’aiuto di uno specialista. Il questionario raccoglierà una breve anamnesi sulla possibile presenza di malattie tiroidee delle donne intervistate e fornirà elementi  sullo stato di conoscenza della popolazione femminile su tematiche importanti legate alla diffusione delle principali malattie tiroidee nella donna in generale, alla iodoprofilassi e allo screening precoce delle malattie tiroidee in donne sia in gravidanza sia che ne stiano programmando una.

 
Poster
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Giornata mondiale della Tiroide – 25 maggio 2012

Gli esercizi Yoga per la tiroide

 
 
 
 

L’Asana di cui oggi vi parlerò si chiama Sarvangasana in sanscrito o ”postura di tutti gli arti”  in quanto coinvolge tutte le parti del corpo che sono sollevate. Se praticata con costanza questa posizione, che somiglia ad una candela, apporta molti benefici su tutto il corpo, dovuti alla posizione invertita del corpo, facilmente accessibile alla maggior parte dei praticanti Yoga. Questa postura è indicata perchè stimola la tiroide, e ha degli effetti positivi sulla colonna vertebrale in quanto corregge le curvature anomale, nutre il midollo spinale, rafforza inoltre la schiena. Vediamo come eseguire Sarvangasana:

Distesi al suolo su un tappetino o una coperta abbastanza spessa, sollevate lentamente dal suolo i piedi, il bacino ed il tronco, arrivando a mantenere il corpo in posizione verticale, come se stesse eseguendo una candela. A questo punto mettete le mani dietro il busto per sostenere con fermezza il tronco e servitevi dei gomiti come appoggio. Il mento deve premere contro lo sterno. Il corpo poggia completamente sulle spalle, gomiti e collo, tutto il resto è rilassato. Le gambe, il busto sono dritti e perpendicolari al suolo. Per ritornare in posizione di partenza, fatelo molto lentamente senza movimenti bruschi o veloci, evitando di alzare la testa dal suolo. Come tutti gli esercizi indicati, eseguite anche questo rispettando il vostro corpo senza mai essere violente. Inoltre potrete eseguire lavariante in caso di problemi al sistema circolatorio: l’esecuzione è la stessa tranne che le mani poggiano sul bacino e il tronco e il corpo sono piegati, quindi non sollevati completamente.

Questa postura  dell’Hatha Yoga va evitata se soffrite di affezioni cardiache gravi,ipertensione arteriosa, affezioni acute al collotesta, sinusite, affezioni gravi dellatiroide, sclerosi dei vasi cerebrali, e altre patologie. Consigliamo sempre di consultare unmedico prima di intraprendere una qualsiasi attività fisica. Come già detto sopra questapostura favorisce l’afflusso del sangue verso il collo, la testa e di conseguenza latiroide ed i centri nervosi del cervello vengono nutriti e rigenerati. Inoltre ha effetti benefici importanti sulla colonna vertebrale, sulla schiena e anche sul sistema digerente.

Video Credits| shovanadhikary via Youtube

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