Empoli: l’ospedale con slot machine ad ogni letto. ‘Avanguardia’ sanitaria

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Poco importa se cittadini e associazioni sono impegnati in una sorta di battaglia contro una della malattie del secolo. C’è sempre qualche distratto pronto a far soldi o a immolarsi per la causa.

Diciamo, però, che nessuno si sarebbe aspettato che qualcuno sarebbe arrivato a tanto. Soprattutto, personalmente, non sarei mai arrivato a immaginare (mai dire mai, lo so, ma questa è ‘tosta’) che un ospedale avesse potuto autorizzare la sistemazione di slot machine e poker ai piedi di ogni letto dei pazienti. Monitor multifunzione dove non si mettono soldi ma che comunque appaiono quantomeno fuori luogo in una struttura che dovrebbe servire (fino a prova contraria ma mai dire mai) alla riabilitazione di una persona malata.

L’ospedale San Giuseppe di Empoli è andato oltre e ha pensato bene di assicurare ai propri pazienti le stesse sollecitazioni a cui, noi comuni mortali, siamo sottoposti all’esterno. Ogni singolo letto è dotato di un terminale video a pagamento in cui è possibile fare qualsiasi cosa: navigare, giocare, vedere la tv, ascoltare la radio. Una sorta di smart tv attraverso il quale l’azienda ‘coccola’ il paziente che magari un giorno, chissà, avrà voglia di tornare. E nell’area virtuale dei giochi spuntano sia il poker sia la slot machine. Per accedere al mondo virtuale occorre una scheda di 5 euro che dura 24 ore. Si può accedere al pacchetto base di 3 euro che consente la visione di Rai e Mediaset; a quello intermedio che con un euro in più permette, tra gli altri, l’accesso ai giochi; infine a quello top che permette la visione anche dei canali Sky. Dove si annida, quindi, il diavolo tentatore? Nell’attirare il paziente, con un euro in più rispetto al pacchetto base, di sfidare la sorte, seppur virtuale, del gioco d’azzardo. La dipendenza è tutta lì. Euro dopo euro il malato potrebbe ‘ammalarsi’ di gioco.

In realtà l’azienda ospedaliera ha agito in perfetta sintonia con i valori che la ‘Usl 11’ sul proprio sito internet ha dato di essa:”Orgoglio del proprio mondo di storie e tradizioni” aperta “verso tutte le sollecitazioni di incontro e confronto che il mondo e il tempo inevitabilmente portano”. Una “dialettica ben essere rappresentata dall’ospedale San Giuseppe di Empoli”.

ZdO

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VERGOGNA,VI DOVETE VERGOGNARE

hqdefaultVERGOGNA,VI DOVETE VERGOGNARE di come avete ridotto l’Italia
voi politici ci avete venduto per riempire la pancia vostra e dei vostri amici di merenda,pranzo,cena quando la maggior parte d’Italia si sta riducendo a non avere da mangiare neanche per uno spuntino.
Mentre “loro” fanno finta di litigare sulla legge elettorale e sulla nomina del Presidente della Repubblica Italiana noi i nuovi “miserabili” lottiamo per andare avanti.
Tutti bravi i lor signori politici in TV a scaricare la colpa uno con l’altro,andando oltre al semplice inciucio per allungarsi la vita e continuare a mangiare a due ganasce e se non bastasse si fanno beccare con le bustarelle in tasca.
Noi semplici cittadini abbiamo una sola entrata,parecchia gente neanche quella,entrata tassata a fine mese,tassata tramite le tasse dirette ed indirette e con i prezzi si che diminuiscono perché non ci sono soldi e le grandi multinazionali si trovano i depositi di merce che non è vero che nessuno vuole ma che nessuno può comperare.
Intanto vediamo la nostra gente piangere in TV perché non ha lavoro,non ha da mangiare o rischia di essere buttata in mezzo alla strada perché non può pagare l’affitto non perché non vuole ma perché si è trovato senza lavoro per la crisi.
Crisi che paghiamo noi perché non mi sembra che abbia influito su chi fa la bella vita sulle nostre spalle e si pavoneggia davanti alle telecamere.

 

VERGOGNA,VI DOVETE VERGOGNARE

 

COME DIFENDERSISi chiama Wangiri l’ultima truffa telefonica: uno squillo e…

Si chiama Wangiri l'ultima truffa telefonica: uno squillo e...

L’ultima truffa telefonica si chiama “Wangiri” o “PingCall”. L’allarme lo lancia, con una nota postata nella propria pagina facebook, la Questura di Vicenza. Inizia con una chiamata sul proprio cellulare da un numero sconosciuto che comincia con il prefisso 373, ovvero quello della Moldavia. La chiamata dura poco più di uno squillo, prima che cada la linea. Perchè lo scopo dei truffatori è quello di farsi richiamare. Facendolo, qualcuno risponderà ma si sentiranno solo suoni confusi, mentre sul telefonino vengono addebitati 1,50 euro ogni 10 secondi. I truffatori sono dotati di un computer in grado di contattare contemporaneamente migliaia di numeri telefonici casuali in tutto il mondo. Per riavere il credito rubato occorre procedere con una vera e propria denuncia. La soluzione, consiglia la polizia, è non rispondere a qualsiasi chiamata da un numero non in rubrica che cominci con 373.

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Testo e commento del Canto XXVIII dell’Inferno (versi 22-63)

Testo e commento del Canto XXVIII dell’Inferno (versi 22-63)-Maometto e Alì

Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com’io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla. 24

Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e ’l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia. 27

Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
guardommi e con le man s'aperse il petto,
dicendo: "Or vedi com'io mi dilacco! 30

vedi come storpiato è Mäometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto. 33

E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così. 36

Un diavolo è qua dietro che n’accisma
sì crudelmente, al taglio de la spada
rimettendo ciascun di questa risma, 39

quand’avem volta la dolente strada;
però che le ferite son richiuse
prima ch’altri dinanzi li rivada. 42

Ma tu chi se’ che ’n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d’ire a la pena
ch’è giudicata in su le tue accuse?". 45

"Né morte ’l giunse ancor, né colpa ’l mena",
rispuose ’l mio maestro, "a tormentarl
o;
ma per dar lui esperïenza piena, 48

a me, che morto son, convien menarlo
per lo ’nferno qua giù di giro in giro;
e quest’è ver così com’io ti parlo". 51

Più fuor di cento che, quando l’udiro,
s’arrestaron nel fosso a riguardarmi
per maraviglia, oblïando il martiro. 54

"Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi,
tu che forse vedra’ il sole in breve,
s’ello non vuol qui tosto seguitarmi, 57

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch’altrimenti acquistar non saria leve". 60

Poi che l’un piè per girsene sospese,
Mäometto mi disse esta parola;
indi a partirsi in terra lo distese. 63

A questo punto Dante inizia a descrivere i singoli dannati. Il primo dove gli cade l’attenzione è aperto al centro, come le botti che hanno rotta le assi delle basi, mezzule o lulla, e Dante si dilunga con disprezzo e con un linguaggio più trito possibile a descrivere la miseria di un dannato verso il quale non vuole suscitare la minima idea di compassione. Il peccatore è aperto dal mento fin dove si trulla (dove si “scoreggia”, il sedere) e tra le gambe gli pendono le interiora, la corata e lo stomaco, indicato con la più volgare delle perifrasi “‘l tristo sacco / che merda fa di quel che si trangugia”. Egli si apre il petto quasi per creare compassione in Dante, ma lo sdegno di Dante si riflette in tutta la melliflua meschinità delle parole che gli fa dire: (parafrasi) “Guarda come mi scoscio (dilacco)! Guarda com’è storpiato Maometto! Davanti a me se ne va anche ʿAlī, ferito sul volto dal mento ai capelli (il ciuffetto)”

Priamo della Quercia, illustrazione del Canto XVIII
Dante sicuramente conosceva poco e male l’islamismo e il suo fondatore (che non creò uno scisma in sé, perché non convertì cristiani, ma pagani) e attribuisce ad ʿAlī la fine dello scisma (per quanto Dante potesse essere a conoscenza della divisione tra sunniti e sciiti), infatti le ferite dei due sono complementari e indicano la prosecuzione nell’opera dell’uno in quella dell’altro. Il contrappasso è chiaro e viene spiegato da Maometto e più avanti da Bertrand de Born: come essi divisero le genti adesso il loro corpo è diviso da diavoli armati di spada, che rinnovano le loro mutilazioni ogni volta che si rimarginano ad ogni giro della bolgia.

Il dannato chiede poi chi sia Dante, se sia un dannato che indugia ad arrivare al luogo della sua pena, e Virgilio risponde per lui: “Né morte ‘l giunse ancor, né colpa ‘l mena” cioè, non è né morto né dannato, ma con la sua guida deve avere un’”esperienza piena” dell’Inferno girone per girone, e ciò è la verità quanto lo è il fatto di parlare ora.

All’udire che Dante era vivo tutta la bolgia si arresta a guardare Dante stupita, obliando il martiro. Maometto resta con un piede sospeso tra un passo e l’altro (immagine poco riuscita di Dante, secondo molti critici, che forse però è segnalata per ridicolizzare ulteriormente il dannato) e si appresta a fare una raccomandazione a Fra’ Dolcino, che Dante la riporti quando torna su nel mondo. Non ci sono ragioni per cui Maometto avrebbe dovuto preoccuparsi per un eretico del nord Italia, se non l’esigenza di Dante di citare una persona ancora viva nel 1300 tra i dannati di questa bolgia. Maometto dice: (parafrasi) “Di’ a Fra Dolcin che si armi di vettovaglie, se non vuole raggiungermi presto, che sarà bloccato nella neve. Se non lo fa recherà una facile vittoria al vescovo di Novara, vittoria che altrimenti sarebbe tutt’altro che facile”. Per inciso Fra’ Dolcino è l’unico eretico “vero” citato nell’Inferno (nella bolgia degli eretici sono invece citati solo epicurei, atei). Solo dopo aver parlato Maometto può nuovamente appoggiare il piede e ripartire.

[bibl] Inferno – Canto ventottesimo, //it.wikipedia.org/w/index.php?title=Inferno_-_Canto_ventottesimo&oldid=40069361

Fiction Rai 2015: Braccialetti rossi 2, Una grande famiglia 3, Un passo dal cielo 3, L’Oriana

Di Paola Gioia | 03.01.2015 11:34 CET

Grande attesa per le fiction Rai del 2015. Ecco tutte le fiction che vedremo, tra graditi ritorni e nuove produzioni: Braccialetti rossi 2, Un passo dal cielo 3, Una grande famiglia 34, La narcotici 2, Fuoriclasse 3, La catturandi, L’Oriana, Ragion di Stato. I protagonisti saranno i volti più amati del piccolo schermo, da Lunetta Savino a Massimo Ghini, Terence Hill, Luciana Littizzetto, Vittoria Puccini e la new entry Luca Argentero. Procediamo con ordine con la messa in onda, i titoli e il protagonisti delle nuove fiction Rai.

Si inizia l’8 Gennaio con la terza stagione di Un passo dal cielo con Terence Hill, Enzo Salvi, Enrico Ianiello, Katia Ricciarelli, Gabriele Rossi e tutti gli abitanti di San Candido. Seguiranno le messe in onda di Braccialetti Rossi 2, la serie tv campione di ascolti sbarcata anche in altri paesi, e Una grande famiglia 3, con Stefania Sandrelli, Alessandro Gassman e tutti gli altri personaggi.

Dal 12 Gennaio andrà in onda Ragion di stato, con Luca Argentero, nei panni di un agente segreto in missione in Medio Oriente che si innamorerà della moglie di un trafficante d’armi. A Febbraio torna La narcotici 2, dopo il grande successo della prima stagione, e ci sarà spazio per L’Oriana, in onda il 16 e 17 Febbraio 2015, con Vittoria Puccini che racconterà la vita della giornalista Oriana Fallaci.

In primavera, tornerà l’amata Luciana Littizzeto con la terza stagione di Fuoriclasse, dove vestirà ancora i panni della professoressa Isa Passamaglia. Tra le novità della terza edizione la new entry Lunetta Savino, che interpreterà la sorella di Isa. Altra grande fiction attesa del 2015 è La catturandi, con Massimo Ghini, con la lotta tra mafia e Stato ambientata a Palermo.

FONTE: Urbanpost.it

L’ULTIMO DISCORSO DI FINE ANNO DI GIORGIO NAPOLITANO Il testo integrale del discorso di fine anno di Giorgio Napolitano

“Il messaggio augurale di fine d’anno che ormai dal 2006 rivolgo a tutti gli italiani, presenterà questa volta qualche tratto speciale e un po’ diverso rispetto al passato. Innanzitutto perché le mie riflessioni avranno per destinatario anche chi presto mi succederà nelle funzioni di Presidente della Repubblica. Funzioni che sto per lasciare, rassegnando le dimissioni: ipotesi che la Costituzione prevede espressamente. E desidero dirvi subito che a ciò mi spinge l’avere negli ultimi tempi toccato con mano come l’età da me raggiunta porti con sé crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio dei compiti istituzionali, complessi e altamente impegnativi, nonché del ruolo di rappresentanza internazionale, affidati dai Padri Costituenti al Capo dello Stato.

A quanti auspicano – anche per fiducia e affetto nei miei confronti – che continui nel mio impegno, come largamente richiestomi nell’aprile 2013, dico semplicemente che ho il dovere di non sottovalutare i segni dell’affaticamento e le incognite che essi racchiudono, e dunque di non esitare a trarne le conseguenze. Ritengo di non poter oltre ricoprire la carica cui fui chiamato, per la prima volta nel maggio del 2006, dal Parlamento in seduta comune. Secondo l’opinione largamente prevalente tra gli studiosi, si tratta di una valutazione e di una decisione per loro natura personali, costituzionalmente rimesse al solo Presidente, e tali da non condizionare in alcun modo governo e Parlamento nelle scelte che hanno dinanzi né subendone alcun condizionamento.

Penso che questi semplici chiarimenti possano costituire una buona premessa perché Parlamento e forze politiche si preparino serenamente alla prova dell’elezione del nuovo Capo dello Stato. Sarà quella una prova di maturità e responsabilità nell’interesse del paese, anche in quanto è destinata a chiudere la parentesi di un’eccezionalità costituzionale.

Personalmente resto convinto che la disponibilità richiestami e offerta nell’aprile 2013, in un momento di grave sbandamento e difficoltà post-elettorale, sia risultata un passaggio determinante per dare un governo all’Italia, rendere possibile l’avvio della nuova legislatura e favorire un confronto più costruttivo tra opposti schieramenti politici. Ma è positivo che ora si torni, per un aspetto così rilevante, alla normalità costituzionale, ovvero alla regolarità dei tempi di vita delle istituzioni, compresa la Presidenza della Repubblica.

L’aver tenuto in piedi la legislatura apertasi con le elezioni di quasi due anni fa, è stato di per sé un risultato importante : si sono superati momenti di acuta tensione, imprevisti, alti e bassi nelle vicende di maggioranza e di governo ; si è in sostanza evitato di confermare quell’immagine di un’Italia instabile che tanto ci penalizza, e si è messo in moto, nonostante la rottura del febbraio scorso, l’annunciato, indispensabile processo di cambiamento.

Un anno fa, nel messaggio del 31 dicembre, avevo detto : “Spero di poter vedere nel 2014 almeno iniziata un’incisiva riforma delle istituzioni repubblicane”. Ebbene, è innegabile che quell’auspicio si sia realizzato. E il percorso va, senza battute d’arresto, portato a piena conclusione. Non occorre che io ripeta – l’ho fatto ancora di recente in altra pubblica occasione – le ragioni dell’importanza della riforma del Parlamento, e innanzitutto del superamento del bicameralismo paritario, nonché della revisione del rapporto tra Stato e Regioni.

Ma sul necessario più vasto programma di riforme – istituzionali e socio-economiche – messo in cantiere dal governo, sulle difficoltà politiche che ne insidiano l’attuazione, sulle possibilità di dialogo e chiarimento con forze esterne alla maggioranza di governo – anche, s’intende, e in via prioritaria, per il varo di una nuova legge elettorale – non torno ora avendovi già dedicato largamente il mio intervento, due settimane fa, all’incontro di fine anno con i rappresentanti delle istituzioni, delle forze politiche e della società civile. Vorrei piuttosto ragionare con voi su come stiamo vivendo questo momento in quanto generalità dei cittadini, uniti dall’essere italiani.

Credo sia diffuso e dominante l’assillo per le condizioni della nostra economia, per l’arretramento dell’attività produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l’emergere di gravi fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto – questione chiave – per il dilagare della disoccupazione giovanile e per la perdita di posti di lavoro. Dalla crisi mondiale in cui siamo precipitati almeno dal 2009, nemmeno nell’anno che oggi si chiude siamo riusciti a risollevarci. Parlo dell’Europa e in particolare dell’Italia.

Gli Stati Uniti, da cui partì – anche per errate scelte politiche – la crisi finanziaria, conoscono un’impennata della ripresa già avviata e guardano all’Europa per uno sforzo corrispondente, benché in condizioni assai diverse. In effetti, l’Italia ha colto l’opportunità del semestre di presidenza del Consiglio per sollecitare un cambiamento nelle politiche dell’Unione che accordi la priorità a un rilancio solidale delle nostre economie. Tra breve il Presidente del Consiglio Renzi tirerà le somme dell’azione critica e propositiva svolta a Bruxelles. Nulla di più velleitario e pericoloso può invece esservi di certi appelli al ritorno alle monete nazionali attraverso la disintegrazione dell’Euro e di ogni comune politica anti-crisi.
Tutti gli interventi pubblici messi in atto in Italia negli ultimi anni stentano a produrre effetti decisivi, che allevino il peso delle ristrettezze e delle nuove povertà per un così gran numero di famiglie e si traducano in prospettive di occupazione per masse di giovani tenuti fuori o ai margini del mercato del lavoro.

Guardando ai tratti più negativi di questo quadro, e vedendo come esso si leghi a debolezze e distorsioni antiche della nostra struttura economico-sociale e del nostro Stato, si può essere presi da un senso di sgomento al pensiero dei cambiamenti che sarebbero necessari per aprirci un futuro migliore, e si può cedere al tempo stesso alla sfiducia nella politica, bollandola in modo indiscriminato come inadeguata, inetta, degenerata in particolarismi di potere e di privilegio.

Non può, non deve essere questo l’atteggiamento diffuso nella nostra comunità nazionale. Occorre ritrovare le fonti della coesione, della forza, della volontà collettiva che ci hanno permesso di superare le prove più dure in vista della formazione del nostro Stato nazionale unitario e poi del superamento delle sue crisi più acute e drammatiche. Il Centocinquantenario dell’Unità si è perciò potuto celebrare – non dimentichiamolo – con orgoglio e fiducia, pur nella coscienza critica dei tanti problemi rimasti irrisolti e delle nuove sfide con cui fare i conti.

Un recupero di ragionata fiducia in noi stessi, una lucida percezione del valore dell’unità nazionale, sono le condizioni essenziali per far rinascere la politica nella sua accezione più alta, per rendere vincente quell’impegno molteplice e di lunga lena che i cambiamenti necessari all’Italia chiaramente richiedono.
Ho fatto del mio meglio in questi lunghi e travagliati anni della mia Presidenza per rappresentare e rafforzare l’unità nazionale, per sanare le ferite che aveva subito, per ridarle l’evidenza che aveva perduto : se vi sia in qualche modo riuscito, toccherà dirlo a quanti vorranno con obbiettività e insieme con spirito critico analizzare il mio operato.

Di strada comunque ne abbiamo percorsa, nella direzione che indicai in Parlamento dopo aver giurato da Presidente il 15 maggio 2006 : “il reciproco riconoscimento, rispetto e ascolto tra gli opposti schieramenti, il confrontarsi con dignità nelle assemblee elettive, l’individuare i temi di necessaria convergenza nell’interesse generale” non contrastano con la democrazia dell’alternanza, ma ne definiscono il più maturo e costruttivo modo di essere in sintonia con l’imperativo dell’unità nazionale. Si, in questa direzione, anche se tra alti e bassi, si sta andando avanti. Ed è il solo modo di garantire all’Italia stabilità politica e continuità istituzionale, e di affrontare su larghe basi unitarie le più gravi patologie di cui il nostro paese soffre.

A cominciare da quella della criminalità organizzata e dell’economia criminale ; e da quella di una corruzione capace di insinuarsi in ogni piega della realtà sociale e istituzionale, trovando sodali e complici in alto : gli inquirenti romani stanno appunto svelando una rete di rapporti tra “mondo di sotto” e “mondo di sopra”. Sì, dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna. Solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà riguadagnare e vedere riconosciuta la sua funzione decisiva.

Valori morali, valori di cultura e di solidarietà. Non lasciamo occupare lo spazio dell’attenzione pubblica solo a italiani indegni. Rendiamo omaggio a italiani esemplari. Come la brillante scienziata, Fabiola Gianotti, eletta all’unanimità direttore generale del Centro europeo per la Ricerca Nucleare a Ginevra. O come l’astronauta Samantha Cristoforetti che ci parla semplicemente, con modestia e professionalità, della ricerca scientifica in corso nello spazio.

Siamo orgogliosi di questi italiani campioni di cultura e di solidarietà. Come Fabrizio, il medico di Emergency accorso in Sierra Leone per curare i colpiti dal virus Ebola anche a costo di esserne contagiato e rischiare la vita. O come Serena Petriucciolo , ufficiale medico della Marina che sulla nave Etna ha aiutato – nella notte di Natale – una profuga nigeriana a dare alla luce la sua bimba. E che dire della perizia e generosità di cui gli italiani lanciatisi a soccorrere i passeggeri del traghetto in fiamme sulla rotta tra la Grecia e l’Italia hanno dato prova?

Ho voluto fare almeno questi pochi richiami al valore delle risorse umane di cui ci mostriamo dotati e di cui ci si dà atto internazionalmente ; potendo citare molti altri esempi individuali, che peraltro rinviano all’eccellenza dei nostri centri in cui i singoli si sono formati. Così come rinviano al magnifico impegno sia delle forze dello Stato sia del volontariato sui fronti di tutte le emergenze. Dalla constatazione delle qualità del nostro capitale umano può venire e diffondersi un’accresciuta consapevolezza della nostra identità e della nostra missione nazionale.

Una missione da esprimere anche in un atteggiamento più assertivo e in una funzione più attiva in seno alla comunità internazionale. Il canale principale per assolvere questa funzione è naturalmente dato dal concerto europeo, nel quale all’Italia è toccata la guida della politica estera e di sicurezza comune europea e la responsabilità operativa del Servizio esterno di azione europea. E il contesto internazionale in cui muoverci è critico e problematico come mai negli ultimi due decenni. Ne vengono per l’Italia e per l’Unione europea impegni di riflessione ed analisi, e soprattutto di proposta e di azione, non solo diplomatica, rispetto ai quali non ci si può tirare indietro. Il rischio di cadere in quell’indifferenza globale che Papa Francesco denuncia con tanto vigore è dietro l’angolo, anche da noi.

A quel rischio deve opporsi una sensibilità sempre più diffusa per le conquiste e i valori di pace e di civiltà oggi in così grave pericolo. La crescita economica, l’avanzamento sociale e civile, il benessere popolare che hanno caratterizzato e accompagnato l’integrazione europea, hanno avuto come premessa e base fondamentale lo stabilirsi di uno spirito di pace e di unità tra i nostri popoli. Ebbene, questo storico progresso è sotto attacco per l’emergere di inauditi fenomeni e disegni di destabilizzazione, di fanatismo e di imbarbarimento, fino alla selvaggia persecuzione dei cristiani. Dal disegno di uno o più Stati islamici integralisti da imporre con la forza sulle rovine dell’Iraq, della Siria, della Libia ; al moltiplicarsi o acuirsi di conflitti in Africa, in Medio Oriente, nella regione che dovrebbe essere ponte tra la Russia e l’Europa : di questo quadro allarmante l’Italia, gli italiani devono mostrarsi fattore cosciente e attivo di contrasto. Ci dà forza la parola, il magistero del Pontefice che per la Giornata Mondiale della Pace si fa portatore di un messaggio supremo di fraternità, e ci richiama alla durissima realtà dei “molteplici volti della schiavitù” nel mondo d’oggi.

Farci, ciascuno di noi, partecipi di un sentimento di solidarietà e di un impegno globale – sconfiggendo l’insidia dell’indifferenza – per fermare queste regressioni e degenerazioni, è un comandamento morale ineludibile. E forse, facendoci lucidamente carico di quanto sta sconvolgendo il mondo, potremo collocare nella loro dimensione effettiva i nostri problemi e conflitti interni, di carattere politico e sociale ; potremo superare l’orizzonte limitato, ristretto in cui rischiamo di chiuderci.

Ho così concluso l’appello che questa sera ho voluto indirizzare, più che ai miei naturali interlocutori istituzionali, a ciascuno di voi come persone, come cittadini, attivi nella società e nelle sue molteplici formazioni civili. Perché da ciascuno di voi può venire un impulso importante per il rilancio e un nuovo futuro dell’Italia. Lo dimostrano quei giovani che non restano inerti – dopo aver completato il loro ciclo di studi – nella condizione ingrata di senza lavoro, ma prendono iniziative, si associano in piccoli gruppi professionali per fare innovazione, creare, aprirsi una strada.

Dal modo in cui tutti reagiamo alla crisi e alle difficoltà con cui l’Italia è alle prese, nasceranno le nuove prospettive di sviluppo su cui puntiamo, su cui dobbiamo puntare “dall’alto e dal basso”. Il cammino del nostro paese in Europa, lo stesso cammino della politica in Italia lo determineremo tutti noi, e quindi ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, le sue prese di coscienza, le sue scelte. Più si diffonderanno senso di responsabilità e senso del dovere, senso della legge e senso della Costituzione, in sostanza senso della Nazione, più si potrà creare quel clima di consapevolezza e mobilitazione collettiva che animò la ricostruzione post-bellica e che rese possibile, senza soluzione di continuità, la grande trasformazione del paese per più di un decennio.

Mettiamocela dunque tutta, con passione, combattività e spirito di sacrificio. Ciascuno faccia la sua parte al meglio. Io stesso ci proverò, nei limiti delle mie forze e dei miei nuovi doveri, una volta concluso il mio servizio alla Presidenza della Repubblica, dopo essermi impegnato per contribuire al massimo di continuità e operosità costituzionale durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea. Resterò vicino al cimento e agli sforzi dell’Italia e degli italiani, con infinita gratitudine per quel che ho ricevuto in questi quasi nove anni non soltanto di riconoscimenti legati al mio ruolo, non soltanto di straordinarie occasioni di allargamento delle mie esperienze, anche internazionali, ma per quel che ho ricevuto soprattutto di espressioni di generosa fiducia e costante sostegno, di personale affetto, direi, da parte di tantissimi italiani che ho incontrato o comunque sentito vicini. Non lo dimenticherò. Grazie ancora. E che il 2015 sia un anno fecondo di risultati positivi per il nostro paese, le nostre famiglie, i nostri ragazzi”.Quirinale.it