Il sale agisce sul cervello come le droghe. Lo dimostra uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas) da un gruppo di ricercatori australiani del Florey Neuroscience Institute di Melbourne in collaborazione con il Medical Center della Duke University (Durham, Stati Uniti), secondo cui la «fame di sale» attiva gli stessi geni regolati dalla cocaina e dagli oppiacei nell’ipotalamo, la parte del cervello che controlla, tra le altre funzioni, il bilancio idrico e salino e la riproduzione.
La ricerca, effettuata sui topi, ha dimostrato che la voglia di sodio attiva gli stessi meccanismi di oppiacei e simili, rendendo l’ipotalamo più sensibile alla dopamina, la molecola che regola i fenomeni di ricompensa a livello cerebrale. Il meccanismo è molto rapido – il fabbisogno viene soddisfatto in soli 10 minuti – e sarebbe un trucco evolutivo che avrebbe permesso agli animali selvatici di non rimanere per troppo tempo esposti ai predatori mentre rispondono a un istinto naturale. Meccanismo di sopravvivenza che, secondo gli studiosi, le sostanze stupefacenti avrebbero «usurpato», causando allo stesso tempo piacere e dipendenza.
Come spiega Wolfang Liedtke, autore principale dello studio, questa scoperta può aiutare a comprendere le «conseguenze dannose del sovraccarico di sodio nei cibi che contribuiscono all’obesità».