Il sistema respiratorio (Ia parte)


di Laura Pigozzi
laura.pigozzi@fastwebnet.it

La voce umana – parlata e cantata – impegna in maniera coordinata tre sistemi:
– il sistema respiratorio
– il sistema laringeo
– i risuonatori

Questa lezione è dedicata ad una parte importante del sistema respiratorio: il diaframma e i suoi movimenti.

I movimenti del diaframma.
I
l nostro corpo è un eccellente strumento musicale. E per farlo ‘suonare’ occorre innanzitutto conoscerlo. Cominciamo dunque dalla respirazione che è ciò che ci tiene in vita e che ci permette di cantare e di parlare.

Certamente senza una buona respirazione….non si canta. Anche se una buona respirazione non esaurisce comunque l’arte del canto! Ad ogni modo questo è il centro del sistema di emissione sonora e dunque partiremo da qui.

Il cuore del sistema respiratorio è il diaframma, il cui significato etimologico è ‘ciò che sta in mezzo’ (diafragma). Questo respiratorio, di forma larga e convessa, in effetti separa la cavità toracica da quella addominale. Quando inspiriamo la curva del diaframma si alza e il muscolo si rende più efficace a sostenere la nota.

A che cosa serve il diaframma?

O
ltre che a separare due cavità con funzionalità differenti, il diaframma è il nostro fondamentale sostegno del suono: è qui che avviene il cosiddetto ‘appoggio’. Con un’immagine fantasiosa possiamo dire che il diaframma è il ‘ che sostiene il suono.

Sentire la funzionalità del diaframma o anche solo la sua ‘presenza’, è tra le cose più difficili del canto, pur essendo assolutamente indispensabile. 
Proviamo ad aiutarci con alcuni esercizi molto semplici:

  1. cominciamo a ridere, prima piano e poi forte, cercando di sentire i movimenti sussultori del muscolo;
  2. ora proviamo invece a sbadigliare: con questo esercizio il diaframma si dispone ‘a vassoio’ (effetto dell’apertura toracica), la posizione cioè di massimo sostegno della voce. Lo sbadiglio serve anche a ‘prendere coscienza’ delle cavità boccali e faringee che nel canto vanno sempre tenute ampie per aiutare il passaggio del suono (argomento di lezioni successive)
  3. quando ci capita di singhiozzare – nel pianto o nel semplice singhiozzo – possiamo osservare il coinvolgimento del diaframma (naturalmente questo non può dirsi un esercizio vero e proprio e spero che a tutti noi capiti il meno possibile di sentire la presenza del diaframma in questo modo…)
  4. per chi segue regolari lezioni di canto, sarà facile sentire questo muscolo negli esercizi di suono picchettato.

Ecco un’immagine del diaframma visto dal retro:

Respirare significa inspirare ed espirare.

L’inspirazione.
Innanzitutto quando si inspira bisognerebbe cercare di riempire d’aria tutto il polmone e non solo la parte alta (respirazione clavicolare). Questa è una regola che ci dovrebbe accompagnare, oltre che nel canto, in ogni momento della nostra vita. Infatti la respirazione alta o clavicolare è dannosa per l’organismo perché consente solo una limitata ventilazione ed un ricambio sanguigno insufficiente. E’ lo e la fretta che ci fa respirare solo con la parte alta del polmone. Infatti gli animali e i bambini, nell’atto respiratorio, riempiono ‘naturalmente’ tutto il polmone.

La respirazione parte dal naso (vedi lezione 1 ). L’aria giunge ai polmoni che vanno riempiti fino in fondo; arriva poi all’addome che si gonfia leggermente in avanti. La volta diaframmatica si alza di diversi centimetri. Le costole inferiori si aprono lateralmente e quindi il diaframma si abbassa un po’. La gabbia toracica è più ampia sia lateralmente – apertura costale – che verticalmente per effetto dell’abbassamento diaframmatico (e non perché si sono alzate le spalle che devono invece rimanere immobili!)

L’espirazione.
L
a cinghia addominale si mantiene tonica per fornire pressione e regolarla; il diaframma torna nella posizione originaria; le costole si chiudono. Quando si canta questo movimento va regolato cercando di ‘ritardare’ la chiusura costale con il sostegno addominale, senza eccedere per non bloccare il diaframma. Data l’importanza del sostegno addominale per la tenuta del suono, si consiglia di fare esercizi per aiutare la tonicità dei dell’addome.
L‘emissione del suono va ‘tenuta’ e non va spinta per evitare la chiusura laringea: in questo modo, oltre a provocare danni alle corde vocali (il sistema laringeo sarà oggetto di un’altra lezione), la cassa toracica non entra più in vibrazione come dovrebbe.

Ecco qui sotto i movimenti diaframmatici di un buon cantante:

Movimenti del diaframma visti lateralmente e frontalmente.
1 = diaframma
2 = apertura della volta diaframmatica (con l’apertura costale si riabbassa leggermente)

Laura Pigozzi intervistata da Irene Pivetti a Radio Montecarlo

Che cosa è la tracheotomia


l’intervento che aiuta a respirare



Il Policlinico Gemelli

ROMA – La tracheotomia è un int ervento chirurgico volto a praticare un’apertura nella trachea, con l’inserimento di un tubo, per liberare le vie aeree e consentire al paziente di respirare. Può essere eseguita per trattare una patologia d’emergenza o come tecnica programmata. Solitamente, le alterazioni acute della vie aeree vengono trattate inserendo un tubo endotracheale attraverso la bocca o il naso. Quando l’affezione riguarda la laringe, è preferibile eseguire una tracheotomia d’urgenza.

L’intervento viene eseguito soprattutto su un paziente che ha perduto la capacità di respirare spontaneamente ed è sottoposto a respirazione artificiale prolungata, o ha perduto la capacità di mantenere la trachea sgombra da secrezioni orali o faringee perché in coma, o a causa di uno specifico disturbo della deglutizione. A questo scopo la tracheotomia viene eseguita dopo aver inserito un tubo endotracheale nella trachea attraverso il naso o la bocca.

Una tracheotomia permanente è necessaria dopo una laringectomia, cioè la parziale o completa asportazione chirurgica della laringe, per trattare un tumore maligno in uno stadio avanzato.

La tracheotomia viene eseguita in anestesia locale o generale. Viene praticata un’incisione nella pelle in corrispondenza della trachea, tra il pomo d’Adamo e le clavicole (le ossa alla base del collo), i muscoli del collo vengono divaricati e la tiroide, che circonda la trachea, di solito viene recisa.

Nella trachea viene praticata una piccola incisione verticale, chiamata ‘finestra’, e poi inserito un tubo di metallo o di plastica. Se il paziente non respira spontaneamente, il tubo viene collegato a un respiratore.

Nei pazienti in grado di respirare spontaneamente, l’aria della stanza viene inumidita per ridurre l’essiccazione del muco nelle vie aeree. Prima di passare nel tubo, l’aria proveniente da un respiratore viene umidificata. Un eventuale eccesso di muco accumulatosi nelle vie aeree viene aspirato attraverso un catetere inserito nel tubo.

In genere, quando il tubo è in sede, il paziente non è in grado di parlare. Dopo una laringectomia, il tubo viene tolto nel giro di alcuni giorni. Rimane un’apertura permanente. Negli altri casi, il tubo viene tolto quando il paziente è guarito dall’affezione che ha reso necessario l’intervento e l’apertura si chiude e guarisce rapidamente da sé.

LE TRACHEOTOMIE introduzione

RESENTAZIONE

Nella storia dell’arte medica la tracheotomia rappresenta uno degli atti chirurgici
più antichi. Nato come estremo tentativo salvavita, venne praticato sporadicamen-
te per molti secoli. Un sostanziale miglioramento dei risultati si ottenne con l’ap-
plicazione su larga scala che si presentò in occasione del diffondersi della difteri-
te. Un’altra occasione fu rappresentata dallo sviluppo della “chirurgia di guerra” e,
più tardi dalla chirurgia oncologica cervico-facciale. Infine negli ultimi decenni, la
tracheotomia ha trovato larga applicazione nel campo della rianimazione.
Oggi la difterite è stata debellata, ma le applicazioni in oncologia e in rianima-
zione richiedono ogni anno l’esecuzione di migliaia di tracheotomie. Questi
interventi fino a qualche anno fa venivano eseguiti soprattutto da specialisti in
otorinolaringoiatria: solo qualche anestesista o qualche chirurgo generale si
cimentava in questa chirurgia. Negli ultimi anni problematiche legate a gestione
e complicanze della tracheotomia in ambiente di rianimazione hanno indotto alla
ricerca di nuove tecniche, che, nate sulla scorta di pratiche già note si sono svi-
luppate fino ad imporsi come tecniche di prima scelta. Ci riferiamo alle tecniche
di tracheotomia percutanea dilatativa, ampiamente trattate in questo volume.
Tutto ciò crea problemi di varia natura:

gli attuali esecutori di tracheotomie tradizionali, che definiremo come tecniche
“chirurgiche”, spesso non conoscono appieno le nuove tecniche dilatative

gli esecutori delle nuove tecniche, per lo più anestesisti, spesso non sono in
grado di gestire non solo le complicanze maggiori, ma financo i banali incon-
venienti

non sono ancora unanimamente chiari vantaggi e svantaggi delle varie tecni-
che

l’otorinolaringoiatra resta pur sempre lo specialista di riferimento per la tra-
cheotomia, e, soprattutto, per le sue complicanze
Per tutti questi motivi abbiamo ritenuto opportuno proporre questa occasione di
aggiornamento, che vuole essere uno stimolo ad approfondire lo studio di questa
“chirurgia di servizio”, tanto antica quanto moderna nei suoi risvolti scientifici,
tecnici e gestionali.
Sono certo che anche l’esperto troverà in queste pagine molti spunti di riflessio-
ne.
E
ZIO
C
OLOMBO