L’ ultima opera e una mostra celebrano il mitico fondatore di Linus

Rivediamo Giovanni Gandini nelle ultime passeggiatine che faceva tra la casa di via Montebello e San Marco, accompagnato da Pancho, grande cane pastore dal pelo di un bel grigio screziato, molto arruffato, che era venuto a somigliare al suo padrone oltre che nell’ aspetto anche nell’ affettuosa irruenza. Gandini non è certo stato soltanto «il mitico» inventore di «Linus», la rivista di fumetti che fondò nel 1965 con i soldi ricavati dalla vendita di una collezione di francobolli. Fu infatti un uomo scintillante, ricco di idee e fantasie, instancabile inventore di giornali, di libri suoi e altrui, di mostre, di mode perfino, come il «modernariato» di cui fu forse il primo collezionista. Dal 1994 era un laringectomizzato, e andava in bestia perché mentre i non udenti, i non vedenti e i non camminanti sono molto considerati dalla pubblica sanità, dei non parlanti secondo lui nessuno si cura: ingiustizia diventata argomento dell’ ultimo capitolo del suo libro appena uscito «Un milione di copie». Dopo l’ operazione aveva preso l’ abitudine di partecipare alle conversazioni degli amici distribuendo i foglietti su cui scriveva le sue famose battute che non poteva più buttar lì con la bella vociona di un tempo, e aforismi, aneddoti, filastrocche, mini-storie: insomma saporiti pezzetti di letteratura tascabile. Quasi sempre illustrati con i suoi celebri topi, diventati con gli anni la sua firma: si ricorda in città che un gallerista di Monte Napoleone chiamato dagli eredi di un famoso collezionista, sfogliando cartelle assai ricche, tra un foglio di Matisse e uno di De Chirico, a un tratto non potè trattenere un grido: «Ma questo è un Gandini!». Di quei messaggini, ironici e malinconici, amorosi e a volte severi, ma sempre necessari, lui ha voluto fare un libro. Li ha catalogati, messi in ordine, arricchiti, ed è riuscito, poco prima di morire, il 18 febbraio scorso a 77 anni, a rivedere le bozze portategli da Rosellina Archinto, l’ amica editrice. Del resto anche i suoi libri precedenti – citiamo per tutti «Caffè Milano» (Scheiwiller 1987) – erano caratterizzati dalla brevità fulminante dei testi. «Un milione di copie» viene festeggiato domani – con l’ intervento di Paolo Mereghetti e Piero Gelli – alla «Milano Libri» in via Verdi, la libreria della moglie Anna Maria, un posto speciale in cui i clienti sono o diventano tutti amici. Aperta nel 1962, tra i soci fondatori aveva anche Franco Cavallone, il notaio (morto anche lui l’ anno scorso a luglio) compagno d’ università del Gandini e suo grande amico. Tanto che fu lui il traduttore, per oltre dieci anni, delle strisce dei «Peanuts» di Schultz: «tutte diligentemente tradotte in ufficio e, finché l’ ufficio non fu mio, con gli originali appoggiati su un cassetto aperto, in basso, e il testo italiano sul piano della scrivania…», come leggiamo in un suo scritto pubblicato dalla «Milano Libri». Giovanni era figlio di un altro «mitico» personaggio: il sarto Gandini, nativo di Fontanellato, autore dei più mirabili tailleur che si siano mai visti in città. Anna Maria viene da Palermo, figlia di Guido Gregorietti, pittore e restauratore, primo conservatore, dal 1952, del museo Poldi Pezzoli. Si sposarono nel ‘ 57, e la loro casa fu ben presto uno dei luoghi d’ incontro della Milano degli anni ‘ 60: quella della Triennale e dei cantautori, della Galleria Milano, del Tencitt, del Santa Tecla, del club Turati… Una casa aperta agli amici milanesi e ai «provinciali» che da Venezia o da Torino, da Parma o da Parigi venivano a vedere cosa succedeva di bello a Milano. Perché allora Milano – oggi pare incredibile – era davvero il posto dove, in un clima di grande rinnovamento culturale, tutto poteva accadere.

 

Borgese Giulia

L’ ultima opera e una mostra celebrano il mitico fondatore di Linusultima modifica: 2009-04-27T11:50:00+02:00da admin
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