1-4 Aspetti psicologici del laringectomizzato


 

E’ un’esperienza comune degli oncologici che variabili di tipo psicologico,in particolare la reazione alla malattia,siano in grado di ricoprire un ruolo importante non solamente ai fini della riabilitazione e del reinserimento,ma anche ai fini prognostici. Occorre quindi aver un quadro abbastanza chiaro per aiutare il futuro operato a non restare vittima dei suoi meccanismi di difesa ed incoraggiarlo ad uscire il più velocemente possibile dalla situazione di blocco.

La reazione alla malattia è suddivisa generalmente in 3 fasi:una fase iniziale dove si comunica la diagnosi e si stabilisce l’intervento,la fase ospedaliera e la fase post-chirurgica ossia la riabilitazione. La fase iniziale è uno stato di profondo allarme;successivamente è frequente il riscontro di una reazione aggressiva (ovvero depressiva) rivolta verso i familiari e i sanitari. Se questa fase è mascherata dal rifiuto dell’intervento,il paziente e i familiari sono spesso condizionate dalle preoccupazioni di non rubare tempo prezioso ai medici con le loro richieste di informazioni;tuttavia il medico deve interpretare quell’atteggiamento di vittima che indica la paura del rifiuto e può nascondere una rivalsa persecutoria. Quando questo percorso resta ancora più sotterraneo il paziente corre spesso il rischio di rimanere psicologicamente e socialmente “isolato” con il suo timore e ansia inespressa circa il futuro. Il familiare,dal canto suo,spinto di non dire niente al paziente sulla sua condizione,rimane il più delle volte confuso ed angosciato dal senso di impotenza e dalla condizione di “cospiratore del silenzio”.Laddove il paziente e i familiari appartengono alle classi lavoratrici non tecnocratiche,le difficoltà connesse alla diffidenza,alla distanza sociale,ai diversi stili di espressione verbale,alle basse aspettative del medico circa le capacità del paziente di comprendere le informazioni,tutte queste difficoltà peggiorano l’interazione tra l’ammalato e il suo ambiente. Quindi bisogna stabilire una migliore comunicazione aiutando il paziente ad esprimere il suo dolore e a creare una comunicazione interna libera e aperta,affinché i meccanismi di adattamento favoriscano una migliore attuazione dell’intervento chirurgico.

Per i famigliari la consapevolezza di una possibile depressione nel paziente li conduce a reagire negando tutte le paure del Congiunto/a.

L’ignoranza incrementa la paura e la paura scatena una negazione dell’importanza della riabilitazione e della logica dei piccoli passi sin dalle prime fasi. Gli infermieri possono collaborare in modo insostituibile perché a loro i pazienti si rivolgono con maggiore fiducia sperando di poter ricevere una verità serena e schietta;in questa fase di shock i pazienti sono emotivamente dei bambini che desiderano una guida che nulla nascondo. Questi operatori,che convivono ed osservano più facilmente i pazienti in questo periodo,hanno la possibilità di trovare il miglior momento per esprimere fiduciosamente le diverse fasi dell’intervento,incoraggiandoli ripetutamente ad affrontare il futuro.

L’attesa dell’intervento chirurgico costituisce una continua e notevole fonte di stress. L’ansia,la paura,l’agitazione,oppure la confusione,persino l’inibizione e la disperazione sono le diverse intensità di reazioni all’intervento. In tale fase (II fase) è importante il ruolo del chirurgo che dovrebbe illustrare le possibilità terapeutiche,l’intervento programmato,gli esiti,dando e trasmettendo fiducia al paziente. E’ stata dimostrata l’utilità del fare incontrare il paziente con gli operati da lungo tempo. Il ricevere risposte concrete rappresenta una prima tappa di notevole importanza ai fini dell’accettazione del demolitivo intervento chirurgico.

Fino ad oggi questa azione preventiva si è svolta prevalentemente a livello dei possibili determinanti di tipo biologico,in una visione di tipo chirurgico tradizionale. Di contro occorrerebbe dare importanza all’approccio programmatico dell’intervento,che tenga conto dei due tipi di problemi che si intrecciano:

  • da un lato la valutazione iniziale delle possibilità terapeutiche in relazione allo stadio della malattia e delle coesistenti patologie somatiche (che determinano l’alternativa tra cordectomia/laringectomia parziale o totale);

  • dall’altro lato l’analisi e la presa in carico delle reazioni emozionali.

E’ importante preparare i familiari e il paziente ad affrontare ed accettare la notevole quota di sofferenza somatica e psichica che caratterizza i 12 giorni successivi all’intervento. La solitudine,il sondino,le difficoltà respiratorie e le secrezioni richiedono che il paziente sia incoraggiato a superare quella fase come l’ultima di una situazione di passività;mentre la malattia è stata ormai affrontata è necessario puntare sul suo ruolo attivo:come il desiderio di tornare autonomo nella quotidianità. Pertanto occorre fare il punto della situazione analizzando:


1) il problema sociale e lavorativo (se c’è);

    1. le reazioni psicologiche ed affettive;

    2. le risorse ambientali (la famiglia).

 

Infine,la dimissione dall’ospedale (III fase) ed il rientro a casa sono le fasi confronto/scontro con la realtà,poiché il neo operato è pienamente cosciente della sua problematica:lo stato di ansia legato alla malattia,le alterazioni funzionali ed estetiche conseguenti all’intervento,il timore del << rigetto sociale>> sono ingigantiti dall’impossibilità di comunicare verbalmente le proprie preoccupazioni. Il neo-operato vive una pericolosa sensazione di isolamento e di incomprensione. La conseguenza più temuta di questo stato d’animo è rappresentato dalla depressione psichica con rifiuto della vita e di ogni tentativo di prolungarla.

E’ in questa fase che si rivela essenziale la presenza dell’operatore poiché dovrà dare una metodologia, ossia gli strumenti e le abilità necessarie al neo-operato e alla sua famiglia per superare questa particolare situazione. E’ necessario presentare al neo-operato una programmazione dettagliata della giornata e convincerlo ad eseguirla. Si richiede alla famiglia di incoraggiarlo,di prestargli attenzione senza eccessivo mammismo o militarismo. Occorre mantenere un interesse costante nei suoi confronti,basta fare capire che la sola vicinanza fisica oppure un semplice cenno degli occhi sono già un’interazione valida per riacquistare la propria autostima. L’operatore deve ripetere alla famiglia che è inutile cercare di proteggere il neo-operato dal prendere piena consapevolezza dei drastici cambiamenti che si sono prodotti. La famiglia deve sempre più incentivare e spronare il neo-operato a recarsi alla rieducazione vocale poiché è l’unica via per reinserirsi socialmente. Se il paziente può riprendere l’attività lavorativa,è determinante che a scandire l’impegno sia un riabilitatore che abbia le stesse affinità sociali.

A volte,il rifiuto della riabilitazione fonatoria,l’astenia,la dispnea fino all’attacco di panico con vertigine,richiedono una consulenza psichiatrica. Verranno individuate le strategie più opportune,gli incontri con le famiglie,le mete da raggiungere. I risultati ottenuti nel corso del programma riabilitativo aiuteranno a trovare le motivazioni necessarie per compiere ulteriori passi.

L’intervento di laringectomia totale,se da un lato è finalizzato alla salvezza della vita del paziente,d’altra parte deve essere associato a opportune iniziative psicologiche e sociali,affinché la vita del laringectomizzato possa essere qualitativamente soddisfacente.

 

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1-4 Aspetti psicologici del laringectomizzatoultima modifica: 2011-02-14T15:23:00+01:00da weefvvgbggf
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