IL PAZIENTE CON LARINGECTOMIA TOTALE:

 

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ASPETTI GENERALI DELLA RELAZIONE TERAPEUTICA

di Eugenio Lampacrescia

pubblicato in: Riabilitazione Oggi (numero monografico), anno XII n°8, Ottobre 1995

Mi piace cominciare subito con una domanda.

Quante persone che hanno subito una laringectomia totale saranno capaci di recuperare

la voce senza l’ausilio di una protesi o di una fistola ? Quanti soggetti,cioè, riusciranno ad

apprendere la voce faringo-esofagea ?

Basandosi sulle statistiche, la risposta è quantomai controversa.

Se si prova, infatti, a consultare qualche manuale di foniatria, di otorinolaringoiatria ed

anche pubblicazioni più specifiche dove si illustrano tecniche operatorie come, ad

esempio, il posizionamento di protesi interne, si rimane come minimo perplessi nel

constatare sia genericità che sostanziali discordanze: in alcuni casi non vengono espresse

valutazioni, in altri si riscontrano diverse percentuali di successo che variano dal 25% fino

al 70/80%. Viene, allora, legittimamente da chiedersi il perchè di tanta disparità.

Sulla base dell’esperienza acquisita in questi anni, posso affermare che le

possibilità di apprendimento delle tecniche faringo-esofagee sono alte. Tali risultati si

potranno ottenere a patto che si tengano in considerazione alcune modalità di attuazione

dell’iter terapeutico. Con questo voglio dire che, per valutare a fondo i differenti dati,

dovremmo essere in grado di conoscere il tipo di procedimento riabilitativo adottato e la

qualità delle relazioni terapeutiche. Procedimenti terapeutici e qualità delle relazioni sono,

senza dubbio, gli aspetti che decidono in modo sostanziale per la riuscita o il fallimento

dell’intervento di recupero.

In quale modo possono essere resi operativi questi due aspetti cruciali ?

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Credo che, la disponibilità umana del logopedista, la sua preparazione teorico-pratica, la

preferenza di un rapporto individuale,

la definizione di un contratto terapeutico e

l’allungamento dei tempi di terapia siano cinque scelte irrinunciabili.

* Dire che il logopedista deve essere umanamente disponibile può apparire

un’affermazione generica. Merita per questo un approfondimento.

Ma chi è un laringectomizzato ?

Innanzitutto è una persona operata.

Non si tratta di un intervento comune. La mutilazione interessa la laringe e con essa il

linguaggio verbale. Non poter parlare significa interrompere la via privilegiata di

comunicazione e di relazione con gli altri. Ma la voce porta con sé significati più profondi:

essa esprime direttamente la nostra personalità. Se il linguaggio traduce, la voce tradisce

perche è parte essenziale di quei metalinguaggi che rendono ridondanti le informazioni e

ci aiutano a codificare la verità o la falsità dei messaggi di contenuto rispetto a quelli di

relazione.

E’ il primo problema con il quale fare i conti. Il laringectomizzato si sente mutilato di una

parte profonda di sé.

Ma è anche un paziente operato di tumore.

L’idea della morte è lì, come uno spettro. Tutti i giorni. Ogni minuto.

Quando un laringectomizzato arriva da noi questa idea deve elaborarla e ci chiede un

aiuto. Non si tratta di avere velleità psicoterapiche, ma di entrare dentro una personale

sofferenza solo con un surplus di umanità. Molte volte la terapia non giunge ad un positivo

risultato perchè non si è avuto il coraggio di ascoltare il paziente prima ancora di

insegnargli a parlare. In fondo l’idea della morte fa paura a tutti, anche a noi.

A causa dell’asportazione la respirazione non avviene più per via bucco-nasale, ma

tramite il tracheostoma. Ed è a questo punto che arrivano le difficoltà pìù grosse per chi

vuole intraprendere il lavoro con questi pazienti. Sentire continuamente quel soffio, i colpi

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di tosse, la vista della cannula e della garza con il catarro qualche volta striato di sangue,

l’atteggiamento di molti pazienti nel farci vedere tutto. Alcuni di essi vogliono

inconsciamente metterci alla prova per verificare la possibilità di stare a proprio agio. Altri,

i più riservati, attenderanno da noi un cenno di disponibilità, ad esempio, per fare

tranquillamente le manovre di pulizia dello stoma in nostra presenza. Entrambe le

situazioni dimostrano il bisogno di sapere se si è totalmente accolti.

Non ha senso, allora, “avvicinarsi con la mascherina e i guanti di gomma” tanto più perchè

dovremmo, in seguito, regalarci dei “rutti”.

Ma il respirare dal tracheostoma crea altri piccoli e grandi problemi: ad esempio diventa

complicato lavarsi, soffiarsi il naso quando si è in preda ad un raffreddore, diminuiscono e

spesso scompaiono le sensazioni olfattive e, quello che più ci riguarda, non è più

possibile usare l’aria espiratoria per parlare.

Tutti questi problemi ed anche altri, richiedono un intervento e una risposta efficace

da parte nostra. Ecco perchè è indispensabile professionalità e grande umanità.

*La seconda scelta irrinunciabile è la preparazione teorico-pratica soprattutto per

quanto riguarda le tecniche di apprendimento della nuova voce. Purtroppo si fa ancora

molta confusione sia tra gli operatori, ma anche sui testi.

C’è chi ancora insegna solo con il metodo della deglutizione utilizzando, magari, le

bevande gassate; C’è chi spera solo nella capacità del paziente di far uscire

autonomamente qualcosa e poi vi si adatta; c’è chi fa confusione tra un metodo e l’altro

non comprendendo, invece, le sostanziali differenze e le diverse possibilità di

applicazione; c’è, ancora, chi dice che i laringectomizzati parlano con lo stomaco…..

La conoscenza approfondita e la capacità di insegnare le diverse tecniche fa si che ogni

paziente possa trovare il “proprio metodo”, arrivando ad una percentuale più alta di

successi. Così, ad esempio, nel caso di un soggetto sottoposto a cobaltoterapia che

presenta xerostomia, non prospetteremo mai la deglutizione, a quello con un foro stomale

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troppo ampio proporremo con cautela l’inspirazione, chi è anziano o non ha una buona

elasticità dell’esofago difficilmente potrà utilizzare la compressione consonantica…

Deglutizione, compressione standard, compressione consonantica, ispirazione sono

approcci completamente diversi, non tanto per la modalità di produzione del suono (sarà

sempre l’esofago cervicale e mettersi in vibrazione), quanto per la fase d’incameramento

nell’esofago della poca aria buccale. Anche la qualità della voce non risulterà la stessa

soprattutto per quanto riguarda l’agilità nei rifornimenti e quindi la fluenza del linguaggio,

l’intensità, il controllo del soffio tracheale.

La compressione standard e quella consonantica sono, quando è possibile, sempre da

preferire.

*La terza scelta riguarda la preferenza di una terapia individuale.

E’ una solida convinzione che ho maturato in questi anni dopo aver preso in carico

pazienti provenienti dalle scuole collettive e dopo aver io stesso sperimentato tali approcci.

Quando una terapia è effettuata con troppe persone il logopedista non è in grado di

seguire il caso in tutti i risvolti sia tecnici che relazionali. Soffermarsi per correggere, avere

tutto il tempo per spiegare e per riprovare insieme o magari detendere la tensione

parlando d’altro. Scegliere una terapia individuale significa mettere al centro la persona,

rispettandone i tempi, i problemi, le paure, i bisogni. Ciò risulta sempre vero all’inizio di

ogni trattamento. Successivamente è possibile programmare dei momenti in comune

soprattutto per verificare i progressi e stimolare una “sana competizione”. Saranno,

comunque , i pazienti a deciderlo.

Vedo sempre di buon occhio il coinvolgimento della famiglia e la presenza in sala di

terapia di qualche suo componente. Moglie o figli, confrontandosi concretamente con i

problemi, verranno aiutati a superare quel frequente atteggiamento pedante o pietoso e

potranno divenire un utile sostegno nell’esecuzione del lavoro che ogni giorno il

laringectomizzato eseguirà a casa.

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* La quarta scelta è la definizione del contratto terapeutico.

Accanto alle doti di pazienza, di grande disponibilità umana e di professionalità del

logopedista è essenziale che anche il paziente si impegni seriamente. Per questo motivo il

contratto terapeutico assume rilevante importanza. Esso consiste nello stabilire alcune

regole cui il soggetto dovrà attenersi e servirà per verificare, via via, se permangono le

condizioni per continuare la relazione terapeutica.

Il lavoro riabilitativo è una cosa seria e, affinchè sia considerato tale, non può venir gestito

in maniera superficiale. La necessità di rispettare il contratto terapeutico ha l’obiettivo di

valorizzare, e quindi di rendere più efficace, l’intervento: per questo il paziente è tenuto a

“pagare” qualcosa. Quale sia questo qualcosa saremo sempre noi a stabilirlo valutando di

volta in volta le situazioni. Esistono, comunque, clausole generali valide in ogni

circostanza: il rispetto degli orari e degli appuntamenti; la comunicazione preventiva di una

eventuale assenza; l’esecuzione fedele delle prescrizioni; l’esercizio quotidiano a casa;

ecc. ecc.

* La quinta ed ultima scelta si riferisce ai tempi di terapia.

I tre mesi vengono considerati, un po’ da tutti, il tempo medio entro il quale dovrebbe

essere recuperata la voce. Certamente non ha senso continuare all’infinito quando ci si

imbatte in difficoltà insormontabili, ma, prima di decidere una sospensione, bisogna essere

certi di avere esperito ogni tentativo e di aver superato anche i blocchi psicologici e la

difficoltà ad accettarsi nella nuova situazione. Queste cause sono spesso all’origine dell’

insuccesso terapeutico. Inoltre, nel caso di operazioni particolarmente demolitive o quando

si comincia il trattamento dopo l’intervento chirurgico, occorrono molte sedute prima di

raggiungere qualche risultato. Nella mia esperienza il periodo medio di riabilitazione è di

sei/sette mesi. Infatti, saranno pochi i pazienti naturalmente predisposti all’apprendimento,

gli altri incontreranno difficoltà e riusciranno a parlare solo se dedicheremo più tempo e

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saremo in grado di proporre diverse soluzioni, piccoli stratagemmi, trovando risposte

efficaci ai problemi che via via si presenteranno.

Molte informazioni saranno date dallo studio dinamico della deglutizione e delle prime via

digestive in videofluoroscopia. Questo esame, prescritto dal medico specialista, ci

informerà anche sulla funzionalità della neo-glottide e quindi potrà aiutarci a decidere per

un eventuale proseguimento della terapia o per una sospensione che ci farà orientare

verso altre soluzioni.

Bibliografia:

Apolloni M.S., Aspetti psicologici nella riabilitazione dei laringectomizzati, in “Logopedia

Contemporanea,

anno IV n°2, 1987.

Croatto-Sadler, La riabilitazione fonetica del laringectomizzato, La Garangola, Padova,

1984.

Lampacrescia E., La relazione terapeutica con il paziente laringectomizzato, (in corso di

stampa).

Segre R., La comunicazione orale normale e patologica, Edizioni Medico Scientifiche,

Torino, 1983.

Schindler O., Breviario di patologia della comunicazione (vol. 1), Omega, Torino, 1980

Spinsanti S., L’alleanza terapeutica:le dimensioni della salute, Città Nuova, Roma, 1988

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