EMERGENZA SANGUE UN GESTO PER SALVARE UNA VITA Offri il tuo braccio

Le donazioni sono indispensabili per chi le riceve e utili anche alla salute di chi le fa. Eppure, benché in aumento, sono ancora insufficienti rispetto al fabbisogno nazionale.

di Karen Rubin

Da quando è nato Enrico M. soffre di talassemia, una malattia ereditaria dovuta a un difetto di formazione dell’emoglobina che, prodotta in misura insufficiente, provoca un grave stato di anemia. Oggi ha 36 anni, ma sua madre gli ha raccontato che quando aveva un anno e mezzo i medici le dissero di non affezionarsi a lui, perché non sarebbe vissuto a lungo.La sopravvivenza dei talassemici è legata a trasfusioni periodiche, una ogni 20 giorni circa. Enrico ricorda che quando aveva 3 anni, e almeno fino al compimento dei 10, la trasfusione per lui significava un ricovero in ospedale per due giorni almeno. Alla terapia seguivano quasi sempre reazioni fisiche dolorose. Non è riuscito ad accettare il suo stato di salute fino ai 26 anni. «Vivevo con un’ansia perenne legata alla paura di contrarre malattie da trasfusione e al timore di non trovare il sangue sufficiente» racconta. 

Oggi con i nuovi test sugli emocomponenti il pericolo di trasmissione di agenti infettivi è molto ridotto, ma quando Enrico aveva 16 anni il rischio era ancora elevato. «Presi l’epatite C che mi costrinse a stare in ospedale per più di due mesi con una serie di complicanze che non sto a raccontare». Gli capitò pure che il sangue non fosse disponibile: «Una debolezza crescente, la faccia impallidisce, la testa fa male, il cuore si affatica e tu aspetti e speri». Conosce quasi tutti i suoi donatori e grazie a loro oggi gli è più facile convivere con la malattia. 

Giuliano G. è diventato un donatore perché conosceva Enrico fin da piccolo. Quando andò al centro per donargli il sangue gli dissero che non era compatibile con quello dell’amico. All’ospedale però incontrò una bambina talassemica e gli fu subito chiaro che il suo sangue avrebbe potuto farla vivere. Sono vent’anni che dona: «Ma ogni volta è la stessa sensazione, mi sento davvero utile». Prima di partire per la Sardegna, dove trascorrerà le vacanze, Maurizio M. andrà a donare il sangue al centro di medicina trasfusionale del Policlinico Umberto I a Roma. Racconta di essere diventato donatore periodico grazie all’amore profondo che lo ha legato a Mirella. Lei diceva sempre che chi ama è persona generosa: «Non si può partire sereni per le ferie se prima non hai fatto almeno questo per qualcuno che sta rischiando la vita». Gli aghi lo avevano sempre spaventato: «La prima volta che mi sono sottoposto al prelievo sono svenuto, ma tutto sta a iniziare, poi la paura passa e ti senti contento di aver compiuto qualcosa per gli altri». 

Berenice F., 23 anni, studia giurisprudenza e dona due volte l’anno. All’università ha assistito a una lezione tenuta da una associazione di donatori e si è convinta che è una cosa buona per sé e per gli altri: «Il sangue in questo modo si rigenera più frequentemente, dopo il prelievo mangio una bella bistecca e sono pronta a tornare sui libri». Lucia Granati, ematologa, partecipa spesso a questi incontri. È presidente della Fidas della Regione Lazio. Fidas, Croce Rossa, Fratres e Avis sono le quattro grandi associazioni nazionali di donatori di sangue. I presidenti delle associazioni sono a turno coordinatori Civis, che le riunisce tutte e quattro e le rappresenta a livello nazionale. «Il nostro obiettivo principale è promuovere campagne di sensibilizzazione usando gli organi di stampa ma anche in modo diretto: in scuole, università, discoteche e parrocchie» riferisce Granati. 

Andando nei luoghi dove si incontrano i giovani le associazioni si prefiggono un duplice scopo: «Insegnare alle nuove generazioni la cultura della donazione e dare loro indicazioni sullo stile di vita che ognuno di noi dovrebbe avere». La persona che fa uso di sostanze stupefacenti o alcol, o ha rapporti sessuali non protetti, non può essere un donatore. «Cerchiamo di spiegare che quel sangue non va bene per chi deve riceverlo ma neanche per chi lo possiede, vorremmo dare alla società un futuro di giovani sani e solidali».L’emergenza sangue in Italia è una costante, d’estate ancora di più: i donatori periodici sembrano andare tutti in vacanza. «Nel 2004 in Lazio abbiamo raccolto 168 mila unità di sangue per un fabbisogno di 200 mila, siamo ancora lontani dall’autosufficienza» avverte Granati. 

La situazione è peggiore nel Sud, a eccezione della Campania che, se ha risolto questo problema, conserva quello delle lunghe liste di attesa e dei pazienti costretti a emigrare verso altre regioni alla ricerca di ospedali dove effettuare interventi chirurgici urgenti, o di poli di eccellenza in cardiologia e pediatria, nel Meridione assenti o sovraffollati. Lazio, Calabria, Sicilia, Basilicata e Sardegna sono costrette a servirsi del sangue proveniente dal Nord. A Roma, al San Carlo di Nancy, ospedale convenzionato con il servizio sanitario nazionale, capita spesso che rimandino delicati interventi oncologici per mancanza di sangue. La settimana scorsa Giovanni Mancini, chirurgo nel reparto di otorinolaringoiatria, doveva eseguire una laringectomia totale su un paziente malato di tumore. Durante l’intervento il malato può perdere fino a un litro di sangue. 

Il San Carlo si serve dell’emoteca dell’ospedale Santo Spirito, ma anche questa era sprovvista delle unità necessarie alla trasfusione. L’operazione è stata rimandata (come capita almeno un paio di volte al mese) e non senza danni. Nelle patologie tumorali la tempestività durante l’intervento chirurgico è fondamentale. «Quando eseguiamo una laringectomia (fu praticata anche al Papa) sappiamo che il paziente non potrà più parlare come prima. Ma il ritardo nell’eseguire l’operazione può essere fatale». Le cellule tumorali possono migrare per via linfatica e dare metastasi a distanza. 

I parenti di questo paziente sono arrivati con lui da Caserta per assisterlo, stanno in albergo a loro spese e, oltre alla preoccupazione per l’intervento, adesso provano anche ansia per il sangue che non c’è. Granati ritiene che alla base ci sia un problema di informazione: «Gli italiani pian piano hanno compreso quanto sia importante la donazione di organi, ma non capiscono che il sangue è necessario allo stesso modo, salva la vita». Probabilmente abbiamo ancora dei pregiudizi. «Un tempo si pensava che il prelievo di sangue fosse nocivo, che potesse rendere anemici, invece l’organismo è in grado di riprodurre quello donato in due-tre giorni, senza che il fisico ne risenta» assicura Granati. Essere donatori vuol dire anche fare prevenzione e tenere sotto controllo la propria salute. Il sangue prelevato infatti viene analizzato e i risultati sono comunicati al donatore, a titolo gratuito e nel rispetto della privacy.

I NUMERI IN ITALIA, CHI PUÒ DONARE E CHI NON PUÒ FARLO
– Secondo gli ultimi dati dell’Istituto superiore di sanità (2003),
in Italia ci sono 1.393.000 donatori di sangue
(di cui l’86 per cento periodici): 38 donatori ogni 1.000 abitanti circa
– Nel 2003 sono state raccolte 2.179.000 unità 
di sangue, e prodotti 684 mila litri di plasma,
ma con un forte squilibrio fra le regioni
– Il fabbisogno nazionale di sangue è di 2.300.000 unità, mentre servirebbero 850 mila litri di plasma

CHI PUÒ DONARE…
– chi è tra i 18 e i 65 anni
– chi ha un peso corporeo non inferiore a 50 kg
– chi ha una pressione arteriosa regolare 
e un’emoglobina non inferiore a 12,5-13,5

… E CHI NON PUÒ FARLO
– la donna in stato di gravidanza
– la donna in periodo mestruale
– chi soffre di allergie
– chi soffre di ulcere gastriche
– chi ha fatto vaccinazioni
– chi ha contratto malattie infettive
– chi è stato sottoposto a interventi chirurgici
– chi ha fatto tatuaggi o agopuntura

http://archivio.panorama.it

EMERGENZA SANGUE UN GESTO PER SALVARE UNA VITA Offri il tuo braccioultima modifica: 2011-02-11T14:56:00+01:00da weefvvgbggf
Reposta per primo quest’articolo