Gli uomini fumano per piacere, le donne per stress o depressione

Perché i patch alla nicotina o altri trattamenti di disassuefazione al fumo funzionano meglio per gli uomini che per le donne: il cervello reagisce in modo diverso

di Cesare Peccarisi

Perché i patch alla nicotina o altri trattamenti di disassuefazione al fumo funzionano meglio per gli uomini che per le donne ? A 10 anni dall’entrata in vigore della legge Sirchia sul fumo (10.1.2005), il mistero è stato chiarito dai ricercatori della Yale University diretti da Kelly Cosgrove che hanno appena pubblicato uno studio sul Journal of Neuroscience in cui, tramite la modernissima lp-ntPET (acronimo di linear parametric neurotrasmitter PET, cioè tomografia a positroni parametrica lineare di neurotrasmettitore) dimostrano che la risposta dopaminergica alla sigaretta è diversa fra i due sessi.

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Cancro alla laringe: otto casi su dieci provocati da alcol e sigarette

Chi assume alcol corre un rischio tre volte maggiore di cancro al cavo orale, faringe ed esofago rispetto a un astemio; e purtroppo, nel nostro Paese è in aumento il consumo di alcolici, soprattutto tra i giovanissimi: oggi il 44% degli under 25 italiani beve regolarmente fuori dai pasti; erano il 34% dieci anni fa. L’abuso di alcol è, insieme al fumo, una tra le principali cause dei tumori alla laringe, neoplasia dalla quale oggi si può guarire nel 60% dei casi; e addirittura nove volte su dieci se viene diagnosticata allo stadio iniziale. Nei primi anni Novanta, invece, solo la metà dei pazienti riusciva a sconfiggerla.

«Si tratta della più diffusa e frequente forma di tumore della testa-collo. Ogni anno – ricorda Giuseppe Spriano, presidente della Società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale (Sioechcf) – queste neoplasie colpiscono 12 mila italiani e il loro numero è in aumento a causa anche di comportamenti scorretti sempre più diffusi».

È possibile prevenire queste forme di cancro intervenendo sugli stili di vita e sottoponendosi a visite dallo specialista. «L’80% dei tumori della testa-collo – precisa il presidente Sioechcf – sono riconducibili ad alcol e sigarette. Per evitare la malattia è fondamentale seguire stili di vita sani e quindi niente fumo, limitare il più possibile gli alcolici, seguire una dieta sana ed equilibrata e svolgere attività fisica tutti i giorni. Un accanito bevitore o un forte fumatore invece dovrebbe sottoporsi a visite otorinolaringoiatriche periodiche, magari una volta l’anno a partire dall’età dei 50 anni in su».

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Un valido aiuto quando le buone intenzioni non bastano Smettere di fumare il Metodo Zuffante

Copia di Smettere_di_fumare_zuffante_testata
Di Luca Delpozzo

Smetto quando voglio. Non è solo il titolo di un film, ma anche quella sorta di autoas­so­lu­zione che ci diamo quando, presa una brutta abi­tu­dine, pen­siamo di essere in grado di gestirla o per­derla senza pro­blemi. Una con­vin­zione che molto spesso, in effetti, si rivela errata.

Tra le tante cat­tive abi­tu­dini prese con leg­ge­rezza sotto il cap­pello dello “smetto quando voglio” c’è sicu­ra­mente il taba­gi­smo. Tanti fuma­tori avreb­bero già voluto smet­tere, ma tra il volere e il fare il passo non è così breve soprat­tutto quando la volontà si scon­tra con la chi­mica del nostro organismo.

Stefano_calogero_zuffanteUn aspetto stu­diato anche dal dot­tor Calo­gero Zuf­fante, a lungo Pri­ma­rio di Ane­ste­sia e Ria­ni­ma­zione all’Ospedale di Clu­sone, che nel 1978 mise a punto il suo metodo per smet­tere di fumare: il Metodo Zuf­fante®. Un metodo che parte da un approc­cio inno­va­tivo: l’utilizzo della refles­so­lo­gia auri­co­lare fina­liz­zata alla pro­du­zione di endor­fine  per com­pen­sare la man­canza di nicotina.

Ini­zial­mente, il dot­tor Zuf­fante svi­luppa il suo metodo tra­mite l’applicazione delle cosid­dette “graf­fette anti­fumo” e lo testa su nume­rosi pazienti presso il primo cen­tro anti­fumo pre­sente in un ospe­dale pub­blico, quello da lui fon­dato, appunto, presso il noso­co­mio di Clu­sone. I suoi studi non si fer­mano nono­stante l’altissima per­cen­tuale di risul­tati posi­tivi; il per­fe­zio­na­mento della meto­dica con­ti­nua sia in ter­mini di moda­lità e per­so­na­liz­za­zione della sti­mo­la­zione che di risul­tati definitivi.

Un pro­getto ambi­zioso che nel corso degli anni ha visto aumen­tare il numero e la varietà dei pro­fes­sio­ni­sti coin­volti; dalla metà degli anni Ottanta, anche il figlio del Dott. Zuf­fante, Ste­fano, natu­ro­pata spe­cia­liz­zato in kine­sio­lo­gia, si aggiunge alla squa­dra, viag­giando con il padre in Ita­lia e all’estero. A oggi, è il solo pro­fes­sio­ni­sta in grado di appli­care, esclu­si­va­mente presso il suo stu­dio a Clu­sone, l’originale Metodo Zuf­fante che, per le sue spe­ci­fi­cità e dif­fi­coltà, neces­sita di un’esecuzione per­so­na­liz­zata e di pre­ci­sione asso­luta.

Il Metodo Zuf­fante si basa sui prin­cipi della refles­so­lo­gia auri­co­lare e sulla capa­cità di sti­mo­lare il sistema ner­voso a pro­durre, in bre­vis­simo tempo, grandi quan­tità di endor­fine, mor­fine endo­gene che donano all’organismo un forte senso di benessere.

La nico­tina assunta da un fuma­tore, infatti, attra­verso gli alveoli pol­mo­nari e i vasi della bocca e della laringe entra nel san­gue e passa poi al cer­vello: qui prende il posto di parte delle endor­fine natu­ral­mente pre­senti, di fatto ridu­cen­done la pro­du­zione e aumen­tando pro­gres­si­va­mente il biso­gno di nico­tina. Que­sta è la causa della dipen­denza dal fumo, e la rela­zione tra ridu­zione di pro­du­zione di endor­fine e biso­gno di nico­tina è tanto più mar­cata quanto più il fuma­tore è accanito.

Pro­prio per que­ste ragioni la sola forza di volontà può non essere suf­fi­ciente per smet­tere defi­ni­ti­va­mente di fumare: il cer­vello del fuma­tore non è infatti in grado di pro­durre fin da subito la quan­tità di endor­fine neces­sa­ria al benes­sere del suo orga­ni­smo, e que­sta carenza pro­voca la cosid­detta crisi di asti­nenza, che si mani­fe­sta non solo con lo smo­dato desi­de­rio di fumare, ma anche con ner­vo­si­smo, ansia, irri­ta­bi­lità e per­sino sin­tomi fisici quali crampi allo sto­maco e gira­menti di testa.

Secondo quanto dimo­strato su migliaia di pazienti pro­ve­nienti da tutta l’Italia e da ogni parte del mondo, il Metodo Zuf­fante pro­duce una sti­mo­la­zione dolce e non inva­siva di un punto par­ti­co­lare dell’orecchio; così facendo per­mette al fuma­tore di opporsi senza dif­fi­coltà alla neces­sità di assu­mere nico­tina. Come? Attra­verso un imme­diato aumento della pro­du­zione di endor­fine e di con­se­guenza, della sen­sa­zione di appa­ga­mento che eli­mina i sin­tomi della crisi di astinenza.

Stefano_Zuffante_smettere_di_fumareLa sti­mo­la­zione effet­tuata da Ste­fano Zuf­fante presso il suo stu­dio di Clu­sone è molto intensa, in grado di garan­tire non sol­tanto ottimi risul­tati imme­diati ma anche un’azione pro­lun­gata. Non solo non è inva­siva, è indo­lore, priva di effetti col­la­te­rali, ma vin­cente sulla lunga distanza: le sta­ti­sti­che perio­di­che effet­tuate su cam­pioni di per­sone anche a distanza di molti anni dall’unica seduta pre­vi­sta, con­ferma una riu­scita tra il 95% e il 96% dei fuma­tori a 40 giorni del trat­ta­mento. La pos­si­bi­lità di rica­duta nel vizio del fumo si atte­sta su una per­cen­tuale bas­sis­sima, oscil­lante tra l’8 e il 9% nei primi 18 mesi dall’unico trat­ta­mento ricevuto.

Smetto (di fumare) quando voglio quindi non solo è pos­si­bile, ma è più sem­plice e rapido di quanto si possa pen­sare e se è con un pic­colo aiuto poco male, in fondo non si è mai detto: smetto “da solo” quando voglio.

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Cannabis, il consumo prolungato espone al rischio di patologie fisiche e psichiatriche

Cannabis, il consumo prolungato espone al rischio di patologie fisiche e psichiatriche

Sfogliando a caso i risultati di numerosi test condotti in ambito medico sugli effetti della cannabis dopo aver digitato la chiave di ricerca prescelta su Google, si ha per un attimo la sensazione di assistere ad uno scherzo e per giunta molto poco divertente: gli esiti che si ricavano in materia sono talmente disparati e contrastanti da spingere il lettore medio a dubitare della validità delle fonti citate o quantomeno della metà di esse, in base ai gusti e alle inclinazioni personali.

Giusto per mettere un po’ di ordine nel marasma medico che anima l’opinione comune, il dottor Wayne Hall, facente capo all’Università australiana del Queensland, si è preso la briga di tirare fuori dal metaforico cassetto gli esiti relativi ad oltre vent’anni di sperimentazione medica sulla cannabis e di riesaminare tutta la letteratura presente sull’argomento, giungendo alla conclusione che la cannabis è ben lungi dall’essere quell’innocua ed amichevole sostanza dipinta da buona parte dell’universo mediatico.

Secondo quanto emerge dalle ricerche esaminate dal dottor Hall, un consumo continuativo di cannabis potrebbe indurre la comparsa della schizofrenia e di numerose altre patologie di tipo psichiatrico (come la sindrome depressiva), andando a fare affiorare una tendenza già presente in forma latente nel soggetto.

La cannabis non è cioè la causa scatenate delle malattie a carico dell’apparato neurologico, ma un agente in grado di amplificarle e di condurle ad una forma conclamata presso i soggetti predisposti (soprattutto nel caso degli adolescenti), mentre, anche in assenza di pregresse patologie latenti, la sostanza si rivela comunque in grado di produrre deficit cognitivo e difficoltà di apprendimento.

Anche il fattore legato alla dipendenza risulta, a detta dello studio australiano, ampiamente sottovalutato: unindividuo su dieci che fa uso continuativo di cannabis rischia infatti di cadere vittima di un’autentica sindrome da dipendenza e la percentuale è destinata a salire nel caso dei minorenni, le cui probabilità di incorrere in diverse manifestazioni psico-fisiche legate all’astinenza risultano quasi raddoppiate (circa un ragazzino su sei).

Da non trascurare, infine, i danni provocati dal fumo di hashish e marijuana sull’apparato respiratorio: benché non vi sia un’esplicita correlazione tra cannabis ed insorgenza di forme tumorali a carico di polmoni, trachea e laringe (difficile distinguere le responsabilità del tabacco in merito), appare assodato che il consumo delle cosiddette droghe leggere conduca allo sviluppo di bronchite cronica e peggiori sensibilmente lo stato di salute delle vie aeree, prvocando danni irreversibili.

Sfatato, invece, l’assunto che riteneva possibile la morte a causa di un’overdose della sostanza; i decessiaccertati a seguito di consumo di cannabis sono quasi interamente connessi con le difficoltà di guidare veicoli e di utilizzare macchinari dovute agli effetti della droga sul cervello e non ad un arresto cardiaco causato da un’eccessiva assunzione della sostanza.

Lo studio compiuto da Wayne Hall e pubblicato su Addiction pare quindi porre fine alla divergenza di opinioni in ambito medico su quali siano i danni prodotti dalla cannabis e quali invece i benefici, sempre ammesso che ulteriori indagini non giungano tempestivamente a smentire le tesi di Hall: del resto, la ricerca medica si è cimentata così a lungo con gli effetti della cannabis da diventare vagamente schizofrenica in materia.

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