I più colpiti sono gli operai che lavorano la fibra Amianto fuori legge in Italia dal 1992. Killer silenzioso miete tremila vittime ogni anno

Torino – (Adnkronos) – L’impiego di questo minerale è stato bandito dal nostro Paese da quasi due decenni, ma ne restano nell’ambiente cinque quintali per ogni cittadino. Secondo l’Agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro provoca tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe e dell’ovaio.

Torino, 17 dic. (Adnkronos) – Un killer che si nasconde in tubature, rotaie, rivestimenti di tetti e garage. E’ l’amianto, che miete circa 3.000 vittime ogni anno in Italia, 1.200 per mesotelioma, il tumore ‘marker’ dell’esposizione a questo minerale. L’impiego dell’amianto è stato bandito dal nostro Paese da quasi vent’anni, ma ne restano nell’ambiente cinque quintali per ogni cittadino. L’Italia è stata il secondo Paese produttore europeo e tra i principali consumatori di amianto. Secondo le stime del Cnr e di Ispesl ci sono ancora 32 milioni di tonnellate di amianto sparse per il territorio nazionale e un miliardo circa di metri quadri di coperture in eternit sui tetti.Secondo il Registro Nazionale Mesioteliomi i più colpiti sono gli operai che lavorano la fibra, seguiti dai familiari e dagli abitanti delle zone vicine ai grandi centri di pericolo, come Casale Monferrato. L’Agenzia dell’Oms per la ricerca sul cancro (Iarc) classifica l’amianto come sicuramente cancerogeno per l’uomo, capace di provocare tumori della pleura (mesoteliomi), del polmone, della laringe e dell’ovaio.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Amianto-fuori-legge-in-Italia-dal-1992-Killer-silenzioso-miete-tremila-vittime-ogni-anno_312759252441.html

 

Al Bufalini due giornate per la prevenzione dei tumori della laringe e della faringe

Al Bufalini due giornate per la prevenzione dei tumori della laringe e della faringe
Lunedì 19 e martedì 20 dicembre l’unità operativa di Otorinolaringoiatria dell’Ausl di Cesena, in collaborazione con i medici di Medicina Generale, promuove visite gratuite all’ospedale Bufalini per le persone più a rischio

Al Bufalini due giornate per la prevenzione dei tumori della laringe e della faringe

In Italia si registrano 5.500 nuovi casi l’anno, in totale rappresentano il 10% di tutte le neoplasie maligne tra gli uomini e il 4% di quelle che interessano le donne. Sono i carcinomi della laringe e della faringe, al centro delle due giornate di prevenzione organizzate dall’unità operativa di Otorinolaringoiatria dell’ospedale Bufalini, in collaborazione con i Medici di Medicina Generale, per lunedì 19 e martedì 20 dicembre. I cittadini considerati “a rischio” per queste patologie potranno accedere, tramite prenotazione del proprio medico di famiglia, a visite gratuite presso gli ambulatori di Otorinolaringoiatria dell’ospedale Bufalini.

 

Per i tumori della laringe e della faringe, tra i quali il più frequente è il carcinoma squamoso, i principali fattori di rischio sono il fumo di sigaretta e il consumo di alcol (circa il 90% dei pazienti con queste neoplasie fuma e beve): chi fuma e contemporaneamente abusa di alcool moltiplica il rischio di sviluppare un tumore. Se per tutti è valido il consiglio di non fumare, non consumare tabacco in alcuna forma e limitare l’alcol, per tutti fumatori e bevitori con più di 60 anni è consigliato un esame del distretto orale e faringo-laringeo.

 

“I sintomi di un tumore alla faringe o alla laringe sono spesso subdoli e non sempre specifici – avverte il dottor Massimo Magnani, direttore dell’U.O. Otorinolaringoiatria dell’Ausl di Cesena – e variano per sede ed estensione. I tumori che nascono nel rinofaringe si manifestano più frequentemente con otite siero-mucosa da ostruzione della tuba uditiva e con linfonodi nel collo, mentre quelli dell’ipofaringe si manifestano invece con difficoltà alla deglutizione e dolore irradiato all’orecchio (otalgia riflessa). Le neoplasie delle corde vocali invece danno alterazioni della voce e per questo motivo sono i più facili e precoci da individuare. Il tumore della laringe, infine, colpisce soprattutto le persone di età superiore ai 55 anni ed è più diffuso nei maschi. I sintomi più frequenti di queste neoplasie sono l’abbassamento di voce immotivato e persistente, anche per più di due settimane, con variazione del timbro vocale, di dolore e difficoltà alla deglutizione, dolore persistente all’orecchio nel deglutire oppure gonfiore sul collo”.

 

In presenza di tali sintomi, l’esame più utile per la diagnosi è la laringoscopia, procedura indolore che permette al medico di ispezionare la laringe e le corde vocali. Nella maggior parte dei casi il trattamento delle neoplasie è chirurgico, ma in alcune forme che interessano prevalentemente la faringe e il cavo orale le terapie di prima scelta sono la radioterapia e la chemioterapia.

 

“Per quanto riguarda i tumori di piccole dimensioni della laringe in passato chirurgia e radioterapia venivano posti sullo stesso piano – spiega il dottor Magnani – al giorno d’oggi invece il laser, di cui l’Otorinolaringoiatria di Cesena possiede un modello con caratteristiche innovative, è diventato il migliore strumento ed evita gli effetti collaterali della radioterapia e della chirurgia esterna. Per le forme più avanzate, da anni si usano tecniche cosiddette ricostruttive che consentono la cura della malattia senza dovere ricorrere al buco in gola permanente”.

Più recentemente è stato ideato un intervento, denominato tracheioidopessia, che consente l’asportazione anche di tumori con sede o dimensioni tali da richiedere altrimenti una laringectomia totale (cioè con il buco permanente in gola). L’Ausl di Cesena è una delle aziende sanitarie italiane che effettua di routine questo tipo di intervento.

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Malanni stagionali? Tra omeopatia e rimedi della nonna

Autunno inoltrato, primi freddi, piogge, correnti, colpi d’aria ed ecco che il nostro corpo viene minato da malesseri passeggeri ma non di certo piacevoli. Quante volte la mattina ci alziamo con il mal di gola, fastidiosissimo!Talvolta a determinare il mal di gola sono le infiammazioni temporanee alla  faringe o alla laringe, altre volte sono i virus o i batteri, molte volte la causa è uno dei noti streoptococchi.  In genere ricorriamo alle medicine, ma come spesso vi abbiamo scritto alle cure invasive si possono prediligere soluzioni più leggere e di certo effetto. In nostro aiuto in questi casi di malessere passeggero ancora una volta viene in aiuto la natura e sopratutto quella medicina alternativa chiamata omeopatia ecco che, con qualche approfondita ricerca fatta appositamente per voi, nostri cari lettori, si scopre che il bruciore alla gola può essere alleviato con la Belladonna 9CH (5 granuli, 3 volte al dì). Se invece a farci male sono le tonsille ecco che potremmo assumere la Phytolacca Decandra 7 CH ( 5 granuli per 3 volte al giorno). E se abbiamo le placche? Niente paura l’infezione si può curare con del Mercurius solubilis 30 CH (5 granuli 3 volte al dì). Per la tosse e la laringite classica invece ci consigliano l’Aconiutus Napellus 7 CH (5 granuli, 4 volte al dì), una gola rossa e  secca, irritata, può essere curata con Arum Tryphillum 7 CH (5 granuli per 4 volte al giorno).

influenzaOvviamente ricordiamo al lettore che i nostri sono esclusivamente consigli nessuno di noi si vuole o si può sostituire al medico. Rimedi naturali che invece possono essere tranquillamente fatti in casa e assunti un pò da tutti senza problemi, sono quelli che ci hanno insegnato le nostre nonne. Principe nella cura della gola è il miele!

Contro il mal di gola si usa spesso il miele con il limone, misceliamo energicamente 1 cucchiaio di succo di limone appena spremuto per ogni cucchiaio di miele, usiamo il preparato per lenire il nostro cavo orale.tisana Per la tosse invece mettiamo 500 ml di miele in un pentolino, facciamo scaldare il miele lentamente, in un altro pentolino mettiamo dell’acqua con un limone intero, e lasciamo bollire per 2-3 minuti, dopo di che estraiamo il limone, tagliamolo a fette e mettiamolo nel miele, proseguiamo a far cuocere il tutto per un’0retta. Abbiamo preparato un ottimo sciroppo anti tosse da assumere più volte al giorno!

http://www.tuttasalute.net/10689/malanni-stagionali-tra-omeopatia-e-rimedi-della-nonna.html

Disfagia, integratori contro la malnutrizione

Pensateci un attimo, alcune funzioni del nostro organismo sono considerate quasi scontate: bere, mangiare, respirare, appaiono azioni primarie del tutto naturali. Ma a volte, anche se la capacità di deglutire è data per assodata, un disturbo chiamato disfagia crea qualche difficoltà. Il problema ha diversi livelli di gravità e nasce in un punto qualsiasi tra bocca e stomaco per un cattivo funzionamento di lingua, palato, faringe ed esofago, tutti coinvolti nella deglutizione. Ma come funziona questo complesso meccanismo? La maggior parte di noi deglutisce più di mille volte al giorno, grazie al lavoro di squadra di 25 muscoli e 5 nervi cranici, diviso in 4 fasi. Nella prima, volontaria, cibo e liquidi entrano nella bocca che si chiude grazie a labbra e mascelle, mentre vista, olfatto e gusto sono stimolati a produrre saliva. Segue la fase orale, volontaria, in cui il cibo trasformato in bolo viene spinto con movimenti volontari della lingua verso la parte posteriore della bocca. Qui inizia la terza fase, questa volta involontaria e detta faringea, quando il bolo alimentare passa attraverso i pilastri palatini della faringe e si dirige verso lo stomaco, mettendo in azione palato molle, laringe, epiglottide e persino le corde vocali. Segue la fase esofagea, anch’essa involontaria, che inizia con il rilassamento dello sfintere esofageo superiore che spinge il cibo nello stomaco. L’indebolirsi di una delle fasi, può provocare la disfagia con conseguenze serie: scarso appetito, disidratazione, denutrizione oltre al rischio di un passaggio di cibo e liquidi nelle vie respiratorie. I sintomi sono di diversa natura: un nodo alla gola, difficoltà a deglutire, blocchi,sensazione di soffocamento da cibo con tosse e reflusso acido. Altrettanto varie sono le cause. Nella maggior parte dei casi si tratta di una patologia cronica provocata da disturbi neurologici. All’origine, anche altri processi come malformazioni, infiammazioni e tumori o disturbi funzionali del cavo orale, faringe ed esofago. E i più colpiti sono gli anziani. Per affrontare il problema entrano in campo varie figure professionali: radiologo, otorino, dietologo, logopedista, ognuno con la propria specificità. È vero anche che si tratta di un disturbo spesso trascurato con conseguenze anche gravi (come infezioni, polmoniti ab ingestis); quindi è fondamentale non sottovalutare determinati sintomi rivolgendosi subito al medico.
Il problema è molto sentito dagli operatori socio-sanitari:per i suoi effetti sulla malnutrizione: il malato non riesce a mangiare, a bere o lo fa con difficoltà. L’ultimo congresso nazionale della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (Sigg) ha evidenziato come l’educazione del malato e di familiari e amici che lo assistono, possa migliorare la situazione evitando molti rischi. Importante è supportare il fabbisogno energetico e alimentare con l’integrazione e la supplementazione. E se i cibi con consistenza cremosa sono più facilmente fruibili (rispetto a quelli liquidi e solidi) per latte, succhi, minestre o per i supplementi nutrizionali liquidi, possono essere usate polveri addensanti. Per completare gli interventi nutrizionali ci sono integratori proteici in polvere da aggiungere ai pasti frullati o supplementi nutrizionali completi di consistenza cremosa. In commercio ci sono prodotti completi e gradevoli al gusto, in grado di fornire il necessario per completare l’alimentazione e migliorare la qualità di vita. È il caso della linea di prodotti specifici per disfagia di Nutricia, studiati per i problemi di deglutizione: si tratta di acqua gel, addensanti in polvere, integratori proteici e calorici dalla consistenza budino e crema, con una composizione specifica per il trattamento nutrizionale del paziente disfagico e per una deglutizione sicura. L’azienda sostiene infatti un approccio proattivo alla malnutrizione, ricorrendo a un intervento di tipo nutrizionale come parte integrante di un trattamento semplice, efficace e mirato del disturbo. I prodotti Nutricia sono disponibili in diversi gusti, formati e consistenze per aderire alle esigenze del paziente in base alla problematica e colmarne le carenze nutrizionali.

http://www.ilgiornale.it

Tumori faringo-laringei in aumento: “Si continua a morire ma manca la soluzione”

UDINE – I tumori faringo-laringei rappresentano il 10% circa di tutte le neoplasie maligne negli uomini e il 4% nelle donne. Solo in Italia ogni anno si contano circa 5.000 nuovi casi di carcinoma laringeo tra gli uomini e 500 tra le donne. E purtroppo, nonostante gli sforzi della ricerca, la soluzione definitiva non è stata ancora trovata. In Europa però la mortalità è in calo, mentre le cifre che arrivano dagli Stati Uniti sono in assoluta controtendenza. Un controsenso che ha una spiegazione per alcuni tratti molto semplice, ma che la dice lunga sull’importanza di giungere alla formulazione di linee guida universali: la diversità di trattamento, uno degli argomenti caldi trattati nel corso del 98^ congresso nazionale Sio, Società italiana di otorinolaringologia e chirurgia cervico-facciale, a Udine fino a sabato.

“Negli Stati Uniti- spiega il professor Giuseppe Rizzotto, direttore del dipartimento di ORL dell’Ospedale Civile di Vittorio Veneto- da qualche anno a questa parte nel trattamento di questo tipo di cancro si privilegia l’utilizzo di chemioteria e radioterapia. E mentre per quanto riguarda i tumori in generale abbiamo una casistica in miglioramento sostanziale in quasi tutti i campi, con statistiche di sopravvivenza in continuo aumento, ci troviamo invece a dover affrontare questa discrasia: di carcinoma laringeo si muore tanto e, soprattutto, nel 2010 si muore più che nel 2000”.

I tumori della laringe originano, nella maggior parte dei casi, dalla mucosa (epitelio) che riveste l’interno del canale: il più comune è il carcinoma a cellule squamose.

I principali fattori di rischio sono il fumo di sigaretta, il consumo di alcol, il 90 per cento circa dei pazienti con queste neoplasie fuma e beve. Proprio per questo il tumore della laringe è più frequente in Veneto e in Friuli Venezia Giulia (18 casi l’anno ogni 100 mila abitanti), rispetto a Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana (10 casi l’anno ogni 100 mila abitanti) e al Meridione (7,3 casi l’anno ogni 100 mila abitanti).

Nel vecchio continente prevale ancora l’approccio chirurgico, certamente più invasivo, ma con percentuali di risoluzione assolutamente migliori rispetto all’approccio americano. “Bisogna riflettere su questo tipo di dati- continua Rizzotto- è ormai acclarato che in questo momento, la terapia d’elezione è assolutamente quella chirurgica, che risolve (anche se non in maniera definitiva) il 90% dei casi. Ciò non toglie che il futuro sia rivolto evidentemente a cure meno invasive. Ma pare ormai chiaro che la ricerca nel campo della chemio e della radioterapia non abbia ancora prodotto risultati soddisfacenti, risultando inefficace. Possiamo ben dire che l’Europa, con un sapiente uso della chirurgia conservativa, è in questo campo ancora un passo avanti”.

26 maggio 2011

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte «Agenzia Dire» e l’indirizzo «www.dire.it»

http://www.dire.it/DIRE-WELFARE/tumori_faringolaringei.php?c=39383&m=10&l=it

Voce faringo-esofagea

La laringectomia totale è un intervento radicale mutilante che comporta l’asportazione della laringe e successive modificazioni anatomo – funzionali con ripercussioni sul piano psicologico e sociale del paziente.

La trachea viene abboccata al giugulo e l’aria entra ed esce attraverso il tracheostoma senza passare dal filtro nasale.La prima conseguenza è la perdita della voce e l’alterazione di altre attività legate all’integrità del tratto pneumo-fonico , quali : tossire , raschiarsi la gola, ridere in modo sonoro , fischiare , starnutire , soffiarsi il naso ecc.. Inoltre si determina una riduzione o perdita del gusto e dell’olfatto e uno scolo di liquido acquoso del naso per la perdita della funzione umidificatrice.

VOCE ORALE O BUCCALE

Questa voce è data dall’accostamento e vibrazione di alcune strutture poste tra le labbra e l’esofago.

La scarsa quantità d’aria presente nel cavo orale mette in vibrazione la mucosa delle guance e l’arcata alveolare .E’ presente una iperarticolazione delle consonanti sorde ; l’intensità sonora , il tempo di fonazione, l’altezza tonale sono quasi assenti . E’ una voce quasi incomprensibile e priva di mulazione . A volte viene acquisita spontaneamente dopo l’intervento ma deve essere corretta il più rapidamente possibile .

VOCE FARINGEA

L’aria in questo caso non penetra nell’esofago , ma rimane a livello della faringe tra la terza e la quarta vertebra cervicale . La zona di vibrazione è tra la base della lingua e la parete posteriore della faringe . E’ una voce con caratteristiche più simili alla voce normale , anche se piuttosto stridula e pressata .

VOCE FARINGO ESOFAGEA

Può avere tutte le caratteristiche fisiche della voce normale e permette un buon inserimento lavorativo e sociale . La neo-glottide si trova al confine tra ipofaringe ed esofago cervicale : sesta e settima vertebra cervicale . Sfrutta il tratto sopraglottico che rimane invariato e che consente un buon timbro dovuto alle cavità di risonanza .

L’altezza tonale può variare da un minimo di 40 Hz ad un massimo di 100 Hz . La frequenza è indipendente dal sesso e dall’età . L’intensità è media ( 40-50 dB ) con variazioni di 5- 10 dB . La durata fonatoria varia da soggetto a soggetto . Tutti questi parametri , insieme alla modulazione , migliorano nel tempo .

Lo scopo della rieducazione non è solo quello di aiutare ad acquisire la voce esofagea , ma soprattutto quello di ottenere una buona voce che rispetti i seguenti requisiti :

¨Non deve essere presente rumore durante il rifornimento d’aria ;

¨Non deve essere presente soffio d’aria dal tracheostoma ;

¨Non devono esserci latenze prolungate ( intervallo di tempo tra rifornimento d’aria e produzione di voce ).

Particolarmente importante , nella produzione della voce esofagea , è il rifornimento d’aria , che permette di avere un polmone vicariante ( esofago cervicale) necessario per far vibrare la neoglottide .

Esistono vari metodi di rifornimento che possono essere associati nello stesso paziente .

Deglutizione E’ stato uno dei primi metodi usati ed è ormai abbandonato. Si ottiene deglutendo un po’ di saliva e pronunciando una vocale o una consonante occlusiva sorda .

Inspirazione Elaborato da Seeman nel 1925 , è considerato da molti il metodo più fisiologico , in quanto il paziente aspira l’aria in esofago durante un atto di normale inspirazione polmonare e produce il suono esofageo nell’atto espiratorio . Nella fase inspiratoria , per ampliamento della gabbia toracica , si ottiene un aumento della pressione negativa in esofago. Se nello stesso momento si realizza l’apertura della bocca dell’esofago per rilassamento del muscolo crico-faringeo, l’aria della bocca faringe viene aspirata in esofago , che così trasforma il suo lume virtuale in reale.

Si dall’inizio dell’impostazione di questo metodo si deve avere cura di ridurre al massimo il rumore di stoma. Con l’esercizio il paziente imparerà a dosare l’emissione d’aria dall’esofago e riuscirà quindi a produrre più sillabe con un solo rifornimento . L’uso del registratore sarà molto utile al fine di consentire al paziente di giudicare e correggere la propria produzione verbale, inoltre è importante il riposo poiché gli atti inspiratori frequenti possono affaticare e dare iperventilazione polmonare al paziente .

Iniezione Metodo che applica una manovra verbale e perciò annulla il tempo di latenza fra rifornimento e produzione del suono. L’aumento della pressione a livello orofaringeo riesce a vincere la tensione dello sfintere esofageo superiore .

Esistono due tipi di iniezione: consonantica e standard .

Nella prima , si ha il rifornimento d’aria in esofago attraverso l’articolazione di occlusive sorde. Non si dovrebbe sentire il rumore del soffio espiratorio dal tracheostoma perché tale rifornimento dovrebbe avvenire in apnea.

L’emissione di parole ce iniziano con vocali o consonanti nasali è in questo caso la più difficoltosa e richiede l’utilizzo dell’iniezione standard per non pronunciare “pape” anziché “ape” .Il tempo di latenza è ridotto al minimo perché la produzione sonora ed il rifornimento sono pressoché contemporanei.

L’iniezione standard si divide in :

1. pompa glosso-faringea nella quale le labbra sono chiuse, il velo innalzato, la punta della lingua appoggiata all’arcata alveolare ed il bordo della lingua resta a contatto con il palato.Con uno o più movimenti di pompaggio la lingua si innalza e si sposta da avanti a indietro verso la parete posteriore faringea iniettando l’aria in esofago . questa manovra può essere percepita ponendo la mano sotto il mento.

2. blocagel’iniezione avviene per la compressione dell’aria tra gli organi articolatori. Nel blocage labiale sono le labbra e le guance a comprimere l’aria presente in bocca all’ interno. E’ il metodo di rifornimento più facile da apprendere perché più visibile ed imitabile ; lo svantaggio è dato da quel piccolo movimento pre linguistico che deve precedere qualsiasi articolazione iniziale.

Il suono indistinto che esce deve poi essere articolato generalmente con vocali che sono le più semplici.

Blocage glosso alveolare è la punta della lingua che spingendo contro gli alveoli dentali comprime l’aria all’interno.

Blocage glosso palatale è il dorso della lingua che premuto contro il palato duro comprime l’aria in esofago.

L’iniezione standard e consonantica abbinate sono i metodi di rifornimento d’aria più efficaci. Un buon parlante con voce esofagea secondo studi approfonditi utilizzerebbe sia l’iniezione consonantica che l’inspirazione.

Nelle prime fasi della terapia di solito non viene imposto alcun metodo ma si lascia che il paziente provi produrre da solo un’eruttazione volontaria .Il logopedista dovrà riconoscere e affinare il meccanismo utilizzato dal paziente modellandolo gradualmente in un suono linguistico.

Nell’eventualità che il paziente non riesca a produrre eruttazione volontaria e che i dati anamnestici non lo sconsiglino si può iniziare subito con il metodo di iniezione ; qualora nonostante il costante esercizio il logopedista non noti alcun miglioramento con la tecnica di iniezione si passa all’inspirazione o in rari casi alla deglutizione.

Molto importante è lo stato psicologico in cui si trovano queste persone dopo l’intervento chirurgico, infatti la paura di essere ancora affetti da cancro, di avere inconvenienti o difficoltà di respirazione attraverso il tracheostoma e soprattutto di non riuscire più a parlare comportano molte aspettative e ansie per cui è importante poter far emettere loro qualche suono già dalla prima seduta.

Gradualmente il paziente dovrà essere portato alla produzione di suoni , poi sillabe, poi parole sempre più lunghe fino ad arrivare alle frasi ed alla conversazione spontanea .Durante questo percorso il paziente non deve essere abbandonato a se stesso ma deve essere incoraggiato a perfezionare sempre l’emissione verbale .

Per alcuni acquisire la voce faringo esofagea è un processo quasi spontaneo , mentre per altri sono necessari tempi molto lunghi ; circa il 40% dei laringectomizzati non riesce a impostare questa voce . Oltre alle difficoltà di apprendimento possono influire negativamente anche fattori anatomici e/o fisiologici .

Nella fase di immissione dell’aria in esofago per esempio è molto importante l’integrità degli organi deputati a tale funzione ; una insufficienza velofaringea può compromettere la pressione oro-faringea , oppure una ipercontrazione dello sfintere superiore dell’esofago può alterare la coordinazione tra immissione d’aria , rilassamento e quindi apertura dello stesso .

Nella fase di tenuta d’aria in esofago , l’aria per essere emessa dall’esofago con forza sufficiente per mettere in vibrazione la pseudoglottide , deve rimanere in sito fino a che non abbia raggiunto la pressione sufficiente regolata dalla contrazione del diaframma. Se non si verifica la chiusura dello sfintere superiore della bocca dell’esofago , subito dopo l’entrata dell’aria , o se si riapre troppo precocemente, per mancato raggiungimento della pressione necessaria , la voce prodotta sarà molto flebile o addirittura assente .

Un altro fattore funzionale che produce il medesimo difetto è un’incontinenza dell’orifizio superiore dello stomaco (cardias), costituito da fibre muscolari lisce che non consentono un controllo volontario. In questo caso si verifica il passaggio di una certa quantità di aria nello stomaco.Nei dati anamnestici bisogna dunque tenere conto di eventuali ernie iatali, reflusso gastro esofageo ed esofagiti che potrebbero essere aggravate dall’esercizio . Per questi pazienti l’impianto di una protesi fonatoria porterebbe a superare il problema in quanto il paziente usufruirebbe per parlare dell’aria polmonare e non del serbatoio esofageo.

Dopo l’entrata dell’aria in esofago, la pseudoglottide si chiude ed il diaframma comincia ad innalzarsi producendo uno svuotamento di una parte variabile dell’esofago inferiore mentre il resto aumenta leggermente il suo diametro ( fase di tenuta). Al momento dell’espulsione d’aria , la pseudo glottide si apre per realizzare la produzione sonora , l’esofago di conseguenza si sgonfia , mentre il diaframma completa la sua ascesa .

Se la chiusura dello sfintere si prolunga troppo o addirittura non si apre , il diaframma si alza e si abbassa in modo spasmodico ed il paziente avverte una sensazione di esplezione gastrica . La causa della mancata apertura può essere una in coordinazione dei movimenti diaframmatici , migliorabile nel tempo ; oppure un’eccessiva tensione dello sfintere superiore che a volte va corretta con una miotonia dei costrittori faringei.

Esistono inoltre situazioni post operatorie che condizionano l’acquisizione di una buona voce faringo esofagea come: esiti cicatriziali, svuotamenti radicali del collo, eccessiva perdita di mucosa, radioterapia ; il suona prodotto dal passaggio dell’aria attraverso questa struttura sarà flebile o addirittura assente perla rigidità dei tessuti e richiederanno tempi di riabilitazione molto più lunghi.

Sono infine importanti gli aspetti psicologici e sociologici: se il paziente non è motivato per varie ragioni ad esercitarsi con assiduità , non solo in sede riabilitativa col maestro o il logopedista , ma anche a casa , le probabilità di successo sono molto ridotte.La figura del maestro laringectomizzato assume quindi una notevole importanza sia come supporto psicologico sia come obiettivo verbale e sociale imitabile.

Cavo Orale Faringe Laringe

Fattori di rischio

Cavo orale, Faringe e Laringe

Il fumo rappresenta di gran lunga la causa principale dei tumori maligni della testa e del collo nei paesi sviluppati. La Tabella 2, tratta da una serie di studi caso-controllo condotti in Italia, indica che negli uomini circa l’80% dei tumori maligni del cavo orale, faringe e laringe è attribuibile al fumo di tabacco e sarebbe evitabile in assenza di questa abitudine. Nelle donne questa quota è più bassa (42%) per il carcinoma del cavo orale e faringe a causa della più rara co-presenza di consumi molto elevati di tabacco ed alcolici nel sesso femminile.

Tabella 2. Percentuale di tumori maligni del cavo orale, faringe e laringe attribuibili a fumo, alcool e scarso consumo di verdura e frutta in Italia (1)

Fattore
Cavo orale e faringe
Laringe
Uomini
Donne
Uomini
Donne
FUmo
87%
42%
77%
83%
Alcool
62%
16%
25%
28%
Scarso consumo di verdura e frutta
25%
17%
18%
15%
Tutti e tre
91%
51%
86%
86%

(1) La somma delle percentuali è superiore a 100 perché i fattori sovraelencati si potenziano reciprocamente (cioè, l’eliminazione di uno influenza l’impatto degli altri).

Il rischio di sviluppare uno di questi tumori maligni in soggetti che fumano meno di 15 sigarette al giorno è di 3-4 volte aumentato rispetto ai non fumatori mentre per livelli di fumo maggiori sale a 9-10 volte. Tale rischio, tuttavia, declina sostanzialmente circa dieci anni dopo la cessazione del fumo. Per i tumori maligni del cavo orale l’associazione è forte oltre che con il consumo di sigarette, con l’uso di pipa e sigari, nonché nelle aree dell’Asia dove quest’abitudine è diffusa, con la masticazione di betel.

Dopo il tabacco, il secondo responsabile delle neoplasie della testa e del collo è il consumo elevato di bevande alcoliche. Si tratta, tuttavia, di un’associazione più complessa di quella con il fumo e più rilevante per cavo orale e faringe che per laringe (percentuale di tumori maligni attribuibile al consumo di alcool negli uomini 62% e 25%, rispettivamente, Tabella 2). L’aumento di rischio nei forti bevitori (più di 8 bicchieri al giorno) è di 2-3 volte per la laringe, ma di 3-5 per cavo orale e faringe. Soprattutto, per cavo orale e faringe si verifica, più che per laringe, un’interazione moltiplicativa tra fumo e alcool, che porta nei soggetti che fumano e bevono a rischi relativi elevatissimi (50-100). Anche se i tumori maligni della testa e del collo in soggetti che non hanno mai fumato sono molto rari, aumenti moderati di rischio sono stati dimostrati anche in forti bevitori non fumatori. Inoltre, il rischio di tumore è proporzionale alla quantità di etanolo assunta e non dipende dal tipo di bevanda alcolica (vino, birra o super alcolici) consumata in prevalenza.

Molte indagini epidemiologiche, comprese alcune condotte in Italia, hanno dimostrato che un’alimentazione poco equilibrata e, soprattutto, povera di verdura e frutta contribuisce sostanzialmente ad aumentare la probabilità di insorgenza di un tumore maligno della testa e del collo (quota attribuita circa 15-20% in entrambi i sessi, Tabella 2). È evidente che l’epitelio delle alte vie digerenti e respiratorie è tra i più vulnerabili a deficit non ancora ben precisati nell’apporto di varie sostanze anti-ossidanti. Questa circostanza è molto frequente nei forti bevitori per i quali un quarto o un terzo delle calorie quotidiane deriva dall’alcool. Mentre è ben dimostrato l’effetto favorevole di un consumo abitualmente elevato (>3-4 porzioni al giorno) di verdura e frutta, è ancora in corso lo studio di agenti chemopreventivi specifici (es. betacarotene) capaci anche di far regredire lesioni preneoplastiche.

Un altro fattore di rischio per i tumori maligni della testa e del collo è la bassa classe socio-economica di appartenenza, soprattutto per il tumore maligno del cavo orale. Inoltre, è allo studio la possibilità che virus, soprattutto alcuni tipi di papillomavirus umano, possano anche giocare un ruolo importante.

Infine, una caratteristica peculiare dei carcinomi della testa e del collo è la tendenza ad essere accompagnati (5-10% dei casi) o seguiti (10-20% dei casi entro 5 anni) da un altro carcinoma a carico della stessa regione o dell’esofago e del polmone. L’alta frequenza di tumori multipli si spiega con la persistente influenza dei fattori di rischio coinvolti (soprattutto del fumo) a livello di ampie aree degli epiteli delle alte vie digerenti e del tratto respiratorio che hanno subito già le prime trasformazioni preneoplastiche (cosiddetta field cancerization).

Rinofaringe e Ghiandole Salivari

I carcinomi della rinofaringe sono rari eccetto che in alcune popolazioni ben definite quali Cinesi, Eschimesi, Filippini e abitanti di alcune aree del Nord Africa. Nella aree ad alto rischio, questo tumore mostra alcune differenze epidemiologiche rispetto agli altri tumori maligni della testa e del collo: minor eccesso negli uomini rispetto alle donne, presenza di un picco nell’adolescenza, associazione con il fumo più modesta. I fattori più importanti nell’insorgenza del carcinoma della rinofaringe sembrano il virus di Epstein-Barr (EBV) ed alcune abitudini alimentari (soprattutto il consumo, fin dalla più tenera età, di pesce ed altri cibi in salamoia). Sui fattori di rischio del carcinoma della rinofaringe in paesi come l’Italia non si sa praticamente nulla.

Anche riguardo all’eziologia dei rari tumori maligni delle ghiandole salivari, le conoscenze sono scarsissime. Fumo ed alcool non sembrano importanti, mentre si è ipotizzato un ruolo dell’EBV. Sia per i tumori maligni della rinofaringe che delle ghiandole salivari sono state riportate aggregazioni familiari di natura non chiarita.

Cavità Nasali e Paranasali

Tassi di incidenza di neoplasie in queste sedi significativamente elevati in confronto alla popolazione generale sono stati riscontrati in lavoratori esposti all’inalazione di polveri di legno e di cuoio. In particolare, per l’adenocarcinoma i valori sono così elevati da avere fatto classificare le professioni che comportano tali inalazioni come esposte a rischio diretto di contrarre la malattia.

OROFARINGE

OROFARINGE

Cenni di Anatomia

L’orofaringe si estende dalla linea di confine fra palato duro e molle a quella passante nella vallecula glossoepiglottica. È costituito da:

  • due pareti laterali, dove si trovano i pilastri tonsillari anteriore e posteriore che racchiudono una zona triangolare dove è alloggiata la tonsilla ed è delimitata in basso dal solco amigdalo- glosso;
  • una parete superiore, che comprende la faccia inferiore del palato molle e il velo pendulo;
  • una parete anteriore, composta dal terzo posteriore della lingua, o base della lingua, e dalle vallecule;
  • una parete posteriore costituita dal piano mucoso e dai muscoli prevertebrali.

Il palato molle con il velo pendulo partecipa all’atto della deglutizione e dell’articolazione dei suoni con modificazioni nella sua estensione e forma. Le pareti laterali che alloggiano le tonsille palatine, organi linfatici, e la base della lingua contribuiscono al passaggio del bolo alimentare che dall’istmo delle fauci viene sospinto indietro e verso il basso nell’esofago, attraverso un passaggio che stabilisce una continuità fra palato molle e parete posteriore. L’epiglottide con il sollevamento della laringe e la prominenza all’indietro della base della lingua chiude l’orifizio laringeo otturandolo e impedendo che frammenti del bolo prendano la via dell’albero respiratorio.

Anatomia Patologica

Come la cavità orale, l’orofaringe è interamente rivestito da mucosa ad epitelio pavimentoso, da cui deriva il 90% dei tumori maligni della regione. La presenza di numerose formazioni ghiandolari salivari minori nel palato molle e di conglomerati linfatici nel tessuto tonsillare giustifica una distribuzione differenziata del restante 10%. Così il 15% dei tumori maligni del palato molle è rappresentato da carcinomi salivari mucoepidermoidi o adenoidocistici e il 10% dei tumori maligni tonsillari da linfomi. Nei carcinomi squamocellulari, a differenza del cavo orale, prevalgono le varianti meno differenziate, inclusi alcuni carcinomi indifferenziati definiti di “tipo rinofaringeo”.

L’evoluzione locale varia a seconda della patologia, con crescita infiltrativa e ulcerativa prevalente nei carcinomi squamosi della regione tonsillare e delle base linguale, crescita espansiva a lungo asintomatica dei tumori ghiandolari del palato o della lingua e dei linfomi tonsillari.

La diffusione per via linfatica è rara nei tumori ghiandolari, estremamente frequente nei carcinomi squamosi (55-65% dei casi), in cui l’adenopatia rappresenta talora l’unico sintomo di malattia. La tonsilla rappresenta inoltre la sede d’origine più frequente delle metastasi linfonodali cervicali cosiddette criptiche, assai spesso scambiate erroneamente con cisti branchiali cancerizzate anche all’esame istologico.

Sintomi ed evoluzione

In fase precoce il sintomo più frequente riferito dai pazienti è costituito da un vago mal di gola. E’ inoltre possibile che il paziente descriva un senso di corpo estraneo in gola che determina difficoltà alla deglutizione. Il dolore può essere anche riferito all’orecchio, quasi sempre unilateralmente. Il trisma è in genere un sintomo tardivo dovuto alla infiltrazione dei muscoli pterigoidei. Anche il tono nasale della voce, l’alito fetido (per ulcerazione e necrosi) e la fissità della lingua sono sintomi tardivi. Un ingrossamento dei linfonodi giugulodigastrici, più frequentemente unilaterale, è molto frequente nei carcinomi della regione tonsillare e della base lingua e può spesso costituire il sintomo di esordio della malattia. Sintomi legati a disseminazione metastatica a distanza della malattia sono, invece, molto rari alla presentazione.

Inquadramento diagnostico

  • Visita specialistica ORL (con ispezione e palpazione)
  • Panendoscopia
  • Biopsia
  • RM con mezzo di contrasto (esame di prima istanza)
  • TC con mezzo di contrasto
  • Rx torace
  • Ecografia epatica
  • Esami del sangue completi

Classificazione in categorie di T (UICC, 1997)

  • Tx primitivo non definibile
  • T0 primitivo non evidenziabile
  • Tis carcinoma in situ
  • T1 dimensioni massime <=2 cm
  • T2 dimensioni massime comprese fra 2 e 4 cm
  • T3 dimensioni massime >4 cm
  • T4 sono invase strutture adiacenti, ad es. muscoli pterigoidei, mandibola, palato duro, muscoli profondi della lingua, laringe La classificazione delle adenopatie è la stessa usata per le altre localizzazioni.

Modalità terapeutiche

Chirurgia

In lesioni limitate (T1) sono possibili interventi conservativi, in genere di elettroexeresi per via transorale (velopendulo, tonsilla) o, in sedi più profonde (base linguale) per via faringotomica laterale. Nel caso di neoplasie più estese gli interventi sono più demolitivi, con conseguenze funzionali più o meno pesanti; di tipo diverso a seconda della sede del tumore e della sua estensione. Nelle neoplasie della regione tonsillare (o amigdalo- glosso- palatina) a sede laterale la chirurgia comporta spesso accessi transmandibolari e ricostruzioni complesse, con impegno sostanziale della funzione deglutitiva e masticatoria e alterazioni estetico- morfologiche.

Gli interventi più radicali comportano la resezione della regione tonsillare e delle parti adiacenti del palato molle e della lingua per via transmandibolare (per lo più demolitiva dell’osso), la resezione di gran parte della base della lingua.

In quelle più posteriori, in genere mediane (base della lingua, regione glossoepiglottica) sono più spesso coinvolte strutture laringee (epiglottide, spazio tireoepiglottico) e interventi che implicano laringectomie parziali o totali) e quindi disturbi della funzione fonatoria: la laringectomia sopraglottica allargata alla base linguale, la subglosso- laringectomia totale, fino alla glosso- laringectomia totale.

In tutti i casi si rendono necessari svuotamenti delle logge linfatiche cervicali con tecnica variabile a seconda delle caratteristiche delle adenopatie, da eseguirsi mono- o bilateralmente secondo la sede del tumore primitivo, quasi sempre in concomitanza e in continuità con quest’ultimo.

Si tratta comunque di approcci chirurgici complessi, con vari gradi di difficoltà, non realizzabili in tutti i reparti di chirurgia ORL o maxillo-facciale. I risultati in termini di guarigione sul piano oncologico sono soddisfacenti anche in forme molto estese. Il prezzo pagato in termini di qualità di vita può apparire elevato, anche se si è alquanto ridotto negli ultimi anni con il miglioramento delle procedure ricostruttive. Esso giustifica la continuazione degli sforzi per ricercare trattamenti alternativi più conservativi ma non la pervicacia nel perseguire questo obiettivo.

Radioterapia

Il trattamento standard viene eseguito in genere per via transcutanea, utilizzando campi contrapposti e dosi comprese fra i 60 e i 70 Gy con frazionamento convenzionale (v. tabella pag. 42).

Sensibili progressi sono stati ottenuti nei carcinomi della base linguale di limitata o media estensione (T1-T2) con l’impiego della brachiterapia interstiziale supplementare ad una irradiazione esterna condotta a dosi appropriate. Per il resto sono stati saggiati in campo radioterapico trattamenti condotti con diverse modalità di frazionamento delle dosi o/ e di combinazioni con farmaci radiosensibilizzanti o/ e antiblastici.

Molte delle nuove strategie si prefiggono anche di cercare di ottenere uguali o migliori risultati di quelli ottenibili con terapie convenzionali con il massimo risparmio dell’organo, in questo caso l’orofaringe, e delle strutture adiacenti, al fine di assicurare il migliore risultato sotto il profilo oncologico con la migliore qualità di vita possibile.

Accenniamo di seguito ad alcune terapie che più sono state oggetto di studio e che spesso trovano una applicazione presso i centri specialistici di oncologia radioterapica e medica.

Tutte le sedi eccetto la base della lingua. Per gli stadi T2- 3 N0/N1 (>3 cm)

La radioterapia iperfrazionata alla dose per frazione di 1.2 Gy x 2 frazioni al di, con intervallo di 6 ore per una dose totale di 80.5 Gy (EORTC 22791) ha comportato un controllo locale del 56% a 5 anni con differenza significativa rispetto a casi analoghi trattati con frazionamento convenzionale della dose (38%). I dati di sopravvivenza a 5 anni del 40% della serie iperfrazionata rispetto a quella trattata con frazionamento convenzionale (30%) non sono risultati significativamente diversi, ma presentano una evidente tendenza ad un migliore risultato.

Tutte le sedi, stadi III e IV

Sono stati condotti molti studi di radioterapia con frazionamenti alterati che ancora non hanno messo in evidenza sicuri risultati almeno nel controllo locale della malattia.

Il tipo di frazionamento alterato che ha dato i migliori risultati nei tumori maligni in stadio avanzato dell’orofaringe è stato un frazionamento bigiornaliero con 1.6 Gy per frazione e dose totale di 70 Gy. L’intervallo fra le frazioni deve essere di almeno 6 ore. I migliori risultati in termini di controllo locale e di sopravvivenza a 5 anni sono stati riportati da Wang in uno studio non randomizzato e tale frazionamento è oggi oggetto di studi randomizzati per avere la conferma della sua validità. Una ulteriore opzione terapeutica è l’associazione di radioterapia e chemioterapia. E’ possibile che le due armi terapeutiche combinate migliorino i risultati, specie se usate in modo concomitante anche se costituiscono una terapia piuttosto pesante per gli effetti collaterali. L’associazione più usata prevede per la chemioterapia schemi di trattamento con derivati del platino (cisplatino o carboplatino) e 5-fluorouracile.

Gli studi attualmente in corso, che non sono ancora stati pubblicati e che potrebbero evidenziare opzioni terapeutiche per migliori risultati sono i seguenti:

  1. Studio italiano multicentrico randomizzato (ORO- 93) nel quale vengono confrontate la radioterapia convenzionale da sola (seguita da chirurgia di salvataggio se necessaria) radioterapia bifrazionata con iperfrazionamento accelerato secondo Wang (1.6 Gy x 2 volte al giorno, dose totale di 70 Gy e intervallo programmato) e la radioterapia convenzionale concomitante a chemioterapia (tre cicli alla prima, quinta e nona settimana con carboplatino e 5Fluorouracile). Tale studio, per gli ultimi due anni, è stato condotto sotto l’egida del Progetto Finalizzato CNR.
  2. Studio condotto dall’RTOG (Radiation Therapy Oncology Group): è uno studio di fase III, RTOG 90-03, che include neoplasie epiteliali della cavità orale, dell’orofaringe compresa la base della lingua, dell’ipofaringe e laringe sovraglottica e confronta il frazionamento convenzionale della dose verso due tipi di iperfrazionamento accelerato.

Strategia terapeutica

Le terapie di scelta sono rappresentate da: chirurgia e radioterapia, da sole o combinate, e dalla chemioterapia, utilizzata sempre in combinazione con le precedenti in varie sequenze. Le varie opzioni terapeutiche possono essere considerate diversamente a seconda che siano consolidate dalla pratica clinica o siano ancora da testare con studi clinici controllati. Utilizzando quanto già noto e collaudato, è possibile riportare sinteticamente in una tabella l’elenco delle indicazioni consigliabili come terapia standard tenendo presente che i risultati di vari studi attualmente in corso potrebbero modificare significativamente l’orientamento.

Terapia Standard

* Nelle lesioni più estese rimangono in opzione trattamenti multidisciplinari programmati (RT + CT concomitanti; ERT preoperatoria)

 

Controlli periodici dopo la terapia

Fino a due mesi dalla fine del trattamento sono consigliabili visite periodiche in tempi diversi da paziente a paziente, ma comunque a breve distanza, per la verifica della guarigione della ferita chirurgica o delle reazioni acute da radioterapia.

Dopo questa prima fase si consigliano:

  • a due mesi dalla fine della terapia, la visita clinica ed esami di diagnostica per immagini (RM o TC) per valutare la risposta clinica al trattamento;
  • visite periodiche ogni 3 mesi durante il primo e secondo anno, con esami di diagnostica per immagini (RM o TC) due volte l’anno;
  • visite periodiche ogni 4 mesi durante il terzo anno, con esami di diagnostica per immagini (RM o TC) due volte l’anno;
  • visite periodiche ogni 6 mesi durante il quarto e quinto anno, con esami di diagnostica (RM o TC) una volta l’anno;
  • visite periodiche con frequenza annuale o biennale per tutta la vita del paziente.

Risultati: controllo loco- regionale e sopravvivenza a 5 anni

In linea generale è possibile affermare che negli stadi iniziali di malattia (T1- 2/ N0) le possibilità di guarigione con radioterapia o chirurgia non demolitiva, da sole, oscillano fra l’80% e il 70%, per tutte le localizzazioni orofaringee.

Negli stadi più avanzati per estensione locale (T3- T4) o regionale (N1- 2-3) le possibilità di sopravvivenza a 5 anni si riducono nettamente e progressivamente con l’avanzare dello stadio andando dal 50% al 20% a seconda del trattamento eseguito. La riduzione è nettissima per i casi trattati con la sola radioterapia transcutanea (20-22%), mentre il controllo locoregionale varia dal 55% al 60% per i casi trattati con chirurgia demolitiva (raramente da sola, quasi sempre associata a RT postoperatoria).

Tra i fattori prognostici più importanti, oltre alla estensione locale, figurano l’estensione delle metastasi linfonodali (sia per numero e dimensioni, che per livello), e l’adeguatezza del trattamento (grado di radicalità chirurgica, dosi e campi di RT). Altro fattore importante è la caratteristica infiltrante della neoplasia primitiva, soprattutto nello sconfinamento nella base linguale e nei tessuti parafaringei.

Fattori prognostici

I principali fattori prognostici dei carcinomi dell’orofaringe sono rappresentati dall’estensione del tumore primitivo (da T1 a quella T4) e dall’entità del coinvolgimento dei linfonodi regionali (da N0 a N1- 3); il grado di interessamento linfonodale è, forse, il più significativo tra i fattori correlati al mancato successo del trattamento. La sede di presentazione della neoplasia può rivestire anch’essa un valore prognostico: le neoplasie a sede tonsillare sono generalmente considerate a migliore prognosi rispetto a quelle della base lingua o della parete posteriore; l’estensione al solco glosso- epiglottico implicherebbe una prognosi più severa. Le scadenti condizioni generali, un basso performance status, il sesso maschile costituirebbero ulteriori fattori prognostici sfavorevoli anche se di minore rilievo.

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