Con la sentenza del processo Eternit, due giorni fa, è stata vinta solo la prima delle battaglie contro l’amianto, ma la guerra è ancora lunga. I giudici del Tribunale di Torino, con un verdetto storico, hanno condannato a16 anni di carcere e 90 milioni di risarcimenti i due ex manager della multinazionale, lo svizzero Stephan Schmidheiny e il barone belga Louis de Cartier de Marchienne, accusati didisastro ambientale doloso e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche.
A due decenni dalla legge che, nel nostro Paese, ha vietato l’uso dell’amianto, però, la situazione è ancora allarmante. A partire dai morti per patologie legate all’esposizione a questa polvere, che sono circa 3.000 all’anno. Di questi, 1.400 circa sono casi di mesotelioma, il tumore della pleura direttamente correlato all’inalazione di amianto, a cui si sommano altrettanti tumori al polmone, alla laringe, all’ovaio e decessi per asbestosi. Vittime che, come spiega il ministro della SaluteRenato Balduzzi, non sono venute necessariamente in contatto con l’amianto perché lavoravano in «settori produttivi ben conosciuti, come l’edilizia, la metalmeccanica, la cantieristica navale e ferroviaria. Nel 15% dei casi si parla di “esposizione ignota”». Questo trend drammatico, avverteAlessandro Marinaccio, ricercatore Inail e responsabile del Registro Nazionale dei Mesoteliomi, «si ripeterà ancora per qualche anno, con un picco di vittime fino al 2015, quando la curva epidemiologica comincerà a ridursi».
Ma come essere ottimisti quando nel nostro Paese i metri quadrati ricoperti dal killer bianco sono il doppio della superficie del comune di Roma? Secondo una stima del Cnr, in Italia esistono ancora 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture realizzate con materiali contenenti amianto, pari a circa 32 milioni di tonnellate. Tanti i casi aperti, oltre alla Eternit, di cui l’Italia si dovrà occupare: dalla Fibronit a Bari e Broni (Pavia) alla Sacelit in provincia di Messina. Solo a Casale Monferrato ci sono un milione di metri quadrati di amianto sotto forma di coperture di edifici privati. Intorno alla miniera di Balangero (Torino), riposano 45 milioni di metri cubi di pietrisco di scarto contaminato, mentre nello stabilimento barese si contano 90.000 metri cubi di fibra, fino ad arrivare ai 40.000 sacconi contenenti rifiuti d’amianto prodotti fino ad oggi con la bonifica di Bagnoli a Napoli.
I siti di interesse nazionale da bonificare da sostanze inquinanti, amianto compreso, sono in tutto 57. E queste, sottolinea Nicola Pirrone, direttore dell’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico, «sono solo le situazioni veramente macroscopiche, a cui si aggiungono numerosissime aree più piccole». Su una ventina di grandi siti il Ministero dell’Ambiente ha concluso la sua parte di attività, ma l’azione non è finita: per legge (decreto 152 del 2006), infatti, la competenza è passata a Province e Arpa. E proprio la frammentazione di competenze è un altro punto critico della questione: «Sarebbe utile un Piano Nazionale, per monitorare le aree in cui viene rimosso l’amianto, e vigilare anche sul suo corretto smaltimento», continua Pirrone.
Un anno e mezzo fa, AzzeroCO2 e Legambiente hanno lanciato la campagna Eternit free, con l’obiettivo di promuovere la sostituzione di tetti in eternit con impianti fotovoltaici. AzzeroCO2 segue aziende, pubbliche amministrazioni e privati in tutto l’iter, dalla valutazione di fattibilità, alla ricerca, dove necessario, dei finanziamenti, fino alla progettazione tecnica dell’impianto fotovoltaico e, da quest’anno, per garantire un prezzo più conveniente, fornirà anche i pannelli solari. I clienti potranno anche beneficiare degli incentivi ad hoc introdotti dallo stato nel 2007 e mantenuti anche nel Quarto Conto Energia, in vigore dal 1° giugno. All’iniziativa hanno aderito ad oggi 740 tra aziende e privati, per un totale di 1,7 milioni di metri quadrati di coperture da bonificare e riqualificare. Progetti in gran parte ancora in fase di valutazione, spesso a causa di tempi burocratici abbastanza lunghi, mentre per 243.413 metri quadrati di capannoni è già stato avviato l’iter autorizzativo.
E se le superfici di eternit sono più o meno sotto gli occhi di tutti, più insidiosa è l’esposizione “nascosta”, causata da fonti insospettabili, come le vecchie assi dei ferri da stiro, i freni delle auto, le tubature e i cassoni dell’acqua nei sottotetti. Tutti oggetti fabbricati prima del 1992 e ancora in uso. A cui se ne aggiungono tantissimi altri fabbricati in Paesi, tra cui la Cina, in cui l’amianto ad oggi non è vietato, e poi importati in Italia.
Sull’amianto, si indaga in diverse altre procure italiane, da Roma ad Avellino, e sono tanti anche i cittadini che continuano a lottare per vedere riconosciuti i propri diritti. Come Virgilio Conti, di Oricola, paesino in provincia de L’Aquila, che da alcuni anni si batte per la bonifica del sito dell’ex fornace Corvaia, chiusa almeno dagli anni Ottanta, ma mai messa in sicurezza. «Le due interrogazioni parlamentari presentate sull’argomento – spiega Conti – non hanno ricevuto risposta, e del processo contro il proprietario dello stabilimento si è persa ogni traccia». L’amianto, a distanza di vent’anni dal suo bando, continua ad essere un tema che scotta, e i cittadini, per usare le parole di Conti, «si ritrovano spesso soli, ad aspettare passivamente, azzardando e ipotecando ogni giorno la propria salute».