Anziani, il decalogo anti truffe della Regione Lombardia

occhio alla truffa

Truffe agli anziani ma non solo. E’ partita dalla Regione Lombardia, dopo gli ultimi casi di raggiri in tutto il nostro territorio di cui sono vittime gli anziani, la campagna informativa di prevenzione. Una vademecum per informare gli interessati sulle modalità con cui si verificano questi episodi e su come sia possibile prevenirli con suggerimenti e consigli.
Quando si è in casa
– Fare molta attenzione a chi bussa alla porta: non farsi ingannare.
– Non aprire la porta agli sconosciuti: se qualcuno suona il campanello e dice di dover consegnare lettere, pacchi, opuscoli, chiedere di lasciarli sullo zerbino o nella cassetta della posta.
– Spesso i truffatori si presentano come tecnici (di gas, luce, acqua, caldaie, telefono) addetti alla lettura dei contatori oppure come impiegati o funzionari del comune, della posta o della banca.
– A volte indossano anche una divisa una divisa o mostrano un falso tesserino di riconoscimento.
– Ricordarsi che di solito i tecnici e i funzionari di enti e aziende, prima di presentarsi a casa, avvisano.
Quando si è per strada
– Non dar mai retta a sconosciuti, anche se all’apparenza sono cordiali e ben vestiti, e non firmare mai nulla per nessun motivo.
– Se qualcuno si avvicina fingendo di conoscerci, facendo riferimento a episodi della nostra vita o dei nostri familiari, allontanarsi dicendo che un parente ci sta aspettando.
– Non fidarsi di chi si avvicina fingendosi bisognoso e vuole venderci gioielli o pietre preziose: non comprare nulla perché sono falsi!
– Se qualcuno ci urta facendoci cadere sulla giacca del gelato o del caffè, non farsi aiutare a pulire i vestiti perché possono rubare il portafogli. Allontanarsi dicendo che ci si ripulirà a casa.
– Non firmare documenti per indagini o campagne di solidarietà: ciò che si firma potrebbe essere un contratto di vendita e arriverà a casa una richiesta di pagamento!
Consigli
1) In banca o in posta farsi accompagnare da qualcuno soprattutto se si ritira la pensione o se se si deve versare molto denaro.
2) Quando si utilizza il bancomat, occorre essere prudenti: se ci si sente osservati, non usarlo e se ci si sente seguiti, entrare in un negozio, cercare un agente o una compagnia.
3) Durante la spesa o al mercato non lasciare incustodita la borsa e fare attenzione a chi ci urta o si avvicina senza motivo.
4) Portare sempre con sé un telefono cellulare per le emergenze, non tenere il portafogli o denaro contante in tasche esterne della giacca.
5) Non lasciare borse o altri oggetti in vista all’interno dell’automobile.
6) Parlare subito di quello che ci è accaduto alle Forze dell’Ordine o alla Polizia Locale. Aiuteranno a risolvere il problema.

Numero Unico Emergenza 112

Cura del cancro e maltolo, bufala?


Cancro e maltolo. Alcuni mi hanno chiesto quanto sia vera la notizia che circola sempre più su Facebook e via email rispetto una “nuova cura per il cancro”, “basata sul maltolo” e “tenuta nascosta dalle multinazionali e dai mezzi di informazione”.

In particolare a essere diffuso è un video nel quale appare un sedicente giornalista. Parla di un paio di “ricercatori precari” di Urbino, che avrebbero scoperto una fenomenale “molecola naturale”, il maltolo, in grado di far “suicidare le cellule tumorali”. Nessuno parlerebbe della cura perché le multinazionali stanno cercando di oscurare il fatto e i media, conniventi, non danno quindi la notizia.

Bene: è falso.

O meglio – come spesso succede in questi casi – la notizia è in parte vera: ma è talmente sommersa di generalizzazioni, complottismi, false rivelazioni e misteri da essere talmente diluita da non aver quasi più alcun elemento di verità (un po’ come nei principi dell’omeopatia). Sfortunatamente, utilizzare elementi veri aggiungendo dosi di “mistero” e “complotto” è tipico delle bufale. Chiunque le alimenti, in buona o in cattiva fede, genera false speranze, false aspettative, e illude malati e famiglie. Vediamo prima di tutto le falsità presenti nel video che circola:

  1. Non risulta che nessuna “multinazionale del farmaco” (cit.) stia cercando di ostacolare la ricerca in questione, al contrario: quanto scoperto è stato oggetto di brevetto in Italia e se ne è parlato in pubblicazioni scientifiche.
  2. Per quanto concerne i “ricercatori precari”. Beh, il primo non è ricercatore e neanche precario:Vieri Fusi è infatti professore associato dell’Università di Urbino (pagina personale di Vieri Fusi).Mirco Fanelli risulta invece occuparsi del “laboratorio di PatologiaMolecolare” e nelle pagine dell’università è definito ricercatore dal 2002 a oggi. Quindi, salvo imprecisioni, deve essere “ricercatore confermato” e non precario (pagina personale di Mirco Fanelli).
  3. La notizia non è affatto nuova, è del marzo 2013 e deriva da studi di cui già si era parlato anche precedentemente.
  4. Non è vero che i giornali hanno oscurato la notizia, al contrario: è stata annunciata su molte testate tra le quali Corriere della SeraIl Sole 24 OrePanoramaIl Resto del Carlino, e dalla principale agenzia stampa italiana, l’ANSA. Proprio perché molto se ne è parlato, uno dei due soggetti ha sentito la necessità umana di chiarire commentando un articolo in proposito sul magazine dell’università relativa con un messaggio che copio di seguito (la sede del messaggio è un forte indizio a supporto dell’indentità dell’autore, poi intervistato a proposito, ma la cosa è comunque facilmente verificabile).
  5. Semplificare quando si parla di temi così specifici non è sfortunatamente possibile. Ci sono tipi di neoplasie molto differenti, per caratteristiche, dimensioni, eziologia, risposta alle cure… La semplice frase “cura per il cancro” non è tecnicamente corretta e dovrebbe quindi da subito far nascere qualche sospetto.

Passiamo ora agli aspetti reali della notizia, ovvero alla ricerca che è in effetti stata effettuata. Il messaggio pubblicato da Fanelli chiarisce più di quanto potrebbero fare altri rispetto questa cosiddetta “cura al maltolo per il cancro” (i grassetti sono miei):

Mi sento di esternare un ringraziamento a tutti coloro che hanno condiviso con noi i risultati della nostra attività di ricerca. Come spesso capita in queste situazioni, e toccando certi argomenti, si rischia di far trapelare messaggi non corretti. Ci tengo a precisare che le molecole che abbiamo brevettato non devono essere considerate la soluzione nella lotta contro il cancro. Siamo in una fase sperimentale che sta dando ottimi risultati ma ancora lo-ntana dalla sperimentazione clinica. Mi duole dover disilludere le persone che mi chiamano chiedendomi se possiamo sperimentare le nostre molecole sulle persone a loro vicine affette da tumore. Mi duole che, con gli articoli di questi giorni, si sia alimentato un clima di false speranze. Siamo ricercatori e non è nelle nostre intenzioni vendere fumo. Le nostre molecole ad oggi sono promettenti……la futura attività di ricerca dimostrerà se sarà possibile utilizzarle nell’uomo e con quali benefici. Vi ringrazio moltissimo, ci state fornendo una grossa motivazione…..grazie a tutti. Mirco Fanelli

In sostanza: come in molti altri casi, si tratta di test di laboratorio che non si sa se possa essere replicati sull’essere umano. Senza scendere nel tecnico, sarebbero state sintetizzate due molecole (chiamate malten e maltonis) con la capacità di indurre alterazioni della cromatina (se ne parla anche in un articolo scientifico a loro firma). Da questo stadio a quello – eventuale – della sperimentazione sull’uomo passano di solito anni, quando va molto bene mesi. Altri anni sono poi necessari per valutare i risultati e applicare eventualmente il tutto su scala più ampia.

La ricerca è quindi in fase iniziale e sarà – forse – approfondita in futuro, nella speranza che possa portare risultati. Risultati che però attualmente sono molto distanti e il cui esito positivo è assolutamente non prevedibile. Affermare oggi che si tratti di una cura contro il cancro è quindifalso, come specificato anche dagli stessi autori. Così come è falso tutto il quadro dipinto negli appelli che circolano: niente oscuramenti, niente connivenze, niente complotti.

Molto più vero, semmai, il fatto che all’università manchino i soldi per farla, questa ricerca. Se di ciò si parlasse negli appelli (e magari anche in parlamento), evitando i complottismi, la questione sarebbe probabilmente un po’ più produttiva.

FONTE

ARRIVA L’EUTIROX GENERICO. MA GLI SPECIALISTI IN TIROIDE LO SCONSIGLIANO Dall’ Associazione italiana medici endocrinologici “calda raccomandazione” a evitarlo

Sembra un paradosso: il prezzo del generico in questione è sensibilmente inferiore a quello del farmaco di marca, ma curare un paziente con il primo costa di più che con il secondo. Sembra un paradosso, ma non lo è. Il farmaco è la levotiroxina, largamente utilizzato nelle malattie della tiroide, il cui brevetto è scaduto ed è pertanto diventato di “libera” produzione.

A portare il caso all’attenzione dell’opinione pubblica sono stati, con un documento congiunto, gli specialisti del settore, in occasione del congresso dell’Associazione italiana della tiroide (Ait).

Il fatto è che l’Aifa, la nostra autorità regolatoria in materia di farmaci, a metà dello scorso novembre ha inserito la levotiroxina generica nella lista di trasparenza, con un test ormonale da eseguite con maggior frequenza (praticamente il doppio) rispetto all’originale e raccomandando anche particolare attenzione per alcune categorie di persone come, per esempio le donne in gravidanza.. La ragione è che, come ha sostenuto Roberto Castello, presidente dell’Associazione italiana medici endocrinologici, il farmaco equivalente (o “generico”, secondo una vecchia e ancora diffusa definizione) « è considerato tale se ha una biodisponibilità maggiore o minore del 20% rispetto all’originale, una differenza che nel caso delle malattie della tiroide, dove è fondamentale la precisione dei livelli ormonali che si ottengono, si traduce in variazioni dell’efficacia». Inoltre, ha aggiunto Castello « abbiamo stimato che il generico farebbe risparmiare circa 30 milioni di euro l’anno, ma per i test aggiuntivi servirà una cifra tra i 20 e i 40 milioni in più». Insomma, fatti i conti, una terapia con la levotiroxina generica al Ssn non converrebbe affatto. 

Senza contare le possibili ripercussioni sull’efficacia terapeutica, per cui gli esperti raccomandano di non cambiare dal “griffato” al generico in corso di terapia, ma semmai di utilizzare il secondo solo quando la cura viene iniziata per la prima volta. Proprio per questo, gli specialisti chiedono ai loro colleghi di scrivere sulla ricetta che il farmaco prescritto non è sostituibile con il generico.

Tutti, comunque, hanno tenuto a sottolineare che questa presa di posizione (suffragata anche da studi internazionali, assicurano) non è affatto un attacco al farmaco equivalente tout court che, anzi, per lo stesso Castello, rappresenta «una grande occasione di risparmio». Attacco magari no, ma, in questa fattispecie, appare comunque piuttosto evidente una “calda raccomandazione” a evitarlo.

D’altronde, sebbene i costi del farmaco e dei test siano in questo caso decisamente contenuti, il fatto che vadano moltiplicati per la numerosa coorte di pazienti rende tutt’altro che insignificante il risultato complessivo. Gli italiani che soffrono di malattie della tiroide sono infatti circa sei milioni, con alcune aree geografiche nelle quali raggiungono quasi un terzo della popolazione.

«Le malattie legate alla carenza di iodio, come il gozzo, stanno diminuendo nel nostro Paese, anche se rimangono delle zone in cui l’incidenza è alta – ha sottolineato Gianfranco Fenzi, presidente dell’Ait – mentre aumentano quelle autoimmuni come l’ipotiroidismo, che colpisce il 5% delle donne e l’1% degli uomini». E anche i tumori di questa ghiandola sono sempre di più. «Negli ultimi trent’anni – ha sottolineato Paolo Vitti, professore di Endocrinologia all’Università di Pisa – sono quasi triplicate le diagnosi di cancro della tiroide». Per un aumento reale o per le migliorate capacità di diagnosi? «Probabilmente per entrambe le cose», risponde Vitti.

La legge del 2005 che introduce l’obbligo di vendita del sale iodato nella grande distribuzione «sta dando frutti – osserva Lenzi – ma ora bisogna fare in modo che lo si usi anche nella conservazione degli alimenti e nell’alimentazione animale». Proprio la iodoprofilassi, che può prevenire il gozzo e i noduli tiroidei che a loro volta possono originare il cancro, è argomento di una delle sessioni del congresso. «Il messaggio è che bisogna consumare poco sale, ma iodato – ha spiegato infine Paolo Beck-Peccoz, presidente eletto dell’associazione – incentivando il consumo di pesce, che è naturalmente ricco di iodio».

La replica di Assogenerici – «Le dichiarazioni uscite dal Congresso dell’Associazione Italiana Tiroide a proposito dei farmaci equivalenti ripropongono un tipo di argomentazione che a tutto serve salvo che a fare chiarezza» è la replica di Enrique Häusermann, presidente di AssoGenerici, l’associazione dei produttori del settore. «Per cominciare – sostiene Häusermann in un comunicato – non è corretto dire che il generico, in questo caso della tiroxina, ma il discorso vale per qualsiasi medicinale generico, non ha provato la sua equivalenza. L’equivalenza, se il farmaco è stato autorizzato, è già provata in base ai criteri universalmente accettati da tutte le agenzie regolatorie del mondo; se invece si tratta di differenze in ambito clinico, cioè nell’impiego su un vasto numero di pazienti, sarebbe il caso di provarle dati alla mano e non limitarsi a parlare di fantomatiche “segnalazioni di pazienti”. In questo senso – prosegue Häusermann – ben venga il recepimento delle direttive europee sulla farmacovigilanza, che prevedono anche le segnalazioni dell’inefficacia di un farmaco da parte di tutti i soggetti: siamo certi che sulla base di dati documentati gli equivalenti non abbiano nulla da temere». Quanto alla continuità terapeutica, prosegue il comunicato, AssoGenerici «ha sempre concordato sul fatto che, soprattutto quando si tratta di pazienti particolarmente complessi, è bene proseguire con il farmaco con cui la terapia è stata iniziata con soddisfazione e che i cambiamenti vadano adeguatamente monitorati, ma questo nulla ha a che vedere con il fatto che quando la terapia viene avviata si può cominciare senza timori di sorta con il farmaco equivalente». AssoGenerici, infine, «auspica che queste nozioni basilari, che sono patrimonio comune in tutta Europa, vengano finalmente condivise anche dalla comunità medica italiana nella sua interezza».

fonte

http://www.monopolipress.it/content/arriva-leutirox-generico-ma-gli-specialisti-tiroide-lo-sconsigliano