Per combattere il cancro parliamo al paziente

Combattere su tre fronti: diagnosi sempre più precoci. Terapie genetiche. E una rivoluzione: parlare al malato, non solo curare 
la sua malattia

di Umberto Veronesi

 

 

Per combattere il cancro parliamo al paziente

Fino al secolo scorso pensavamo alla ricerca contro il cancro prevalentemente come ricerca di farmaci, anzi di un farmaco che, come è successo con la penicillina per le infezioni, rappresentasse la soluzione per il cancro. Poi è arrivata la genomica , che ha acceso ancor di più le speranze di una terapia definitiva, ma ha confermato che la pillola anticancro è un sogno irrealizzabile, perché il tumore, studiato attraverso i geni, appare come una malattia ancora più complessa di quanto avessimo ipotizzato. In realtà si tratta di tante malattie differenti.

Oggi se pensiamo alla ricerca oncologica, dobbiamo quindi immaginare tre frontiere. La prima è la frontiera delladiagnostica precoce. Va ricordato innanzitutto che i risultati ottenuti fino ad oggi in termini di riduzione di mortalità, sono dovuti in buona parte alla anticipazione della diagnosi. Uno studio pubblicato su “Annals of Oncology” stima che nel 2014 in Europa saranno evitati 250 mila morti per cancro grazie alla prevenzione. Il perché è ormai risaputo, ma vale la pensa di ripeterlo: più un tumore è piccolo, maggiore è la sua probabilità di guarigione. E minore è il rischio degli effetti collaterali delle terapie, che possono influire negativamente sul progetto di vita individuale.

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Informativa su Ebola by Unicef

di-natale

I sintomi dell’infezione di Ebola, così come li spieghiamo nelle campagne di informazione e prevenzione che l’UNICEF conduce nei paesi colpiti dall’epidemia (Liberia, Guinea, Sierra Leone e Nigeria) e nei paesi confinanti.

IMPORTANTE: il poster che vi presentiamo è stato tradotto esclusivamente per far conoscere al pubblico italiano il tipo di messaggi che veicoliamo nei paesi colpiti, in Africa: in Italia NON è in corso alcuna campagna di questo tipo.

Per maggiori informazioni su Ebola e sulle misure di sorveglianza adottate in Italia dal Ministero della Salute, invitiamo a visitare il sito http://www.epicentro.iss.it/problemi/ebola/ebola.asp

INQUINAMENTO, IL VERO PERICOLO E’ DENTRO CASA

 

INQUINAMENTO, IL VERO PERICOLO E' DENTRO CASA

Uno studio pubblicato dalla rivista scientifica britannica “The Lancet Respiratory Medicine”rivela che l’aria che respiriamo nelle nostre case può rivelarsi molto pericolosa. Secondo la ricerca, un terzo della popolazione mondiale rischia di avere problemi di salute o di morire prematuramente a causa dell’inquinamento domestico, che secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) sarebbe all’origine di oltre 4 milioni di decessi nel 2012; un dato più alto dei 3,7 milioni di morti causati dall’inquinamento atmosferico esterno.

Tra le attività “incriminate” dai ricercatori, c’è la preparazione dei pasti, l’uso del riscaldamento e della luce elettrica. Sarebbero particolarmente a rischio oltre 600 milioni di famiglie, principalmente in Asia e Africa, che preparano i loro pasti o riscaldano le loro case utilizzando combustibili solidi come il carbone o il legno, che producono fumo e sono altamente inquinanti, soprattutto quando gli ambienti sono poco ventilati. Specialmente donne e bambini sono particolarmente sensibili agli effetti tossici di questo genere di inquinamento e sono di fatto esposti alle concentrazioni più elevate.

Tra le malattie più direttamente legate all’inquinamento domestico vi sono le infezioni respiratorie, le bronchiti croniche, l’asma e i tumori ai polmoni o alla gola: ad aggravare il problema, il fatto che la maggior parte dei casi si registrano in Paesi in via di sviluppo dove è molto limitato e oneroso l’accesso alle cure per questo tipo di patologie. Anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha condotto di recente uno studio sull’inquinamento domestico, in cui gli autori della ricerca hanno raccolto numerosi suggerimenti per tutelare la salute delle persone coinvolte nella cura della casa. In questo studio, si tende subito a smettere di considerare l’inquinamento solo come un fenomeno esterno alle nostre abitazioni, sulla base del fatto che quello domestico è dalle 65 alle 200 volte superiore a quello esterno. Questo comporta che un ambiente apparentemente sicuro come la casa può nascondere numerosi pericoli.

Di fatto le sostanze pericolose con cui veniamo in contatto quotidianamente tra le mura domestiche sono oltre 150 e tutte possono avere effetti negativi per la salute e l’ambiente. Per esempio, la polvere delle abitazioni è una miscela eterogenea di sostanze tra le quali si possono riconoscere muffe, granuli di polline, scarti alimentari, residui di sostanze vegetali e sintetiche, forfora di animali domestici. La componente allergenica predominante è però costituita dagli acari (Dermatophagoides Pteronyssinus, Dermatophagoides farinae ed Euroglyphus Maynei) e la riduzione della loro concentrazione negli ambienti domestici va considerata, quindi, come il principale trattamento per la prevenzione e cura delle malattie allergiche a essi dovute.

Prestare, dunque, attenzione all’aria che respiriamo nella nostra casa è una sana abitudine per garantire il nostro benessere. È buona regola arieggiare bene la casa ogni mattina e ogni sera prima di andare a dormire. Alcuni amano riposare con la finestra aperta per garantire un migliore apporto di ossigeno e non dimentichiamo che anche se viviamo in città, possiamo “migliorare” l’atmosfera della nostra abitazione usando oli essenziali, erbe e incensi preziosi, scelti con attenzione e di ottima qualità.

Inoltre, lo scenario descritto nei due studi è reso ancora più allarmante dal fatto che ormai gli esseri umani trascorrono il 95% del loro tempo all’interno di edifici e in luoghi chiusi. Purtroppo, il tempo che passiamo a contatto con la natura è insufficiente e il corpo e la psiche ne risentono. Del resto, per migliaia di anni l’uomo ha vissuto in un ambiente naturale al quale il corpo umano si è adattato profondamente allo stesso modo delle piante e degli animali.

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Cura del cancro e maltolo, bufala?


Cancro e maltolo. Alcuni mi hanno chiesto quanto sia vera la notizia che circola sempre più su Facebook e via email rispetto una “nuova cura per il cancro”, “basata sul maltolo” e “tenuta nascosta dalle multinazionali e dai mezzi di informazione”.

In particolare a essere diffuso è un video nel quale appare un sedicente giornalista. Parla di un paio di “ricercatori precari” di Urbino, che avrebbero scoperto una fenomenale “molecola naturale”, il maltolo, in grado di far “suicidare le cellule tumorali”. Nessuno parlerebbe della cura perché le multinazionali stanno cercando di oscurare il fatto e i media, conniventi, non danno quindi la notizia.

Bene: è falso.

O meglio – come spesso succede in questi casi – la notizia è in parte vera: ma è talmente sommersa di generalizzazioni, complottismi, false rivelazioni e misteri da essere talmente diluita da non aver quasi più alcun elemento di verità (un po’ come nei principi dell’omeopatia). Sfortunatamente, utilizzare elementi veri aggiungendo dosi di “mistero” e “complotto” è tipico delle bufale. Chiunque le alimenti, in buona o in cattiva fede, genera false speranze, false aspettative, e illude malati e famiglie. Vediamo prima di tutto le falsità presenti nel video che circola:

  1. Non risulta che nessuna “multinazionale del farmaco” (cit.) stia cercando di ostacolare la ricerca in questione, al contrario: quanto scoperto è stato oggetto di brevetto in Italia e se ne è parlato in pubblicazioni scientifiche.
  2. Per quanto concerne i “ricercatori precari”. Beh, il primo non è ricercatore e neanche precario:Vieri Fusi è infatti professore associato dell’Università di Urbino (pagina personale di Vieri Fusi).Mirco Fanelli risulta invece occuparsi del “laboratorio di PatologiaMolecolare” e nelle pagine dell’università è definito ricercatore dal 2002 a oggi. Quindi, salvo imprecisioni, deve essere “ricercatore confermato” e non precario (pagina personale di Mirco Fanelli).
  3. La notizia non è affatto nuova, è del marzo 2013 e deriva da studi di cui già si era parlato anche precedentemente.
  4. Non è vero che i giornali hanno oscurato la notizia, al contrario: è stata annunciata su molte testate tra le quali Corriere della SeraIl Sole 24 OrePanoramaIl Resto del Carlino, e dalla principale agenzia stampa italiana, l’ANSA. Proprio perché molto se ne è parlato, uno dei due soggetti ha sentito la necessità umana di chiarire commentando un articolo in proposito sul magazine dell’università relativa con un messaggio che copio di seguito (la sede del messaggio è un forte indizio a supporto dell’indentità dell’autore, poi intervistato a proposito, ma la cosa è comunque facilmente verificabile).
  5. Semplificare quando si parla di temi così specifici non è sfortunatamente possibile. Ci sono tipi di neoplasie molto differenti, per caratteristiche, dimensioni, eziologia, risposta alle cure… La semplice frase “cura per il cancro” non è tecnicamente corretta e dovrebbe quindi da subito far nascere qualche sospetto.

Passiamo ora agli aspetti reali della notizia, ovvero alla ricerca che è in effetti stata effettuata. Il messaggio pubblicato da Fanelli chiarisce più di quanto potrebbero fare altri rispetto questa cosiddetta “cura al maltolo per il cancro” (i grassetti sono miei):

Mi sento di esternare un ringraziamento a tutti coloro che hanno condiviso con noi i risultati della nostra attività di ricerca. Come spesso capita in queste situazioni, e toccando certi argomenti, si rischia di far trapelare messaggi non corretti. Ci tengo a precisare che le molecole che abbiamo brevettato non devono essere considerate la soluzione nella lotta contro il cancro. Siamo in una fase sperimentale che sta dando ottimi risultati ma ancora lo-ntana dalla sperimentazione clinica. Mi duole dover disilludere le persone che mi chiamano chiedendomi se possiamo sperimentare le nostre molecole sulle persone a loro vicine affette da tumore. Mi duole che, con gli articoli di questi giorni, si sia alimentato un clima di false speranze. Siamo ricercatori e non è nelle nostre intenzioni vendere fumo. Le nostre molecole ad oggi sono promettenti……la futura attività di ricerca dimostrerà se sarà possibile utilizzarle nell’uomo e con quali benefici. Vi ringrazio moltissimo, ci state fornendo una grossa motivazione…..grazie a tutti. Mirco Fanelli

In sostanza: come in molti altri casi, si tratta di test di laboratorio che non si sa se possa essere replicati sull’essere umano. Senza scendere nel tecnico, sarebbero state sintetizzate due molecole (chiamate malten e maltonis) con la capacità di indurre alterazioni della cromatina (se ne parla anche in un articolo scientifico a loro firma). Da questo stadio a quello – eventuale – della sperimentazione sull’uomo passano di solito anni, quando va molto bene mesi. Altri anni sono poi necessari per valutare i risultati e applicare eventualmente il tutto su scala più ampia.

La ricerca è quindi in fase iniziale e sarà – forse – approfondita in futuro, nella speranza che possa portare risultati. Risultati che però attualmente sono molto distanti e il cui esito positivo è assolutamente non prevedibile. Affermare oggi che si tratti di una cura contro il cancro è quindifalso, come specificato anche dagli stessi autori. Così come è falso tutto il quadro dipinto negli appelli che circolano: niente oscuramenti, niente connivenze, niente complotti.

Molto più vero, semmai, il fatto che all’università manchino i soldi per farla, questa ricerca. Se di ciò si parlasse negli appelli (e magari anche in parlamento), evitando i complottismi, la questione sarebbe probabilmente un po’ più produttiva.

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‘Tom tom’ chirurgico per non perdersi nella testa, così si aprono le vie del bisturi contro il tumore

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(Adnkronos Salute) – “Non sempre il mondo in cui un chirurgo deve addentrarsi con il suo bisturi è una stanza aperta e piena di luce. A volte la strada da percorrere è stretta, buia, angusta e delicata. Come il naso”. Per non perdere la bussola, in aiuto dei camici verdi interviene il ‘tom tom’ chirurgico, una sorta di navigatore satellitare che allarga le frontiere dell’endoscopia, permette agli esperti di sapere in ogni momento dove sono localizzati i loro strumenti e di arrivare con precisione millimetrica alla meta: il tumore da asportare. Anche quando si trova in un ‘luogo’ anatomico difficile da raggiungere, come nel caso dei tumori endonasali, del basi-cranio, spinali ed endoventricolari. Così si aprono le vie del bisturi, spiega oggi durante un incontro a Milano Ernesto Pasquini, direttore dell’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria dell’Ausl di Bologna.

Non fantascienza, ma realtà in sale operatorie sempre più hi-tech. Per approcci che cambiano la storia delle cure per tumori e patologie fino a oggi difficili da trattare. “Se in passato per fare pulizia in una stanza si dovevano abbattere i muri, oggi si entra da una porta e si raggiunge lo stesso risultato in maniera mininvasiva”, sottolinea Paolo Castelnuovo, direttore della Clinica otorinolaringoiatrica all’università dell’Insubria di Varese. E’ la rivoluzione dell’endoscopia che negli ultimi anni si è perfezionata sempre di più con l’avvento di tecnologie ultrasofisticate, protagoniste anche di un Congresso mondiale che si è svolto di recente a Milano (EndoMilano 2014).

Il tom tom è una di queste: “Prima di avviare la navigazione – spiega Pasquini – la Tac ci dà la ‘cartina stradale’ da seguire durante l’intervento. Si fa fare al paziente uno studio radiologico adeguato e si inseriscono i dati in un computer (il ‘cervellone’ del tom tom) che li rielabora. Si crea poi un campo elettromagnetico intorno alla testa del paziente. Quando lo strumento entra in questa ‘atmosfera’ viene riconosciuto”, diventa la ‘macchinina’ del navigatore e, sulla base della mappa e dell’immagine in vivo, viene localizzato. Sullo schermo che il chirurgo ha davanti compaiono così 3 immagini della testa del paziente (viste da 3 diverse prospettive, sagittale, assiale e coronale) e un puntino che si muove: è lo strumento che va verso la meta.

La tecnica endoscopica hi-tech non si sostituisce a quella tradizionale, ha un altro target”, precisa Castelnuovo. I vantaggi? “Ricovero più rapido, si scende da 3 a una settimana. Evitando l’interruzione delle ossa craniche il post-operatorio è meno doloroso e più breve”, elenca lo specialista. Diminuiscono gli ‘effetti collaterali’ dell’operazione. Nell’armamentario dei camici verdi, con il tom tom e gli endoscopi (occhio bionico del chirurgo), anche schermi ad alta definizione con aumentata profondità di campo e in 3D. E ancora trapani orientabili, aspiratori a ultrasuoni, fibre laser e doppler che supportano la precisione dell’asportazione del tumore, preservando le strutture sane. E un corredo di nuovi materiali per una maggiore sicurezza durante l’intervento e una più rapida guarigione della sede chirurgica.

Risultato: performance ottimizzate e possibilità di raggiungere attraverso cavità naturali, come fosse nasali e i seni paranasali, lesioni in punti critici (nervi cranici e ottici, carotide interna, bulbi olfattori) ritagliando l’intervento su misura della patologia con un miglioramento della sopravvivenza e della qualità della vita. E ancora, “Tac e risonanza magnetica all’interno della sala operatoria permettono di seguire passo passo l’asportazione tumorale e di ‘ricalibrare’ durante l’operazione il navigatore”, aggiunge Davide Locatelli, direttore del Dipartimento di neuroscienze, Uoc neurochirurgia dell’ospedale di Legnano. Mentre “la creazione di ottiche 3D permette una migliore percezione del senso di profondità aumentando il dettaglio dell’immagine”, sottolinea Castelnuovo.

L’Italia sta facendo scuola mostrando come “l’approccio multidisciplinare è fondamentale per valorizzare le tecnologie”, sottolinea Giorgio Frank che con Castelnuovo, Pasquini e Locatelli ha presieduto il congresso milanese. “Oggi – conclude – siamo riusciti a portare il chirurgo dentro il corpo umano, come aveva preconizzato un vecchio film di fantascienza, in cui un gruppo di medici ‘rimpiccioliti’ a bordo di una navicella entrano nel corpo del malato, lo operano dall’interno e, dopo aver perso l’orientamento, escono con una lacrima”.

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