Frankenstein

Frankenstein
titolo: Frankenstein
sottotitolo: Di come trasformare i vivi in morti e i morti in testimoni
genere: prosa (dialogo) con scenografie e coreografie
comparse: 15
durata: 70/80 minuti

Non è un bello spettacolo.

Ciò che voi sentirete è la voce
inascoltata di una generazione di operai bruciati
dall’amianto e
dalla barbarie dei loro padroni.

Quella voce è soffocata.
Quasi inascoltabile,
come nel migliore free jazz…
Eppure impetuosa, coinvolgente,
necessaria.

Nei reparti ‘Aste’ e ‘Forgia’ della Breda di Sesto San Giovanni più di settanta persone sono morte
per leucemia, mesotelioma della pleure e altre forme tumorali. Senza parlare del resto del Paese.
Più che una storia, un inganno: un posto di lavoro voluto a tutti i costi, agognato come un
paradiso, che si è rivelato un inferno. Occorre sapere il come e il perché.

Come nasce l’idea

Dalla necessità di tornare a raccontate la storia degli operai della Breda, in particolar modo di
coloro che lavoravano nei reparti ‘aste’ e ‘forgia’; di come si sono, con il passare degli anni, prima
ammalati e poi visti annientare a causa della continua esposizione a sostanze tossiche, in modo
particolare all’amianto. Sono morti più di settanta solo in quei reparti.
E’ uno spaccato di società che occorre spiegare e narrare, come nel caso di Porto Marghera o di
Bhopal.
Dal disincanto degli inizi fino alla emblematica verità: di lavoro si muore.

Silvestro Capelli

Ex operaio della Breda, laringectomizzato, operato più volte per un tumore da amianto. L’unico
sopravvissuto del suo reparto.
Ha iniziato a quattordici anni a lavorare in fabbrica, esattamente all’età in cui ha iniziato ad
ascoltare e apprezzare la musica jazz.
Ora, a distanza di anni, di quella musica non può più fare a meno, perché è diventata la colonna
sonora della sua esistenza.
Ad ogni autore, ad ogni brano, corrisponde un preciso accadimento, una scena ben impressa nelle
mente.
E’ in grado di raccontare quale autore di jazz stava ascoltando nel periodo della strage di piazza
fontana oppure molti anni dopo, durante il sequestro di Aldo Moro o durante dalla vittoria dell’Italia
ai mondiali di calcio.
Una memoria sonora vivente.
Silvestro Capelli è un omone grande con gli occhi propondi e le mani da lavoratore di fonderia.
Sguardo inequivocabile.
Espressione convincente.
Gli amici dicono di lui che rappresenta una forza della natura, una sorta di terremoto. Ed è così. A
sentirlo parlare – nonostante la sua voce ridotta ad un filo stridente, quasi soffocato – viene voglia
di alzarsi, di non stare a guardare. L’operaio Silvestro è impetuoso, coinvolgente, quasi necessario.

Il jazz di Miles Davis

Lui dice che si è appassionato a questo genere musicale perchè porta con sé più ‘stonature’, più
variazioni improvvise.
Un ciclo ritmico che muta timbro e tono per significare altro, per diventare altro… e nasce il free
jazz.
E la sordina di Miles Davis – a ben vedere – è la cifra per comprendere al meglio la sua voce. Lui
ama ripetere che la sordina gliela hanno messa i dirigenti della Breda: parla così, con un fiato
compresso e rantoloso, perchè qualcuno o gli tappava la bocca o gli mozzava la lingua.
Urla. Silvestro è in grado di urlare. Ma la voce non la può più alzare. Gli rimane una grande fisicità
plastica, piena di vibrazioni, di movimenti. Gli piace il ballo e… ovviamente ballare con le donne.
Poi se ti capita di chiedergli qualcosa sul suo genere musicale preferito, si ferma, scuote il capo,
accenna un sorriso, apre la bocca allargando le braccia e sommessamente dice: “è una storia lunga”
e così si racconta fino ad arrivare ad incupirsi: i giorni fatali della malattia, i compagni che
sgocciolano via come da un rubinetto che perde, il contropiede dei processi, degli inganni di tanti
che avrebbero dovuto, avrebbero potuto ma…, la classe operaia che davvero se ne va in paradiso,
la chiusura progressiva della fabbrica. “Devi sapere….” è la frase-tipo di Silvestro pronuncia
quando guarda fisso negli occhi le persone del pubblico.
Emozioni e certezze si fondano in questo oratorio-testimonianza.

Lo spettacolo-esperienza

La struttura scenica dell’unico atto è piuttosto complessa perchè accanto a Silvestro Capelli, un
gruppo di venti attori allestisce una serie di coreografie e movimenti scenici, vera cornice entro la
quale si inserisce e trova spazio la vicenda narrata.
Densa e avvincente la scena centrale dello spettacolo, dove gli attori, all’interno di una danza
acrobatica, costruiscono la fabbrica con elementi metallici realizzati dal gruppo di artisti-scenografi
Monbotan.

Lungo questo viaggio si ascolteranno diversi brani musicali appartenenti a differenti autori Jazz.
E’ qui che l’autobiografico diventa drammatico. Silvestro di fronte al pubblico ripercorre le fasi della
sua malattia e delle sue lotta contro il silenzio e l’indifferenza, soprattutto dei dirigenti.
Verso la fine, un monologo di Lella Costa ripropone al pubblico il tema dell’amianto in fabbrica in
tutta la sua drammaticità.

Il risultato finale è un oratorio di circa settanta minuti molto toccante ma sobrio, asciutto, per nulla
retorico.

Non si concede uno spunto per un piagnisteo, anzi. E’ esercizio di memoria denso di dignità e di
fermezza nel rispetto delle vittime e della necessità della ferma condanna per chi sapeva, taceva e
tradiva.

A questo spettacolo (che è anche una campagna di sensibilizzazione) hanno aderito numerose
personalità del mondo della cultura:

Michael Moore, Ben Pastor, Giulietto Chiesa, Gianni Cipriani, Domenico Cacopardo, Renato Sarti,
Gianni Vattimo, Massimo Cacciari, Alex Zanotelli, Enrico Solito, Oliviero Diliberto, Daniele Sepe,
Paul de Villepin, Carlos Menez y Contrera, Gianfranco Bettin, Maurizio Dianese, Marco Paolini, Paolo
Crepet, Stefano Benni, Daria Bonfietti, Paolo Giuntella, Antonio Secchia, Giorgio Antonucci, Adolfo
Ceretti, Manlio Milani, Alberto Melis, Laura Ferrante, Marisa Ferrario, Massimo Pozzi, Roberto
Galliani, Roberto La Paglia, Carmen Corona, Stefano Levi Della Torre, Gigi Malabarba, Goty Bauer,
Moni Ovadia, Edoarda Masi, Aldo Giannuli, Adriana Zarri, Leonardo Gori, Cooperativa teatrale QDG,
Leonardo Arena, Paolo Brosio, Giuseppe Gozzini, Sabino Zapparoli, Felicita Salaris, Serena, Marco e
Susanna Sini, Lucia Magda Stern, Gottardo Siniscalchi Zini, Luca Martinelli, Anna Maria Crespi, Luca
Porzio Serravalle, Henry De Corbelle, Massimo ed i Rua, Daria Calzetta, Eleonora Bonfanti, Thomas
Engleton, Silvia Fissi, Susanna Taggi, Elena Sofia Malerba, Frederich De Poissy, Suor Enrichetta,
Gianni Confalonieri, Paolo Pasi, Anna Maria Bernasconi, Marco Fossati, Lucio Angelini, Daniel
Volgelmann, www.dramma.it, Collettivo Bellaciao, Giovanni Arduino, Lina Morselli, Massimo
Carlotto, Paolo Brunelli, Luciana Bressan, Teatro Dei Filodrammatici, Emilio Russo, Gianfelice
D’Accolti, Edizioni Eleuthera, Dino Taddei, Eleonora Bellini, Paola Baratto, Carlo Trotta, Giovanni
Ferrario, Ariodante Marianni.

Frankensteinultima modifica: 2009-04-02T16:23:00+02:00da admin
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