MALATTIA E STATO D’ANIMO

MALATTIA E STATO D’ANIMO
In questo paragrafo, vengono riportati, sotto la forma, domanda-risposta, i principali aspetti psicologici del malato di tumore alla laringe, dal momento della diagnosi fino al dopo intervento (1).

1. Cosa succede al momento della diagnosi?

Quando un individuo viene a sapere che è ammalato di tumore alla laringe e che deve essere sottoposto ad un intervento di laringectomia totale, una angoscia profonda si impadronisce di lui poiché la consapevolezza di una malattia così grave, spiegano gli psicologi, lo pone in bilico tra due evoluzioni possibili: la guarigione da un lato, la morte dall’altra. E’ come se si fosse perduto, improvvisamente, ogni riferimento sicuro, come se si fosse reciso ogni legame con la propria terra; lui, il malato, non fa più parte del mondo dei vivi, a pieno titolo, ma sta tra loro e il mondo dei morti.

2. Cosa succede dopo l’intervento?

Dopo l’intervento, questo stato di angoscia trova la sua massima intensità. In questo momento la persona prende coscienza della avvenuta e irrecuperabile trasformazione attraverso la confezione del tracheostoma. E’ questo il momento più critico, il suo organo è mutato e la presa di coscienza è drammatica, mente e corpo non sono più in sintonia e la reazione sarà la fuga dalla realtà, con la depressione o con l’aggressività.

3. Perché l’angoscia post-chirurgica è così traumatica?

Perché questa ferita che sta alla base del collo, il tracheostoma, è come un marchio che segnerà per tutta la vita l’individuo. Il buco diventerà un emblema nel quale si riconosceranno tutti gli appartenenti a quella esperienza.

Con la confezione del tracheostoma l’individuo realizza, inconsciamente, una interruzione, non solo della pelle, ma anche del suo io profondo. Egli vive la pelle non tanto come un rivestimento quanto piuttosto come un contenitore e attraverso quel buco egli teme possa sfuggire il suo io profondo. E’ la consapevolezza della sua fragilità. Del resto questa ferita, dicono gli psicologi, non è come quella del cordone ombelicale, nella quale si riconoscono tutti gli appartenenti al consorzio umano, ma qualcosa di diverso che gli altri non hanno. Non è più possibile chiudere il buco perché da lì entra l’aria per continuare a vivere e quindi la persona sperimenta la propria impotenza nei confronti di una apertura attraverso la quale fuoriescono cose preziose e cose cattive come sangue e muco e nella quale può entrare qualunque cosa per l’assenza di una valida barriera. Cose elementari come nuotare o fare la doccia sono compromesse così come due sensi fondamentali: l’olfatto e il gusto. Non è più nemmeno possibile manifestare i propri sentimenti, piangere e ridere sono privati della consueta sonorità. Inoltre con questo sfregio alla base del collo egli si sente, psicologicamente, inaccettabile dalla società. Per tutti questi motivi la reazione emotiva può evolvere verso la disperazione, l’indifferenza o la mania, (meglio adesso di prima), oscillando tra momenti di euforia e momenti di impotenza depressiva fino a raggiungere, faticosamente, uno stato di equilibrio.

4. Il rapporto col chirurgo

Anche il chirurgo soffre la sua parte di frustrazione e questo per due motivi: il primo per il senso di impotenza di fronte alla malattia, il secondo per la mutilazione provocata con l’intervento chirurgico che fa del paziente, affidato alle sue cure, un portatore d’handicap per tutta la vita. In sostanza egli vive un’opera incompiuta che porta il segno della ferita non rimarginata, dell’intervento non finito e in più egli sente, inconsciamente, d’aver tradito la fiducia del suo paziente. Dal canto suo il paziente si sente maltrattato e tende a rifarsi sul personale paramedico o sui familiari. Dipende dall’equipe chirurgica, consapevole di queste dinamiche inconsce, saper creare il clima più adatto alla ripresa che, necessariamente, continuerà al di fuori dell’ospedale. Qui inizia il ruolo dell’Associazione che mette in contatto l’operato con persone che da anni vivono senza laringe a conforto del prossimo.

5. La rieducazione

Quando il laringectomizzato perviene alla Scuola di rieducazione egli ha già provato le esperienze precedenti. E’ quindi compito di chi lo accoglie rendersi disponibile ad ascoltare per concertare con lui i tempi della ripresa. A questo punto spetta al rieducatore capire che cosa vuole la persona che si è rivolta alla scuola e le situazioni di più frequente riscontro sono le seguenti:
1. Persona che chiede pressantemente di apprendere la voce esofagea e poi si rifiuta di emettere qualunque suono oppure ricade nel mutismo più assoluto appena è riuscito a produrre una vocale

In questo caso la scuola di rieducazione viene vista come un contenitore delle proprie angosce, sarà quindi opportuno impostare il dialogo facendo capire che il primo obiettivo deve essere quello di ricreare un benessere psico-fisico necessario anche per imparare a parlare, ma soprattutto per vivere nel mondo. E’ bene raccogliere dati utili sulla vita passata e recente della persona (lavoro, famiglia, abitudini, carattere etc.) serviranno a creare un clima di distensione, di collaborazione e a capire di che cosa ha veramente bisogno.

2. Fumava e/o parlava molto?
Sono dati importanti per il significato che questi due aspetti assumono. Infatti, secondo gli psicologi, la sigaretta rappresenterebbe, in quanto eccitazione della cavità orale l’equivalente, secondo Freud, del piacere sessuale nella sua prima fase o fase orale che deriva dal morsicamento e dalla suzione del seno. Lo stato di dipendenza che si instaura è l’espressione di un conflitto non risolto durante la fase orale dello sviluppo. Si pensa che forse l’allattamento non è stato soddisfacente e che nel tempo l’individuo manifesti l’atteggiamento di chi “vuole e pretende qualcosa”.
Il parlar tanto appagherebbe l’istinto-impulso di chi, comunicando, soddisfa il bisogno di dare attraverso la bocca oltre che a prendere. In questo caso è evidente la particolare depressione post-operatoria che accompagna queste persone.
6. Quando si può iniziare la rieducazione?
Quando l’angoscia sarà stata superata. In caso contrario conviene procedere senza obiettivi prefissati, rispettando, di volta in volta, le pause richieste. Sappia il laringectomizzato che sarà sempre ben accetto dalle scuole di rieducazione, dal maestro rieducatore e dal medico.

7. Quando è richiesto l’intervento dello psicoterapeuta?
Quando il laringectomizzato, a fronte di una apparente volontà di apprendimento, non mostra alcuna capacità di progredire. E’ questo il caso di quei soggetti che vedono nella scuola o nel servizio di foniatria il contenitore delle loro angosce più profonde “imponendo agli operatori di prendersi cura di lui sul piano psicologico senza che questo venga mai reso esplicito”. Trattandosi di una evidente fragilità caratteriologica di base è necessario l’intervento dello psicoterapeuta mentre per l’apprendimento della voce esofagea non verranno date valutazioni di nessun tipo, ma solo indicazioni relative all’impostazione della neo-voce. In questo modo si eviteranno degli errori di valutazione del soggetto che in tal caso porterebbero soltanto ad un sicuro fallimento.

COSA SIGNIFICA
VOCE ESOFAGEA

Significa che la voce viene emessa con l’aiuto dell’esofago, ma per meglio comprendere che cosa succede occorre dare alcune informazioni preliminari. Quella che normalmente è la voce corrisponde alla produzione di un suono da parte delle corde vocali (fig. 1 e 2), congiuntamente alla articolazione della bocca che trasforma il suono in parola. La durata del suono/parola è conseguenza dell’aria in uscita dai polmoni cioè più aria esce dai polmoni più lungo è il suono/parola. Nel caso della voce esofagea funge da sorgente sonora sostitutiva delle corde vocali un restringimento dell’esofago (fig. 3 e 4), in corrispondenza dello sfintere esofageo superiore. Siccome questo punto più ristretto vibra, seppure in modo più grossolano delle corde vocali, viene chiamato neoglottide, ma l’aria necessaria alla vibrazione non proviene più dai polmoni perché la respirazione avviene attraverso il tracheostoma e quindi va immagazzinata in esofago dopo essere stata “mangiata” con la bocca. Effettivamente parlare con voce esofagea è come mangiare dell’aria come succede per ogni alimento, la differenza sta nella rapida eruttazione appena l’aria ha superato lo sfintere esofageo superiore che contraendosi genera un suono. Poiché è possibile esercitare un controllo volontario su questo stesso sfintere è anche possibile variare l’intensità e la durata dell’emissione sonora. Col passare del tempo il tratto di esofago immediatamente al di sotto della neoglottide si dilata e funge da riserva d’aria o polmone vicariante preziosa per il normale eloquio mentre i bordi della neoglottide subiscono delle curiose trasformazioni, mostrandosi più o meno rilevati e quindi in grado di produrre un suono di diversa frequenza.
Esistono dei metodi?
Sì. Il più utilizzato è quello detto della iniezione. L’aria viene introdotta direttamente in esofago senza la saliva che altrimenti attiverebbe la peristalsi e quindi la progressione dell’aria nello stomaco. Favorisce l’apprendimento di questa metodica la consonante bilabiale sorda “p” . Essa impedisce la fuga d’aria e obbliga il passaggio della stessa in esofago in più ricrea, dopo ogni sonorizzazione, una nuova riserva d’aria.

Tutti possono utilizzare questa metodica?
Possono fare uso di questa metodica tutti gli operati di laringectomia totale che non abbiano subito lesioni irreversibili a carico degli organi fono-articolatori cioè asportazione di più della metà della lingua, paralisi del velo pendulo, paralisi del nervo facciale e quindi impossibilità a chiudere bene le labbra, impossibilità a sopportare la dentiera per riassorbimento osseo da radioterapia. In queste situazioni si scelgono altre soluzioni. Anche esiti di cicatrice retraente in corrispondenza dello sfintere esofageo superiore possono compromettere definitivamente l’apprendimento della voce esofagea.
Esiste un termine entro il quale si impara a parlare?
Assolutamente no. Non esistono scadenze e soprattutto non bisogna demoralizzarsi se non si parla già dai primi giorni. E’ importante non lasciarsi condizionare dalle difficoltà incontrate, l’eruttazione rappresenta l’ultimo anello di una catena che inizia col rilassamento e la ginnastica e che richiede calma e pazienza. Se viene richiesto un parere sconsiglierei il più possibile il parlare bisbigliando, molto meglio scrivere. Occorre tempo e disponibilità d’animo, (vedi capitolo precedente) ogni precipitazione ha effetti negativi, talvolta persistenti e difficili da correggere man mano che il tempo passa.
E’ possibile sapere fin dal principio se si è idonei alla voce esofagea?
Certamente. Verificata la funzionalità degli organi articolatori si procede mediante il test di Taub (insufflazione di aria in esofago per via nasale con catetere direttamente dal tracheostoma) alla emissione di un suono della durata di 10”. Consente di riconoscere impedimenti funzionali da spasmo del cricofaringeo o da lassità dello stesso.
Sono possibili delle alternative alla voce esofagea?
Certamente, la valvola tracheo-esofagea e il laringofono. Nel primo caso è richiesto un intervento chirurgico che si fa in anestesia locale e che mediante incisione della parete posteriore della trachea e di quella anteriore dell’esofago prepara la strada al posizionamento di una protesi in materiale sintetico. Attraverso questa protesi l’aria viene spinta in esofago chiudendo il tracheostoma con in pollice oppure con controvalvola. Nel secondo caso si tratta di un produttore di suono a pile. Si mette il laringofono in corrispondenza dell’angolo della mandibola, senza premere troppo, e grazie ad un interruttore, che viene premuto nel momento in cui si incomincia a parlare, lo strumento produce una vibrazione che sonorizza la parola.

E’ utile effettuare degli esercizi di preparazione?
Non è solo utile, ma necessario. Gli esercizi che proponiamo da anni riguardano la respirazione diaframmatica così come viene insegnata a scuola. Alcuni movimenti sono volti a elasticizzare il più possibile i tessuti del collo soprattutto se all’intervento è stata associata la radioterapia, altri sono indispensabili per tonificare la lingua, le labbra, le guance e il volto. In particolare si invita l’allievo a rendersi conto che l’aria per parlare si prende dalla bocca che quest’aria può essere trattenuta ed emessa dalle labbra socchiuse con maggiore o minore intensità, ma soprattutto con differente durata. Questo esercizio è molto importante perché rende coscienti della possibilità di utilizzare con le medesime modalità immissioni d’aria verso l’esofago e quindi di comprendere come la voce potrà essere prodotta.

UN LARINGECTOMIZZATO IN FAMIGLIA.

di Anna Bologni Casentini UIMdV – Firenze
Relazione per il giorno 14/9/05 per il Corso di aggiornamento ai Maestri laringectomizzati di Rimini

 

I miei cinque nipoti, nati dopo la laringectomia di mio marito, non mostrano alcuna difficoltà a capire al volo la voce esofagea e a rispondere al nonno quando si rivolge a loro. Non succede mai che i bambini non capiscano quello che dice o racconta. Invece può capitare che, come a tutti i ragazzi di questo mondo, facciano orecchi da mercante per quello che a loro non conviene. ascoltare
Ma questa è un’altra storia!
Al momento reputato giusto, che non è stato lo stesso per tutti e cinque, noi adulti della famiglia, abbiamo spiegato il perché di quella voce diversa. Se via, via ci pongono domande precise diamo risposte chiare e semplici, rifuggendo toni patetici o catastrofici ma senza mai eludere la realtà. Rimanendo nel vero spieghiamo qual è stata la malattia che ha prodotto quella voce. Insistiamo principalmente sulle cause. In famiglia abbiamo ormai elaborato il cambiamento, per giungere a una ragionata accettazione dell’accaduto. Questo ci consente di parlarne con partecipazione ma anche con un certo distacco emotivo, risultato di un fatto accaduto tanto tempo fa con il quale tutti conviviamo serenamente.
Così i bambini informati sono in grado a loro volta di spiegare a qualche amichetto che, sorpreso dalla voce arrochita del nonno, mostra curiosità di sapere ma ha timore a chiedere il perché.
Mio marito è laringectomizzato da 15 anni.
Dopo un tentativo di cura che risultò inefficace, dopo una delle tante visite di controllo, il chirurgo decise d’urgenza di operare. Dall’oggi al domani fu necessario l’intervento demolitivo eseguito per estrema necessità.
Non ci fu tempo per pensare e mancò la preparazione. C’era da affrontare una dolorosa prova che si snodò in giorni di sbigottimento, di paura, di tensione. Sembrava di vivere in apnea e in un altro mondo. Solo gradatamente prendiamo coscienza di essere precipitati in una nuova realtà. Teniamo in conto che alla diagnosi di un tumore, il futuro diventa incerto, non si conosce come finirà l’avventura nella malattia. Non resta che aspettare e stare a vedere. Uno stillicidio di alti e bassi, di speranze senza nessuna garanzia.
È vietato fare progetti a lungo termine.
Invece si vorrebbe sapere in fretta cosa ci aspetta, quale e come sarà il percorso curativo e di recupero. Ma dei tanti interrogativi uno solo dà una risposta certa: quella voce non tornerà più. Ed è una. mazzata!
Se salva è la vita, è invece perduta la voce! Si può vivere senza parlare? Che vita è? Il pensiero corre subito ai sordomuti ed al loro linguaggio a gesti.ma la laringectomia è un’altra cosa. Le corde vocali strappate non ricresceranno. Si può riparare ciò che manca? E ora. come fare? Si può rimediare? Se c’è qualcosa da inventare non perdiamo tempo, facciamo alla svelta il possibile.
Recuperare la parola è un’urgenza sentita sia dal neo operato che da tutti quelli che gli sono vicino. È superfluo spiegare il perché.
Come farà il marito, il babbo, il fratello, da solo, fuori di casa a disimpegnarsi se non ha voce?
Ecco perché talvolta la famiglia fa cerchio attorno all’operato, cerca di risparmiargli umiliazioni e di tenerlo al riparo dalle curiosità. Sembra che il mondo diventi ostile e sempre più stretto..
Queste sono le preoccupazioni che possono determinare comportamenti di diffidenza dei familiari per proteggere chi è diventato fragile all’improvviso. Le reazioni sono istintive, ognuno cerca di fare del suo meglio, ma in buonafede può sbagliare.
Se non ci sono sostegni morali e psicologici per la famiglia impreparata e scossa non è facile imboccare la strada giusta nell’interesse del familiare laringectomizzato che deve riappropriarsi della vita in autonomia, che deve riprendere contatti con l’esterno e ritornare alle proprie attività.
Finalmente la riabilitazione con risultati positivi e rapidi.
Poi un altro appiglio, un’ancora di salvezza si trova nell’incontro con l’UIMdV che, mostrando tante situazioni come la nostra, è in grado di comunicare la consapevolezza che si può uscire dall’isolamento, riprendere il via.
Sono, per esempio, molto utili le iniziative socio-culturali dell’UIMdV aperte alle famiglie che permettono il contatto diretto di persone in una occasione generalmente piacevole che può durare per una giornata o prolungarsi in tempi più lunghi.
Questi incontri che riuniscono i laringectomizzati e le loro famiglie riescono a mitigare la tensione nei nuovi operati che, dall’atteggiamento tranquillo e sereno di chi ha ripreso il proprio ritmo, possono vedere il futuro meno “nero” rispetto al previsto. Il gruppo si sostiene in uno gesto scambievole di aiuto: il più esperto fa strada al nuovo arrivato e le famiglie si stringono a sostegno delle situazioni più dolorose.
In questo momento va un pensiero solidale agli anziani laringectomizzati e soli.
Arrivare all’Associazione è comunque un traguardo importante e una volta dentro è difficile distaccarsi perché la stessa storia crea legami invisibili che difficilmente si sciolgono nel tempo.
Il tempo attenua la sofferenza ma non la fa dimenticare. Dobbiamo purtroppo adeguarci alle situazioni che non possiamo in nessun modo cambiare perché indipendenti dalla nostra volontà.
Lo stesso laringectomizzato, dopo tanti anni, può dimenticarsi della sua nuova e insolita voce. Infatti quel nonno di prima, nonno Roberto, rivolgendosi al nipote di pochi anni che storpiava le parole e parlava troppo velocemente disse:- Come faccio a capire, parla per bene!-
Dopo un attimo di silenzio assoluto, il bambino tranquillo rispose:- E te nonno, allora?- Anna Bologni Casentini
UIMdV – Firenze
Relazione per il giorno 14/9/05 per il Corso di aggiornamento ai Maestri laringectomizzati di Rimini

MALATTIA E STATO D’ANIMOultima modifica: 2008-09-19T18:28:00+02:00da weefvvgbggf
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2 pensieri su “MALATTIA E STATO D’ANIMO

  1. Fino a quando potrò ancora dissertare su un argomento con un minimo di intelleto non mi stancherò mai di ripetere che se non avessi avuto l’opportunità di fare un’esperienza particolare nell’ associazione di volontariato U.I.M.d.V. costituita da tanti Maestri di rieducazione della voce a chi aveva avuto laringectomia, per solidarietà e aiuto espressi gratuitamente a tutti, io non avrei potuto affrontare e superare quella sentenza del gastroenterologo prima e del chirurgo dopo che mi avrebbe dovuto resecare completamente lo stomaco, a 79 anni, credo, per l’enorme impressione che fa di sapersi affetto da cancro, non sarei mai riuscito a superare l’intervento e il dopo, senza quel costante contatto di chi causa il cancro aveva avuto tanta demolizione, la laringe, non sarei arrivato al punto che mi ritrovo ancora qui dopo cinque anni di soli patemi da previsioni future che potrebbero anche essere peggiorative fin che si vuole ma, ormai, la statistica è vinta ringraziando ancora una volta quel rapporto di conforto avuto dai laryngectomizzati che dispensano affetto e solidarietà nel pensiero e di di essere ancora vivi nella voce e di fatto al servizio di tanti altri come loro e si può dire di chi nella vita ha dovuto scontrarsi con il cancro.7 febbraio 2010 – Bortolani.

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